Massime civili della Cassazione di dicembre 2012

Agenzia – Contratto – Causa – Non è incompatibile con quella del contratto di deposito

(cod. civ.: artt. 1322, 1325 n. 2, 1748, 1766)

— La causa del contratto di agenzia non è incompatibile con quella del deposito, e non è dunque inconcepibile che, nel medesimo contratto, si fondino gli elementi dell’uno e dell’altro, e che all’agente-depositario sia riconosciuto il diritto alla rifusione delle spese di custodia (Sent. n. 22828, Sez. VI, del 12-12-2012).

 

Amministrazione di sostegno – Designazione preventiva dell’amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato

(cod. civ.: artt. 408, 2699, 2702; Cost.: art. 2)

— L’art. 408 c.c., il quale ammette la designazione preventiva dell’amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, è espressione del principio di autodeterminazione della persona, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, ed attribuisce quindi rilievo al rapporto di fiducia interno fra il designante e la persona prescelta, che sarà chiamata ad esprimerne le intenzioni in modo vincolato. Nondimeno, non è legittimata a proporre il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno in proprio favore la persona che si trovi nella piena capacità psico-fisica, presupponendo l’attivazione della procedura la sussistenza della condizione attuale d’incapacità, in quanto l’intervento giudiziario non può essere che contestuale al manifestarsi dell’esigenza di protezione del soggetto (Sent. n. 23707, Sez. I, del 20-12-2012).

 

Appalto – Garanzia per le difformità e i vizi dell’opera

(cod. civ.: artt. 1667 III co., 2697)

— Il committente che, convenuto dall’appaltatore per il pagamento, faccia valere la garanzia per i vizi dell’opera, ai sensi dell’art. 1667, comma 3, c.c. (nella specie, per le difformità di colorazione delle pareti esterne di un fabbricato), e proponga domanda di riduzione del prezzo, ha l’onere di provare il minor valore e rendimento dell’opera eseguita rispetto a quella pattuita (Sent. n. 23923, Sez. II, del 27-12-2012).

 

Appello – Litisconsorzio necessario pretermesso – Esame della questione di giurisdizione

(cod. proc. civ.: artt. 102, 339, 354)

— L’esame della questione di giurisdizione, ancorché pregiudiziale a quello di ogni altra questione, di rito o di merito, presuppone pur sempre l’instaurazione di un contraddittorio effettivo, e non meramente apparente, per essere stato il rapporto processuale costituito fra i soggetti investiti della qualità di parte in relazione alla natura del rapporto sostanziale. Ne consegue che, ove in appello sia riscontrato un litisconsorzio necessario pretermesso, la questione di giurisdizione deve essere esaminata nel giudizio di primo grado, una volta ivi ricostituita l’integrità del contraddittorio, ai sensi dell’art. 354 c.p.c. (Sent. n. 22776, Sez. Unite, del 12-12-2012).

 

Assicurazione R.C.A. – Assicuratore che intenda opporre al terzo danneggiato l’inesistenza del rapporto assicurativo – Onere di sollevare la relativa contestazione

(cod. assic.: artt. 143, 145; L. 990/1969: art. 22; cod. proc. civ.: art. 167)

— L’assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli, ove intenda opporre al terzo danneggiato l’inesistenza del rapporto assicurativo, ha l’onere di sollevare la relativa contestazione sin dal momento della ricezione della richiesta scritta di risarcimento di cui all’art. 145 cod. assic. (ovvero, in precedenza, di cui all’art. 22 L. n. 990 del 1969), alla quale sia allegato il modulo di denuncia di sinistro di cui all’art. 143 cod. assic. Ove ciò non faccia, né la relativa contestazione sia formulata nella comparsa di costituzione e risposta, resta precluso all’assicuratore eccepire in corso di causa l’inesistenza del contratto (Sent. n. 23614, Sez. III, del 20-12-2012).

 

Azienda – Cessione – Debiti relativi all’azienda ceduta

(cod. civ.: art. 2560 I e II co.)

— In tema di cessione d’azienda, la disposizione di cui all’art. 2560, comma 2, c.c., secondo cui l’acquirente risponde dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta soltanto se essi risultino dai libri contabili, è dettata non solo dall’esigenza di tutelare i terzi creditori, già contraenti con l’impresa e peraltro sufficientemente garantiti pure dalla norma di cui al comma 1 del medesimo art. 2560 c.c., ma anche da quella di consentire al cessionario di acquisire adeguata e specifica cognizione dei debiti assunti, specificità che va esclusa nell’ipotesi in cui i dati riportati nelle scritture contabili siano parziali e carenti nell’indicazione del soggetto titolare del credito, non potendosi in alcun modo integrare un’annotazione generica delle operazioni mediante ricorso ad elementi esterni di riscontro (Sent. n. 23828, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Competenza della sezione specializzata agraria – Domanda diretta all’accertamento, con efficacia di giudicato, della piena validità di un contratto di affitto agrario – Vi rientra

(L. 203/1982: art. 27; L. 29/1990: art. 9; cod. proc. civ.: art. 324)

— La domanda diretta all’accertamento, con efficacia di giudicato, della piena validità di un contratto di affitto agrario (nella specie, proposta dal convenuto chiamante nei confronti non solo dell’attore, ma anche del terzo chiamato in giudizio) appartiene alla competenza della sezione specializzata agraria, la quale deve conoscere di tutte le cause inerenti ai rapporti agrari (Ord. n. 22734, Sez. VI, dell’11-12-2012).

 

Competenza per territorio derogabile – Eccezione di incompetenza

(cod. proc. civ.: artt. 28, 29, 38; cod. civ.: artt. 1341, 1342)

— In tema di competenza territoriale derogabile, qualora sia stata sollevata l’eccezione di incompetenza, le circostanze, fattuali o normative, integranti controeccezioni sono rilevate d’ufficio, essendo il giudice investito della decisione sull’eccezione e non sussistendo il monopolio delle parti nella rilevazione delle controeccezioni. (Nella specie, enunciando il principio, la S.C., in sede di regolamento di competenza, ha rilevato d’ufficio che il contratto, recante una clausola di foro, non era un contratto per adesione, soggetto alla disciplina degli artt. 1341 e 1342 c.c., mentre le parti si erano limitate, l’una, ad eccepire l’incompetenza sulla base della clausola e, l’altra, a controeccepire la mancata approvazione scritta della clausola medesima) (Sent. n. 22047, Sez. VI, del 7-12-2012).

 

Comunione legale dei coniugi – Violazione del diritto di prelazione spettante al coltivatore proprietario del fondo confinante con quello venduto – Diritto di riscatto – Spetta solo al proprietario e non al coniuge – Fondamento

(cod. civ.: artt. 177 e segg.; L. 817/1971: art. 7)

— Nel caso di violazione del diritto di prelazione spettante al coltivatore proprietario del fondo confinante con quello venduto, il diritto di riscatto spetta soltanto a questi e non al coniuge, ancorché in regime di comunione legale, in quanto il potere di gestione della comunione può sorgere solo dopo che il bene vi sia caduto, e non riguarda gli atti prodromici al suo acquisto (Sent. n. 22613, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Condominio – Compenso dovuto dal condominio ai proprietari di un alloggio costituente pertinenza destinata al servizio delle unità abitative condominiali

(cod. civ.: artt. 817, 1117, 1571, 2948 n. 3)

— Il compenso dovuto dal condominio ai proprietari di un alloggio costituente pertinenza destinata al servizio delle unità abitative condominiali, in quanto adibito allo svolgimento del servizio di portierato, deriva la propria causa debendi da un rapporto obbligatorio analogo a quello di locazione, essendo, al pari di questo, a causa onerosa e giustificato da uno scambio periodico tra godimento del bene e corrispettivo in denaro. Ne consegue che il credito pecuniario derivante da tale rapporto si prescrive nel termine previsto, a norma dell’art. 2948, n. 3, c.c., per le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni (Sent. n. 23924, Sez. II, del 27-12-2012).

 

Consulenza tecnica d’ufficio espletata in materia che richieda elevate cognizioni specifiche – Prudente apprezzamento del giudice di merito – Incensurabilità in sede di legittimità

(cod. proc. civ.: artt. 61, 116, 201, 360)

— Nella valutazione della consulenza tecnica d’ufficio, espletata in materia che richieda elevate cognizioni specifiche (nella specie, edilizia di convogliamento delle acque), è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, recepire le argomentazioni dell’esperto nominato dall’ufficio, assistite da presunzione d’imparzialità, astenendosi da considerazioni personali sulle contrapposte argomentazioni del consulente di parte, meno attendibili perché influenzate dall’esigenza di sostenere le ragioni del preponente (Sent. n. 23362, Sez. II, del 18-12-2012).

 

Contratto – Clausola penale – Riduzione

(cod. civ.: artt. 1175, 1375, 1384; Cost.: art. 2)

— Ai fini dell’esercizio del potere di riduzione della penale, il giudice non deve valutare l’interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola — come sembra indicare l’art. 1384 c.c., riferendosi all’interesse che il creditore «aveva» all’adempimento — ma tale interesse deve valutare anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell’istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere, quindi, che la lettera dell’art. 1384 c.c., impiegando il verbo «avere» all’imperfetto, si riferisca soltanto all’identificazione dell’interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto (Sent. n. 21994, Sez. I, del 6-12-2012).

 

Contratto – Condizione potestativa mista – Disciplina codicistica applicabile

(cod. civ.: artt. 1358, 1359)

— La condizione potestativa mista, il cui avveramento dipende in parte dal caso o dal terzo e in parte dalla volontà di uno dei contraenti, è soggetta alla disciplina degli artt. 1358 e 1359 c.c., da intendersi riferita anche al segmento non casuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito che, qualificando come «casuale» la condizione sospensiva dell’erogazione di un finanziamento da parte di terzi, apposta al contratto di compravendita di un autocarro, aveva omesso di valutare, agli effetti degli artt. 1358 e 1359 c.c., se il compratore avesse agito correttamente per ottenere il prestito) (Sent. n. 23014, Sez. II, del 14-12-2012).

 

Contratto – Inadempimento anticipato – Nozione

(cod. civ.: artt. 1175, 1185, 1375)

— L’inadempimento contrattuale può anche essere anticipato rispetto alla scadenza prevista per l’adempimento (anticipatory breach), qualora il debitore, in violazione dell’obbligo di buona fede, tenga una condotta che renda impossibile o antieconomica la prosecuzione del rapporto. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito, che aveva dichiarato inadempiente il promittente venditore il quale, impegnatosi a trasferire un’unità abitativa, vi aveva aperto una porta di comunicazione con l’unità adiacente, rendendo non più identificabile l’oggetto della promessa) (Sent. n. 23823, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Contratto – Interpretazione – «Senso letterale delle parole» ex art. 1362 I co. cod. civ.

(cod. civ.: art. 1362 I co.)

— In tema di interpretazione del contratto, il «senso letterale delle parole», di cui all’art. 1362 c.c., va desunto da ogni parte della dichiarazione negoziale e da ogni parola che la compone, sicché la singola clausola, prima ancora di essere posta in relazione con le altre clausole, deve essere letta e valutata nella sua interezza (Sent. n. 23208, Sez. I, del 17-12-2012).

 

Contratto – Violazione di una norma imperativa – Nullità del contratto – Esclusione – Condizione – Conseguenza in tema di vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione

(cod. civ.: artt. 1344, 1418 I co.; L. 590/1965: art. 8; L. 817/1971: art. 7)

— La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l’art. 1418, comma 1, c.c., con l’inciso «salvo che la legge disponga diversamente», esclude tale sanzione ove sia predisposto un meccanismo idoneo a realizzare ugualmente gli effetti voluti della norma, indipendentemente dalla sua concreta esperibilità e dal conseguimento reale degli effetti voluti. Pertanto, la vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione di cui agli artt. 8 L. 26 maggio 1965 n. 590 e 7 L. 14 agosto 1971 n. 817 non è viziata da nullità, ai sensi del citato art. 1418 (né ai sensi dell’art. 1344 c.c.), sussistendo il rimedio dell’esercizio del riscatto (da parte degli aventi diritto alla prelazione) idoneo a conseguire l’obiettivo normativo dello sviluppo della proprietà contadina, a nulla rilevando l’accidentale decadenza della possibilità di esperirlo (Sent. n. 22625, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Disposizione normativa – Natura interpretativa – Deve risultare chiaramente dal suo contenuto – Fattispecie in tema di diritto comunitario

(preleggi: artt. 11 I co., 12)

— La natura interpretativa di una disposizione normativa, comportando una deroga al principio dell’irretroattività della legge, nel senso di determinare l’applicazione della nuova disposizione anche al passato, principio senz’altro valido anche nel diritto comunitario, deve risultare chiaramente dal suo contenuto, il quale deve non solo enunciare il significato da attribuire ad una norma precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre questa interpretazione, escludendone ogni altra. (Nella specie, la S.C., respingendo la proposta di impugnazione, non ha ravvisato, nell’art. 24 del reg. Ce n. 479 del 29 aprile 2008, il carattere di norma interpretativa dell’art. 19 del reg. Ce 17 maggio 1999 n. 1493, in tema di organizzazione comune del mercato vinicolo, mancando, nel primo, entrambi i descritti requisiti) (Sent. n. 23827, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Esecuzione forzata – Nullità del precetto conseguente all’omissione della notificazione del titolo esecutivo – Sanabilità per raggiungimento dello scopo – Esclusione

(cod. proc. civ.: artt. 156 III co., 479 I co., 615, 617)

— Non è sanabile per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, ultimo comma, c.p.c., la nullità del precetto conseguente all’omissione della notificazione del titolo esecutivo: e ciò sia quando venga proposta opposizione ex art. 617 c.p.c. per far valere il vizio della mancata osservanza dell’art. 479, comma 1, c.p.c.; sia quando, unitamente a quest’ultima, vengano proposti motivi di opposizione ex art. 615 c.p.c. (Ord. n. 23894, Sez. VI, del 21-12-2012).

 

Esecuzione forzata – Opposizione agli atti esecutivi – Giudizio relativo – Termine lungo per l’impugnazione della sentenza che lo ha concluso

(cod. proc. civ.: artt. 327 I co., 617; L. 69/2009: art. 46 XVII co.; Cost.: art. 111 VII co.)

— Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, ai fini dell’applicazione del termine lungo — ridotto a sei mesi dalla L. 18 giugno 2009 n. 69 — per l’impugnazione della sentenza che lo ha concluso, non rileva il momento in cui è stata introdotta e si è svolta la fase sommaria del corrispondente procedimento, destinata a concludersi con un provvedimento privo del carattere della definitività e, come tale, non impugnabile neppure con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., bensì quello in cui è stato intrapreso il relativo giudizio di merito (Ord. n. 22838, Sez. VI, del 12-12-2012).

 

Esecuzione forzata – Opposizione all’esecuzione – Fase sommaria e fase di merito

(cod. proc. civ.: art. 615)

— In tema di opposizione all’esecuzione, mentre la fase sommaria prevista dall’art. 615 c.p.c., istituzionalmente destinata alla delibazione dell’istanza di sospensione dell’esecuzione, è indefettibilmente riservata al giudice dell’esecuzione, non sussiste analoga riserva per la fase di merito della detta opposizione, sicché né tale fase, né la sentenza che la conclude sono viziate, ove la prima sia stata tenuta e la seconda sia stata pronunciata da un giudice diverso da quello investito delle funzioni tabellari di giudice dell’esecuzione, in servizio presso lo stesso ufficio (Sent. n. 22644, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Esecuzione forzata – Precetto – Richiesta di ratei di credito successivi a quelli quantificati nel precetto e basati sul medesimo titolo – Criterio di sufficienza

(cod. proc. civ.: artt. 474, 480, 499)

— Per richiedere, in sede esecutiva, i ratei di credito successivi a quelli quantificati nel precetto, e basati sul medesimo titolo, non è necessario, per il creditore, intimare un ulteriore precetto, potendo tener luogo di un formale atto di intervento, ove tanto non leda i diritti del debitore o di altri eventuali creditori, la menzione di detti ratei nella c.d. nota di precisazione del credito, depositata ai fini dell’ordinanza determinativa delle somme necessarie per la conversione (Sent. n. 22645, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Espromissione – Nozione e causa

(cod. civ.: art. 1272)

— L’espromissione è il contratto fra il creditore ed il terzo che assume spontaneamente il debito altrui, nel quale non vengono in considerazione i rapporti interni fra obbligato ed espromittente, né sono giuridicamente rilevanti i motivi che hanno determinato l’intervento del terzo, mentre la causa è costituita dall’assunzione del debito altrui tramite un’attività del tutto svincolata dai rapporti eventualmente esistenti fra terzo e obbligato, anche se non si richiede l’assoluta estraneità dell’obbligato rispetto al terzo, essendo necessario, invece, che il terzo, presentandosi al creditore, non giustifichi il proprio intervento con un preesistente accordo con l’obbligato (Sent. n. 22166, Sez. II, del 7-12-2012).

 

Espropriazione immobiliare – Progetto di distribuzione ex art. 596 cod. proc. civ. – Revoca

(cod. proc. civ.: artt. 487, 596)

— In tema di espropriazione immobiliare, è ammissibile la revoca del progetto di distribuzione di cui all’art. 596 c.p.c. fino a quando esso non abbia avuto esecuzione, ai sensi dell’art. 487 del medesimo codice, vale a dire finché il cancelliere non abbia emesso i mandati di pagamento e questi non siano stati riscossi (Ord. n. 23993, Sez. VI, del 28-12-2012).

 

Estinzione del giudizio di rinvio per mancata o tardiva riassunzione e successiva instaurazione di un nuovo processo mediante riproposizione della domanda

(cod. proc. civ.: artt. 278, 310 II co., 336, 360, 392, 393; cod. civ.: art. 1224)

— Nel caso di estinzione del giudizio di rinvio per mancata o tardiva riassunzione e di successiva instaurazione di un nuovo processo mediante riproposizione della domanda, conserva efficacia, ai sensi dell’art. 310, comma 2, c.p.c., il giudicato di merito che si sia formato, in ordine all’an debeatur, sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni, quale conseguenza, nella specie, del rigetto del motivo di ricorso per cassazione riguardante la spettanza di interessi e rivalutazione e dell’accoglimento della sola censura riguardante il calcolo degli stessi, caratterizzandosi il giudizio di rinvio come fase rescissoria, il cui thema decidendum rimane fissato dalla sentenza rescindente della Corte di cassazione (Sent. n. 23813, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Factoring – Factor che si sia obbligato a regolare in conto corrente col mandante le reciproche posizioni di dare ed avere

(cod. civ.: artt. 1260, 1322 II co., 1363, 1703, 1823)

— Poiché la cessione del credito costituisce un elemento essenziale della causa del contratto di factoring, il giudice di merito, il quale ritenga di qualificare come mandato un contratto definito dalle parti come factoring sulla base del rilievo che il factor si sia obbligato a regolare in conto corrente col mandante le reciproche posizioni di dare ed avere e che, di conseguenza, il factor riscuota i crediti del mandante in nome e per conto di questi senza alcuna previa cessione, ha l’onere di adottare sul punto un’esaustiva motivazione, che tenga conto di tutti gli elementi del contratto, senza limitarsi a dare rilievo alla sola circostanza della regolazione in conto corrente dei crediti contrapposti di mandante e factor (Sent. n. 21603, Sez. I, del 3-12-2012).

 

Fallimento – Azione revocatoria – Danno riconducibile agli atti negoziali e solutori – È in re ipsa

(R.D. 267/1942: art. 67; cod. civ.: art. 2728)

— In tema di revocatoria fallimentare, il danno riconducibile agli atti negoziali e solutori, compiuti nel concorso dei presupposti di cui all’art. 67 legge fall., è in re ipsa, consistendo nella lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all’uscita del bene dalla massa (a nulla rilevando che il prezzo sia poi utilizzato, eventualmente, dall’imprenditore fallito per pagare un creditore privilegiato), in aderenza alla funzione distributiva (antindennitaria) propria dell’azione revocatoria (Sent. n. 23430, Sez. I, del 19-12-2012).

 

Fallimento – Azione revocatoria – Fattispecie

(R.D. 267/1942: art. 67 II co.)

— Il pagamento del compenso in favore del proprio difensore in precedente attività giudiziaria, eseguito dal debitore, poi fallito, nell’anno anteriore alla dichiarazione del suo fallimento ed in concorso con il presupposto soggettivo della scientia decoctionis, è assoggettabile a revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, legge fall. (Sent. n. 23710, Sez. I, del 21-12-2012).

 

Fallimento – Azione revocatoria – Pagamento del terzo pignorato, debitore del debitore, nell’esecuzione forzata – Quando è revocabile nel successivo fallimento del debitore

(R.D. 267/1942: art. 67; cod. proc. civ.: art. 543)

— Il pagamento del terzo pignorato, debitore del debitore, nell’esecuzione forzata è revocabile nel successivo fallimento del debitore, quando abbia inciso sul patrimonio del fallito, perché eseguito con denaro a questi dovuto, essendo il solvens obbligato verso il debitore assoggettato ad esecuzione forzata e successivamente dichiarato fallito, e valendo il suo pagamento ad estinguere entrambi i debiti, suo e del debitore ancora in bonis (Sent. n. 23652, Sez. I, del 20-12-2012).

 

Fallimento – Azione revocatoria – Rimesse effettuate dal terzo sul conto corrente dell’imprenditore poi fallito

(R.D. 267/1942: art. 67 II co.; cod. civ.: artt. 1823, 2697, 2729)

— In tema di azione revocatoria fallimentare, le rimesse effettuate dal terzo sul conto corrente dell’imprenditore, poi fallito, non sono revocabili ai sensi dell’art. 67, comma 2, legge fall., quando risulti che il relativo pagamento non sia stato eseguito con danaro del fallito e che il terzo, utilizzatore di somme proprie, non abbia proposto azione di rivalsa verso l’imprenditore prima della dichiarazione di fallimento, né che abbia così adempiuto un’obbligazione relativa ad un debito proprio, sicché il creditore convenuto in revocatoria è onerato della sola prova della provenienza del pagamento dal terzo, configurandosi la relativa allegazione come un’eccezione in senso proprio, mentre invece incombe sul curatore, una volta accertata l’avvenuta effettuazione di detto pagamento, la dimostrazione, anche mediante presunzioni semplici, che la corrispondente somma sia stata fornita dal fallito (Sent. n. 22247, Sez. I, del 7-12-2012).

 

Fallimento – Dichiarazione – Impugnazione – Legittimazione

(R.D. 267/1942: artt. 18, 118; cod. proc. civ.: art. 100)

— Secondo l’ampia dizione dell’art. 18 legge fall., è legittimato ad impugnare la dichiarazione di fallimento «qualunque interessato» e, perciò, ogni soggetto che ne abbia ricevuto o possa riceverne un pregiudizio specifico, di qualsiasi natura, anche solo morale. Pertanto, seppure il fallimento sia stato chiuso per mancanza di domande di ammissione al passivo o per avvenuto pagamento dei creditori e delle spese di procedura, l’imprenditore fallito resta legittimato ad impugnare la dichiarazione di fallimento, essendo in re ipsa il pregiudizio che questa infligge alla sua reputazione commerciale (Sent. n. 21681, Sez. I, del 4-12-2012).

 

Fallimento – Rapporti processuali – Curatore che agisce in giudizio per la ripetizione di una somma indebitamente pagata dal fallito in epoca antecedente all’apertura del fallimento

(R.D. 267/1942: art. 43; cod. civ.: artt. 1965, 2033, 2704)

— Il curatore fallimentare che agisce in giudizio per la ripetizione di una somma indebitamente pagata dal fallito in epoca antecedente all’apertura del fallimento esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio del fallito, collocandosi nella sua stessa posizione, sostanziale e processuale, sicché la transazione intervenuta tra il fallito, allora in bonis, e l’accipiens del pagamento indebito è opponibile al curatore, senza che possa farsi questione di certezza della data ai sensi dell’art. 2704 c.c. (Sent. n. 23429, Sez. I, del 19-12-2012).

 

Filiazione naturale – Affidamento del figlio naturale – Competenza per territorio

(cod. civ.: art. 252; cod. proc. civ.: art. 18)

— In tema di affidamento del figlio naturale, è competente il tribunale per i minorenni del luogo dove si trova la dimora abituale del minore nel momento in cui è stato proposto il ricorso, senza che assuma rilievo la mera residenza anagrafica o eventuali trasferimenti contingenti o temporanei; invero, nell’individuazione in concreto del luogo di abituale dimora non può farsi riferimento ad un dato meramente quantitativo, rappresentato dalla prossimità temporale del trasferimento di residenza e dalla maggiore durata del soggiorno in altra città, essendo, invece, necessaria una prognosi sulla probabilità che la «nuova» dimora diventi l’effettivo e stabile centro d’interessi del minore ovvero resti su un piano di verosimile precarietà o sia un mero espediente per sottrarsi alla disciplina della competenza territoriale (Sent. n. 21750, Sez. VI, del 4-12-2012).

 

Giudizio possessorio – Domanda di riscatto agrario, da parte del convenuto, nei confronti del concedente che abbia proposto azione di reintegrazione del possesso – Sussumibilità nel divieto ex art. 705 cod. proc. civ.

(cod. proc. civ.: artt. 703, 705; L. 590/1965: art. 8)

— Al convenuto nel giudizio possessorio, non potendo egli proporre nei confronti dell’attore alcun giudizio petitorio, ai sensi dell’art. 705 c.p.c., finché il primo giudizio non sia definito e la relativa decisione non sia stata eseguita è inibita la domanda di riscatto agrario nei confronti del concedente che abbia proposto azione di reintegrazione del possesso (Sent. n. 22628, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Licenziamento collettivo per riduzione di personale – Progetto di ristrutturazione aziendale che si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva dell’azienda

(L. 223/1991: art. 4 III co.)

— In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti a tale unità sulla base di oggettive esigenze aziendali ed il datore di lavoro deve indicare nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991 sia le ragioni alla base della limitazione dei licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritiene di ovviare ad alcuni licenziamenti con il trasferimento ad unità produttive geograficamente vicine a quella soppressa o ridotta, onde consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti (Sent. n. 22655, Sez. lavoro, dell’11-12-2012).

 

Licenziamento illegittimo – Risarcimento del danno – Concorso del fatto colposo del creditore

(L. 300/1970: art. 18; cod. civ.: art. 1227 II co.; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— In tema di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, con riferimento all’obbligo di cooperazione del creditore ex art. 1227, comma 2, c.c., volto ad evitare l’aggravarsi del danno, nell’ambito dell’ordinaria diligenza possono esser comprese solo quelle attività che non siano gravose, eccezionali o tali da comportare notevoli rischi e sacrifici per il creditore, secondo una valutazione riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione. (La S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto giustificato il rifiuto di due dipendenti, licenziati per soppressione del posto, di accettare la proposta alternativa di trasferimento ad altra sede lontana, attesa l’onerosità delle spese conseguenti a tale diversa destinazione) (Sent. n. 21712, Sez. lavoro, del 4-12-2012).

 

Licenziamento per giusta causa – Violazione disciplinare addebitata al lavoratore – Valutazione – Criteri

(cod. civ.: art. 2119)

— In tema di licenziamento per giusta causa, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della permanenza del rapporto di lavoro, e quindi costituisca giusta causa di licenziamento, va tenuto presente che è diversa l’intensità della fiducia richiesta, a seconda della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell’oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono, e che il fatto concreto va valutato nella sua portata oggettiva e soggettiva, attribuendo rilievo determinante, ai fini in esame, alla potenzialità del medesimo di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva accertato la legittimità del licenziamento intimato ad un funzionario di banca, il quale rivestiva una particolare responsabilità, in quanto a lui erano affidati investimenti dei clienti per oltre 600 mila euro; aveva posto in essere rischiose operazioni finanziarie in violazione di delibere della Consob, di normative interne della banca e delle condizioni di rischio dell’investimento, fissate nel modulo predisposto dalla banca in conformità alle normative vigenti, sottoscritto dal cliente; aveva redatto un’arbitraria clausola modificativa, in violazione di legge, del modulo predisposto dalla banca, per consentirgli di porre in essere un’operazione rischiosa per il cliente; non aveva fornito di tutto ciò adeguata informazione ai clienti) (Sent. n. 22798, Sez. lavoro, del 12-12-2012).

 

Negozio giuridico – Impegno assunto dai nubendi in caso di fallimento del matrimonio – Validità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 160, 1322 II co., 1353)

— È valido l’impegno negoziale assunto dai nubendi in caso di fallimento del matrimonio (nella specie, trasferimento di un immobile di proprietà della moglie al marito, quale indennizzo delle spese, da questo sostenute, per ristrutturare altro immobile destinato ad abitazione familiare di proprietà della moglie medesima), in quanto contratto atipico con condizione sospensiva lecita, espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi, diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., essendo, infatti, il fallimento del matrimonio non causa genetica dell’accordo, ma mero evento condizionale (Sent. n. 23713, Sez. I, del 21-12-2012).

 

Possesso – Spoglio violento – Privazione dell’altrui possesso mediante alterazione dello stato di fatto in cui si trovi il possessore, eseguita contro la volontà, sia pure soltanto presunta, di quest’ultimo – Vi rientra

(cod. civ.: artt. 1140, 1168, 2727)

— In tema di tutela possessoria, ricorre spoglio violento anche in ipotesi di privazione dell’altrui possesso mediante alterazione dello stato di fatto in cui si trovi il possessore, eseguita contro la volontà, sia pure soltanto presunta, di quest’ultimo, sussistendo la presunzione di volontà contraria del possessore ove manchi la prova di una manifestazione univoca di consenso, e senza che rilevi in senso contrario il semplice silenzio, in quanto circostanza di per sé equivoca, e non interpretabile come espressione di acquiescenza (Sent. n. 22174, Sez. II, del 7-12-2012).

 

Prescrizione del credito del danneggiato – Interruzione da parte del titolare – Domanda proposta nel corso di un giudizio

(cod. civ.: artt. 1224, 2943 II co.; cod. proc. civ.: artt. 310, 324, 336, 360, 392, 393)

— Nel caso di estinzione del giudizio di rinvio per mancata o tardiva riassunzione, ove si sia formato il giudicato di merito, in ordine all’an debeatur, sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni, quale conseguenza, nella specie, del rigetto del motivo di ricorso per cassazione riguardante la spettanza di interessi e rivalutazione e dell’accoglimento della sola censura riguardante il calcolo degli stessi, rimane fermo l’effetto interruttivo della prescrizione del credito del danneggiato e la stessa, ai sensi dell’art. 2943, comma 2, c.c., decorre soltanto dal momento del passaggio in giudicato della sentenza contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio (Sent. n. 23813, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Prescrizione – Interruzione

(cod. civ.: artt. 2943 II co., 2945; cod. proc. civ.: artt. 83, 324)

— In tema di interruzione della prescrizione, l’inammissibilità della domanda (nella specie, per difetto di procura alla lite) non ne esclude l’efficacia interruttiva, che, anche in questo caso, permane fino al giudicato (Sent. n. 23017, Sez. II, del 14-12-2012).

 

Processo – Estinzione per inattività delle parti

(cod. proc. civ.: art. 307)

— Nell’ipotesi di estinzione di un processo che, per inattività delle parti, non sia stato più riassunto, la riproposizione della medesima azione in un secondo giudizio, fondandosi sull’ammesso riconoscimento della già verificatasi estinzione del primo, comporta l’implicita richiesta di accertamento incidentale dell’estinzione, senza che sia necessaria — in mancanza di apposita prescrizione normativa — la specifica formulazione dell’eccezione di estinzione (Sent. n. 21772, Sez. trib., del 5-12-2012).

 

Processo – Violazione del principio del contraddittorio – Quando sussiste

(Cost.: art. 111 II co.; cod. proc. civ.: artt. 38, 101, 112, 113)

— Nel procedimento civile sussiste una violazione del principio del contraddittorio allorché la decisione venga calata ex abrupto sulle parti ignare della questione officiosamente rilevata e risolta senza alcun contributo delle parti stesse, e non quando il giudice pronunci sull’eccezione (nella specie, di incompetenza per territorio) sollevata da una delle parti sulla base dei fatti oggettivi dedotti, individuando, nell’ambito del principio iura novit curia, le norme disciplinatrici della fattispecie (Ord. n. 22731, Sez. VI, dell’11-12-2012).

 

Proprietà – Azione di rivendicazione – Fattispecie

(cod. civ.: artt. 948, 2644, 2697)

— La domanda proposta dal primo acquirente di un immobile nei confronti di chi ne risulti secondo acquirente dal comune venditore dante causa, in quanto volta al recupero del bene sul presupposto del conflitto dei titoli d’acquisto, ha natura di azione di rivendicazione, imponendo all’attore l’onere di dimostrare l’opponibilità del proprio titolo alla controparte (Sent. n. 23818, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Proprietà edilizia – Limitazioni legali – Violazione delle norme sulle distanze legali nelle costruzioni – Costruzione che abbia sconfinato per un certo tratto sul fondo contiguo

(cod. civ.: artt. 872 II co., 873, 936, 938)

— L’art. 872 c.c., che espone chi abbia costruito sul proprio fondo in violazione delle distanze legali, ovvero l’attuale titolare del diritto dominicale sull’edificio, all’azione reale del vicino per la riduzione in pristino, è operante anche qualora quella costruzione abbia comportato sconfinamento per un certo tratto sul fondo contiguo, e, in tale ipotesi, quando la suddetta azione sia stata utilmente esercitata, la conseguente condanna all’arretramento della costruzione sino al rispetto delle distanze violate preclude ogni possibile applicazione delle disposizioni dettate dagli artt. 936 e 938 c.c., nella parte in cui escludono, in determinati casi, la demolizione o rimozione di opere eseguite sul fondo altrui (Sent. n. 23018, Sez. II, del 14-12-2012).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Nozione di «costruzione»

(cod. civ.: art. 873)

— In tema di distanze legali tra fabbricati, l’art. 873 c.c., nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all’interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di «costruzione» comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo e che, per la sua consistenza, abbia l’idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà. (Nella specie, è stata considerata «costruzione» una rampa aerea, con uno scivolo carraio, pur fungendo gli stessi solo da copertura ad un edificio sottostante posto a quota inferiore rispetto all’altro fondo, in quanto eccedenti la pura necessità di contenere il terreno più elevato, e perciò espressione di un’opzione ulteriore di tipo architettonico) (Sent. n. 23189, Sez. II, del 17-12-2012).

 

Proprietà – Modi di acquisto – Accessione invertita – Occupazione di porzione del fondo contiguo con una costruzione

(cod. civ.: artt. 934 e segg., 938)

— L’art. 938 c.c., il quale, in deroga al principio generale sull’acquisto della proprietà per accessione, di cui ai precedenti artt. 934 e ss., prevede, in caso di occupazione di porzione del fondo contiguo con una costruzione, l’attribuzione al costruttore della proprietà dell’opera realizzata e del suolo (cosiddetta accessione invertita), si riferisce esclusivamente alla costruzione di un edificio, cioè di una struttura muraria complessa idonea alla permanenza nel suo interno di persone e di cose, non potendo, quindi, essere invocato con riguardo ad opere diverse, quali un muro di contenimento o di divisione (Sent. n. 23018, Sez. II, del 14-12-2012).

 

Prova – Presunzioni semplici – Requisiti di gravità, precisione e concordanza

(cod. civ.: art. 2729 I co.)

— I requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall’art. 2729 c.c. perché gli indizi possano assurgere al rango di prova presuntiva, debbono valutarsi con riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati; quei requisiti, invece, sono inconcepibili rispetto alle regole statistiche o matematiche attraverso le quali si sviluppa il ragionamento logico deduttivo, le quali devono essere corrette e coerenti, ma non «gravi, precise e concordanti». (Nella specie, l’amministrazione finanziaria aveva ritenuto esistenti redditi non dichiarati, desumendoli dalla sproporzione tra i costi ed i ricavi dell’impresa contribuente, ed aveva quindi determinato il quantum del reddito non dichiarato, in assenza di scritture contabili, attraverso un calcolo aritmetico di media tra costi e prodotti venduti; il giudice di merito aveva tuttavia annullato il relativo avviso di accertamento, ritenendo che i calcoli compiuti dell’erario costituissero una «presunzione priva di gravità e precisione»; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha cassato tale decisione) (Sent. n. 23096, Sez. trib., del 14-12-2012).

 

Querela di falso – Fattispecie

(cod. proc. civ.: art. 221; cod. civ.: art. 2699)

— Chi intenda mettere in dubbio l’autenticità di un atto pubblico (nella specie, rapporto su un sinistro sciistico redatto dai Carabinieri), in base al rilievo che l’autore del rapporto, avendo interesse ad escludere una propria possibile corresponsabilità nei fatti riferiti, ne abbia fornito una versione non veritiera, ha l’onere di impugnarlo con la querela di falso, e non può limitarsi ad addurre, nel giudizio in cui quel rapporto è prodotto come fonte di prova, il conflitto d’interessi del verbalizzante al fine di escluderne l’efficacia probatoria privilegiata (Sent. n. 22047, Sez. VI, del 7-12-2012).

 

Regolamento di competenza – Ammissibilità – Cause attribuite al tribunale in composizione monocratica

(cod. proc. civ.: artt. 39, 42, 50 ter, 187, 281 bis)

— Ai fini dell’ammissibilità del regolamento di competenza, il principio secondo il quale, nelle cause attribuite al tribunale in composizione monocratica, il giudice unico, assommando le funzioni di istruzione e decisione, ove ritenga di emettere una pronuncia definitiva sulla competenza, è tenuto, ai sensi degli artt. 187 e 281 bis c.p.c., ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella decisoria, trova applicazione anche quando egli intenda pronunciare sulla litispendenza, sicché, in mancanza dell’invito alla precisazione delle conclusioni, l’ordinanza assunta in tema di litispendenza non esaurisce la potestas iudicandi sul punto e non è impugnabile con regolamento di competenza (Ord. n. 22737, Sez. VI, dell’11-12-2012).

 

Regolamento di competenza – Inammissibilità – Fattispecie

(cod. proc. civ.: artt. 42, 43, 808 ter, 819 ter)

— È inammissibile il regolamento di competenza avverso la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte dell’eccezione di improponibilità della domanda per avere le parti del giudizio stipulato una clausola di arbitrato irrituale, abbia provveduto sulla propria potestas iudicandi, affermandola o negandola (Sent. n. 21869, Sez. VI, del 5-12-2012).

 

Responsabilità da fatto illecito – Carattere solidale dell’obbligazione risarcitoria – Conseguenze sul piano processuale

(cod. civ.: artt. 2055, 2909; cod. proc. civ.: artt. 102, 324)

— In tema di responsabilità da fatto illecito, il carattere solidale dell’obbligazione risarcitoria, escludendo la configurabilità di un rapporto unico ed inscindibile tra i soggetti che abbiano concorso nella produzione del danno, comporta, sul piano processuale, l’autonomia delle domande cumulativamente proposte nei confronti degli stessi, la quale impedisce di ravvisare non solo un litisconsorzio necessario tra gli autori dell’illecito, ma anche un rapporto di dipendenza tra l’affermazione o l’esclusione della responsabilità di alcuni di essi e l’accertamento del contributo fornito dagli altri, a meno che la responsabilità dei primi non debba necessariamente essere ricollegata a quella di questi ultimi, per effetto dell’obiettiva interrelazione esistente, sul piano del diritto sostanziale, tra le rispettive posizioni. Ne consegue che nell’ambito di una procedura espropriativa, laddove non sia riscontrabile alcuna interdipendenza tra la posizione dell’impresa esecutrice dei lavori e delegata al compimento delle procedure espropriative e quella dell’organo titolare del potere espropriativo o dell’ente beneficiario dell’espropriazione, la mancata impugnazione da parte della prima dell’accertamento compiuto nei confronti dei secondi non consente di attribuire alla sentenza non definitiva autorità di giudicato, ai fini dell’affermazione della concorrente responsabilità (Sent. n. 23650, Sez. I, del 20-12-2012).

 

Responsabilità per danno cagionato da animali – Trasportatore di animali altrui – Responsabilità del proprietario per i danni causati dagli animali durante le operazioni di carico o scarico – Esclusione

(cod. civ.: art. 2052)

— Il proprietario di un animale, ai sensi dell’art. 2052 c.c., non risponde dei danni da questo causati a chi lo deteneva temporaneamente in vista del perseguimento di un interesse proprio, onde il trasportatore di animali non può pretendere dal proprietario di essi il risarcimento del danno causatogli dalle bestie durante le operazioni di carico o scarico, dal medesimo espletate in piena autonomia (Sent. n. 22632, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Condotta colposa della vittima

(cod. civ.: art. 2051)

— La responsabilità del custode, di cui all’art. 2051 c.c., è esclusa dalla condotta colposa della vittima, che abbia usato della cosa fonte di danno in modo anomalo ed imprevedibile. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso la responsabilità del proprietario di un immobile in costruzione per i danni patiti da un minore che, introdottosi in esso nonostante la recinzione e le barriere apposte e il divieto di accedervi ricevuto da persona presente sul posto, aveva patito lesioni precipitando da un solaio mentre era intento a giocare con un aquilone) (Sent. n. 21727, Sez. III, del 4-12-2012).

 

Revocazione – Casi – Sentenza contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata – Criterio di necessità

(cod. proc. civ.: artt. 324, 360 I co. n. 5, 395 n. 5, 703; cod. civ.: artt. 949, 1027, 1168, 2909)

— In tema di revocazione, perché una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che sussista un’ontologica e strutturale concordanza tra gli estremi su cui debba esprimersi il secondo giudizio e gli elementi distintivi della decisione emessa per prima, avendo questa accertato lo stesso fatto o un fatto ad esso antitetico, e non anche un fatto costituente un possibile antecedente logico, e risultando l’apprezzamento del giudice della revocazione al riguardo sottratto al sindacato di legittimità se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici. Ne consegue che è inammissibile la revocazione per contrasto tra giudicati nel caso in cui, dopo la formazione di un giudicato su una domanda di reintegrazione nel possesso di una servitù di passaggio, la parte convenuta nel giudizio possessorio ottenga una successiva sentenza, anch’essa passata in giudicato, di accoglimento dell’actio negatoria servitutis volta a far dichiarare l’inesistenza del medesimo diritto di servitù (Sent. n. 23815, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Revocazione delle sentenze della Corte di cassazione – Errore revocatorio – Ipotesi in cui è configurabile

(cod. proc. civ.: artt. 360 bis n. 1, 391 bis, 395 n. 4)

— In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore revocatorio è configurabile nelle ipotesi in cui la Corte sia incorsa in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati. Ne consegue che non risulta viziata da errore revocatorio la sentenza della Corte di cassazione nella quale il collegio abbia dichiarato l’inammissibilità del ricorso per motivi attinenti al merito delle questioni ed a valutazioni di diritto, e segnatamente all’irrilevanza di una produzione documentale, vertendosi, in tali casi, su pretesi errori di giudizio della Corte, con conseguente inammissibilità del ricorso per revocazione. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, c.p.c.) (Ord. n. 22868, Sez. VI, del 12-12-2012).

 

Ricorso per cassazione – Parte che lo abbia proposto facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, poi travolta da un mutamento interpretativo

(Cost.: art. 111; cod. proc. civ.: artt. 184 bis, 360)

— Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, non ha rilevanza preclusiva l’errore della parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, poi travolta da un mutamento interpretativo, sicché il ricorso non può essere dichiarato inammissibile o improcedibile per inosservanza di forme e termini il cui rispetto non era prescritto al momento dell’impugnazione, essendo stato imposto dall’overruling. Il mezzo per ovviare all’errore oggettivamente scusabile è dato dalla rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis), non ostando il difetto dell’istanza di parte, atteso che la causa non imputabile è conosciuta dalla Corte di cassazione, che, con la sua stessa giurisprudenza, ha dato indicazioni sul rito, ex post rivelatesi inattendibili. (Principio affermato circa il ricorso per cassazione proposto dal consulente tecnico dell’autorità giudiziaria penale nelle forme del rito penale anteriormente alla sentenza n. 19161 del 2009, con la quale le Sezioni Unite, innovando la giurisprudenza della S.C., hanno stabilito la natura civile del giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso, pur se emesso in sede penale) (Ord. n. 23836, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Ricorso per cassazione – Ricorso incidentale condizionato – Soccombenza – Necessità

(cod. proc. civ.: artt. 100, 371, 394)

— Il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza (non ricorrendo altrimenti l’interesse processuale a proporre ricorso per cassazione), cosicché è inammissibile il ricorso incidentale con il quale la parte, che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, risollevi questioni non decise dal giudice di merito, perché non esaminate o ritenute assorbite, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (Ord. n. 23548, Sez. trib., del 20-12-2012).

 

Risarcimento del danno – Grado percentuale di invalidità permanente in base al quale liquidare il danno biologico causato da un fatto illecito, e grado percentuale di invalidità in base al quale gli assicuratori sociali o gli enti previdenziali erogano gli indennizzi previsti dalla legge

(cod. civ.: art. 2059)

— Il grado percentuale di invalidità permanente in base al quale liquidare il danno biologico causato da un fatto illecito, e il grado percentuale di invalidità in base al quale gli assicuratori sociali o gli enti previdenziali erogano gli indennizzi previsti dalla legge vanno determinati in base a criteri diversi e non omogenei. Ne consegue che il grado di invalidità permanente accertato dal giudice nel giudizio di accertamento della responsabilità civile non può ritenersi erroneo per il solo fatto che non coincida con quello accertato dagli appositi organi degli enti previdenziali o dell’assicuratore sociale (Ord. n. 22280, Sez. VI, del 7-12-2012).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Lesione del diritto al «tempo libero» – Danno non patrimoniale – Esclusione

(cod. civ.: art. 2059)

— Non sussiste un diritto fondamentale al «tempo libero», poiché l’impiego del tempo a fini lavorativi o a fini diversi è rimesso all’esclusiva autodeterminazione della persona. Ne consegue che la lesione di tale diritto «immaginario» non è risarcibile quale danno non patrimoniale. (Nella specie, in applicazione del principio, la Corte ha respinto il ricorso proposto da un avvocato avverso la decisione di merito che ne aveva rigettato la domanda contro il Ministero della giustizia per il risarcimento della «perdita del tempo libero» imputata a disservizi degli uffici giudiziari) (Sent. n. 21725, Sez. III, del 4-12-2012).

 

Risarcimento del danno patrimoniale da perdita del lavoro domestico svolto da un familiare deceduto per colpa altrui – Liquidazione – Prova che la vittima attendesse a tale attività

(cod. civ.: artt. 2043, 2056, 2697, 2727)

— Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da perdita del lavoro domestico svolto da un familiare deceduto per colpa altrui, la prova che la vittima attendesse a tale attività può essere ricavata in via presuntiva ex art. 2727 c.c. dalla semplice circostanza che non avesse un lavoro, mentre spetta a chi nega l’esistenza del danno dimostrare che la vittima, benché casalinga, non si occupasse del lavoro domestico (Sent. n. 22909, Sez. III, del 13-12-2012).

 

Risarcimento del danno – Perdita di una chance favorevole

(cod. civ.: artt. 1223, 2043, 2056)

— La perdita di una chance favorevole non costituisce un danno di per sé, ma soltanto — al pari del danno da lucro cessante — se la chance perduta aveva la certezza o l’elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi. (In base a tale principio la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso la responsabilità di un avvocato per aver provocato l’estinzione del giudizio di merito, in base all’assunto che non vi era alcuna certezza del fatto che, se non vi fosse stata l’estinzione, la pretesa del cliente sarebbe stata accolta) (Sent. n. 22376, Sez. III, del 10-12-2012).

 

Sanzioni amministrative – Omessa indicazione, in un verbale di contestazione di violazione del codice della strada recante comunque l’individuazione delle autorità, amministrativa e giudiziaria, presso cui poter ricorrere, dell’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore

(D.Lgs. 285/1992: art. 203; D.P.R. 495/1992: art. 383)

— In tema di sanzioni amministrative, l’omessa indicazione, in un verbale di contestazione di violazione del codice della strada recante comunque l’individuazione delle autorità, amministrativa e giudiziaria, presso cui poter ricorrere, dell’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore, configura un’ipotesi di mera irregolarità, riguardando soltanto una delle alternative modalità di presentazione del ricorso amministrativo, che ben avrebbe potuto essere inoltrato direttamente alla prefettura, dovendosi così escludere che da una siffatta carenza possa derivare una concreta lesione delle garanzie difensive (Ord. n. 23932, Sez. VI, del 27-12-2012).

 

Separazione giudiziale dei coniugi – Assegno di mantenimento – Revoca giudiziale – Principio di irripetibilità delle somme versate

(cod. civ.: artt. 151, 156)

— Il principio di irripetibilità delle somme versate, in caso di revoca giudiziale dell’assegno di mantenimento, non trova applicazione in assenza del dovere di mantenimento medesimo, come allorché il soggetto (minorenne, ovvero maggiorenne non autosufficiente) non rivesta lo status di figlio di entrambe le parti in contesa (Sent. n. 21675, Sez. I, del 4-12-2012).

 

Servitù coattiva costituita per contratto – Art. 1055 cod. civ. – Applicabilità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1032 I co., 1051, 1055)

— La servitù costituita per contratto non cessa di essere coattiva, come si desume dall’art. 1032, comma 1, c.c., con conseguente operatività della corrispondente disciplina normativa, laddove risultino sussistenti le condizioni legali per ottenere detta costituzione, nonché l’intenzione delle parti di soddisfare l’esigenza tutelata dalla legge mediante assoggettamento del fondo servente (nella specie, in ragione dell’interclusione di un fondo ed al fine di consentire che da esso si potesse accedere sulla pubblica via). Ne consegue l’applicabilità alla servitù coattiva, pur costituita mediante contratto, della disposizione di cui all’art. 1055 c.c., la quale prevede, nel caso di passaggio coattivo, l’estinzione della servitù allorché cessi l’interclusione del fondo dominante (Sent. n. 23839, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Servitù di passaggio coattivo – Cessazione dell’interclusione – Diritto all’indennità in favore del proprietario del fondo dominante

(cod. civ.: art. 1055)

— L’art. 1055 c.c. condiziona il diritto all’indennità in favore del proprietario del fondo dominante, che abbia visto estinto il suo diritto di passaggio per effetto della cessata interclusione del proprio fondo, alla circostanza che, in sede di costituzione di servitù, egli avesse corrisposto uno specifico e determinato compenso per il peso imposto sul fondo altrui, obbligando detta disposizione il proprietario del fondo servente a «restituire» quanto ricevuto dal titolare del fondo dominante (Sent. n. 23839, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Servitù – Nozione di utilitas del fondo dominante – Fattispecie in tema di estinzione del passaggio coattivo per cessata interclusione

(cod. civ.: artt. 1027, 1028, 1051, 1055)

— In tema di servitù prediali, la nozione di utilitas del fondo dominante, di cui all’art. 1027 c.c., va commisurata alla limitazione del diritto di proprietà del fondo servente, quale esso risulta dal titolo, non coincidendo con qualsiasi vantaggio, anche di fatto, che possa trarne il titolare, ma solo con quello corrispondente al contenuto del peso imposto. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato estinto il passaggio coattivo per cessata interclusione, avendo riguardo alla sola utilità consistente nel transito sul fondo servente, nel quale si risolveva il contratto costitutivo del diritto di servitù) (Sent. n. 23839, Sez. II, del 21-12-2012).

 

Spese processuali – Responsabilità aggravata – Istanza di condanna – Quando può essere proposta nel giudizio di legittimità per il risarcimento dei danni causati dal ricorso per cassazione

(cod. proc. civ.: artt. 96, 360, 370)

— L’istanza di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. può essere proposta anche nel giudizio di legittimità per il risarcimento dei danni causati dal ricorso per cassazione, purché essa sia formulata nel controricorso con una prospettazione della temerarietà della lite riferita a tutti i motivi del ricorso, essendo altrimenti impedito alla Corte l’accertamento complessivo della soccombenza dolosa o gravemente colposa, la quale deve valutarsi riguardo all’esito globale della controversia e, quindi, rispetto al ricorso nella sua interezza (Sent. n. 21805, Sez. trib., del 5-12-2012).

 

Trascrizione – Nota di trascrizione – Causa di invalidità – Individuazione

(cod. civ.: artt. 2659, 2665)

— In tema di trascrizione, al fine di stabilire se ed in quali limiti un determinato atto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivo al contenuto della nota di trascrizione, unico strumento funzionale, ex lege, alla conoscenza, per gli interessati, del contenuto, dell’oggetto e del destinatario dell’atto. Ciò posto, a mente dell’art. 2665 c.c., è da ritenersi causa di invalidità della nota de qua non ogni generica omissione od inesattezza, ma soltanto l’erronea indicazione inducente incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico cui l’atto si riferisce. (Nel caso di specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che l’indicazione della partita Iva in luogo del codice fiscale, restando corretta l’indicazione della ragione sociale e della sede nella nota di trascrizione, non comporta alcuna invalidità di questa, ma una semplice inesattezza) (Sent. n. 21758, Sez. VI, del 4-12-2012).

 

Trasporto turistico – Responsabilità del venditore e dell’organizzatore di viaggi turistici «tutto compreso» per il danno patito dal viaggiatore in conseguenza del fatto illecito del terzo della cui opera si siano avvalsi

(D.Lgs. 79/2011: art. 43; cod. civ.: artt. 1176, 1218, 2049)

— Sia il venditore che l’organizzatore di viaggi turistici «tutto compreso» rispondono del danno patito dal viaggiatore, in conseguenza del fatto illecito del terzo della cui opera si siano avvalsi, non a titolo di colpa in eligendo o in vigilando, ma in virtù della sola assunzione legale del rischio per i danni che possano accadere al viaggiatore. (In virtù di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito, la quale aveva escluso la responsabilità del tour operator per i danni patiti da un viaggiatore durante un trasferimento in taxi, offerto dall’organizzatore di viaggio, dall’aeroporto all’albergo) (Sent. n. 22619, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Unione Europea – Interpretazione del diritto comunitario adottata dalla Corte di giustizia – Efficacia ultra partes – Conseguenza

(TFUE)

— L’interpretazione del diritto comunitario adottata dalla Corte di giustizia ha efficacia ultra partes, sicché alle sentenze dalla stessa rese, sia pregiudiziali e sia emesse in sede di verifica della validità di una disposizione, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità (Sent. n. 22577, Sez. trib., dell’11-12-2012).

 

Vendita di fondo agrario – Acquirente del fondo che subisce il riscatto – Azione nei confronti del proprietario alienante per il risarcimento del danno

(cod. civ.: artt. 1223, 1479 II co., 1483; L. 590/1965: art. 8)

— Se l’acquirente del fondo agrario, che subisce il riscatto, agisce nei confronti del proprietario alienante per il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 1483 c.c., quest’ultimo è normalmente dovuto, in virtù dell’art. 1479 c.c., nei limiti del c.d. interesse negativo, costituito principalmente dalla restituzione del prezzo e dal rimborso delle spese della vendita; solo se ricorra il dolo o la colpa del venditore in riferimento alla particolare causa che ha determinato l’evizione, come nell’ipotesi di violazione della garanzia espressamente prestata circa l’inesistenza di diritti di prelazione spettanti a terzi, il venditore è obbligato al risarcimento totale del danno, comprensivo anche del lucro cessante (Sent. n. 22625, Sez. III, dell’11-12-2012).

 

Vendita – Immobile venduto che risulti costruito in violazione delle limitazioni legali della proprietà

(cod. civ.: artt. 873, 1483, 1484, 1489, 2934; cod. proc. civ.: art. 324)

— In tema di compravendita, qualora l’immobile venduto risulti costruito in violazione delle limitazioni legali della proprietà, la pretesa del proprietario del fondo confinante, diretta a ottenere il rispetto di tali limitazioni, può concretare un’ipotesi riconducibile, alternativamente, alla garanzia per evizione, ai sensi degli artt. 1483 e 1484 c.c., ovvero alla garanzia prevista dall’art. 1489 c.c., secondo che dall’accoglimento della domanda derivi, in tutto o in parte, la perdita della cosa venduta (nella specie, a seguito della totale o parziale demolizione dell’edificio costruito a distanza illegale), ovvero discenda soltanto una restrizione del godimento del bene, il quale resti, però, integro nella sua identità strutturale; con la conseguenza che il corrispondente diritto del compratore resta soggetto ai relativi termini di prescrizione, decorrenti non dalla conclusione del contratto, bensì dal passaggio in giudicato della sentenza definitiva sull’evizione o sulla sussistenza della minore garanzia della cosa venduta (Sent. n. 23818, Sez. II, del 21-12-2012).