Massime penali della Cassazione di gennaio 2013

Appello della parte civile – Partecipazione e conclusioni del rappresentante della pubblica accusa – Necessità

(cod. proc. pen.: artt. 573, 576 I co.)

— L’appello che sia stato introdotto, ai sensi del comma primo dell’art. 576 cod. proc. pen., dall’impugnazione della sola parte civile va trattato, sulla scorta di quanto disposto dall’art. 573 cod. proc. pen., con le forme ordinarie del processo penale, per cui è necessaria la partecipazione e le conclusioni del rappresentante della pubblica accusa (Sent. n. 1514, Sez. VI, dell’11-1-2013).

 

Appello – Divieto della reformatio in peius – Violazione – Fattispecie in cui non si verifica

(cod. proc. pen.: art. 597; cod. pen.: art. 157; L. 1423/1956: art. 9)

— Non viola il divieto della reformatio in peius la sentenza di appello che, su impugnazione dell’imputato, dia al fatto una definizione giuridica più grave che impedisca la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. (Nella specie, il giudice di appello, rilevato che in primo grado l’imputato era stato erroneamente condannato per l’ipotesi contravvenzionale di cui al comma primo dell’art. 9 legge n. 1423 del 1956 e non per quella delittuosa di cui al comma secondo, dopo aver riqualificato il fatto come delitto ha escluso fosse maturata la prescrizione) (Sent. n. 474, Sez. I, dell’8-1-2013).

 

Appello – Motivi

(cod. proc. pen.: artt. 581, 591, 593)

— Non è inammissibile l’appello per genericità dei relativi motivi quando in esso sia individuabile il «punto» che si intende devolvere alla cognizione del giudice con riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, ai motivi di dissenso dalla decisione appellata e all’oggetto della diversa deliberazione sollecitata al giudice del gravame. (Nella specie, è stato ritenuto ammissibile il motivo di appello con cui l’imputato denunciava il mancato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità nel delitto di porto di un coltello, indicando nelle caratteristiche dell’arma le ragioni a sostegno della richiesta diminuente) (Sent. n. 471, Sez. I, dell’8-1-2013).

 

* Appello – Motivi – Specificità

(cod. proc. pen.: artt. 581 lett. c, 593, 606 I co. lett. e)

— In tema di impugnazione, i motivi di appello devono essere specifici allo stesso modo di quanto richiesto per il ricorso in cassazione e quindi, pur nella libertà della loro formulazione, devono indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine di delimitare con precisione l’oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie. (Nella specie, la Corte ha ritenuto inammissibili motivi di appello che si erano limitati ad una generica censura della valutazione probatoria, rispetto a non meglio specificate dichiarazioni della parte offesa che, in modo ugualmente generico, venivano censurate di contraddittorietà ed incoerenza) (Sent. n. 1770, Sez. VI, del 15-1-2013).

 

Appello – Sentenza – Caso in cui è illegittima

(cod. proc. pen.: artt. 533, 573)

— È illegittima la sentenza d’appello che in riforma di quella assolutoria affermi la responsabilità dell’imputato, sia pure ai soli fini civili, sulla base di un’alternativa e non maggiormente persuasiva interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio (Sent. n. 1514, Sez. VI, dell’11-1-2013).

 

Associazione per delinquere (nella specie, di stampo mafioso) – Commissione e modalità esecutive dei delitti rientranti nel programma comune – È prova dell’esistenza del sodalizio criminoso

(cod. pen.: artt. 416, 416 bis)

— In tema di associazione per delinquere (nella specie, di stampo mafioso) è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sent. n. 2740, Sez. II, del 18-1-2013).

 

Bancarotta fraudolenta per distrazione – È reato di pericolo – Conseguenza

(R.D. 267/1942: artt. 216 I co. n. 1, 219)

— Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo e non è dunque necessario, per la sua sussistenza, la prova che la condotta abbia causato un effettivo pregiudizio ai creditori, il quale rileva esclusivamente ai fini dell’eventuale configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 219 legge fallimentare (Sent. n. 1420, Sez. II, dell’11-1-2013).

 

Competenza – Conflitto – Obbligo, da parte del giudice, dell’immediata trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione – Quando sussiste

(cod. proc. pen.: artt. 28, 30 II co.)

— In tema di conflitto di competenza, sussiste per il giudice l’obbligo dell’immediata trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 30, comma secondo, cod. proc. pen. soltanto qualora l’atto di parte rappresenti una situazione astrattamente configurabile come corrispondente alla previsione di cui all’art. 28 cod. proc. pen. e, cioè, ove vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona, condizione che non si verifica quando la parte non denunci alcun conflitto ma si limiti a sollecitare il giudice a sollevarlo contestando la competenza di altro organo giudicante. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto configurare una mera sollecitazione di parte alla proposizione del conflitto il provvedimento emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena — al quale gli atti erano stati trasmessi a seguito della sentenza di incompetenza pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Emilia — impropriamente denominato «denuncia di conflitto») (Sent. n. 4092, Sez. I, del 25-1-2013).

 

Concorso di persone nel reato – Circostanza attenuante della minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 114)

— In tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione (art. 114 cod. pen.), non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso (Sent. n. 835, Sez. II, del 9-1-2013).

 

Concussione – Costrizione – Nozione e differenze dall’induzione indebita a dare o promettere utilità

(cod. pen.: artt. 317, 319 quater; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. d e i)

— Nel delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., così come modificato dall’art. 1, comma 75, legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste in quel comportamento del pubblico ufficiale idoneo ad ingenerare nel privato una situazione di metus, derivante dall’esercizio del potere pubblico, che sia tale da limitare la libera determinazione di quest’ultimo, ponendolo in una situazione di minorata difesa rispetto alle richieste più o meno larvate di denaro o altra utilità, e si distingue dall’induzione, elemento oggettivo della nuova fattispecie di cui all’art. 319-quater cod. pen. (pure introdotta dal medesimo art. 1, comma 75, legge n. 190 cit.), che invece può manifestarsi in un contegno implicito o blando del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio in grado, comunque, di determinare uno stato di soggezione, ovvero in un’attività di determinazione più subdolamente persuasiva (Sent. n. 3093, Sez. VI, del 21-1-2013).

 

Deturpamento e imbrattamento di cose di interesse storico ed artistico mediante affissione di manifesti – Rientra nella fattispecie criminosa ex art. 639 cod. pen.

(cod. pen.: artt. 635, 639)

— La condotta consistente nell’imbrattare cose di interesse storico ed artistico mediante affissione di manifesti è penalmente rilevante sebbene non inquadrabile nella fattispecie criminosa di cui all’art. 635 cod. pen. (danneggiamento) bensì in quella sussidiaria prevista dall’art. 639 cod. pen., essendo possibile ripristinare, senza particolari difficoltà, l’aspetto e il valore originario del bene. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto integrata la condotta di imbrattamento con l’affissione di manifesti, mediante uso di colla, sulla «Porta Rudiae» di Lecce) (Sent. n. 845, Sez. II, del 9-1-2013).

 

Evasione – Fattispecie

(cod. pen.: art. 385; cod. proc. pen.: art. 276)

— Configura il delitto di evasione e non l’ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 cod. proc. pen., l’allontanamento della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari dal luogo di detenzione in un orario che si ponga in termini di inconciliabilità con la fascia oraria prefissata dall’autorità giudiziaria nel provvedimento cautelare. (Fattispecie nella quale l’imputato era stato sorpreso fuori della propria abitazione più di mezz’ora oltre l’orario previsto per farvici rientro) (Sent. n. 3744, Sez. VI, del 23-1-2013).

 

Falsa testimonianza – Valutazione sulla pertinenza e sulla rilevanza della deposizione – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 372)

— Ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza, la valutazione sulla pertinenza (da intendersi come riferibilità o afferenza dell’oggetto della testimonianza ai fatti che il processo è destinato ad accertare) e sulla rilevanza (che riguarda l’efficacia probatoria dei fatti dichiarati) della deposizione va effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento in cui il reato è consumato, ossia ex ante e non ex post. (Nella specie, la S.C. ha affermato che detta valutazione va effettuata da parte del giudice sulla base di norme giuridiche e non anche mediante l’utilizzazione di massime di esperienza) (Sent. n. 4299, Sez. VI, del 29-1-2013).

 

Falso giuramento della parte – Criterio di sufficienza

(cod. pen.: art. 371)

— Ai fini della configurazione del delitto di falso giuramento non assume alcuna rilevanza l’ammissibilità o la decisorietà del giuramento, da verificare in conformità alla legge civile, essendo sufficiente accertare la falsità della dichiarazione giurata (Sent. n. 1039, Sez. VI, del 9-1-2013).

 

Giudicato cautelare – Preclusione derivante da una pronuncia non impugnata in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza – Ambito

(cod. proc. pen.: art. 273)

— In tema di cosiddetto giudicato cautelare, la preclusione derivante da una pronuncia non impugnata in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza si estende anche al punto di decisione relativo alle esigenze cautelari determinate dalla pericolosità del prevenuto, ove queste siano desunte dalla qualificazione del fatto per cui si procede, in quanto le doglianze relative a tale profilo infirmano la validità del ragionamento giudiziale solo indirettamente in merito alla pericolosità dell’indagato, attenendo invece direttamente al punto relativo alla sussistenza degli indizi (Sent. n. 4046, Sez. II, del 25-1-2013).

 

Incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento – Fattispecie in cui non sussiste

(cod. proc. pen.: artt. 34, 272, 405, 416)

— Non è incompatibile allo svolgimento delle funzioni di giudice dell’udienza preliminare il magistrato che, investito contestualmente di richiesta cautelare e di quella di rinvio a giudizio, emetta la misura cautelare (Sent. n. 3734, Sez. VI, del 23-1-2013).

 

Indagini preliminari – Chiusura – Fattispecie di provvedimento non abnorme

(cod. proc. pen.: artt. 335, 409, 410)

— Non è abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., all’esito di udienza camerale fissata sull’opposizione della persona offesa per il mancato accoglimento della richiesta di archiviazione del P.M., invita quest’ultimo a procedere all’iscrizione nel registro degli indagati della persona denunciata, anche se si tratti di procedimento iscritto a mod. 45. (In motivazione, la Corte ha osservato che detto provvedimento assume il carattere di mera interlocuzione diretta ad assicurare la regolarità formale del procedimento, ma non incide sul potere del P.M. di determinarsi autonomamente in ordine all’esercizio dell’azione penale) (Sent. n. 4183, Sez. VI, del 28-1-2013).

 

Istigazione alla corruzione – Rapporto paritario tra le parti diretto al mercimonio dei poteri

(cod. pen.: artt. 319 quater, 322; L. 190/2012: art. 1 LXXV co.)

— Sussiste il delitto di istigazione alla corruzione, previsto dall’art. 322 cod. pen., e non di induzione punita dall’art. 319 quater cod. pen., ove fra le parti si instauri un rapporto paritario diretto al mercimonio dei poteri (Sent. n. 3251, Sez. VI, del 22-1-2013).

 

Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice – Inadempimento dei provvedimenti di carattere patrimoniale consequenziali alla pronuncia del giudice civile in tema di affidamento della prole – Non vi rientra

(cod. pen.: art. 388 II co.)

— Non integra il reato previsto dall’art. 388, comma secondo, cod. pen., l’inadempimento dei provvedimenti di carattere patrimoniale consequenziali alla pronuncia del giudice civile in tema di affidamento della prole. (Fattispecie relativa all’inottemperanza all’ordine di rilascio della casa di comune abitazione da parte del coniuge non affidatario) (Sent. n. 1038, Sez. VI, del 9-1-2013).

 

Mandato di arresto europeo esecutivo – Consegna della persona richiesta dall’autorità giudiziaria estera

(L. 69/2005; cod. proc. pen.: artt. 285, 657; cod. pen.: artt. 137, 138)

— In tema di mandato di arresto europeo esecutivo, la consegna della persona richiesta dall’autorità giudiziaria estera deve avvenire per l’esecuzione della pena eccedente il periodo di custodia cautelare sofferto dal ricorrente in Italia in pendenza del processo, con la conseguenza che il relativo periodo di privazione della libertà va integralmente detratto, secondo le regole dell’ordinamento interno, dalla durata della pena detentiva da scontare in base alla condanna dello Stato richiedente. (Fattispecie relativa ad un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità romene) (Sent. n. 3255, Sez. VI, del 22-1-2013).

 

Misure cautelari disposte dal giudice incompetente – Termine di venti giorni ex art. 27 cod. proc. pen. – È il limite temporale dell’efficacia della misura disposta dal giudice incompetente

(cod. proc. pen.: art. 27)

— Il termine di venti giorni, previsto dall’art. 27 cod. proc. pen., costituisce il limite temporale dell’efficacia della misura cautelare disposta dal giudice incompetente, ma il suo decorso non comporta alcuna preclusione per il giudice competente di riemettere il provvedimento applicativo della medesima misura, attesa la completa autonomia di quest’ultimo rispetto alla prima ordinanza, produttiva di meri effetti interinali (Sent. n. 4045, Sez. II, del 25-1-2013).

 

Misure cautelari personali – Arresti domiciliari – Concessione dell’autorizzazione a recarsi al lavoro – Diritto del detenuto – Configurabilità – Esclusione

(cod. proc. pen.: art. 284)

— La concessione dell’autorizzazione a recarsi al lavoro non si configura come un diritto del detenuto agli arresti domiciliari, posto che consentire attività lavorative svolte con continui spostamenti, difficilmente controllabili, snaturerebbe il regime della custodia domestica (Sent. n. 3472, Sez. III, del 23-1-2013).

 

Misure cautelari personali disposte dal giudice incompetente – Inefficacia – Adozione, da parte del giudice competente, di una nuova misura cautelare sulla base degli stessi elementi in precedenza considerati – Possibilità

(cod. proc. pen.: artt. 27, 272)

— L’inefficacia della misura cautelare disposta dal giudice incompetente a seguito della decorrenza del termine di venti giorni previsto dall’art. 27 cod. proc. pen. non preclude al giudice competente l’adozione di una nuova misura cautelare sulla base degli stessi elementi in precedenza considerati (Sent. n. 1056, Sez. VI, del 9-1-2013).

 

Misure cautelari personali – Riesame – Ordinanza del giudice – Valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato

(cod. proc. pen.: artt. 292 II co. ter, 309)

— L’art. 292, comma secondo ter, cod. proc. pen. non impone al giudice del riesame la confutazione di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l’irrilevanza o la pertinenza, restando circoscritto l’obbligo motivazionale alla disamina di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori e non anche di deduzioni dirette a proporre ricostruzioni alternative della vicenda e a contrastare il potere selettivo degli elementi di indagine posti a fondamento delle decisioni cautelari (Sent. n. 3742, Sez. VI, del 23-1-2013).

 

Misure cautelari personali – Trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari – Conseguenze

(cod. proc. pen.: artt. 276 I co. ter, 284, 285)

— La trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari determina, ex art. 276, comma primo ter, cod. proc. pen., la revoca obbligatoria degli arresti domiciliari, seguita dal ripristino della custodia cautelare in carcere, senza che al giudice, una volta accertata la trasgressione, sia riconosciuto un potere di rivalutazione delle esigenze cautelari (Sent. n. 3744, Sez. VI, del 23-1-2013).

 

Misure di prevenzione – Procedimento – Utilizzabilità, da parte del giudice, di elementi probatori e indiziari tratti dai procedimenti penali – Condizione

(L. 1423/1956; cod. proc. pen.: art. 192)

— Nel procedimento di prevenzione il giudice può utilizzare elementi probatori e indiziari tratti dai procedimenti penali e procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei fatti ivi accertati, purché dia atto in motivazione, specie quando essi abbiano dato luogo ad una pronuncia assolutoria, delle ragioni per cui siano da ritenere sintomatici dell’attuale pericolosità del proposto (Sent. n. 4668, Sez. VI, del 30-1-2013).

 

Nullità conseguente all’inosservanza delle prescrizioni concernenti l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari – È una nullità a regime intermedio

(cod. proc. pen.: artt. 178, 180, 415 bis)

— La nullità conseguente all’inosservanza delle prescrizioni concernenti l’avviso di conclusione delle indagini preliminari — come fissate all’art. 415-bis cod. proc. pen. — va catalogata tra quelle c.d. a regime intermedio, in quanto nullità di ordine generale priva di carattere assoluto, sicché essa va eccepita o rilevata d’ufficio prima della deliberazione della sentenza di primo grado (Sent. n. 1043, Sez. VI, del 9-1-2013).

 

Nullità di ordine generale – Fattispecie

(cod. proc. pen.: artt. 127, 130, 178)

— L’adozione de plano, senza fissazione della camera di consiglio ed avviso alle parti, del provvedimento di correzione di errore materiale comporta una nullità di ordine generale ex art. 178 cod. proc. pen. (Sent. n. 1674, Sez. I, del 14-1-2013).

 

Nullità di ordine generale non assoluta – Fattispecie

(cod. proc. pen.: artt. 96, 178, 182, 484)

— La celebrazione di un’udienza dibattimentale con la partecipazione del difensore nominato dall’imputato in eccedenza rispetto al numero consentito determina una nullità di ordine generale non assoluta, che non può essere eccepita dallo stesso imputato, il quale con il proprio comportamento ha concorso a darvi causa (Sent. n. 3229, Sez. V, del 22-1-2013).

 

Ordinamento penitenziario – Reclamo da parte dei detenuti e degli internati – Fattispecie in cui è inammissibile

(L. 354/1975: art. 35; Cost.: art. 2)

— È inammissibile il reclamo ex art. 35 dell’ordinamento penitenziario avanzato al magistrato di sorveglianza per ottenere il risarcimento dei danni patiti per effetto della detenzione subita in spazi angusti in relazione alla violazione di diritti fondamentali, trattandosi di pretesa azionabile unicamente in sede civile (Sent. n. 4772, Sez. I, del 30-1-2013).

 

* Ordinanza che decide sull’istanza di correzione di errori materiali – Ricorribilità per cassazione – Sussistenza

(cod. proc. pen.: artt. 130, 606)

— È ricorribile per cassazione l’ordinanza che decide sull’istanza di correzione dell’errore materiale (Sent. n. 1674, Sez. I, del 14-1-2013).

 

Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale – Notizia che sia stata già diffusa da altra fonte di informazione e non desunta direttamente dagli atti processuali – Irrilevanza – Ragione

(cod. pen.: art. 684)

— Ai fini della sussistenza del reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale (art. 684 cod. pen.), è irrilevante che la notizia sia stata già diffusa da altra fonte di informazione e non desunta direttamente dagli atti processuali, perché con la successiva pubblicazione viene data all’atto maggiore diffusione e propagazione (Sent. n. 473, Sez. I, dell’8-1-2013).

 

Reati sessuali – Attività del P.M. – Apporto conoscitivo del consulente

(cod. pen.: artt. 609 bis e segg.; cod. proc. pen.: artt. 359, 360)

— In tema di reati sessuali, laddove il P.M. effettui la scelta di ricorrere alla procedura non garantita prevista dall’art. 359 cod. proc. pen., non affidando la consulenza personologica nelle forme dell’art. 360 cod. proc. pen. e non richiedendo al G.i.p. l’incidente probatorio, l’apporto conoscitivo del consulente non può estendersi fino a convogliare nel processo indagini svolte senza contraddittorio con il consulente della difesa e senza la possibilità di un controllo postumo. (In applicazione del principio, la Corte, in relazione alla contestazione di violenza sessuale commessa da un docente nei confronti di un alunno minore di anni cinque, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna basata sulle dichiarazioni della vittima, ritenendo di non poter colmare le carenze probatorie attraverso le dichiarazioni dibattimentali del consulente e affermando che del sapere scientifico di quest’ultimo si potesse tener conto solo per aspetti conoscitivi di carattere generale) (Sent. n. 3258, Sez. III, del 22-1-2013).

 

Reo – Abitualità nel reato presunta dalla legge e abitualità nel reato ritenuta dal giudice – Elemento distintivo

(cod. pen.: artt. 102, 103)

— In tema di abitualità del reato, mentre in quella presunta dalla legge il giudice deve limitarsi ad accertare i soli elementi necessari e sufficienti, tassativamente determinati dal legislatore, nell’ipotesi di abitualità ritenuta dal giudice, quest’ultimo, in aggiunta ai primi, deve anche compiere una valutazione discrezionale in ordine ad altri elementi indicati dal legislatore (Sent. n. 1423, Sez. II, dell’11-1-2013).

 

Resistenza a un pubblico ufficiale – Condotta ingiuriosa nei confronti del soggetto passivo

(cod. pen.: art. 337)

— Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.) può essere integrato anche da una condotta ingiuriosa nei confronti del soggetto passivo quando essa, lungi dal rappresentare l’espressione di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo, riveli la volontà di opporsi allo svolgimento dell’atto di ufficio e risulti chiaro il nesso di causalità psicologica tra l’offesa arrecata e le funzioni esercitate (Sent. n. 1737, Sez. VI, del 14-1-2013).

 

Resistenza a un pubblico ufficiale – Ulteriori atti violenti che cagionino al pubblico ufficiale lesioni personali

(cod. pen.: artt. 61 n. 10, 337, 582)

— Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale può assorbire soltanto il minimo di violenza che si estrinsechi nella resistenza opposta al pubblico ufficiale il quale stia compiendo un atto del proprio ufficio, non anche gli ulteriori atti violenti che, esorbitando da tale limite, cagionino al medesimo lesioni personali. (La Corte ha affermato che, in tale ultima ipotesi, il reato di lesioni personali è aggravato dall’essere stato commesso in danno di un pubblico ufficiale, e può concorrere con quello previsto e punito dall’art. 337 cod. pen.) (Sent. n. 1420, Sez. II, dell’11-1-2013).

 

Riabilitazione – Verifica del requisito della buona condotta

(cod. pen.: art. 179)

— In tema di riabilitazione, la valutazione del comportamento dell’interessato ai fini della verifica del requisito della buona condotta deve comprendere non solo il periodo di tre anni dall’esecuzione o dall’estinzione della pena inflitta, ma anche quello successivo, fino alla data della decisione sull’istanza presentata (Sent. n. 1507, Sez. I, dell’11-1-2013).

 

Ricettazione – Dolo specifico del fine di profitto – Mera utilità negativa – Insussistenza

(cod. pen.: art. 648)

— Il dolo specifico del fine di profitto, previsto dall’art. 648 c.p. per integrare la condotta di reato, non può consistere in una mera utilità negativa, che si verifica ogni volta che l’agente agisca allo scopo di commettere un’azione esclusivamente in danno di sé stesso, sia pure perseguendo un’utilità meramente immaginaria o fantastica (Sent. n. 843, Sez. II, del 9-1-2013).

 

Ricettazione – Ipotesi ex art. 648 II co. cod. pen. – È una circostanza attenuante speciale – Conseguenza ai fini dell’applicazione della prescrizione

(cod. pen.: artt. 157, 648 I e II co.)

— In tema di ricettazione, l’ipotesi attenuata prevista dal secondo comma dell’art. 648 cod. pen. non costituisce un’autonoma previsione incriminatrice, ma una circostanza attenuante speciale, sicché, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita dal primo comma del predetto articolo (Sent. n. 4032, Sez. II, del 25-1-2013).

 

Riciclaggio – Elemento oggettivo

(cod. pen.: art. 648 bis)

— Integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità. (Fattispecie attinente al versamento da parte dell’imputato su conti correnti intestati ai propri figli di n. 99 assegni circolari provento di truffa) (Sent. n. 1422, Sez. II, dell’11-1-2013).

 

Ricorso per cassazione – Casi – Disparità di trattamento o contrasto di giudizi con altro caso più o meno analogo – Irrilevanza

(cod. proc. pen.: art. 606 I co. lett. e)

— A norma dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. i vizi di legittimità del provvedimento sono sempre interni ad esso, con la conseguenza che non hanno alcun rilievo, sotto il profilo del vizio di motivazione o di qualsiasi altro tipizzato profilo di ricorso di legittimità ex art. 606 cod. proc. pen., la disparità di trattamento o il contrasto di giudizi con altro caso più o meno analogo (Sent. n. 4875, Sez. I, del 31-1-2013).

 

Ricorso per cassazione – Casi – Mancata assunzione di una prova decisiva

(cod. proc. pen.: artt. 495 II co., 507, 606 I co. lett. d)

— La mancata assunzione di una prova decisiva — quale motivo di impugnazione per cassazione — può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495, secondo comma, cod. proc. pen., e non nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sent. n. 841, Sez. II, del 9-1-2013).

 

Truffa o malversazione a danno dello Stato in tema di appalto di pubblici servizi – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 314, 316 bis, 640)

— In tema di appalto pubblico di servizi, non è configurabile il delitto di peculato, ma eventualmente quelli di truffa o malversazione, nella condotta di indebita gestione e destinazione, da parte dell’appaltatore, di somme di provenienza pubblica, la cui ricezione costituisca il pagamento, da parte dell’appaltante soggetto pubblico, del corrispettivo per l’attività di fornitura di un servizio pattuito. (Fattispecie relativa a distrazione di somme versate dallo Stato a cooperativa aggiudicataria di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi a favore di immigrati clandestini, trattenuti presso centri di permanenza) (Sent. n. 3724, Sez. VI, del 23-1-2013).

 

Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Mancato pagamento dell’assegno divorzile determinato in sede di revisione – Configurabilità del reato

(L. 898/1970: artt. 5, 6, 9, 12 sexies; cod. pen.: art. 570)

— Il mancato pagamento dell’assegno divorzile, determinato in sede di revisione ex art. 9 della L. n. 898 del 1970, integra il delitto previsto dall’art. 12 sexies della medesima L. n. 898. (In motivazione la Corte ha evidenziato che la determinazione dell’assegno, ex art. 9 della L. n. 898 del 1970, non è un’ipotesi autonoma rispetto a quella di cui agli artt. 5 e 6 della medesima L. n. 898, ma una mera evenienza di adeguamento dell’assegno divorzile, originariamente stabilito) (Sent. n. 1745, Sez. VI, del 14-1-2013).