Massime civili della Cassazione di settembre 2013

Agenzia – Atto di conferimento dell’incarico – Mancata designazione espressa e formale della zona nella quale l’incarico deve essere espletato – Configurabilità del contratto di agenzia – Condizione

(cod. civ.: art. 1742)

— La configurabilità del contratto di agenzia non trova ostacolo nel fatto che l’atto di conferimento dell’incarico non abbia designato espressamente e formalmente la zona nella quale l’incarico deve essere espletato, ove tale indicazione sia evincibile dal riferimento all’ambito territoriale nel quale le parti incontestabilmente operano (Sent. n. 20322, Sez. lavoro, del 4-9-2013).

 

Agenzia – Contratto – Svolgimento da parte dell’agente di attività di incasso, per conto del preponente, dei corrispettivi dovuti dai clienti – Non è un elemento essenziale o naturale del contratto di agenzia

(cod. civ.: artt. 1744, 1748, 2225)

— In tema di rapporto di agenzia, poiché lo svolgimento da parte dell’agente di attività di incasso, per conto del preponente, dei corrispettivi dovuti dai clienti non costituisce un elemento essenziale o naturale del contratto di agenzia, ma soltanto un compito ulteriore che le parti possono convenire, quando la facoltà e l’obbligo di riscuotere i crediti del preponente siano intervenuti nel corso del rapporto di agenzia, deve ritenersi che l’attività di esazione costituisca prestazione accessoria e ulteriore rispetto all’originario contratto, e richieda una sua propria remunerazione, in base alla generale normativa sul lavoro autonomo e, specificamente, all’art. 2225 cod. civ. (Sent. n. 21079, Sez. lavoro, del 16-9-2013).

 

Agenzia – Indennità in caso di cessazione del rapporto – Caso in cui non è dovuta all’agente

(cod. civ.: art. 1751)

— L’indennità di cessazione del rapporto, disciplinata dall’art. 1751 cod. civ., non è dovuta all’agente in ogni caso di scioglimento del rapporto e, in particolare, non è dovuta quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività (Sent. n. 20089, Sez. lavoro, del 2-9-2013).

 

Appalto – Acconti corrisposti medio tempore per i quali sia stata emessa fattura – Somma da corrispondere a titolo di IVA – Criterio di computo

(cod. civ.: art. 1657)

— In tema di contratto di appalto, ove siano stati corrisposti medio tempore acconti in ordine ai quali sia stata emessa fattura, con il versamento dell’IVA dovuta in proporzione al relativo imponibile, al momento del saldo l’imposta deve essere calcolata non sull’intero ammontare del prezzo, ma solo sul saldo residuo e, peraltro, condizionatamente al rilascio della fattura (Sent. n. 20117, Sez. II, del 2-9-2013).

 

Appalto – Contratto avente ad oggetto la costruzione di un’opera che comporti l’abusiva occupazione di uno spazio demaniale marittimo – Nullità – Fondamento e conseguenza

(cod. civ.: artt. 1346, 1418, 1423, 1655, 1671; cod. nav.: art. 54)

— Il contratto di appalto per la costruzione di un’opera che comporti l’abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo è nullo, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 cod. civ., avendo un oggetto illecito per violazione di norme imperative del codice della navigazione, sicché, non producendo ab origine gli effetti suoi propri, né essendo suscettibile di convalida ai sensi dell’art. 1423 cod. civ., l’appaltatore non può pretendere il pagamento del corrispettivo pattuito, né dell’indennizzo ex art. 1671 cod. civ., irrilevante rivelandosi, altresì, l’ignoranza di tale abusiva occupazione atteso che, nei reati contravvenzionali, la buona fede dell’agente idonea ad escludere l’elemento soggettivo va ricercata in un fattore positivo esterno, che abbia indotto il soggetto in errore incolpevole, e non può essere determinata dalla mera non conoscenza della legge (Sent. n. 21475, Sez. I, del 19-9-2013).

 

Appalto – Contratto – Clausola con cui le parti abbiano attribuito ad un determinato giudice la competenza in ordine alle controversie relative all’interpretazione ed esecuzione del contratto stesso – Interpretazione – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1362 e segg., 1655; cod. proc. civ.: artt. 28, 29)

— La clausola contenuta in un contratto di appalto, con la quale le parti abbiano attribuito ad un determinato giudice la competenza in ordine alle controversie relative all’interpretazione ed esecuzione del contratto stesso, deve essere interpretata nel senso di comprendere in tale competenza convenzionale sia le opere già previste, sia quelle inizialmente non pattuite ma resesi necessarie in fase attuativa, non potendosi logicamente separare la cognizione del contenzioso tra opere strettamente connesse, e rimanendo, invece, sottratta al foro stabilito per accordo delle parti la competenza in ordine ad opere realizzate in adempimento di diverso appalto, del tutto svincolato dal primo (Ord. n. 21503, Sez. VI, del 19-9-2013).

 

Appalto – Garanzia per la rovina e i difetti di cose immobili (nella specie, edificio condominiale) – Operatività – Si estende anche ai gravi difetti della costruzione che non riguardino il bene principale, bensì i viali di accesso pedonali al condominio – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1117, 1669)

— In tema di appalto, l’operatività della garanzia di cui all’art. 1669 cod. civ. si estende anche ai gravi difetti della costruzione che non riguardino il bene principale (come gli appartamenti costruiti), bensì i viali di accesso pedonali al condominio, dovendo essa ricomprendere ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell’opera, senza che abbia rilievo in senso contrario l’esiguità della spesa occorrente per il relativo ripristino (Sent. n. 20644, Sez. II, del 9-9-2013).

 

Appello – Sentenza impugnata che abbia deciso esclusivamente una questione preliminare di rito – Riproposizione della domanda non esaminata – Generico richiamo al precedente giudizio di primo grado – Sufficienza ad evitare la declaratoria di inammissibilità dell’appello – Esclusione

(cod. proc. civ.: artt. 339, 346)

— Qualora la sentenza impugnata, nel definire il giudizio, abbia deciso esclusivamente una questione preliminare di rito (nella specie, dichiarando improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo, per tardività di costituzione dell’opponente), sebbene l’appellante possa limitarsi a riproporre, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., la domanda non esaminata, non è tuttavia sufficiente, ad evitare la declaratoria di inammissibilità dell’appello, un generico richiamo al precedente giudizio di primo grado, privo di ogni rinvio alle difese ed ai contenuti della domanda di merito posta al giudice di primo grado (Sent. n. 20064, Sez. III, del 2-9-2013).

 

Arbitrato – Lodo – Nullità per violazione di norme inderogabili sulla composizione del collegio arbitrale – Decisione sull’impugnazione per nullità – Fase rescissoria che segua la fase rescindente – Configurabilità – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 827, 829, 830)

— In caso di nullità del lodo per violazione di norme inderogabili sulla composizione del collegio arbitrale, la Corte di appello non può far seguire la fase rescissoria alla fase rescindente, in quanto la competenza, da parte del giudice dell’impugnazione, a conoscere del merito presuppone un lodo emesso da arbitri investiti effettivamente di potestas iudicandi (Sent. n. 20128, Sez. I, del 3-9-2013).

 

Arricchimento senza causa – Azione generale di arricchimento – Presupposti

(cod. civ.: art. 2041)

— L’azione generale di arricchimento, di cui all’art. 2041 cod. civ., presuppone che l’arricchimento di un soggetto e la diminuzione patrimoniale a carico di altro soggetto siano provocati da un unico fatto costitutivo e siano entrambi mancanti di causa giustificatrice, potendo il medesimo arricchimento consistere anche in un risparmio di spesa, purché si tratti sempre di risparmio ingiustificato, nel senso che la spesa risparmiata dall’arricchito debba essere da altri sostenuta senza ragione giuridica. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha ritenuto inoperanti i presupposti dell’ingiustificato arricchimento in relazione al pagamento, eseguito da una banca, titolare del servizio di tesoreria comunale, in favore di terzi creditori del Comune, atteso che il risparmio di spesa ottenuto dall’ente trovava autonoma giustificazione in una sentenza della Corte dei conti, che aveva condannato l’istituto tesoriere a reintegrare il fondo-cassa comunale, depauperato per effetto di delibere annullate o prive di esecutorietà) (Sent. n. 20226, Sez. I, del 4-9-2013).

 

Assicurazione – Diritto di surrogazione dell’assicuratore – Azione nei confronti del terzo responsabile

(cod. civ.: artt. 1418, 1916)

— Ai fini della surroga ex art. 1916 cod. civ., l’assicuratore può adempiere all’onere di provare la sua qualità di assicuratore ed il danno risarcito con la produzione della quietanza, se essa contiene la prova del contratto d’assicurazione e l’individuazione del danno risarcito. Tuttavia, quando l’assicuratore agisce nei confronti del terzo responsabile, questi, mentre non può far valere ragioni di annullabilità, rescissione o risoluzione del contratto, deducibili soltanto dall’altro contraente, è legittimato a contrastare, in via d’eccezione, i presupposti della surrogazione medesima, e, quindi, può opporre la nullità del contratto stesso, inclusa quella per inesistenza del rischio o per carenza di interesse, oppure l’avvenuto pagamento dell’indennizzo a persona diversa dal titolare del relativo diritto. In tal caso è necessario che l’assicuratore esibisca la polizza, ovvero provi in altra forma documentale il contenuto del contratto, non essendo sufficiente il solo richiamo al numero di polizza contenuto nella quietanza rilasciata dal terzo danneggiato (Sent. n. 20901, Sez. III, del 12-9-2013).

 

Circolazione stradale – Scontro tra veicoli – Presunzione di colpa concorrente ex art. 2054 II co. cod. civ. – Ha carattere sussidiario – Fattispecie in tema di violazione dell’obbligo di dare la precedenza

(cod. civ.: art. 2054 II co.; cod. strad.: art. 145)

— Nel caso di scontro tra veicoli, la presunzione di pari responsabilità prevista dall’art. 2054 cod. civ. ha carattere sussidiario, dovendosi applicare soltanto nel caso in cui sia impossibile accertare in concreto il grado di colpa di ciascuno dei conducenti coinvolti nel sinistro; l’accertamento dell’intervenuta violazione, da parte di uno dei conducenti, dell’obbligo di dare la precedenza, non dispensa il giudice dal verificare il comportamento dell’altro conducente onde stabilire se quest’ultimo abbia a sua volta violato o meno le norme sulla circolazione stradale ed i normali precetti di prudenza, potendo l’eventuale inosservanza di dette norme comportare l’affermazione di una colpa concorrente (Sent. n. 21130, Sez. VI, del 16-9-2013).

 

Comodato – Legittima disponibilità di fatto di una cosa – Facoltà di concederla in comodato – Sussistenza – Legittimazione del comodante non proprietario a chiedere la restituzione della cosa allorché il rapporto venga a cessare – Configurabilità – Oneri probatori del comodante e del comodatario

(cod. civ.: artt. 1803, 1809, 2697)

— Chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederla in comodato ed è, in conseguenza, legittimato a richiederne la restituzione, allorché il rapporto venga a cessare. Pertanto, il comodante che agisce per la restituzione della cosa nei confronti del comodatario non deve provare il diritto di proprietà, avendo soltanto l’onere di dimostrarne la consegna e il rifiuto di restituzione, mentre spetta al convenuto dimostrare di possedere un titolo diverso per il suo godimento (Sent. n. 20371, Sez. III, del 5-9-2013).

 

Comodato – Restituzione immediata della cosa – Nozione di «urgente e impreveduto bisogno» ex art. 1809 II co. cod. civ.

(cod. civ.: artt. 1809 II co., 2697)

— La nozione di «urgente e impreveduto bisogno», di cui al secondo comma dell’art. 1809 cod. civ., fa riferimento alla necessità del comodante — su cui gravano i relativi oneri probatori — di appagare impellenti esigenze personali, e non a quella di procurarsi un utile, tramite una diversa opportunità di impiego del bene. Tale valutazione va condotta con rigore, quando il comodatario di un bene immobile abbia assunto a suo carico considerevoli oneri, per spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, in vista della lunga durata del godimento concessogli. (Nella specie, la S.C., in un caso di esercizio del recesso da parte del comodante, in vista della fruizione di un finanziamento pubblico per interventi edilizi sull’immobile, ha rilevato l’omessa indagine, spettante al giudice di merito, sia in ordine alla necessità e imprevedibilità degli interventi edilizi da finanziare, a fronte dell’assunzione degli oneri di manutenzione, anche straordinaria, da parte del comodatario, sia in ordine all’eventuale sufficienza della mera sospensione temporanea del rapporto contrattuale) (Ord. n. 20183, Sez. VI, del 3-9-2013).

 

Comunione – Comproprietario di un bene fruttifero che ne abbia goduto per l’intero senza un titolo giustificativo – Deve corrispondere agli altri comunisti i frutti civili

(cod. civ.: artt. 1102, 1148, 1571)

— In materia di comunione, il comproprietario di un bene fruttifero che ne abbia goduto per l’intero senza un titolo giustificativo — esclusa l’applicabilità dell’art. 1148 cod. civ., che disciplina il diverso caso della sorte dei frutti naturali o civili percepiti dal possessore di buona fede tenuto a restituire la cosa al rivendicante — deve corrispondere agli altri, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune, i frutti civili, che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere a terzi secondo i correnti prezzi di mercato, possono essere individuati, solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione, nei canoni di locazione percepibili per l’immobile (Sent. n. 20394, Sez. II, del 5-9-2013).

 

Comunione – Spese necessarie per la conservazione della cosa comune – Diritto al rimborso del partecipante alla comunione che le abbia sostenute – Sussistenza – Condizione e conseguenza

(cod. civ.: artt. 1104, 1105, 1110, 2697)

— In tema di spese di conservazione della cosa comune, l’art. 1110 cod. civ., escludendo ogni rilievo dell’urgenza o meno dei lavori, stabilisce che il partecipante alla comunione, il quale, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell’amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso, a condizione di aver precedentemente interpellato, o quantomeno preventivamente avvertito, gli altri partecipanti o l’amministratore, sicché solo in caso di inattività di questi ultimi egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l’onere della prova sia della suddetta inerzia che della necessità dei lavori (Sent. n. 20652, Sez. II, del 9-9-2013).

 

Concorrenza sleale – Danno cagionato mediante abuso di posizione dominante – Non è in re ipsa, ma deve essere provato autonomamente

(L. 287/1990: art. 3; cod. civ.: artt. 2043, 2697)

— Il danno cagionato mediante abuso di posizione dominante non è in re ipsa, ma, in quanto conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, deve autonomamente provarsi secondo i principi generali in tema di responsabilità aquiliana (Sent. n. 20695, Sez. I, del 10-9-2013).

 

Concorrenza sleale – Storno dei dipendenti di un’impresa concorrente – Quando costituisce atto di concorrenza sleale

(cod. civ.: art. 2598 n. 3)

— Lo storno dei dipendenti di impresa concorrente costituisce atto di concorrenza sleale allorché sia perseguito il risultato di crearsi un vantaggio competitivo a danno di quest’ultima tramite una strategia diretta ad acquisire uno staff costituito da soggetti pratici del medesimo sistema di lavoro entro una zona determinata, svuotando l’organizzazione concorrente di sue specifiche possibilità operative mediante sottrazione del modus operandi dei propri dipendenti, delle conoscenze burocratiche e di mercato da essi acquisite, nonché dell’immagine in sé di operatori di un certo settore. Ne consegue che, al fine di individuare tale animus nocendi, consistente nella descritta volontà di appropriarsi, attraverso un gruppo di dipendenti, del metodo di lavoro e dell’ambito operativo dell’impresa concorrente, nessun rilievo assume l’attività di convincimento svolta dalla parte stornante per indurre alla trasmigrazione il personale di quella (Sent. n. 20228, Sez. I, del 4-9-2013).

 

Condominio – Assemblea – Deliberazione di approvazione del bilancio preventivo di un esercizio annuale – Non può essere desunta, per implicito, dalla successiva deliberazione assembleare che differisca l’approvazione del bilancio consuntivo dello stesso esercizio – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1135 I co. nn. 2 e 3, 1136, 2727)

— In tema di condominio negli edifici, la deliberazione assembleare di approvazione del bilancio preventivo di un esercizio annuale, avendo carattere generale e rivestendo una specifica finalità amministrativo-contabile, non può essere desunta, per implicito, dalla successiva deliberazione assembleare che differisca l’approvazione del bilancio consuntivo dello stesso esercizio, sia pure testualmente motivata con la «speranza» che i condomini morosi provvedessero, nel frattempo, al versamento delle quote (Sent. n. 21650, Sez. VI, del 20-9-2013).

 

Condominio – Assemblea – Prova dell’avvenuto recapito della lettera raccomandata contenente il verbale dell’assemblea condominiale all’indirizzo del condomino assente all’adunanza – Effetti

(cod. civ.: artt. 1137, 1335)

— La prova dell’avvenuto recapito della lettera raccomandata contenente il verbale dell’assemblea condominiale all’indirizzo del condomino assente all’adunanza comporta l’insorgenza della presunzione iuris tantum di conoscenza, in capo al destinatario, posta dall’art. 1335 cod. civ., nonché, con essa, la decorrenza del dies a quo per l’impugnazione della deliberazione, ai sensi dell’art. 1137 cod. civ. (Sent. n. 22240, Sez. VI, del 27-9-2013).

 

Condominio – Assemblea – Sospensione giudiziale di una deliberazione assembleare impugnata

(cod. civ.: artt. 1136, 1137)

— In tema di condominio negli edifici, la sospensione giudiziale di una deliberazione assembleare impugnata non impedisce all’assemblea di adottare sul medesimo punto, sanati eventuali vizi, una nuova deliberazione, esecutiva ex lege ove il condomino interessato non si attivi per conseguirne a sua volta la sospensione (Sent. n. 21742, Sez. II, del 23-9-2013).

 

Condominio – Tabelle millesimali – Atto di approvazione

(disp. att. cod. civ.: artt. 68, 69)

— L’atto di approvazione delle tabelle millesimali non preclude al condomino che le ha approvate di poter chiedere la loro revisione (Sent. n. 21950, Sez. II, del 25-9-2013).

 

Condominio – Tabelle millesimali – Revisione – Obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto

(disp. att. cod. civ.: art. 69; cod. civ.: art. 2697)

— L’errore determinante la revisione delle tabelle millesimali, a norma dell’art. 69 disp. att. cod. civ., è costituito dall’obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto. La parte che chiede la revisione delle tabelle millesimali non ha, tuttavia, l’onere di provare la reale divergenza tra i valori effettivi e quelli accertati in tabella, potendo limitarsi a fornire la prova anche implicita di siffatta divergenza, dimostrando in giudizio l’esistenza di errori, obiettivamente verificabili, che comportano necessariamente una diversa valutazione dei propri immobili rispetto al resto del condominio. Il giudice, a sua volta, sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali di alcune unità immobiliari, sia per la prima caratura delle stesse, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi — quali la superficie, l’altezza di piano, la luminosità, l’esposizione — incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati (Sent. n. 21950, Sez. II, del 25-9-2013).

 

Confessione giudiziale – Relazione tecnica di parte dalla quale si traggono elementi a favore della controparte – Valore confessorio – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: art. 2730; cod. proc. civ.: artt. 201, 228)

— La relazione tecnica di parte prodotta in giudizio, dalla quale si traggono elementi a favore della controparte, non assume valore di confessione, la quale è atto della parte e va espressa in relazione ad un fatto in essa esplicitato, non rilevando, a tal fine, la mera inferenza logica di un’ammissione del consulente (Sent. n. 21827, Sez. II, del 24-9-2013).

 

Conto corrente bancario – Clausola concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal correntista – Nullità – Effetti

(cod. civ.: artt. 1226, 1283, 1852)

— In tema di conto corrente bancario, l’accertata nullità della clausola concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal correntista non travolge l’intero credito azionato dalla banca in via monitoria, bensì la sola parte di esso riguardante gli interessi, imponendo al giudice un nuovo calcolo degli stessi sempre che sussista la prova del credito nella sorte capitale e senza che sia possibile ricorrere al criterio equitativo ex art. 1226 cod. civ., norma eccezionale, applicabile ai fini della liquidazione del danno, ma non della determinazione del corrispettivo di obbligazioni contrattuali, salvi i casi specificamente previsti dalla legge (Sent. n. 20688, Sez. I, del 10-9-2013).

 

Conto corrente bancario – Fattispecie di violazione dei principi di correttezza e di buona fede nell’esecuzione del contratto

(cod. civ.: artt. 1175, 1375, 1852)

— Viola i principi di correttezza e di buona fede nell’esecuzione del contratto, destinati ad operare anche in relazione alla fase di esaurimento di un rapporto contrattuale, il comportamento del dipendente di un istituto di credito che, a conoscenza della chiusura del rapporto di conto corrente intercorso con un cliente, abbia incassato una somma di denaro esplicitamente versata a copertura di un assegno tratto sul conto ormai chiuso, senza avvisare l’ex correntista che il prenditore non avrebbe mai potuto incassare il titolo, posto che l’istituto non avrebbe mai potuto pagare l’assegno (Sent. n. 21163, Sez. III, del 17-9-2013).

 

Contratti collettivi di lavoro – Clausole che subordinano l’attribuzione della qualifica di dirigente al requisito del formale riconoscimento da parte del datore di lavoro – Sono nulle – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2095, 2103)

— Le clausole dei contratti collettivi di lavoro, che subordinano l’attribuzione della qualifica di dirigente al requisito del formale riconoscimento da parte del datore di lavoro (c.d. «clausole di mero riconoscimento formale»), devono considerarsi nulle, in quanto ancorate non alla necessaria natura obiettiva delle mansioni e dei compiti di fatto svolti, di cui la qualifica è definizione formale, bensì unicamente ad un’unilaterale ed arbitraria scelta datoriale (Sent. n. 20839, Sez. lavoro, dell’11-9-2013).

 

Contratti del consumatore – Competenza per territorio – Foro inderogabile del consumatore ex art. 63 D.Lgs. 206/2005 – Ambito di applicazione – Contratto di albergo – Inclusione – Condizione

(D.Lgs. 206/2005: art. 63; cod. civ.: artt. 1322 II co., 1783)

— La disciplina generale dei contratti dei consumatori, quanto all’individuazione del giudice inderogabilmente competente (da individuarsi in quello del luogo della residenza — o del domicilio — del consumatore), trova applicazione anche in relazione al contratto di albergo, ove il cliente persona fisica lo abbia stipulato per soddisfare esigenze della vita quotidiana, estranee all’esercizio della propria eventuale attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, e ciò indipendentemente dal fatto che possa configurarsi altresì un contratto di pacchetto turistico, essendo la disciplina relativa a quest’ultimo speciale e ulteriore rispetto a quella generale dei contratti del consumatore (Ord. n. 21419, Sez. VI, del 18-9-2013).

 

Contratto – Errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto – Errore di fatto – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1322, 1429 n. 1)

— L’errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto, in quanto non incide sull’identità o qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo ed al rischio che il contraente si assume, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull’utilità economica dell’affare (Sent. n. 20148, Sez. II, del 3-9-2013).

 

Contratto nullo per illiceità della causa – Mancata esecuzione degli obblighi da esso derivanti – Inadempimento imputabile – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1218, 1343, 1418 II co.)

— Allorché un contratto sia nullo per illiceità della causa, e perciò improduttivo di qualsiasi effetto, non è configurabile un inadempimento imputabile in relazione alla mancata esecuzione degli obblighi da esso nascenti (Sent. n. 21398, Sez. II, del 18-9-2013).

 

Contratto – Risoluzione per inadempimento – Clausola risolutiva espressa – Manifestazione della volontà della parte interessata di avvalersene – Avversa eccezione di inadempimento proposta dall’altra parte – Valutazione – Necessità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1456, 1460)

— Anche quando la parte interessata abbia manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, il giudice deve valutare l’eccezione di inadempimento proposta dall’altra parte, attesa la pregiudizialità logica della stessa rispetto all’avverarsi degli effetti risolutivi che normalmente discendono in modo automatico, ai sensi dell’art. 1456 cod. civ., dall’accertamento di un inadempimento colpevole (Sent. n. 21115, Sez. II, del 16-9-2013).

 

Contratto – Risoluzione per inadempimento – Divieto ex art. 1453 II co. cod. civ. – Ambito

(cod. civ.: art. 1453 II co.)

— Il divieto, sancito dall’art. 1453, secondo comma, cod. civ., di richiedere l’adempimento del contratto quando sia stata domandata la risoluzione dello stesso non preclude anche la possibilità di formulare la richiesta in questione in via meramente subordinata rispetto all’altra (Sent. n. 20899, Sez. III, del 12-9-2013).

 

Contratto – Risoluzione per inadempimento – Importanza dell’inadempimento – Valutazione – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1227 I co., 1455)

— Ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, nella valutazione della gravità dell’inadempimento ai sensi dell’art. 1455 cod. civ. il giudice deve tenere conto, ai sensi dell’art. 1227, comma primo, cod. civ., delle circostanze che avrebbero ridotto le conseguenze dell’inadempimento e che la parte non inadempiente conosceva o avrebbe potuto conoscere con l’ordinaria diligenza. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la risoluzione del contratto di viaggio turistico per la non gravità dell’inadempimento del tour operator, in quanto pur se egli non aveva adeguatamente informato il genitore circa la necessità per il figlio undicenne del passaporto per potersi recare in Marocco, tale necessità poteva evincersi agevolmente dal certificato di nascita in possesso del minore, dal quale il Marocco non risultava tra i Paesi verso i quali tale documento autorizzava l’espatrio) (Ord. n. 20182, Sez. VI, del 3-9-2013).

 

Contratto – Risoluzione per inadempimento – Volontà di risolvere il contratto implicitamente contenuta in un’altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione – Sufficienza

(cod. civ.: artt. 1453, 1470; cod. proc. civ.: art. 99)

— La volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo essere implicitamente contenuta in un’altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione (come la domanda del venditore relativa al riconoscimento del diritto di trattenere un acconto a seguito dell’inadempimento del compratore dell’obbligo di versare il residuo prezzo) (Sent. n. 21113, Sez. II, del 16-9-2013).

 

Esecuzione per consegna o rilascio – Esecuzione iniziata contro il condannato al rilascio dell’immobile – Occupazione sine titulo del bene, da parte di un terzo, conosciuta solo nel momento dell’accesso dell’ufficiale giudiziario o comunque sopravvenuta durante la pendenza del processo esecutivo – Atti esecutivi già compiuti – Validità ed efficacia nei confronti del terzo occupante l’immobile – Sussistenza

(cod. proc. civ.: artt. 605, 608)

— Qualora sia stato disposto il rilascio di un immobile concesso in godimento (nella specie, in forza di contratto di comodato) e il creditore abbia iniziato la procedura esecutiva nei confronti del condannato al rilascio, ignorando l’occupazione sine titulo del bene da parte di un terzo, conosciuta solo nel momento dell’accesso dell’ufficiale giudiziario, ovvero se tale occupazione sia comunque sopravvenuta durante la pendenza del processo esecutivo, gli atti esecutivi già compiuti mantengono validità ed efficacia nei confronti del terzo occupante dell’immobile (Sent. n. 20053, Sez. III, del 2-9-2013).

 

Esercizio dell’azione – Intervento adesivo dipendente – Legittimazione – Presupposto – Fattispecie in tema di legittimazione del Ministero delle politiche agricole ad intervenire in un giudizio tra privati avente ad oggetto la nullità del marchio

(cod. proc. civ.: artt. 105 II co., 324; cod. civ.: art. 2909; D.Lgs. 30/2005: artt. 25, 122, 170 II co.)

— La legittimazione ad un intervento adesivo dipendente presuppone un interesse giuridicamente rilevante e qualificato, determinato dalla sussistenza di un rapporto giuridico sostanziale tra adiuvante ed adiuvato e dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi conseguenze derivanti da effetti riflessi o indiretti del giudicato. Non può, pertanto, riconoscersi la legittimazione al Ministero delle politiche agricole ad intervenire, ai sensi dell’art. 105, secondo comma, cod. proc. civ., in un giudizio tra privati avente ad oggetto la nullità del marchio, non essendo sufficiente l’interesse generale a proteggere i consumatori dall’uso ingannevole di un’indicazione geografica, il quale, in una controversia tra privati, resta un interesse di mero fatto (Sent. n. 21472, Sez. I, del 19-9-2013).

 

Fallimento – Dichiarazione – Stato d’insolvenza – Cause che lo hanno determinato – Rilevanza – Esclusione – Fondamento e limite

(R.D. 267/1942: art. 5)

— Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza deve essere valutato secondo dati oggettivi, prescindendo da qualsiasi indagine in ordine alle relative ragioni; pertanto, nessuna rilevanza hanno le cause che lo hanno determinato, a meno che da esse non possa evincersi una situazione di mera temporanea difficoltà. (Nella specie, la società fallita aveva fatto riferimento alle spese di inizio attività e a contrasti tra soci, senza però spiegare quali prospettive di componimento vi erano nel breve periodo, circostanza quest’ultima che sola avrebbe potuto avallare il carattere transitorio della crisi) (Sent. n. 21802, Sez. VI, del 24-9-2013).

 

Fideiussione – Scadenza dell’obbligazione principale – Mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale – Decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria – Può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore – Fondamento

(cod. civ.: art. 1957)

— La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 cod. civ. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore (Ord. n. 21867, Sez. VI, del 24-9-2013).

 

Filiazione naturale – Domanda di mantenimento proposta dal figlio nato fuori dal matrimonio nei confronti del proprio genitore naturale e domanda di risarcimento dei danni subiti dallo stesso figlio quale conseguenza della condotta omissiva del genitore rispetto agli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione – Autonomia e diversità – Sussistenza – Fondamento

(Cost.: art. 30; cod. civ.: artt. 147, 148, 155, 155 sexies, 280, 2043; cod. proc. civ.: art. 163 III co. nn. 3 e 4)

— La domanda di mantenimento proposta dal figlio nato fuori dal matrimonio nei confronti del proprio genitore naturale è autonoma e diversa, per causa petendi e petitum, rispetto alla domanda di risarcimento dei danni subiti dallo stesso figlio quale conseguenza della condotta omissiva del genitore rispetto agli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, la prima trovando specifico fondamento normativo nell’art. 30 Cost. e negli artt. 147, 148, 155, 155 sexies cod. civ., implicanti per il genitore naturale tutti i doveri propri della procreazione legittima (compreso quello del mantenimento fino al momento del conseguimento dell’indipendenza economica da parte del figlio), e la seconda, invece, attenendo al diverso aspetto della responsabilità genitoriale, avente natura squisitamente compensatoria e riparatoria (Sent. n. 20137, Sez. I, del 3-9-2013).

 

Giudicato implicito sulla giurisdizione – Fattispecie in cui non sussiste

(cod. proc. civ.: artt. 37, 324; cod. civ.: art. 2909)

— Non sussiste giudicato implicito sulla giurisdizione allorché l’interesse a sollevare l’eccezione del difetto di giurisdizione, nella specie per aver invaso la sfera delle attribuzioni riservate al legislatore, annullando una norma regolamentare diventata primaria in forza di rinvio recettizio, sorga sulla base del percorso decisionale in concreto adottato dal giudice in grado di appello (Sent. n. 20698, Sez. Unite, del 10-9-2013).

 

Giudicato per implicazione discendente – Ambito di applicazione – Fattispecie in tema di giudicato formatosi sul preuso di un marchio, successivamente registrato

(cod. civ.: art. 2909; cod. proc. civ.: art. 324; D.Lgs. 30/2005: artt. 19, 24, 25, 122)

— Il giudicato per implicazione discendente, regolato dall’art. 2909 cod. civ., in base al quale l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato «a ogni effetto» tra le parti, riguarda le questioni dipendenti da quella pregiudiziale oggetto del giudicato stesso, e non quelle concernenti effetti ulteriori o diversi che non contraddicano il medesimo accertamento già compiuto. Ne consegue che il giudicato formatosi sul preuso di un marchio, successivamente registrato, non preclude l’esame della questione della validità del marchio, in quanto l’accertamento del preuso implica la verifica in punto di fatto circa tale circostanza nonché una valutazione sull’esistenza del carattere distintivo e del possesso dei requisiti di novità e originalità, ma non anche l’accertamento dell’inesistenza di ragioni di nullità rilevabili solo su eccezione di parte (Sent. n. 21472, Sez. I, del 19-9-2013).

 

Giudizio di cassazione – Decisione della causa nel merito – Sufficienza degli accertamenti di fatto – Desumibilità

(cod. proc. civ.: artt. 92 II co., 384 II co.)

— In tema di giudizio di cassazione, per la decisione della causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., la sufficienza degli accertamenti di fatto deve emergere dal provvedimento impugnato. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C., cassando la sentenza di merito per erronea compensazione ex art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., non ha ritenuto di poter decidere nel merito e ha rinviato al giudice territoriale per gli accertamenti di fatto necessari al corretto regolamento delle spese processuali) (Ord. n. 21045, Sez. VI, del 13-9-2013).

 

Giurisdizione del giudice amministrativo – Rigetto della domanda di risarcimento danni proposta contro la P.A. – Interpretazione delle norme poste a fondamento della pretesa azionata – Eccesso di potere giurisdizionale – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. amm.: art. 30; cod. civ.: art. 2043)

— Il rigetto della domanda di risarcimento del danno proposta contro la P.A., deciso in base all’interpretazione delle norme invocate dalla parte a sostegno della propria pretesa, non configura un eccesso di potere giurisdizionale da parte del giudice amministrativo, non determinandosi né una sostituzione della volontà dell’organo giudicante a quella della P.A., né un’autonoma produzione normativa e né, comunque, un radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia (Sent. n. 20360, Sez. Unite, del 5-9-2013).

 

Giurisdizione del giudice ordinario – Ordinanza di rilascio di un immobile sul presupposto della sua demanialità – Opposizione del privato – Domanda di accertamento della proprietà – Giurisdizione del giudice ordinario – Sussistenza – Fondamento – Accertamenti sulla demanialità o meno del bene – Irrilevanza – Fondamento

(cod. civ.: art. 822; cod. proc. civ.: art. 1)

— Nel caso in cui la P.A. emetta ordinanza di rilascio di un immobile, sul presupposto della sua appartenenza al demanio, ed il privato occupante insorga avverso tale ordinanza, al fine di sentire negare la demanialità ed accertare il proprio diritto di proprietà, la relativa controversia spetta alla cognizione del giudice ordinario, in quanto non investe vizi dell’atto amministrativo, ma si esaurisce nell’indagine sulla titolarità della proprietà e, quindi, è rivolta alla tutela di posizioni di diritto soggettivo. Né assume rilievo che la causa verta anche sulla natura demaniale o meno del bene o sulla sua estensione, trattandosi di carattere che consegue direttamente dalla legge e non postula l’emanazione di atti amministrativi (Ord. n. 20596, Sez. Unite, del 9-9-2013).

 

Impugnazioni – Decadenza – Termine lungo ex art. 327 I co. cod. proc. civ. – Ambito di applicazione

(cod. proc. civ.: artt. 327 I co., 391 bis)

— Il termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ. si applica anche al ricorso per revocazione proposto avverso una sentenza della Corte di cassazione (Sent. n. 20734, Sez. II, del 10-9-2013).

 

Impugnazioni – Produzione di un documento (nella specie, rinuncia agli effetti della sentenza appellata) dal quale risulti la sopraggiunta carenza d’interesse all’impugnazione – Quando è inammissibile in sede di legittimità

(cod. proc. civ.: artt. 100, 323, 360)

— La produzione di un documento (nella specie, la rinuncia agli effetti della sentenza appellata) dal quale risulti la sopraggiunta carenza d’interesse all’impugnazione è inammissibile in sede di legittimità allorquando lo stesso avrebbe potuto essere prodotto nella fase di merito, perché anteriore alla sua conclusione (Sent. n. 21596, Sez. I, del 20-9-2013).

 

* Lavoro subordinato – Indennità sostitutiva delle ferie – Natura risarcitoria – Fondamento – Natura retributiva – Fondamento – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 2109, 2120; Cost.: art. 36 III co.)

— L’indennità sostitutiva delle ferie non fruite ha natura mista, avendo non solo carattere risarcitorio, in quanto volta a compensare il danno derivante dalla perdita di un bene determinato (il riposo, con recupero delle energie psico-fisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali), ma anche retributivo, in quanto è connessa al sinallagma contrattuale e costituisce il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe dovuto essere non lavorato, in quanto destinato al godimento delle ferie annuali. Ne consegue l’inclusione dell’indennità nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto (Sent. n. 20836, Sez. lavoro, dell’11-9-2013).

 

Lavoro subordinato – Periodo di riposo – Differimento del riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica – Lavoro prestato nella giornata di domenica – Deve essere compensato con un quid pluris

(cod. civ.: art. 2109 I co.)

— Il lavoro prestato nella giornata di domenica, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, deve essere in ogni caso compensato con un quid pluris che, ove non previsto dalla contrattazione collettiva, può essere determinato dal giudice e può consistere anche in benefici non necessariamente economici, salva restando l’applicabilità della disciplina contrattuale collettiva più favorevole (Sent. n. 21626, Sez. lavoro, del 20-9-2013).

 

Lavoro subordinato – Trasferimento del lavoratore per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive – Art. 2103 cod. civ. – È applicabile soltanto con riferimento al medesimo rapporto di lavoro – Limite

(cod. civ.: artt. 2103, 2112)

— In tema di sede di lavoro, la disciplina limitativa del trasferimento del lavoratore di cui all’art. 2103 c.c., che condiziona la legittimità del trasferimento alla ricorrenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, è applicabile soltanto con riferimento al medesimo rapporto di lavoro e non ad altro successivo rapporto, salvo che non ricorrano le condizioni previste dall’art. 2112 c.c. (Fattispecie relativa a lavoratore dipendente di impresa assicuratrice posta in liquidazione coatta amministrativa, riassunto dal commissario liquidatore e quindi da un’impresa cessionaria del portafoglio della suddetta impresa) (Sent. n. 20611, Sez. lavoro, del 9-9-2013).

 

Licenziamento disciplinare – Immediatezza rispetto alla mancanza addotta a sua giustificazione ovvero alla contestazione – Necessità – Fondamento

(L. 300/1970: art. 7)

— In tema di licenziamento disciplinare, l’immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla mancanza addotta a sua giustificazione ovvero alla contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore, con la precisazione che detto requisito va inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso, restando comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustificano o meno il ritardo. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto corretta la declaratoria di illegittimità del licenziamento di un lavoratore postale — irrogato a due mesi di distanza dalla contestazione — tenuto conto che il dipendente si era assunto la responsabilità dell’ammanco di denaro, già compiutamente ripianato prima della contestazione, e che, anche dopo quest’ultima, lo stesso era stato adibito — quasi a conferma della fiducia del datore di lavoro — nelle medesime mansioni di sportello comportanti una responsabilità di cassa) (Sent. n. 20719, Sez. lavoro, del 10-9-2013).

 

Licenziamento per giusta causa – Diritto di critica del lavoratore nei confronti del datore di lavoro – Fattispecie in tema di condotta lesiva del decoro dell’impresa datoriale

(cod. civ.: artt. 2105, 2119; Cost.: art. 21 I co.; cod. pen.: art. 595)

— L’esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro con modalità tali che, superando i limiti della continenza sostanziale (nel senso di corrispondenza dei fatti alla verità, sia pure non assoluta ma soggettiva) e formale (nel senso di misura nell’esposizione dei fatti), si traducano in una condotta lesiva del decoro dell’impresa datoriale — suscettibile di provocare, con la caduta della sua immagine, anche un danno economico in termini di perdita di commesse e di occasioni di lavoro — è comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro, integrando la violazione del dovere scaturente dall’art. 2105 cod. civ., e può costituire giusta causa di licenziamento (Sent. n. 21362, Sez. lavoro, del 18-9-2013).

 

Mandato senza rappresentanza per l’acquisto di beni immobili – Forma scritta – Necessità – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1325 n. 4, 1350, 1392, 1705)

— In ossequio al principio di libertà delle forme, il mandato senza rappresentanza per l’acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta, che occorre soltanto per gli atti, come la procura, che costituiscono presupposto per la realizzazione dell’effetto reale del trasferimento della proprietà (Sent. n. 20051, Sez. III, del 2-9-2013).

 

Mandato senza rappresentanza per l’acquisto di beni immobili privo di forma scritta – Esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferire al mandante l’immobile acquistato dal mandatario – Configurabilità

(cod. civ.: artt. 1325 n. 4, 1350, 1705, 2932)

— Il rimedio ex art. 2932 cod. civ., consistente nell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferire al mandante l’immobile acquistato dal mandatario, è esperibile anche quando il contratto di mandato sia senza rappresentanza e privo di forma scritta (Sent. n. 20051, Sez. III, del 2-9-2013).

 

Obbligazioni – Estinzione – Compensazione – Operatività – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 1241)

— Perché operi la compensazione, ai sensi dell’art. 1241 cod. civ., è necessario che vi sia reciprocità di posizione creditoria e debitoria fra le medesime parti; ne consegue che è illegittima la compensazione operata da una banca tra un proprio credito ed il debito di un Comune del quale la stessa banca gestisca il servizio di tesoreria (Ord. n. 20874, Sez. VI, dell’11-9-2013).

 

Possesso di buona fede – Presunzione iuris tantum – Prova contraria mediante presunzioni o indizi – Ammissibilità

(cod. civ.: artt. 1147, 2729)

— In materia di possesso, la buona fede costituisce oggetto di presunzione iuris tantum, che può essere superata anche attraverso presunzioni contrarie e semplici indizi. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la presunzione iniziale di buona fede fosse venuta meno dal momento in cui i possessori di un fondo, non compreso nel titolo di acquisto da loro vantato, avevano ricevuto una lettera di intimazione al rilascio del bene) (Sent. n. 21387, Sez. II, del 18-9-2013).

 

Poteri del giudice – Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – Vizio di omessa pronuncia

(cod. proc. civ.: art. 112)

— Il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali (Sent. n. 22083, Sez. I, del 26-9-2013).

 

Poteri del giudice – Principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – Violazione – Rilevabilità per la prima volta in sede di legittimità – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 112, 324, 360; cod. civ.: art. 2909)

— Qualora la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato si riferisca alla sentenza di primo grado, essa non può essere denunziata per la prima volta in cassazione, essendosi formato il giudicato sulla questione oggetto della decisione (Sent. n. 20402, Sez. II, del 5-9-2013).

 

Prescrizione – Decisione sull’eccezione di prescrizione – Valutazione di atti interruttivi irrilevanti rispetto al termine decennale di prescrizione – Formazione del giudicato interno sulla durata quinquennale del termine – Sussistenza – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2909, 2946 e segg.; cod. proc. civ.: art. 324)

— Il giudicato interno si forma, oltre che sull’affermazione o negazione del bene della vita controverso, su tutti gli accertamenti logicamente preliminari ed indispensabili ai fini della decisione, che si presentano come premessa indefettibile della pronunzia: ne consegue che, allorché la pronuncia del giudice in ordine all’eccezione di prescrizione abbia preso in esame l’efficacia interruttiva di atti rilevanti soltanto in relazione al termine quinquennale e non anche a quello ordinario, in caso di omessa impugnazione sul punto, il giudicato interno si estende altresì all’accertamento preliminare della relativa durata della prescrizione breve (Sent. n. 20692, Sez. I, del 10-9-2013).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito – Dies a quo – Individuazione

(cod. civ.: artt. 2043, 2935, 2947 I e III co.)

— Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non già dalla «data del fatto», inteso come fatto storico obiettivamente realizzato, bensì da quando ricorrano presupposti di sufficiente certezza, in capo all’avente diritto, in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, sì che gli stessi possano ritenersi, dal medesimo, conosciuti o conoscibili. (In forza di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da lesione della libertà negoziale — conseguente alla stipulazione di un contratto di transazione a condizioni economiche deteriori, per la parte vittima di reato di corruzione in atti giudiziari — fosse decorsa non dal momento della consumazione del reato, ma da quello della notifica, alla stessa, della richiesta di rinvio a giudizio degli imputati) (Sent. n. 21255, Sez. III, del 17-9-2013).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità medico-chirurgica – Dies a quo – Individuazione

(cod. civ.: artt. 2043, 2935, 2947 I co.)

— Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità medico-chirurgica decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il comportamento del terzo provoca il danno, né dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può esserlo, con l’uso dell’ordinaria diligenza, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo. (Principio enunciato con riferimento ad un’ipotesi di risarcimento danni conseguenti ad ipossia perinatale, determinante uno stato vegetativo stimato intorno al 90-95%, essendosi ritenuto che solo a seguito di ricovero ospedaliero del neonato i genitori ebbero ad acquisire consapevolezza della riferibilità causale dell’infermità dal medesimo patita non ad un evento naturale, ma al comportamento umano, ed in particolare al contegno del personale ospedaliero, che ritardò ingiustificatamente di almeno tre ore un intervento di parto cesareo, sebbene il feto presentasse tre giri di cordone ombelicale intorno al collo) (Sent. n. 21715, Sez. III, del 23-9-2013).

 

Processo – Rinuncia a singoli capi della domanda – Osservanza di forme rigorose – Necessità – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 183 V co., 306)

— La rinuncia a singoli capi della domanda è espressione della facoltà della parte di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate, sicché, distinguendosi dalla rinunzia agli atti del giudizio, non richiede, come invece quest’ultima, l’osservanza di forme rigorose (Sent. n. 21848, Sez. III, del 24-9-2013).

 

Processo – Sospensione necessaria – Quando può essere disposta

(cod. proc. civ.: artt. 295, 324; cod. civ.: art. 2909)

— La sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., quando la decisione del medesimo dipenda dall’esito di altra causa, nel senso che questo abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè vincolante, con effetto di giudicato, all’interno della causa pregiudicata, ovvero che una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo, o comunque elemento fondante della fattispecie di altra situazione sostanziale, sicché occorra garantire uniformità di giudicati, essendo la decisione del processo principale idonea a definire, in tutto o in parte, il thema decidendum del processo pregiudicato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non ricorrere un’ipotesi di sospensione necessaria del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per la restituzione della somma investita in pendenza del giudizio di nullità di contratto di investimento finanziario) (Ord. n. 21794, Sez. VI, del 24-9-2013).

 

Processo – Vizio da cui sia affetta la costituzione di una delle parti – Non integra una nullità rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio – Conseguenza

(cod. proc. civ.: artt. 156, 157, 165, 166, 342 I co., 360)

— In tema di procedimento civile, il vizio da cui sia affetta la costituzione di una delle parti non integra una nullità rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, sicché è preclusa, in sede di giudizio di cassazione, la questione dell’irregolarità della costituzione di una delle parti in primo grado, che non sia stata già sollevata nei motivi di appello (Ord. n. 20180, Sez. VI, del 3-9-2013).

 

Promessa di pagamento – Effetto

(cod. civ.: artt. 1321, 1343, 1988, 2697)

— La promessa di pagamento ha il solo effetto di sollevare il promissario dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e deve essere, oltre che esistente, valido. Ne consegue che essa è priva di effetti se si accerti giudizialmente che il rapporto non è sorto, è invalido o si è estinto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di accoglimento di opposizione a decreto ingiuntivo, la cui prova scritta era costituita da un assegno bancario risultato emesso per coprire interessi usurari su una somma oggetto di mutuo, accertando, pertanto, che il rapporto sottostante alla promessa di pagamento era nullo per illiceità della causa, in ragione del combinato disposto degli artt. 1321 e 1343 cod. civ.) (Sent. n. 21098, Sez. III, del 16-9-2013).

 

Proprietà – Actio negatoria servitutis – Convenuto che acquisti, nel corso del giudizio, la comproprietà del bene (nella specie, una strada) – Assorbimento di ogni questione relativa alla servitù – Sussistenza – Fondamento

(cod. civ.: artt. 949, 1105)

— Qualora nel corso del giudizio di negatoria servitutis il convenuto acquisti la comproprietà del bene (nella specie, una strada), ogni questione relativa alla servitù è assorbita, atteso che la turbativa della proprietà non può essere più inquadrata come tentativo di acquisire un diritto di servitù, ma deve essere regolata nell’ambito del regime di amministrazione della cosa comune tra comproprietari (Sent. n. 21110, Sez. II, del 16-9-2013).

 

Proprietà – Azione di regolamento di confini – Proprietario convenuto che proponga un’eccezione di usucapione con cui faccia valere una situazione sopravvenuta, idonea ad eliminare l’incertezza sul confine, senza con ciò mettere in discussione il titolo d’acquisto vantato dall’attore

(cod. civ.: artt. 950, 1158)

— Allorché il proprietario, convenuto con azione di regolamento dei confini, proponga un’eccezione di usucapione, con cui faccia valere una situazione sopravvenuta, idonea ad eliminare l’incertezza sul confine, senza con ciò mettere in discussione il titolo d’acquisto vantato dall’attore, non muta la natura di detta azione, come invece accade nell’ipotesi in cui il convenuto invochi un acquisto per usucapione anteriore all’acquisto dell’attore, del quale, in conseguenza, viene contestata la validità (Sent. n. 20144, Sez. II, del 3-9-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Art. 873 cod. civ. – Fattispecie in cui si applica

(cod. civ.: art. 873)

— In tema di distanze tra costruzioni, l’art. 873 cod. civ. trova applicazione anche quando, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell’area meno elevata non raggiunga il livello di quella superiore, in quanto la necessità del rispetto delle distanze legali non viene meno in assenza del pericolo del formarsi d’intercapedini dannose (Sent. n. 20850, Sez. II, dell’11-9-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Destinazione di determinate aree a strada – Non implica l’immediata modificazione del regime dei diritti immobiliari su dette aree – Fondamento e conseguenza

(cod. civ.: artt. 873, 879 II co.)

— La previsione, in un piano di lottizzazione approvato dall’autorità comunale, della destinazione di determinate aree a strada, non implica l’immediata modificazione del regime dei diritti immobiliari su dette aree, occorrendo a tale scopo un provvedimento amministrativo ablatorio ovvero una convenzione privata stipulata tra il lottizzante e la P.A.; ne consegue l’inapplicabilità alle stesse dell’art. 879, secondo comma, cod. civ., in materia di esonero dal rispetto delle distanze legali per le costruzioni confinanti con piazze e vie pubbliche (Ord. n. 21146, Sez. VI, del 17-9-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Provvedimenti amministrativi concessori o di sanatoria edilizia – Non hanno incidenza nei rapporti tra privati – Fondamento

(cod. civ.: artt. 872 II co., 873)

— In tema di distanze nelle costruzioni, ai sensi dell’art. 873 c.c., i provvedimenti amministrativi concessori o di sanatoria edilizia, esplicando i loro effetti sul piano dei rapporti pubblicistici tra pubblica amministrazione e privato costruttore, non hanno incidenza nei rapporti tra privati, i quali hanno ugualmente facoltà di chiedere la tutela ripristinatoria apprestata dall’art. 872 c.c. per le violazioni delle distanze previste dal codice civile e dalle norme regolamentari integratrici (Sent. n. 21947, Sez. II, del 25-9-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Sopravvenienza di una disciplina meno restrittiva che legittimi la costruzione originariamente illecita

(cod. civ.: artt. 869, 872, 873)

— In tema di distanze legali, la disciplina meno restrittiva, la cui sopravvenienza può legittimare la costruzione originariamente illecita, non può consistere in una semplice delibera del consiglio comunale, atteso che questa non è idonea, di per sé, a modificare la disciplina urbanistica, costituendo solo il primo atto di un complesso iter amministrativo che si conclude soltanto con l’approvazione regionale della variante del piano regolatore generale (Sent. n. 20994, Sez. II, del 13-9-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi ex art. 890 cod. civ. – Ambito di applicazione – Canne fumarie – Inclusione – Riduzione in pristino – Legittimità – Fondamento normativo

(cod. civ.: artt. 872 II co., 890)

— In tema di rapporti di vicinato, l’art. 890 cod. civ., applicabile anche alle condotte fumarie, attribuisce una tutela immediata e diretta per il rispetto delle distanze prescritte dalle norme regolamentari e, quindi, consente di chiedere, ai sensi dell’art. 872, secondo comma, cod. civ., la riduzione in pristino, senza che occorra stabilire se tali norme siano integrative delle disposizioni del codice civile (Sent. n. 21744, Sez. II, del 23-9-2013).

 

Proprietà – Muro di cinta – Accertata funzione divisoria – Prova presuntiva del suo compossesso ai fini della tutela possessoria – Sussistenza

(cod. civ.: artt. 886, 1140, 2727)

— L’accertata funzione divisoria di un muro di recinzione esistente tra le confinanti proprietà costituisce, ai fini della tutela possessoria dello stesso, prova presuntiva del suo compossesso (Sent. n. 22275, Sez. II, del 27-9-2013).

 

Proprietà – Rapporti di vicinato – Originaria abusività di un immobile per difformità dalla concessione, oggetto di successiva sanatoria – Non osta al risarcimento del danno allo stesso cagionato da un’illecita costruzione su terreno confinante – Fondamento

(cod. civ.: artt. 872, 2043)

— In tema di rapporti di vicinato, l’originaria abusività di un immobile per difformità dalla concessione, oggetto di successiva sanatoria, non osta al risarcimento del danno allo stesso cagionato da un’illecita costruzione su terreno confinante, atteso che l’immobile sanato, non essendo più incommerciabile, è in grado di risentire della correlata diminuzione di valore commerciale (Sent. n. 20849, Sez. II, dell’11-9-2013).

 

Prova – Principio generale di riparto dell’onere probatorio – Contemperamento con il principio di acquisizione delle prove – Necessità – Fondamento costituzionale e conseguenza

(cod. civ.: art. 2697; cod. proc. civ.: artt. 115, 360 I co. n. 5; Cost.: art. 111)

— Il principio generale di riparto dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 cod. civ. deve essere contemperato con il principio di acquisizione probatoria, che trova fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo, con la conseguenza che anche il principio dispositivo delle prove — in forza del quale ogni parte è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione del medesimo — va inteso in modo differente, traducendosi nel dovere del giudice di pronunciare nel merito della causa sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito — da qualunque parte processuale provenga — con una valutazione non atomistica ma globale nel quadro di un’indagine unitaria ed organica, suscettibile di sindacato, in sede di legittimità, per vizi di motivazione e, ove ne ricorrano gli estremi, per scorretta applicazione delle norme riguardanti l’acquisizione della prova (Sent. n. 21909, Sez. lavoro, del 25-9-2013).

 

Provvedimento cautelare emesso dal giudice amministrativo – Efficacia di giudicato sulla giurisdizione – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. amm.: artt. 4, 55; cod. proc. civ.: art. 324; cod. civ.: art. 2909)

— Il provvedimento cautelare emesso dal giudice amministrativo (al pari di quello emesso dal giudice ordinario) non assume carattere decisorio e non incide in via definitiva sulle posizioni soggettive dedotte in giudizio, essendo destinato a perdere efficacia per effetto della sentenza definitiva di merito, sicché esso, pur quando coinvolge posizioni di diritto soggettivo, non statuisce su di esse con la forza dell’atto giurisdizionale idoneo ad assumere autorità di giudicato, neppure sul punto della giurisdizione (Sent. n. 21677, Sez. Unite, del 23-9-2013).

 

Pubblico impiego privatizzato – Trattative volte all’attribuzione di un incarico di funzione dirigenziale – Comportamento della P.A. non conforme ai criteri di correttezza e buona fede ed ai principi ex art. 97 Cost. – Conseguenza: risarcimento del solo interesse legittimo privato

(D.Lgs. 165/2001: art. 19; Cost.: art. 97; cod. civ.: artt. 1175, 1337, 1375)

— In tema di pubblico impiego privatizzato, nelle trattative volte all’attribuzione di un incarico di funzione dirigenziale, il comportamento della P.A. non conforme ai criteri di correttezza e buona fede e ai principi ex art. 97 Cost., in quanto idoneo a far sorgere nell’interessato un affidamento per l’attribuzione dell’incarico (anche accogliendo l’istanza di trattenimento in servizio per un biennio oltre l’età pensionabile), poi non assegnato in assenza di adeguate forme di partecipazione dell’interessato medesimo al processo decisionale e senza l’esternazione delle ragioni giustificatrici della scelta (nella specie, non fornendo alcun elemento circa i criteri e le motivazioni che hanno indotto la P.A. a non conferire alcun incarico dirigenziale al lavoratore e, al contempo, ad attribuirne di analoghi ad altri dirigenti), comporta il risarcimento del solo interesse legittimo privato avente ad oggetto la correttezza, l’imparzialità ed il buon andamento dell’amministrazione, e non anche del diritto al conferimento dell’incarico dirigenziale, insussistente in assenza del contratto stipulato con l’amministrazione (Sent. n. 21700, Sez. lavoro, del 23-9-2013).

 

Responsabilità per fatto illecito – Azione di risarcimento danni ex art. 2043 cod. civ. per lesione della libertà negoziale – Quando è esperibile

(cod. civ.: artt. 1322, 1337, 1965, 2043)

— L’azione di risarcimento danni ex art. 2043 cod. civ. per lesione della libertà negoziale è esperibile allorché ricorra una violazione della regola di buona fede nelle trattative contrattuali — nella specie, finalizzate alla stipulazione di una transazione — che abbia dato luogo ad un assetto d’interessi più svantaggioso per la parte che abbia subìto le conseguenze della condotta contraria a buona fede, e ciò pur in presenza di un contratto valido, ovvero, nell’ipotesi di invalidità dello stesso, in assenza di una sua impugnativa basata sugli ordinari rimedi contrattuali (Sent. n. 21255, Sez. III, del 17-9-2013).

 

Responsabilità per fatto illecito – Ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e la conseguenza dannosa risarcibile – Criteri di necessità

(cod. civ.: artt. 1223, 2043; cod. pen.: art. 40)

— In tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e la conseguenza dannosa risarcibile implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti, il primo volto ad identificare — in applicazione del criterio del «più probabile che non» — il nesso di causalità materiale che lega la condotta all’evento di danno, il secondo essendo diretto, invece, ad accertare il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili, accertamento, quest’ultimo, da compiersi in applicazione dell’art. 1223 cod. civ., norma che pone essa stessa una regola eziologica (Sent. n. 21255, Sez. III, del 17-9-2013).

 

Revocazione – Casi – Errore di fatto – Nozione

(cod. proc. civ.: art. 395 n. 4)

— L’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti a giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali. Ne consegue che il vizio con il quale si imputa alla sentenza un’erronea valutazione delle prove raccolte è, di per sé, incompatibile con l’errore di fatto, essendo ascrivibile non già ad un errore di percezione, ma ad un preteso errore di giudizio (Sent. n. 22080, Sez. I, del 26-9-2013).

 

Ricorso per cassazione – Contenuto – Esposizione sommaria dei fatti della causa – Mera riproduzione della sentenza impugnata che non contenga la descrizione dello svolgimento del processo, né una chiara esposizione del fatto sostanziale e processuale – Insufficienza

(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 3)

— Il disposto dall’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservato tramite la mera riproduzione della sentenza impugnata, allorché quest’ultima non contenga la descrizione dello svolgimento del processo, né una chiara esposizione del fatto sostanziale e processuale (Sent. n. 21137, Sez. VI, del 16-9-2013).

 

* Ricorso per cassazione – Inammissibilità – Fattispecie

(cod. proc. civ.: artt. 112, 360 I co. nn. 3, 4 e 5)

— Costituisce causa di inammissibilità del ricorso per cassazione l’erronea sussunzione del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità nell’una o nell’altra fattispecie di cui all’art. 360 cod. proc. civ., come pure l’incongruenza fra le norme di legge di cui si prospetta la violazione e le argomentazioni di supporto. (Nella specie, proposto ricorso ai sensi del numero 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente si doleva, in realtà, di un vizio di motivazione della sentenza) (Sent. n. 21099, Sez. III, del 16-9-2013).

— Costituisce causa di inammissibilità del ricorso per cassazione l’erronea sussunzione del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità nell’una o nell’altra fattispecie di cui all’art. 360 cod. proc. civ. (Nella specie, pur avendo proposto ricorso ai sensi del numero 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente si doleva in realtà della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la sentenza di appello, prospettando, così, un vizio che avrebbe dovuto far valere ai sensi del numero 4 del medesimo art. 360) (Sent. n. 21165, Sez. III, del 17-9-2013).

 

Ricorso per cassazione – Motivo che prospetti una pluralità di questioni precedute unitariamente dall’elencazione delle norme che si assumono violate e dalla deduzione del vizio di motivazione – Inammissibilità – Fondamento

(cod. proc. civ.: art. 360 I co. nn. 3 e 5)

— Nel ricorso per cassazione, il motivo di impugnazione che prospetti una pluralità di questioni precedute unitariamente dall’elencazione delle norme che si assumono violate e dalla deduzione del vizio di motivazione, è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o il vizio di motivazione (Sent. n. 21611, Sez. I, del 20-9-2013).

 

Risarcimento del danno – Esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa – Dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1226, 2056; cod. proc. civ.: artt. 113, 114, 115, 339 II e III co.)

— L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 cod. civ., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, con la conseguenza che la sentenza pronunciata dal giudice nell’esercizio di tale potere non è assoggettata ai limiti di appellabilità previsti per le sentenze pronunciate secondo equità dall’art. 339 cod. proc. civ. (Sent. n. 21103, Sez. III, del 16-9-2013).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona – Non è in re ipsa – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 2059, 2697; Cost.: art. 2)

— Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come nel caso di lesione al diritto alla reputazione quale conseguenza di un ingiusto protesto, non è in re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento (Sent. n. 21865, Sez. V, del 24-9-2013).

 

Risarcimento del danno per perdita di chance di promozione lavorativa – Onere della prova del dipendente – Oggetto

(cod. civ.: artt. 1218, 2043, 2103, 2697, 2727)

— In tema di risarcimento del danno per perdita di chance di promozione (nella specie, prospettato come conseguenza dell’inadempimento da parte del datore di lavoro pubblico dell’obbligo, contrattualmente previsto, di organizzare procedure selettive per progressioni verticali), incombe sul singolo dipendente l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo, il nesso di causalità tra l’inadempimento datoriale e il danno, ossia la concreta sussistenza della probabilità di ottenere la qualifica superiore (Sent. n. 21678, Sez. Unite, del 23-9-2013).

 

Separazione consensuale dei coniugi – Convenzione con cui essi pattuiscono un trasferimento patrimoniale ai figli, a titolo gratuito e in funzione di adempimento dell’obbligo genitoriale di mantenimento, che garantisca il risultato solutorio – Nullità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 150, 155, 1418)

— La convenzione intervenuta tra i coniugi in sede di separazione consensuale, con la quale essi pattuiscono un trasferimento patrimoniale ai figli, a titolo gratuito e in funzione di adempimento dell’obbligo genitoriale di mantenimento, non è nulla, qualora garantisca il risultato solutorio, non essendo in contrasto con norme imperative, né con diritti indisponibili (Sent. n. 21736, Sez. II, del 23-9-2013).

 

Separazione personale dei coniugi – Imposizione del pagamento delle rate del mutuo contratto per l’acquisto della casa familiare – Modalità di adempimento dell’obbligo di mantenimento in favore dei figli – Configurabilità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 150, 155, 1813)

— In tema di separazione personale dei coniugi, il giudice può legittimamente imporre a carico di un genitore, quale modalità di adempimento dell’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli, il pagamento delle rate del mutuo contratto per l’acquisto della casa familiare, trattandosi di voce di spesa sufficientemente determinata e strumentale alla soddisfazione delle esigenze in vista delle quali detto obbligo è disposto (Sent. n. 20139, Sez. I, del 3-9-2013).

 

Servitù di passaggio coattivo – Fondo intercluso a seguito di alienazione a titolo oneroso o di divisione – Azione del proprietario nei confronti di altri confinanti – Esperibilità – Condizione

(cod. civ.: artt. 1053, 1054)

— Il proprietario del fondo, rimasto intercluso a seguito di alienazione a titolo oneroso o di divisione, non può rivolgersi a qualsiasi altro confinante per ottenere il passaggio coattivo, pagando l’indennità ai sensi dell’art. 1053 cod. civ., se non provi l’impossibilità di agire utilmente contro il suo dante causa o i suoi eredi per ottenere il passaggio gratuito cui egli ha diritto come contraente, a norma dell’art. 1054 cod. civ. (Sent. n. 20404, Sez. II, del 5-9-2013).

 

Servitù di passaggio – Divieto di aggravamento – Collocazione di un cancello sul locus servitutis – Quando integra aggravamento della servitù

(cod. civ.: artt. 841, 1067 I co.)

— In tema di servitù di passaggio, agli effetti del divieto ex art. 1067 cod. civ., la collocazione di un cancello sul locus servitutis non integra aggravamento della servitù di per sé, ma solo ove incida sul modo in cui è stata goduta la servitù, venendo in rilievo, quindi, frequenza del passaggio, caratteristica dei luoghi, particolari esigenze del transito e ogni altra precedente condizione di esercizio (Sent. n. 21744, Sez. II, del 23-9-2013).

 

Servitù di uso pubblico – Assoggettamento ad essa di una strada privata – Facoltà dei frontisti di aprire accessi diretti dai loro fondi – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 822, 824, 825)

— L’assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico, in relazione all’interesse della collettività di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facoltà dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando ciò un’utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa (Sent. n. 21953, Sez. II, del 25-9-2013).

 

Somministrazione – Contratto – Clausola di esclusiva a favore del somministrante – Non è soggetta al limite di durata quinquennale previsto dall’art. 2596 cod. civ. – Eccezione

(cod. civ.: artt. 1567, 2596)

— La clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione non è soggetta al limite di durata quinquennale previsto dall’art. 2596 cod. civ. per gli accordi limitativi della concorrenza, a meno che non possa qualificarsi come un autonomo patto, nel qual caso però il limite temporale di validità del patto di non concorrenza non si estende alla durata del contratto di somministrazione (Sent. n. 21729, Sez. III, del 23-9-2013).

 

Spese processuali – Compensazione totale o parziale – Soccombenza reciproca – Nozione

(cod. proc. civ.: art. 92 II co.)

— La nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende — anche in relazione al principio di causalità — una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo. (Nella specie, applicando l’enunciato principio, la S.C. ha cassato la decisione del giudice territoriale, che aveva ritenuto sussistere una virtuale soccombenza reciproca perché l’appellante, che sarebbe stato interamente vittorioso nel merito, aveva erroneamente proposto il gravame con ricorso e non con citazione) (Ord. n. 21684, Sez. VI, del 23-9-2013).

 

Successione necessaria – Diritto alla reintegrazione della quota vantato da ciascun legittimario – È autonomo nei confronti dell’analogo diritto degli altri legittimari – Fondamento e conseguenza in caso di giudicato sull’azione di riduzione promossa vittoriosamente da uno dei legittimari

(cod. civ.: artt. 553, 557, 713, 2909; cod. proc. civ.: art. 324)

— In tema di successione necessaria, il diritto alla reintegrazione della quota, vantato da ciascun legittimario, è autonomo nei confronti dell’analogo diritto degli altri legittimari, spettando a ciascuno di essi solo una frazione della quota di riserva, sicché il giudicato sull’azione di riduzione promossa vittoriosamente da uno dei legittimari — se non può avere l’effetto di operare direttamente la reintegrazione spettante agli altri che abbiano preferito, pur essendo stati evocati nel processo di divisione contemporaneamente promosso, rimanere per questa parte inattivi — non preclude ad altro legittimario di agire separatamente, nell’ordinario termine di prescrizione, con l’azione di reintegrazione della quota di riserva per la parte spettantegli (Sent. n. 20143, Sez. II, del 3-9-2013).

 

Testamento – Legato – Facoltà di rinuncia – Quando è preclusa

(cod. civ.: artt. 649 I co., 981)

— La facoltà di rinunziare al legato, ai sensi dell’art. 649 cod. civ., è preclusa quando il legatario abbia compiuto atti di esercizio del diritto oggetto del legato, manifestando una volontà incompatibile con la volontà dismissiva, come nel caso in cui il legatario di usufrutto, godendo del bene e consumandone i frutti, abbia esercitato le facoltà spettanti all’usufruttuario a norma dell’art. 981 cod. civ. (Sent. n. 20711, Sez. II, del 10-9-2013).

 

Testamento olografo – Validità – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 602)

— La validità del testamento olografo esige, ai sensi dell’art. 602 c.c., l’autografia della sottoscrizione, della data e del testo del documento, essendo sufficiente ad escluderla ogni intervento di terzi, indipendentemente dal tipo e dall’entità, anche se il terzo abbia scritto una sola parola durante la confezione del testamento (nella specie, la parola «lasciare», in sostituzione della parola cancellata «donare»), senza che assuma rilievo, peraltro, l’importanza sostanziale della parte eterografa ai fini della nullità dell’intero testamento in forza del principio utile per inutile non vitiatur (Sent. n. 20703, Sez. II, del 10-9-2013).

 

Testimonianza – Interesse determinante l’incapacità a testimoniare – È solo quello concreto ed attuale che legittima a partecipare al giudizio – Conseguenza

(cod. proc. civ.: artt. 100, 246; cod. civ.: art. 1705)

— L’interesse determinante l’incapacità a testimoniare, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., è solo quello concreto ed attuale, che attribuisce la legittimazione a partecipare al giudizio in relazione all’oggetto della contesa. Detto interesse, pertanto, va affermato nei confronti del mandatario senza rappresentanza di una delle parti, allorché la deposizione testimoniale investa proprio il negozio giuridico dal medesimo posto in essere nella suddetta qualità (Sent. n. 21106, Sez. III, del 16-9-2013).

 

Testimonianza resa da persona incapace – Nullità relativa – Configurabilità – Fondamento e conseguenze

(cod. proc. civ.: artt. 157 II co., 246)

— La nullità della testimonianza resa da persona incapace, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., essendo posta a tutela dell’interesse delle parti, è configurabile come nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l’assunzione della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ.; qualora detta eccezione venga respinta, l’interessato ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi altrimenti ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (Sent. n. 21670, Sez. Unite, del 23-9-2013).

 

Transazione – Dilazione di pagamento accordata su richiesta del debitore – È una parziale rinuncia – Fondamento e conseguenza

(cod. civ.: artt. 1181, 1965)

— In tema di transazione, poiché dalla normativa codicistica sulle obbligazioni si evince la regola generale che l’adempimento di una obbligazione pecuniaria, anche se relativa ad un rapporto di lavoro, deve essere eseguito in un’unica soluzione, potendo il creditore, ai sensi dell’art. 1181 cod. civ., rifiutare un adempimento parziale (salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente), la dilazione di pagamento, accordata su richiesta del debitore, costituisce una parziale rinuncia e, come tale, integra una «concessione» ai sensi dell’art. 1965 cod. civ., pur in mancanza della rinuncia agli interessi legali, risultando indifferente l’accertamento dell’equivalenza tra le reciproche concessioni (Sent. n. 20160, Sez. lavoro, del 3-9-2013).

 

Vendita con riserva di proprietà – Costituzione di enfiteusi ad opera del compratore – Ammissibilità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 957, 1523)

— Il compratore con riserva di proprietà, acquistando la proprietà della cosa soltanto con il pagamento dell’ultima rata del prezzo, ai sensi dell’art. 1523 c.c., non può costituire enfiteusi sulla stessa, in quanto tale diritto reale di godimento graverebbe sul diritto del venditore, che è ancora titolare del dominio diretto sul bene (Sent. n. 21388, Sez. II, del 18-9-2013).

 

Vendita – Contratto – Inadempimento – Riparto dell’onere della prova tra compratore e venditore

(cod. civ.: artt. 1218, 1490, 1495, 2697, 2727)

— In tema di inadempimento del contratto di compravendita, è sufficiente che il compratore alleghi l’inesatto adempimento, ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa inidonea all’uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, mentre è a carico del venditore, quale debitore di un’obbligazione di risultato ed in forza del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; ne consegue che, ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore di dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore (Sent. n. 20110, Sez. II, del 2-9-2013).

 

Vendita – Contratto preliminare – Promittente venditore che, in presenza dell’inadempimento del promissario acquirente, abbia domandato la risoluzione del preliminare e non l’esecuzione in forma specifica di esso

(cod. civ.: artt. 1223, 1351, 1453, 1470, 2932)

— Allorché il promittente venditore, in presenza dell’inadempimento del promissario acquirente, abbia domandato la risoluzione del preliminare e non l’esecuzione in forma specifica di esso, il pregiudizio subìto dal primo, consistente nelle spese ed imposte correlate al possesso del bene rimasto nella sua disponibilità, non è, ex art. 1223 cod. civ., conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del secondo, atteggiandosi lo stesso non a causa giuridica, quanto a mera occasione del preteso danno di cui si chiede il risarcimento (Sent. n. 21438, Sez. II, del 19-9-2013).

 

Vendita – Contratto preliminare – Rifiuto alla stipulazione del definitivo da parte del promittente compratore che pretenda la riduzione del prezzo opponendo, con fondamento o, comunque, senza colpa, che la misura reale del bene è inferiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto – Legittimità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1351, 1470, 1538; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— Poiché il contratto preliminare è regolato anche dalle norme integrative della disciplina del contratto, tra le quali quella dell’art. 1538 cod. civ., è legittimo il rifiuto alla stipulazione del definitivo di vendita da parte del promittente compratore, che pretenda la riduzione del prezzo, opponendo, con fondamento o, comunque, senza colpa — secondo una valutazione rimessa al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici —, che la misura reale del bene è inferiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto adeguatamente motivato l’accertamento della Corte territoriale in ordine all’ingiustificatezza del rifiuto opposto dal promittente venditore alla misurazione del bene prima della stipula del definitivo, in presenza di un rilevante interesse del promissario acquirente e senza pregiudizio alcuno per i diritti del primo) (Sent. n. 20393, Sez. II, del 5-9-2013).

 

Vendita di titoli del debito pubblico negoziati come genuini che, una volta individuati, risultino essere falsi – Nullità – Esclusione – Consegna di aliud pro alio – Sussistenza – Fondamento e conseguenza

(cod. civ.: artt. 1218, 1346, 1490)

— Ai sensi dell’art. 1346 cod. civ., l’oggetto del contratto è illecito allorché concerne cose o fatti di rilevanza patrimoniale che per la loro stessa tipologia, così come contemplata dalle parti, siano insuscettibili di commercio per contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume o a norme imperative. Pertanto, la vendita di titoli del debito pubblico negoziati come genuini che, una volta individuati, risultino essere falsi, non è nulla, ma è inadempiuta per consegna di aliud pro alio, con la conseguenza che l’acquirente ha azione di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., verso l’alienante (Sent. n. 21829, Sez. II, del 24-9-2013).

 

Vendita – Eventuale pattuizione di un termine per il pagamento del prezzo – È un fatto modificativo degli effetti naturali del contratto – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1183, 1498 II co., 2697, 2935)

— In tema di compravendita, l’eventuale pattuizione di un termine per il pagamento del prezzo rappresenta, rispetto alla previsione di cui all’art. 1498, secondo comma, cod. civ., un fatto modificativo degli effetti naturali del contratto, sicché grava sul venditore, che su tale termine fondi una più favorevole individuazione del dies a quo della prescrizione, fornirne la corrispondente dimostrazione (Sent. n. 21895, Sez. I, del 25-9-2013).

 

* Vendita – Garanzia per i vizi della cosa venduta – Azione redibitoria – Esercizio

(cod. civ.: artt. 1455, 1490, 1492, 1497)

— Gli artt. 1490 e 1492 cod. civ. in tema di azione redibitoria, al pari dell’art. 1497 cod. civ., vanno interpretati con riferimento al principio generale sancito dall’art. 1455 cod. civ., con la conseguenza che l’esercizio dell’azione è legittimato soltanto da vizi concretanti un inadempimento di non scarsa importanza, i quali non sono distinti in base a ragioni strutturali, ma solo in funzione della loro capacità di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito (Sent. n. 21949, Sez. II, del 25-9-2013).