Massime civili della Cassazione di maggio 2014

Appalto di opere pubbliche – Collaudo – Attività di vigilanza e custodia dell’opera da parte dell’appaltatore – Diritto al compenso – Condizione

(cod. civ.: artt. 1655, 1665; D.Lgs. 163/2006)

— In tema di appalti di opere pubbliche, l’appaltatore ha diritto di essere compensato per l’attività di vigilanza e custodia dell’opera solo nel caso in cui si provi un ritardo imputabile alla P.A. nel dare inizio al collaudo nel termine fissato dal capitolato speciale d’appalto, mentre, per tutta la durata dei lavori e fino alla scadenza del termine per lo svolgimento del collaudo, tale attività resta a carico dell’impresa, formando oggetto di un obbligo generale, la cui remunerazione è compresa nel corrispettivo dell’appalto (Sent. n. 11889, Sez. I, del 28-5-2014).

 

Appalto – Rovina e difetti di cose immobili – Termine di un anno per la denuncia – Da quando decorre

(cod. civ.: art. 1669 I co.)

— Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 cod. civ. a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause, e se, da un lato, tale termine può essere postergato all’esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamento causale, dall’altro, esso decorre immediatamente quando si tratti di un problema di immediata percezione sia nella sua reale entità che nelle sue possibili origini (Sent. n. 9966, Sez. III, dell’8-5-2014).

 

Azione revocatoria ordinaria – Accoglimento – Titolarità di un credito eventuale – Sufficienza

(cod. civ.: artt. 2901, 2909; cod. proc. civ.: art. 324)

— Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria, è sufficiente la titolarità di un credito eventuale, quale quello oggetto di un giudizio ancora in corso, fermo restando che l’eventuale sentenza dichiarativa dell’atto revocato non può essere portata ad esecuzione finché l’esistenza di quel credito non sia accertata con efficacia di giudicato (Sent. n. 9855, Sez. III, del 7-5-2014).

 

Cessione dei crediti – Efficacia riguardo al debitore ceduto – Inopponibilità della compensazione al cessionario del credito – Accettazione espressa della cessione da parte del debitore ceduto – Necessità – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1248 I co., 1264)

— L’accettazione della cessione del credito, agli effetti dell’art. 1264 cod. civ., è un atto a forma libera che può risolversi anche in un comportamento concludente ed univoco, dovendosi escludere che l’art. 1248, primo comma, in tema di inopponibilità della compensazione al cessionario, richieda un’«accettazione espressa» (Sent. n. 10335, Sez. III, del 13-5-2014).

 

Circolazione di veicoli – Responsabilità relativa – Art. 2054 cod. civ. – Si applica anche ai trasportati che ricevano danni

(cod. civ.: artt. 2054, 2697)

— In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l’art. 2054 cod. civ. esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni e, quindi, anche ai trasportati, qualunque sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale, oneroso o gratuito, potendo il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, invocare i primi due commi dell’art. 2054 cod. civ. per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed il comma terzo per far valere quella solidale del proprietario, il quale può liberarsi solo provando che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà, ovvero che il conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno o, ancora, in caso di guasto tecnico, dando prova del caso fortuito o dell’inesistenza del vizio di manutenzione o costruzione (Sent. n. 11270, Sez. III, del 21-5-2014).

 

Comunione tacita familiare – Bene acquistato in proprio da un singolo partecipante con i proventi comuni – Acquisto automatico da parte della collettività – Esclusione – Limite

(cod. civ.: art. 230 bis VI co.)

— Il regime dei beni della comunione tacita familiare, che è caratterizzata, oltre che dalla comunanza di lucri e di perdite, dalla formazione di un unico peculio, gestito senza particolari formalità ed obblighi di rendiconto, destinato indivisibilmente a fornire i mezzi economici necessari ai bisogni della comunità familiare ed al sostentamento dei suoi partecipanti, non comporta, ove un bene sia acquistato in proprio da singolo partecipante con i proventi comuni, l’acquisto automatico da parte della collettività, bensì un obbligo di trasferimento dal singolo acquirente agli altri membri della comunione, salvo che non risulti uno specifico uso che invece consideri fatti per la comunione anche gli acquisti nomine proprio dei singoli partecipanti. (Nella specie, è stato rigettato il ricorso avverso la pronuncia di merito che aveva ritenuto sussistente tale uso nella provincia di Treviso) (Sent. n. 9579, Sez. lavoro, del 5-5-2014).

 

Contratto atipico mediante il quale un operatore economico, dopo aver raccolto informazioni vantaggiose per qualcuno, offra di rivelarne gli estremi agli ignari beneficiari, dietro promessa di un compenso – Causa giustificativa – Individuazione

(cod. civ.: art. 1322 II co.)

— Il contratto atipico mediante il quale un operatore economico, dopo avere raccolto informazioni vantaggiose per qualcuno (circa lasciti ereditari, donazioni, premi, assegnazione gratuita di azioni societarie ed altre utilità), offra di rivelarne gli estremi agli ignari beneficiari, dietro promessa di un compenso, è sorretto da adeguata causa giustificativa solo quando l’acquisizione dell’informazione sia frutto di un’attività non casuale, bensì professionalmente organizzata a tale scopo dal proponente, risolvendosi, così, nel fornire un servizio al destinatario (Sent. n. 10397, Sez. VI, del 13-5-2014).

 

Contratto – Conclusione – Accettazione della proposta – Non può essere desunta dal mero silenzio

(cod. civ.: artt. 1326 I co., 1335, 1337, 1965)

— In tema di formazione del contratto, l’accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l’onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell’altro. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, si è ritenuto che il silenzio di un istituto di credito, seguito ad una proposta transattiva formulata da un correntista mediante una missiva, non avesse i caratteri di accettazione della proposta, di cui agli artt. 1326, primo comma, e 1335 c.c.) (Sent. n. 10533, Sez. III, del 14-5-2014).

 

Contratto – Domanda di annullamento per violenza morale – Non può essere riqualificata dal giudice come domanda di annullamento per dolo

(cod. civ.: artt. 1427, 1434, 1439; cod. proc. civ.: art. 112)

— La domanda di annullamento del contratto per violenza morale non può essere riqualificata dal giudice come domanda di annullamento per dolo, egli incorrendo, altrimenti, in ultrapetizione per mutamento del fatto costitutivo (Sent. n. 11371, Sez. II, del 22-5-2014).

 

Contratto – Interpretazione – Comportamento complessivo dei contraenti anche posteriore alla conclusione del contratto – Contraenti che operino tramite dipendenti ed ausiliari – Rispondono anche dei loro comportamenti – Limite

(cod. civ.: art. 1362 II co.)

— In tema di interpretazione del contratto, agli effetti dell’art. 1362, secondo comma, cod. civ., i contraenti che operino tramite dipendenti ed ausiliari rispondono anche dei loro comportamenti, come della loro organizzazione ed attività, potendo, tuttavia, ritenersi non significativa la condotta tenuta dal personale degli uffici di una delle parti in contrasto con il testo letterale di una clausola contrattuale in caso di azione inconsapevole o meramente erronea (Sent. n. 11533, Sez. III, del 23-5-2014).

 

Contratto preliminare di vendita di bene indiviso – Obbligo di ogni comproprietario non solo di prestare il consenso per il trasferimento della sua quota, ma anche di promettere il fatto altrui – Sussistenza – Conseguenze

(cod. civ.: artt. 1351, 1470)

— Nel preliminare di vendita di bene indiviso considerato quale unicum, ogni comproprietario non solo si obbliga a prestare il consenso per il trasferimento della sua quota, ma promette anche il fatto altrui, cioè la prestazione del consenso degli altri comproprietari, sicché, attesa l’unitarietà della prestazione dei venditori, l’obbligo di prezzo è indivisibile per volontà negoziale e ciascun venditore può esigere l’intero a titolo solidale (Sent. n. 11549, Sez. II, del 23-5-2014).

 

Contratto – Rappresentanza – Principio dell’apparenza del diritto – Non trova applicazione nei confronti degli enti pubblici – Fondamento

(cod. civ.: art. 1393)

— In materia di rappresentanza, il principio dell’apparenza del diritto a tutela dell’affidamento del terzo contraente non trova applicazione nei confronti degli enti pubblici attesa la presunzione di conoscenza delle norme di legge che ne disciplinano in modo inderogabile la rappresentanza esterna, dovendosi tener conto che la volontà della P.A., esprimendosi in modo preciso e non ingannevole attraverso atti formali, emessi all’esito di un iter dettagliatamente descritto dalla legge, del quale i terzi hanno la possibilità di rendersi edotti, esclude, di norma, la configurabilità di un comportamento colposo dell’ente (Sent. n. 12179, Sez. I, del 30-5-2014).

 

Contratto – Risoluzione per inadempimento – Proposizione di una domanda di risoluzione di diritto per l’inosservanza di una diffida ad adempiere e proposizione della sola domanda di risoluzione giudiziale

(cod. civ.: artt. 1453, 1454)

— In tema di inadempimento contrattuale, mentre nella proposizione di una domanda di risoluzione di diritto per l’inosservanza di una diffida ad adempiere, può ritenersi implicita, in quanto di contenuto minore, anche la domanda di risoluzione giudiziale di cui all’art. 1453 cod. civ., non altrettanto può dirsi nell’ipotesi inversa, di proposizione soltanto di quest’ultima domanda, restando precluso l’esame della domanda di risoluzione di diritto a meno che i relativi fatti che la sostanziano siano stati allegati in funzione di un proprio effetto risolutivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, annullato il lodo arbitrale, si era limitata ad escludere l’intervenuta risoluzione di diritto di un contratto preliminare di compravendita immobiliare a seguito di diffida ad adempiere, senza indagare sull’implicita domanda di risoluzione giudiziale del contratto medesimo) (Sent. n. 11493, Sez. I, del 23-5-2014).

 

Diffamazione col mezzo della stampa – Responsabilità del direttore del giornale per i danni conseguenti – Fondamento

(cod. civ.: art. 2043; cod. pen.: artt. 57, 595 III co.)

— La responsabilità del direttore del giornale per i danni conseguenti alla diffamazione a mezzo stampa trova fondamento nella sua posizione di preminenza, che si estrinseca nell’obbligo di controllo e nella facoltà di sostituzione. Tali attività non si esauriscono nell’esercizio di un adeguato controllo preventivo, consistente nella scelta oculata di un giornalista idoneo alla redazione di una determinata inchiesta, ma richiedono altresì la vigilanza ex post sui contenuti e sulle modalità di esposizione, mediante la verifica della verità dei fatti o dell’attendibilità delle fonti, al fine di evitare di esporre un terzo ad un ingiustificato discredito, anche con l’assunzione di iniziative volte ad elidere eventuali profili penalmente rilevanti (Sent. n. 10252, Sez. III, del 12-5-2014).

 

Diffamazione – Uso distorto ed improprio della querela – Valenza diffamatoria – Fondamento

(cod. civ.: art. 2043; cod. pen.: artt. 51 I co., 120, 595)

— L’uso distorto ed improprio della querela, che si ha qualora essa abbia non la funzione di denunciare un fatto di rilevanza penale ma la finalità ulteriore di strumento di dissuasione nei confronti del querelato rispetto allo svolgimento di un’attività non voluta dal querelante (nella specie, al fine di bloccare la consegna a terzi di assegni affidati ad un professionista nell’ambito di un incarico fiduciario), esula dai confini dell’esercizio del diritto e assume valenza diffamatoria, in quanto l’attribuzione di fatti penalmente rilevanti a carico di una persona è consentita nella misura in cui sia strumentale all’accertamento della verità (Sent. n. 11635, Sez. III, del 26-5-2014).

 

Donazioni di denaro finalizzate all’acquisto di un bene – Costituiscono donazione indiretta di quel bene – Ragione

(cod. civ.: art. 809)

— Le donazioni di denaro finalizzate all’acquisto di un bene (nella specie, azioni) costituiscono donazione indiretta di quel bene poiché, in presenza di collegamento tra la messa a disposizione del denaro e il fine specifico dell’acquisto del bene, la compravendita costituisce lo strumento del trasferimento del bene, oggetto dell’arricchimento del patrimonio del destinatario (Sent. n. 11491, Sez. VI, del 23-5-2014).

 

Espropriazione forzata – Pignoramento – Effetti – Estinzione del credito pignorato – Art. 2917 cod. civ. – Ambito di riferimento

(cod. civ.: artt. 1241, 1243 I co., 2912, 2917)

— L’art. 2917 cod. civ., ai sensi del quale l’estinzione del credito pignorato per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio dei creditori, non si riferisce soltanto ai fatti volontari (quali il pagamento, la novazione, la rimessione), ma a qualunque causa estintiva, in quanto il pignoramento comporta l’indisponibilità e la separazione dal restante patrimonio del credito pignorato, che resta, pertanto, insensibile a tutte le posteriori cause di estinzione, ivi compresa la compensazione legale per effetto della coesistenza dei reciproci crediti e debiti verificatasi dopo il pignoramento (Sent. n. 10683, Sez. I, del 15-5-2014).

 

Giuramento decisorio – Decisorietà della formula – Criterio di necessità – Accertamento del giudice di merito – Incensurabilità in Cassazione – Limiti

(cod. civ.: art. 2736 n. 1; cod. proc. civ.: artt. 233, 360 I co. n. 5)

— La formula del giuramento decisorio — attese le finalità di questo speciale mezzo di prova — deve essere tale che, a seguito della prestazione del giuramento stesso, altro non resta al giudice che verificare l’an iuratum sit, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto. La valutazione (positiva o negativa) della decisorietà della formula del giuramento è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, il cui giudizio circa l’idoneità della formula a definire la lite è sindacabile in sede di legittimità con esclusivo riferimento alla sussistenza di vizi logici o giuridici attinenti all’apprezzamento espresso dal predetto giudice (Sent. n. 9831, Sez. I, del 7-5-2014).

 

Lavoro subordinato – Tutela delle condizioni di lavoro – Responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 cod. civ. – Danno causato dalla nocività dell’attività lavorativa per esposizione all’amianto – Onere della prova a carico del datore di lavoro – Contenuto

(cod. civ.: artt. 2087, 2697)

— In tema di responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 cod. civ., qualora sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell’attività lavorativa per esposizione all’amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, escludendo l’esposizione della sostanza pericolosa, anche se ciò imponga la modifica dell’attività dei lavoratori, assumendo in caso contrario a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie (Sent. n. 10425, Sez. lavoro, del 14-5-2014).

 

Licenziamento per giusta causa – Pluralità di addebiti contestati al dipendente – Idoneità delle singole contestazioni a giustificare il recesso – Limite e conseguenza

(cod. civ.: art. 2119)

— Qualora il licenziamento sia intimato per giusta causa e siano stati contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, ciascuno di essi autonomamente considerato costituisce base idonea per giustificare la sanzione, salvo che la parte che vi abbia interesse provi che solo presi in considerazione congiuntamente, per la loro complessiva gravità, essi siano tali da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro e pertanto, ove emerga l’infondatezza di uno o più degli addebiti contestati, quelli residui mantengono la loro astratta idoneità a giustificare il recesso. Ne consegue che la nullità della contestazione per alcuni addebiti, per mancato rispetto del termine a difesa del lavoratore, si estende all’atto di recesso nel suo complesso solo ove risulti provato, ed accertato, che le mancanze ritualmente contestate siano di per sé insufficienti a giustificare il licenziamento (Sent. n. 12195, Sez. lavoro, del 30-5-2014).

 

Negozio fiduciario – Dichiarazione unilaterale scritta con cui un soggetto si impegna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione di un precedente accordo fiduciario – Natura

(cod. civ.: artt. 1173, 1988, 2932)

— La dichiarazione unilaterale scritta con cui un soggetto si impegna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione di un precedente accordo fiduciario non costituisce semplice promessa di pagamento ma autonoma fonte di obbligazioni se contiene un impegno attuale e preciso al ritrasferimento, e, qualora il firmatario non dia esecuzione a quanto contenuto nell’impegno unilaterale, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ., purché l’atto unilaterale contenga l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali (Sent. n. 10633, Sez. III, del 15-5-2014).

 

Obbligazioni – Estinzione – Compensazione legale – Eccezione di parte – Necessità – Fondamento – Proposizione mediante formule sacramentali – Necessità – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1242 I co., 1243 I co.)

— La compensazione legale estingue ope legis i debiti contrapposti in virtù del solo fatto oggettivo della loro contemporanea sussistenza, sicché la pronuncia del giudice si risolve in un accertamento dell’avvenuta estinzione dei reciproci crediti delle parti dal momento in cui sono venuti a coesistenza; tuttavia, la compensazione, in quanto esercizio di un diritto potestativo, non può essere rilevata d’ufficio e deve essere eccepita da chi intende avvalersene, senza necessità che la relativa manifestazione di volontà sia espressa mediante l’uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che dal comportamento della parte risulti univocamente la volontà di ottenere la dichiarazione dell’estinzione del debito (Sent. n. 10335, Sez. III, del 13-5-2014).

 

Obbligazioni – Estinzione – Compensazione – Norme relative – Ambito di riferimento e di applicazione

(cod. civ.: artt. 1241 e segg.)

— Le norme che regolano la compensazione, ivi compresa quella concernente il divieto di rilevarla di ufficio, riguardano l’ipotesi della compensazione in senso tecnico, che postula l’autonomia dei contrapposti rapporti di credito, ma non si applicano allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto ovvero da rapporti accessori, in assenza quindi di autonomia, potendo il relativo calcolo, in tale evenienza, essere compiuto d’ufficio dal giudice in sede d’accertamento della fondatezza della domanda (Sent. n. 11729, Sez. lavoro, del 26-5-2014).

 

Obbligazioni – Estinzione – Novazione oggettiva – Efficacia estintiva nei rapporti contrattuali di durata – Portata

(cod. civ.: artt. 1230, 1965)

— Nei rapporti contrattuali di durata la novazione oggettiva impedisce che il rapporto giuridico sostituito continui a produrre le obbligazioni che da esso sarebbero altrimenti normalmente derivate, ma non estingue le obbligazioni già venute in essere al momento dell’accordo novativo stesso, fatta salva la presenza di un accordo transattivo che disponga diversamente (Sent. n. 11366, Sez. III, del 22-5-2014).

 

Obbligazioni – Inadempimento – Atto di costituzione in mora – Interpretazione – Ricorso in via analogica alle regole di ermeneutica degli atti negoziali – Legittimità – Incensurabilità in sede di legittimità – Limiti

(cod. civ.: artt. 1219, 1362 e segg., 1425 e segg.; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— In tema di interpretazione di un atto di costituzione in mora, la sua natura di atto giuridico in senso stretto (nonché recettizio) non consente l’applicabilità diretta ed immediata dei principi sui vizi del volere e della capacità dettati in tema di atti negoziali, ma legittima il ricorso, in via analogica, alle regole di ermeneutica, in quanto compatibili, degli atti negoziali stessi, con la conseguenza che anche l’attività interpretativa dell’atto di costituzione in mora si traduce in un’indagine di fatto istituzionalmente affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nei soli casi di inadeguatezza della motivazione — tale, cioè, da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudice per giungere all’attribuzione di un certo contenuto (e di una certa significazione) all’atto in esame —, ovvero di inosservanza delle norme ermeneutiche compatibili con gli atti giuridici in senso stretto (Sent. n. 11579, Sez. lavoro, del 23-5-2014).

 

Obbligazioni – Inadempimento – Concorso del fatto colposo del danneggiato – Esposizione volontaria ad un rischio – Idoneità ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante – Fondamento

(cod. civ.: art. 1227 I co.; Cost.: art. 2)

— L’esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., e, a livello costituzionale, risponde al principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all’ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti. (Nella specie, in applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente il concorso di colpa del danneggiato per aver partecipato come passeggero ad una gara automobilistica clandestina) (Sent. n. 11698, Sez. III, del 26-5-2014).

 

Obbligazioni – Inadempimento – Responsabilità del debitore – Impegno del creditore a cooperare col debitore affinché questi possa adempiere nei tempi e modi pattuiti – Onere della prova – Riparto tra debitore e creditore

(cod. civ.: artt. 1218, 2697)

— Quando il creditore si è impegnato a cooperare col debitore affinché questi possa adempiere nei tempi e modi pattuiti, il debitore ha solo l’onere di provare l’esistenza del patto di cooperazione e il nesso causale tra la mancata cooperazione e il proprio inadempimento, mentre spetta al creditore, per liberarsi da responsabilità, dimostrare di aver fornito la cooperazione promessa (Sent. n. 10702, Sez. II, del 15-5-2014).

 

Obbligazioni – Pagamento parziale – Imputazione nel caso di datore di lavoro che abbia una pluralità di debiti verso un ente previdenziale – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1193, 2745, 2753, 2754, 2778 nn. 1 e 8)

— In tema di imputazione di pagamento, qualora un datore di lavoro abbia una pluralità di debiti verso un ente previdenziale, il pagamento parziale va imputato all’estinzione del debito relativo alle sanzioni civili, in quanto credito meno garantito, piuttosto che al capitale rappresentato dalle contribuzioni omesse, poiché il primo è assistito da un privilegio, per ordine di soddisfazione e per entità dell’importo coperto, pari a metà (artt. 2754 e 2778 n. 8 cod. civ.), subvalente rispetto al secondo, assistito da privilegio di grado poziore e per l’intero importo (artt. 2753 e 2778 n. 1 cod. civ.) (Sent. n. 9648, Sez. lavoro, del 6-5-2014).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Veranda che chiude uno spazio aperto ma che resta allineata al fabbricato – Non riduce la distanza dell’edificio dal confine

(cod. civ.: art. 873)

— In tema di distanze legali, la veranda che chiude uno spazio aperto, ma resta allineata al profilo del fabbricato, pur determinando un ampliamento del volume delle superfici chiuse, non proietta in avanti l’edificio e, quindi, non ne riduce la distanza dal confine (Sent. n. 9679, Sez. II, del 6-5-2014).

 

Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Mare territoriale – Non può costituire cosa suscettibile di «custodia» ex art. 2051 cod. civ. – Fondamento

(cod. civ.: artt. 822, 2051)

— Il mare territoriale è cosa distinta dal lido marino, il quale soltanto rientra nel demanio marittimo e può formare oggetto di proprietà. Ne consegue che il mare, di per sé, non può costituire cosa suscettibile di «custodia» ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., né è invocabile nei confronti della P.A., cui la legge affidi la gestione del lido marino, la relativa presunzione di responsabilità (Sent. n. 11532, Sez. III, del 23-5-2014).

 

Revocazione – Casi – Ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore – Nozione di «forza maggiore»

(cod. proc. civ.: art. 395 n. 3)

— In tema di revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 3, cod. proc. civ., la forza maggiore si concreta nell’ignoranza assoluta ed incolpevole del documento, requisito insussistente ove il documento, nella disponibilità della parte e da questa consegnato al difensore, non sia stato prodotto in giudizio per strategia difensiva, insuscettibile di trasformarsi in forza maggiore neppure per il decesso del difensore, avvenuto durante il termine per l’appello (Sent. n. 12000, Sez. II, del 28-5-2014).

 

Risarcimento del danno – Danno patrimoniale futuro derivante da lesioni personali – Valutazione – Criterio di necessità – Prova del danneggiato per presunzioni semplici – Possibilità – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1226, 2043, 2056, 2697, 2729)

— Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura — non necessariamente in modo proporzionale — qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa. Tale presunzione, peraltro, copre solo l’an dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 cod. civ., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continua a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito (Sent. n. 11361, Sez. III, del 22-5-2014).

 

Servitù d’acquedotto – Costituzione – «Condizioni dei fondi vicini» ex art. 1037 cod. civ. – Devono essere valutate anche se i rispettivi proprietari non sono parti in causa

(cod. civ.: art. 1037)

— Per la costituzione della servitù d’acquedotto, ai sensi dell’art. 1037 cod. civ., le «condizioni dei fondi vicini» devono essere valutate anche se i rispettivi proprietari non sono parti in causa, essi non ricevendone alcun pregiudizio nell’eventuale altra controversia, di stesso oggetto, che li riguardi (Sent. n. 10611, Sez. II, del 14-5-2014).

 

Usucapione – Animus possidendi – Nozione

(cod. civ.: artt. 1140, 1158, 1326)

— L’animus possidendi, necessario all’acquisto della proprietà per usucapione, non consiste nella convinzione di essere proprietario, ma nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando corrispondenti facoltà, mentre la buona fede non è requisito del possesso utile all’usucapione. Ne consegue che la consapevolezza di possedere senza titolo e l’attività negoziale (nella specie, proposta di acquisto) diretta a ottenere il trasferimento della proprietà non escludono che il possesso sia utile all’usucapione (Sent. n. 9671, Sez. II, del 6-5-2014).

 

Usucapione da parte della P.A. di un bene privato di cui per oltre un ventennio, nell’erronea convinzione che fosse demaniale, abbia disposto la concessione in uso a terzi – Possibilità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 810, 822, 823, 1140, 1158)

— La distinzione tra i beni pubblici e i beni privati non discrimina due categorie concettuali di proprietà, ma soltanto due categorie giuridiche di beni, la prima delle quali presenta un peculiare regime giuridico (inalienabilità, inusucapibilità, vincolo di destinazione per i beni pubblici appartenenti a privati, ecc.). Ne consegue che la P.A. può usucapire il bene privato del quale per oltre un ventennio, nell’erronea convinzione che fosse demaniale, abbia disposto la concessione in uso a terzi, atteso che, mentre l’errata supposizione di demanialità del bene non incide sulla volontà della P.A. di gestirlo uti dominus, risolvendosi in un errore sul regime giuridico del bene, irrilevante ai fini dell’usucapione, la concessione in uso a terzi costituisce uno dei modi di disposizione del bene e, quindi, di possesso da parte dell’ente pubblico (Sent. n. 9682, Sez. II, del 6-5-2014).

 

Vendita di cose mobili da trasportare – Liberazione del venditore dall’obbligo di consegna – Presupposto

(cod. civ.: artt. 1476 n. 1, 1510 II co.)

— Nella vendita di cosa da trasportare, la liberazione del venditore dall’obbligo di consegna, ai sensi dell’art. 1510, secondo comma, cod. civ., presuppone che il vettore, cui la cosa è rimessa, sia identificabile (Sent. n. 10343, Sez. II, del 13-5-2014).

 

Vendita di cose mobili – Inadempimento od inesatto adempimento del venditore – Compratore che non possa avvalersi della facoltà ex art. 1516 I co. cod. civ. ed acquisti altrove le cose oggetto della vendita – Ha diritto al risarcimento del danno – Condizione

(cod. civ.: art. 1516 I co.)

— In tema di vendita di cose mobili, in caso di inadempimento od inesatto adempimento del venditore, il compratore, che non possa avvalersi della facoltà prevista dal primo comma dell’art. 1516 cod. civ. ed acquisti altrove le cose oggetto della vendita, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno corrispondente alla differenza tra l’ammontare della spesa occorsa per l’acquisto ed il prezzo convenuto, purché dimostri di avere acquistato le stesse cose o altre aventi le medesime caratteristiche qualitative (Sent. n. 12272, Sez. III, del 30-5-2014).

 

Vendita – Mancanza di determinazione espressa del prezzo – Parti che, nel contratto, si siano riferite al «giusto prezzo» ex art. 1474 III co. cod. civ. – Ipotesi relative

(cod. civ.: art. 1474 III co.)

— In tema di compravendita, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 1474, terzo comma, cod. civ., ove le parti, nel contratto, si siano riferite al «giusto prezzo», senza che assumano rilievo espressioni diverse, ancorché equivalenti (come prezzo congruo, adeguato, e simili), mentre l’accordo, cui fa riferimento il secondo inciso della medesima disposizione, indica una pattuizione successiva, non prevista nel contratto originario, la quale si innesta su una previsione contrattuale che ha fatto riferimento al «giusto prezzo» (Sent. n. 11529, Sez. III, del 23-5-2014).