Massime civili della Cassazione di novembre 2013

 

Agenzia – Consulenza tecnica – Quando può costituire mezzo di prova

(cod. civ.: artt. 1743, 2697; cod. proc. civ.: art. 61)

— Nel rapporto d’agenzia la consulenza tecnica può costituire mezzo di prova quando l’agente non possa dimostrare altrimenti i danni subiti in conseguenza dei contratti stipulati da agenti per una zona diversa dello stesso preponente in violazione del suo diritto di esclusiva (Sent. n. 26062, Sez. II, del 20-11-2013).

 

Alimenti – Stato di bisogno – Nozione e criteri di valutazione

(cod. civ.: art. 438)

— Lo stato di bisogno, quale presupposto del diritto agli alimenti previsto dall’art. 438 cod. civ., esprime l’impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari, quali il vitto, l’abitazione, il vestiario, le cure mediche, e deve essere valutato in relazione alle effettive condizioni dell’alimentando, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui il medesimo disponga, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili in proprietà o in usufrutto, e della loro idoneità a soddisfare le sue necessità primarie (Sent. n. 25248, Sez. II, dell’8-11-2013).

 

Appalto – Garanzia per le difformità e i vizi dell’opera – Vizi occulti o non conoscibili – Termine di prescrizione dell’azione di garanzia – Da quando decorre

(cod. civ.: art. 1667 III co.; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— In tema di appalto, qualora l’opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all’esterno, il termine di prescrizione dell’azione di garanzia, ai sensi dell’art. 1667, terzo comma, cod. civ., decorre dalla scoperta dei vizi, la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, conoscenza che può ritenersi comunque acquisita, senza la necessità di una verifica tecnica dei vizi stessi, secondo l’accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato (Sent. n. 26233, Sez. III, del 22-11-2013).

 

Appalto – Obbligo dell’appaltante di cooperare all’adempimento dell’appaltatore – Condizione e fondamento

(cod. civ.: artt. 1175, 1206, 1375, 1655)

— L’appaltante è tenuto a cooperare all’adempimento dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 1206 cod. civ., qualora tale cooperazione sia necessaria per l’oggetto particolare dei servizi appaltati (nella specie, manutenzione a bordo di nave per tragitti di lungo corso), in quanto i doveri generali di correttezza e buona fede oggettiva impongono al committente di porre in essere le attività, distinte rispetto a quanto dovuto dall’appaltatore, occorrenti affinché quest’ultimo possa conseguire il risultato cui il rapporto obbligatorio è preordinato (Sent. n. 26260, Sez. II, del 22-11-2013).

 

Appalto – Pagamento del corrispettivo da parte del committente – Rifiuto o subordinazione del pagamento all’eliminazione dei vizi dell’opera – Eccezione d’inadempimento – Configurabilità – Fondamento e limite

(cod. civ.: artt. 1460, 1667)

— In tema di appalto, il committente può legittimamente rifiutare o subordinare il pagamento del corrispettivo all’eliminazione dei vizi dell’opera, invocando l’eccezione di inadempimento prevista dall’art. 1460 cod. civ., in quanto istituto di applicazione generale in materia di contratti a prestazioni corrispettive, purché il rifiuto di adempiere non sia contrario alla buona fede, spettando al giudice del merito accertare se la spesa occorrente per l’eliminazione delle difformità sia proporzionata a quella che il committente rifiuta di corrispondere all’appaltatore o che subordina a tale eliminazione (Ord. n. 26365, Sez. VI, del 26-11-2013).

 

Appalto – Rovina e difetti di cose immobili – Somma liquidata a carico del costruttore a titolo di risarcimento del danno – È un debito di valore – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1277, 1669)

— In tema di appalto, la somma liquidata a carico del costruttore a titolo di risarcimento del danno ex art. 1669 cod. civ. costituisce un debito di valore, che, non essendo soggetto al principio nominalistico, deve essere rivalutato in considerazione del diminuito potere di acquisto della moneta intervenuto fino al momento della decisione (Sent. n. 25015, Sez. II, del 6-11-2013).

 

Appello – Illegittima rimessione della causa al giudice di primo grado per omessa integrazione del contraddittorio – Errore rilevato dalla Corte di cassazione – Cassazione della sentenza di secondo grado con rinvio al giudice di appello – Riesame nel merito della causa da parte del giudice di appello – Sussistenza

(cod. proc. civ.: artt. 354, 383, 394)

— Qualora il giudice di appello abbia illegittimamente rimesso al giudice di primo grado la causa per omessa integrazione del contraddittorio e la Corte di cassazione rilevi detto errore commesso dal giudice di secondo grado, la causa va cassata con rinvio al medesimo giudice di appello (rinvio di tipo restitutorio), che resta investito del potere di riesaminare il merito della causa, nell’ambito di un giudizio nel quale le parti, salvi i limiti dell’impugnazione a suo tempo proposta, hanno la facoltà di svolgere tutte le difese e le argomentazioni che risultino compatibili con il rito di secondo grado, o la cui proposizione sia ammissibile in sede di gravame (Sent. n. 25250, Sez. II, dell’8-11-2013).

 

Arbitrato – Clausola compromissoria – Nullità del contratto in cui è inserita – Automatica estensione della nullità alla clausola compromissoria – Esclusione

(cod. proc. civ.: art. 808; cod. civ.: art. 1418)

— In virtù del principio di autonomia della clausola compromissoria, essa ha un’individualità nettamente distinta dal contratto nel quale è inserita, non costituendone un accessorio. Ne consegue che la nullità del negozio sostanziale non travolge, per trascinamento, la clausola compromissoria in esso contenuta, restando rimesso agli arbitri l’accertamento della dedotta invalidità (Sent. n. 25024, Sez. II, del 6-11-2013).

 

Arbitrato rituale o arbitrato irrituale – Clausola compromissoria – Interpretazione – Criteri di necessità

(cod. proc. civ.: artt. 806, 808, 808 ter, 820; cod. civ.: art. 1362)

— Al fine di determinare se si verta in tema di arbitrato rituale o irrituale, occorre interpretare la clausola compromissoria alla stregua dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall’art. 1362 cod. civ. e, dunque, fare riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti e al comportamento complessivo delle stesse, anche successivo alla conclusione del contratto, senza che il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell’arbitrato rituale deponga univocamente nel senso dell’irritualità dell’arbitrato, ovvero possa essere invocato il criterio, residuale, della natura eccezionale dell’arbitrato rituale, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte da tale forma di arbitrato quanto all’efficacia esecutiva del lodo, al regime delle impugnazioni, alle possibilità per il giudice di concedere la sospensiva (Sent. n. 26135, Sez. I, del 21-11-2013).

 

Arbitrato rituale – Potere delle parti di revocare per giusta causa il mandato agli arbitri – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. civ.: art. 815; cod. civ.: art. 1723)

— Nell’arbitrato rituale le parti non hanno il potere di revocare per giusta causa, ai sensi dell’art. 1723 cod. civ., il mandato agli arbitri, in quanto la disciplina speciale prevede rimedi di tipo diverso, come la sostituzione dell’arbitro che ometta o ritardi di compiere un atto relativo alle sue funzioni o la ricusazione, più coerenti con la natura giurisdizionale di tale istituto (Sent. n. 25735, Sez. I, del 15-11-2013).

 

Assegno bancario postdatato – Emissione a garanzia dell’adempimento di una propria obbligazione – È un atto contrario a norme imperative e non meritevole di tutela – Conseguenza in tema di fideiussione

(R.D. 1736/1933: art. 31; cod. civ.: artt. 1343, 1955, 2784)

— L’emissione di un assegno bancario postdatato a garanzia dell’adempimento di una propria obbligazione costituisce atto contrario a norme imperative e non meritevole di tutela. Ne consegue che il fideiussore non resta liberato, ai sensi dell’art. 1955 cod. civ., per fatto del debitore, ove il pegno, nel quale il fideiussore sostenga di non essersi potuto surrogare per il comportamento doloso o colposo del creditore, sia costituito da assegni bancari postdatati consegnati dal debitore o da un terzo a garanzia del credito (Sent. n. 26232, Sez. III, del 22-11-2013).

 

Assicurazione contro i danni – Contratto – Interpretazione – Descrizione della singola cosa assicurata – Espressione generale – Esclusione – Ricorso agli altri criteri legali di ermeneutica – Ammissibilità

(cod. civ.: artt. 1364, 1904)

— In tema di interpretazione di un contratto di assicurazione, la descrizione della singola cosa assicurata, contenuta in un’assicurazione contro i danni, non può mai considerarsi un’«espressione generale» per i fini di cui all’art. 1364 cod. civ., e non è inibito al giudice di merito di fare ricorso agli altri criteri legali di ermeneutica per stabilire se la descrizione contrattuale, in caso di ambiguità, debba essere interpretata estensivamente o retroattivamente (Sent. n. 25405, Sez. III, del 12-11-2013).

 

Assicurazione contro i danni – Valore della cosa assicurata – Stipula di una polizza stimata ex art. 1908 cod. civ. ed assicurazione parziale – Compatibilità – Sussistenza

(cod. civ.: artt. 1907, 1908)

— La stipula di una polizza stimata ex art. 1908 cod. civ., che ha lo scopo di determinare convenzionalmente il valore assicurabile, non è incompatibile con l’assicurazione parziale di cui all’art. 1907 cod. civ., nella quale il valore assicurato rappresenta solo una parte del valore della cosa (Sent. n. 25405, Sez. III, del 12-11-2013).

 

Atti unilaterali – Interpretazione – Criteri di necessità

(cod. civ.: artt. 1324, 1362 I co., 1363)

— Nell’interpretazione degli atti unilaterali, il canone ermeneutico di cui all’art. 1362, comma 1, c.c. impone di accertare — mancando una comune intenzione delle parti — esclusivamente l’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, ferma l’applicabilità, atteso il rinvio operato dall’art. 1324 c.c., del criterio dell’interpretazione complessiva dell’atto e senza che possa farsi ricorso alla valutazione del comportamento dei destinatari di esso (Sent. n. 25608, Sez. lavoro, del 14-11-2013).

 

Azione revocatoria fallimentare – Stato di insolvenza del fallito al momento in cui abbia compiuto l’atto – Requisito autonomo della fattispecie – Esclusione – Ricomprensione nel requisito soggettivo della conoscenza, nell’altra parte, dei segni esteriori attraverso cui quello stato si manifesta – Sussistenza – Conseguenza

(R.D. 267/1942: artt. 5, 67)

— In tema di azione revocatoria fallimentare, la sussistenza dello stato di insolvenza del fallito al momento in cui abbia compiuto l’atto poi con essa impugnato non costituisce requisito autonomo di quest’ultima, ma è ricompreso in quello soggettivo della conoscenza, nell’altra parte, dei segni esteriori attraverso cui quello stato si manifesta, di cui segue, pertanto, il relativo regime di allegazione e prova (Sent. n. 25284, Sez. I, dell’11-11-2013).

 

Comunione legale dei coniugi – Creditori particolari di uno dei coniugi che siano pignoranti o intervenuti nel processo esecutivo avente ad oggetto un bene formalmente intestato soltanto al coniuge esecutato, ed escluso dalla comunione legale – Tutela ex art. 2915 II co. cod. civ. – Sussistenza – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 177, 2915 II co.)

— I creditori particolari di uno dei coniugi che siano pignoranti o intervenuti nel processo esecutivo avente ad oggetto un bene formalmente intestato soltanto al coniuge esecutato, ed escluso dalla comunione legale, godono della tutela di cui all’art. 2915, secondo comma, cod. civ., anche rispetto alla domanda di accertamento della comunione legale avanzata dal coniuge non acquirente. Pertanto l’eventuale sentenza di accoglimento di tale domanda non può pregiudicare i loro diritti, quando il pignoramento del bene che ne forma oggetto sia stato trascritto prima della trascrizione della domanda di accertamento della comunione legale (Sent. n. 25865, Sez. III, del 18-11-2013).

 

Confessione – Dichiarazioni aggiunte – Principio di inscindibilità – Operatività e portata

(cod. civ.: artt. 2697, 2734; cod. proc. civ.: art. 116)

— Nell’ipotesi di dichiarazioni aggiunte alla confessione, opera, ai sensi dell’art. 2734 cod. civ., il principio di inscindibilità, nel senso che la mancata contestazione di controparte comporta l’esonero del dichiarante dall’onere di provare i fatti aggiunti, assumendo, in tal caso, la dichiarazione valore di prova legale nel suo complesso, mentre solo quando la controparte contesta le dichiarazioni il confitente ha l’onere di provare i fatti aggiunti, restando affidato al giudice, in difetto di tale prova, l’apprezzamento dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni stesse (Sent. n. 24754, Sez. II, del 5-11-2013).

 

Conto corrente bancario formalmente affidato – Congelamento – Accertamento – Criteri di necessità

(cod. civ.: artt. 1823, 1842, 1843, 1852)

— In presenza di un conto corrente formalmente affidato, l’accertamento del cosiddetto congelamento del conto è oggetto di un apprezzamento di fatto del giudice del merito e richiede la ricorrenza di specifiche circostanze, quali la chiusura anticipata del conto o il diniego della concessione dei blocchetti degli assegni, ovvero condotte negoziali sintomatiche, in modo univoco, della natura solutoria dei versamenti. Il congelamento del conto non può, invece, essere desunto dal semplice fatto che, a partire da una certa data, ai prelievi effettuati dal debitore corrispondano precedenti o contestuali versamenti per importi corrispondenti, perché da ciò non può trarsi la conclusione che la banca abbia posto in essere un meccanismo per ridurre l’esposizione senza chiudere formalmente l’apertura di credito, allorché le somme versate siano state contestualmente o quasi contestualmente riutilizzate (Sent. n. 26042, Sez. I, del 20-11-2013).

 

Contratti definitivi e contratti preliminari di vendita di immobili o di quota di immobili – Atto scritto ad substantiam – Scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto e che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà – Necessità – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1350, 1351, 1470)

— L’atto scritto, richiesto dalla legge ad substantiam e non ad probationem per la validità dei contratti definitivi e preliminari di vendita di immobili o di quota di immobili, deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento, da cui risulti la precedente stipulazione, ma da uno scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto e che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà. Ne consegue che non soddisfa l’esigenza del combinato disposto degli artt. 1350 e 1351 cod. civ., secondo cui i contratti preliminari di vendita di beni immobili debbono essere stipulati per atto pubblico o per scrittura privata a pena di nullità, l’attestazione di pagamento sottoscritta dall’accipiens e dal solvens e concernente somma corrisposta in esecuzione di un patto negoziale di cui si presuppone la futura stipula senza che ne sia documentata la giuridica esistenza nella sola forma valida richiesta dalla legge (Sent. n. 25424, Sez. II, del 12-11-2013).

 

Contratti di somministrazione di servizi pubblici essenziali (nella specie, energia elettrica) – Inserimento di diritto di modifiche al regolamento contrattuale – Effetto

(cod. civ.: artt. 1339, 1559, 2597)

— Nei contratti di somministrazione di servizi pubblici essenziali (nella specie, energia elettrica) l’inserimento di diritto di modifiche al regolamento contrattuale in forza dell’art. 1339 c.c. determina un nuovo momento genetico del rapporto dal quale discende l’obbligo per il contraente monopolista di applicare uniformemente, ove richiesto, le nuove condizioni generali di utenza anche ai rapporti già in essere, in forza dell’obbligo di parità di trattamento di cui all’art. 2597 c.c. (Sent. n. 26354, Sez. III, del 25-11-2013).

 

Contratto – Azione di annullamento per incapacità di intendere e di volere di uno dei contraenti che sia successivamente deceduto – Esercizio – Litisconsorzio necessario di tutti i coeredi – Sussistenza – Fondamento

(cod. civ.: artt. 457, 1425 II co.; cod. proc. civ.: art. 102)

— L’esercizio dell’azione di annullamento del contratto per incapacità di intendere e volere di uno dei contraenti, che sia successivamente deceduto, sebbene possa compiersi da parte di uno solo dei coeredi, anche in contrasto con gli altri, implica tuttavia il litisconsorzio necessario di tutti, giacché, come la sentenza di annullamento deve investire l’atto negoziale nella sua interezza, non potendo esso essere contemporaneamente valido per un soggetto e invalido per un altro, così anche l’eventuale restituzione non può avvenire pro quota (Sent. n. 25810, Sez. II, del 18-11-2013).

 

Contratto preliminare di vendita che contenga altresì l’accordo secondo cui il promissario acquirente continui a godere del bene, ritenendo risolto per mutuo consenso il precedente rapporto di comodato esistente tra le parti – Nullità – Reviviscenza dell’originario rapporto – Esclusione – Nuova manifestazione di volontà dei contraenti – Necessità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1351, 1470, 1803)

— Il contratto preliminare di vendita, che contenga altresì l’accordo secondo cui il promissario acquirente continui a godere del bene, ritenendo risolto per mutuo consenso il precedente rapporto di comodato esistente tra le parti, costituisce un autonomo titolo di godimento della cosa promessa, con la conseguenza che la nullità dello stesso preliminare, pur incidendo sull’accordo ad esso collegato, non fa rivivere il preesistente rapporto, occorrendo a tal fine una nuova manifestazione di volontà dei contraenti (Sent. n. 25593, Sez. II, del 14-11-2013).

 

Contratto preliminare di vendita di un immobile – Eccezione di inadempimento basata sulla mancanza del certificato di abitabilità dell’immobile o sulla presenza di difformità edilizie sanabili – Non può essere proposta qualora risulti che il promissario acquirente era a conoscenza di tale situazione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1351, 1460, 1470, 1477 III co.)

— In tema di contratto preliminare, l’eccezione di inadempimento basata sulla mancanza del certificato di abitabilità dell’immobile o sulla presenza di difformità edilizie sanabili non può essere proposta qualora risulti che il promissario acquirente era a conoscenza di tale situazione. Del resto, il presupposto dell’obbligo che l’art. 1477, ultimo comma, cod. civ. pone a carico del venditore (e non del promittente venditore) di consegnare i documenti relativi all’uso della cosa venduta, è che tali documenti siano necessari all’uso della medesima e si trovino in possesso del venditore, il quale, in caso negativo, dovrà curarne la formazione al momento della conclusione del contratto, sicché, in caso di preventiva conclusione del contratto preliminare, è necessario che tali documenti siano acquisiti e consegnati al promissario acquirente all’atto della stipula del contratto definitivo di vendita (Sent. n. 25427, Sez. II, del 12-11-2013).

 

Depositi bancari – Libretto di deposito a risparmio – Efficacia probatoria privilegiata ex art. 2700 cod. civ. – Esclusione – Regime probatorio speciale ex art. 1835 II co. cod. civ. – Sussistenza – Conseguenze

(cod. civ.: artt. 1835 II co., 2700)

— Il libretto bancario di deposito a risparmio, pur non potendosi considerare atto pubblico dotato dell’efficacia probatoria privilegiata di cui all’art. 2700 cod. civ., è assistito dallo speciale regime probatorio delineato dall’art. 1835, secondo comma, stesso codice, sicché, ove il documento presenti i requisiti formali minimi della sua identità, esso fa piena prova non solo delle annotazioni eseguite e sottoscritte dal funzionario addetto, ma anche della provenienza del libretto dalla banca al cui servizio appare addetto il menzionato funzionario, fermo restando che l’annotazione firmata non è il solo mezzo probatorio con il quale si può dare la prova dell’operazione bancaria, esprimendo tale speciale regime un principio di tutela rafforzata del diritto alla prova predisposto dalla legge a favore del depositario (Sent. n. 25370, Sez. I, del 12-11-2013).

 

Divisione ereditaria – Principio dell’omogeneità delle porzioni – Portata

(cod. civ.: artt. 727, 1116)

— In tema di divisione, il principio dell’omogeneità delle porzioni, dettato dall’art. 727 cod. civ. ed applicabile anche alle comunioni ordinarie ex art. 1116 cod. civ., postula che la comunione abbia ad oggetto una pluralità di beni di diversa qualità, essendo diretto ad attuare il diritto dei condividenti a conseguire una frazione di valore proporzionalmente corrispondente a quella spettante singolarmente sull’unica massa da dividere, sicché esso non è applicabile alla comunione avente ad oggetto un unico immobile (Sent. n. 25946, Sez. II, del 19-11-2013).

 

Enfiteusi – Perimento parziale di un fondo, rustico o urbano, dovuto ad una calamità naturale – Obbligo dell’enfiteuta di ricostruire la parte distrutta – Esclusione – Enfiteuta che abbia provveduto a proprie spese alla ricostruzione della parte perita – Applicabilità della disciplina in tema di miglioramenti e addizioni ex art. 975 cod. civ. – Sussistenza – Fondamento

(cod. civ.: artt. 960, 963 II co., 975)

— In caso di perimento parziale di un fondo, rustico o urbano, dovuto ad una calamità naturale, il rischio dell’evento lesivo ricade sul proprietario del bene, per cui l’enfiteuta, in difetto di un’espressa previsione normativa che lo imponga, non ha l’obbligo giuridico di ricostruire la parte andata distrutta. Ove, peraltro, l’enfiteuta abbia provveduto a proprie spese alla ricostruzione della parte perita, è applicabile in suo favore la disciplina dettata in tema di miglioramenti ed addizioni di cui all’art. 975 cod. civ., venendosi, altrimenti, a realizzare un ingiustificato arricchimento del proprietario in danno del medesimo enfiteuta (Sent. n. 25428, Sez. II, del 12-11-2013).

 

Enfiteusi – Perimento totale di un fondo – Presupposti e conseguenza nel caso di enfiteusi urbana

(cod. civ.: art. 963 I co.)

— L’estinzione dell’enfiteusi prevista dall’art. 963, primo comma, cod. civ. presuppone la totale distruzione materiale del fondo che ne è l’oggetto (interitus rei) e la conseguente impossibilità di usarlo secondo la sua normale (od altra) destinazione. Ne consegue che, anche nell’ipotesi di enfiteusi urbana, il diritto reale si estingue nel solo caso in cui, a seguito del perimento totale dell’edificio concesso, risulti impossibile ogni utilizzazione dello stesso e non anche quando, a causa del perimento parziale, risulti comunque possibile una qualche utilizzazione della parte fisica residuata, anche se meno produttiva e redditizia (Sent. n. 25428, Sez. II, del 12-11-2013).

 

Esercizio dell’azione – Litisconsorzio necessario – Eccezione della parte che deduca la non integrità del contraddittorio – Oneri del deducente – Oggetto – Rilevabilità d’ufficio del difetto di integrità su sollecitazione di parte – Sussistenza

(cod. proc. civ.: artt. 101, 102)

— La parte che deduce la non integrità del contraddittorio ha l’onere di indicare quali siano i litisconsorti pretermessi e di dimostrare i motivi per i quali è necessaria l’integrazione, senza, peraltro, che sia impedito al giudice il rilievo d’ufficio, seppure a seguito di sollecitazione di parte, del medesimo difetto di integrità (Sent. n. 25810, Sez. II, del 18-11-2013).

 

Giudicato che si forma sulla pronuncia di riduzione di disposizioni testamentarie – Non si estende nei confronti del legatario – Fondamento

(cod. civ.: artt. 554, 649, 2909)

— Il giudicato che si forma sulla pronuncia di riduzione di disposizioni testamentarie non si estende nei confronti del legatario, il cui acquisto prescinde dall’accettazione e non dipende dalla situazione giuridica definita in quel processo (Sent. n. 24751, Sez. II, del 5-11-2013).

 

Giuramento – Oggetto – Divieto di deferire giuramento su fatti illeciti – Ratio

(cod. civ.: artt. 1343, 2739 I co., 2744)

— Il divieto di deferire giuramento su fatti illeciti, previsto dall’art. 2739 cod. civ., trova la sua ratio nell’esigenza di impedire che il giurante sia costretto a scegliere tra l’ammettere circostanze lesive della sua dignità e del suo decoro ed il giurare il falso; ne consegue che non può deferirsi giuramento in ordine all’esistenza di un patto commissorio imposto al debitore dal creditore per l’esclusiva realizzazione dei propri interessi, integrando esso pur sempre un atto illecito o comunque un atto con causa illecita (Sent. n. 26851, Sez. II, del 29-11-2013).

 

Lavoro autonomo – Sporadicità dell’attività prestata e affidamento di compiti saltuariamente svolti – Subordinazione – Configurabilità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2094, 2222)

— In tema di lavoro subordinato, è correttamente motivata la sentenza che, in ragione della sporadicità dell’attività prestata e dell’affidamento — secondo indicazioni di massima e con possibilità del lavoratore di accettarli o meno — di compiti saltuariamente svolti, abbia escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, denotando tali aspetti la mancanza di eterodirezione e dell’inserimento stabile e costante del lavoratore nella compagine organizzativa aziendale (Sent. n. 25204, Sez. lavoro, dell’8-11-2013).

 

Lavoro subordinato – Distacco del lavoratore – Novazione soggettiva e costituzione di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa – Esclusione – Modificazione nell’esecuzione del rapporto originario – Configurabilità

(cod. civ.: artt. 1235, 2094, 2103)

— Il distacco del lavoratore non comporta una novazione soggettiva e l’insorgenza di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa, ma solo una modificazione nell’esecuzione dello stesso rapporto, nel senso che l’obbligazione del lavoratore di prestare la propria opera viene (temporaneamente) adempiuta non in favore del datore di lavoro ma in favore del soggetto — cui sono attribuiti i connessi poteri direttivi e disciplinari — presso il quale il datore medesimo ha disposto il distacco del dipendente (Sent. n. 26138, Sez. lavoro, del 21-11-2013).

 

Lavoro subordinato – Impossibilità parziale della prestazione lavorativa in caso di sopravvenuta insufficienza, rispetto all’instaurazione del rapporto di lavoro (quale massofisioterapista), di un titolo di abilitazione professionale a causa del mutamento della legislazione – Sussistenza – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1464, 2094)

— L’impossibilità parziale della prestazione lavorativa (nella specie, di esercente professione sanitaria di fisioterapista) sussiste anche nel caso di sopravvenuta insufficienza, rispetto all’instaurazione del rapporto di lavoro (quale massofisioterapista), di un titolo di abilitazione professionale a causa del mutamento della legislazione. Ne consegue che la mancanza di valido titolo abilitativo in capo al prestatore di lavoro, unitamente all’incertezza del tempo necessario per conseguirlo, o per adeguare quello posseduto alla mutata disciplina della professione sanitaria, radica l’interesse del datore alla risoluzione del contratto in forza dell’art. 1464 cod. civ., dovendosi tenere conto del nesso tra il possesso di idoneo titolo abilitativo e lo svolgimento della relativa attività professionale (Sent. n. 25073, Sez. lavoro, del 7-11-2013).

 

Lavoro subordinato – Rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa – Quando è illegittimo

(cod. civ.: artt. 1460, 2094, 2103)

— Non è legittimo il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa nei modi e nei termini precisati dal datore di lavoro in forza del suo potere direttivo (in quel caso, a causa di una ritenuta dequalificazione delle mansioni), quando il datore di lavoro da parte sua adempia a tutti gli obblighi derivantigli dal contratto (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale ed assicurativa etc.), essendo giustificato il rifiuto di adempiere alla propria prestazione, ex art. 1460 c.c., solo se l’altra parte sia totalmente inadempiente, e non se vi sia una potenziale controversia su una non condivisa scelta organizzativa aziendale, che non può essere sindacata dal lavoratore, ovvero sull’adempimento di una sola obbligazione, soprattutto ove essa non incida (come avviene per il pagamento della retribuzione) sulle sue immediate esigenze vitali (Sent. n. 25392, Sez. lavoro, del 12-11-2013).

 

Lavoro subordinato – Riposo settimanale costantemente fruito nella giornata di lunedì – Lavoro domenicale – Compenso per la maggiore penosità del lavoro – Modalità

(cod. civ.: art. 2109 I co.)

— In materia di lavoro in giorno festivo, nel caso in cui il riposo settimanale debba essere fruito costantemente nella giornata di lunedì, il lavoratore ha diritto ad un compenso per la particolare penosità del lavoro domenicale che può essere soddisfatto, oltre che con un supplemento di retribuzione o mediante specifiche indennità, anche con vantaggi e benefici di diversa natura previsti dalla contrattazione collettiva — alla quale è rimessa la realizzazione di un equilibrio tra esigenze di flessibilità della prestazione e rispetto del diritto del lavoratore —, quali un sistema di riposi settimanali che comunque garantisca il pieno recupero delle energie psicofisiche del lavoratore o una riduzione dell’orario di lavoro (Sent. n. 25196, Sez. lavoro, dell’8-11-2013).

 

Locazione – Contenuto dell’obbligazione del conduttore di riconsegnare la cosa locata nello stesso stato in cui l’ha ricevuta e del dovere di diligenza nell’uso del bene – Individuazione – Descrizione dell’immobile locato effettuata dalle parti nel contratto – Valore probatorio preminente

(cod. civ.: art. 1590)

— In tema di locazione, al fine di individuare quale sia il contenuto dell’obbligazione del conduttore di riconsegnare la cosa locata nello stesso stato in cui l’ha ricevuta e del dovere di diligenza che deve osservare nell’uso del bene locato, ha valore probatorio preminente la descrizione dell’immobile locato effettuata dalle parti nel contratto (Sent. n. 26780, Sez. III, del 29-11-2013).

 

Mandato – Contratto – Interpretazione – Ricomprensione di una determinata attività preparatoria o accessoria nella prestazione dovuta pur se non espressamente menzionata – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1175, 1375, 1708, 1710)

— In tema di contratto di mandato, è compito dell’interprete stabilire se una determinata attività preparatoria o accessoria sia compresa nella prestazione dovuta pur se non espressamente menzionata, e ciò in base al principio di buona fede, alla luce del quale ciascuna delle parti del contratto è tenuta ad eseguire non solo quanto espressamente previsto da esso, ma anche tutte le prestazioni necessarie a salvaguardare l’utilità del negozio per la controparte, sempre che non esorbitino dall’oggetto del contratto (Sent. n. 25410, Sez. III, del 12-11-2013).

 

Mediazione – Attività svolta in forma societaria – Diritto alla provvigione – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1754, 1755; L. 39/1989)

— In tema di mediazione, qualora l’attività di intermediazione sia svolta in forma societaria, è necessario, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione, che siano iscritti nell’albo di cui alla legge 3 febbraio 1989 n. 39 (nel testo applicabile ratione temporis) la società o il suo legale rappresentante. Ne consegue che l’iscrizione nel ruolo dei mediatori del legale rappresentante a titolo personale (come persona fisica) non è sufficiente a far sorgere in capo alla società il diritto alla provvigione (Sent. n. 26781, Sez. III, del 29-11-2013).

 

Mediazione – Contratto stipulato, con l’intervento di un mediatore, dall’amministratore di una società per azioni che abbia ecceduto i propri poteri rappresentativi – Estraneità accertata dell’atto all’oggetto sociale – Diritto alla provvigione a carico della società – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1754, 1755, 2384)

— Il contratto stipulato, con l’intervento di un mediatore, dall’amministratore di una società per azioni che abbia ecceduto i propri poteri rappresentativi non vincola la società, allorquando sia stata definitivamente accertata l’estraneità dell’atto all’oggetto sociale; pertanto, non avendo beneficiato della mediazione, la società non è tenuta al pagamento della relativa provvigione (Sent. n. 25296, Sez. I, dell’11-11-2013).

 

Obbligazioni – Inadempimento – Concorso del fatto colposo del creditore – Art. 1227 II co. cod. civ. – Portata

(cod. civ.: artt. 1175, 1227 II co.)

— L’art. 1227, secondo comma, cod. civ., escludendo il risarcimento per il danno che il creditore avrebbe potuto evitare con l’uso della normale diligenza, non si limita ad esigere dal creditore la mera inerzia di fronte all’altrui comportamento dannoso, ma gli impone, secondo i principi di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 cod. civ., una condotta attiva o positiva, diretta a limitare le conseguenze dannose di quel comportamento (Sent. n. 26639, Sez. II, del 28-11-2013).

 

Obbligazioni pecuniarie – Impossibilità della prestazione – Criterio di necessità ai fini dell’esonero da responsabilità del debitore

(cod. civ.: artt. 1218, 1256, 1277, 1463)

— In materia di obbligazioni pecuniarie, l’impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell’esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo ed assoluto che non possa essere rimosso, non potendosi ravvisare nella mera impotenza economica derivante dall’inadempimento di un terzo nell’ambito di un diverso rapporto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che configuri l’impossibilità obiettiva ed assoluta di adempiere la maturata prescrizione del diritto della medesima parte ad ottenere, a sua volta, la ripetizione di importi corrisposti a terzi a titolo transattivo) (Sent. n. 25777, Sez. II, del 15-11-2013).

 

Possesso – Azione di reintegrazione – Spoglio – Violenza e clandestinità dell’azione – Consapevolezza di contrastare e di violare la posizione soggettiva del terzo – Necessità

(cod. civ.: art. 1168)

— In tema di spoglio, la violenza e la clandestinità dell’azione, che implicano l’animus spoliandi, non sono insiti in ogni fatto materiale che determini la privazione dell’altrui possesso ma conseguono solo alla consapevolezza di contrastare e di violare la posizione soggettiva del terzo (Ord. n. 24673, Sez. VI, del 4-11-2013).

 

Possesso – Usucapione – Conoscenza del diritto altrui o dichiarazione rivolta ad un terzo relativa al titolo di proprietà del titolare formale intestatario – Incompatibilità con il possesso ad usucapionem – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1140, 1158)

— L’usucapione richiede solo il possesso, inteso come esercizio di un potere di fatto sulla cosa con la volontà di esercitarlo alla stregua di un proprietario, e non è, quindi, incompatibile con la conoscenza del diritto altrui né con una dichiarazione rivolta ad un terzo relativa al titolo di proprietà del titolare formale intestatario (Sent. n. 25245, Sez. II, dell’8-11-2013).

 

Possesso utile all’usucapione – Esclusione – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1140, 1158)

— Per escludere la sussistenza del possesso utile all’usucapione non è sufficiente il riconoscimento o la consapevolezza del possessore circa l’altrui proprietà del bene, occorrendo, invece, che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza è rivelata o per i fatti in cui essa è implicita, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare, atteso che l’animus possidendi non consiste nella convinzione di essere titolare del diritto reale, bensì nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facoltà (Sent. n. 26641, Sez. II, del 28-11-2013).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli – Ipotesi in cui il fatto è considerato dalla legge come reato

(cod. civ.: artt. 2947 III co., 2953; cod. proc. pen.: artt. 444, 445)

— In tema di prescrizione del risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, dal disposto del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ. emerge, per l’ipotesi in cui il fatto costituisce anche reato, che il risarcimento del danno si prescrive in due anni quando sia intervenuta una sentenza irrevocabile nel procedimento penale, rientrando tra queste anche la sentenza emessa ai sensi degli artt. 444 e 445 cod. proc. pen. (c.d. patteggiamento), perché essa non ha, nel giudizio civile, l’efficacia di una sentenza di condanna, alla quale è invece applicabile, ex art. 2953 cod. civ., il termine di prescrizione di dieci anni (Sent. n. 25042, Sez. III, del 7-11-2013).

 

Prescrizione presuntiva del diritto dei commercianti per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa commercio – Oggetto – Individuazione

(cod. civ.: art. 2955 n. 5)

— La prescrizione presuntiva contemplata dall’art. 2955, n. 5, cod. civ., in relazione al credito del commerciante «per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa commercio», si riferisce alle alienazioni «al minuto» di beni di largo e generalizzato consumo, personale e familiare, tipiche dei rapporti della vita quotidiana instaurati senza formalità e contrassegnati normalmente dal pagamento immediato, o quasi, in unica soluzione, del corrispettivo, senza rilascio di quietanza (Sent. n. 24759, Sez. II, del 5-11-2013).

 

Processo – Parte convenuta che contrasti un’azione reale – Eccezione riconvenzionale di usucapione – Sufficienza – Domanda riconvenzionale – Necessità – Esclusione

(cod. proc. civ.: art. 167 II co.; cod. civ.: artt. 948, 1158)

— La parte convenuta può utilmente contrastare un’azione di carattere reale esercitata nei suoi confronti anche solo sollevando l’eccezione riconvenzionale di usucapione, senza che sia necessario formulare apposita domanda riconvenzionale (Ord. n. 26884, Sez. VI, del 29-11-2013).

 

Proprietà – Azione di regolamento di confini – Quando contiene implicitamente l’azione per apposizione di termini

(cod. civ.: artt. 950, 951; cod. proc. civ.: art. 112)

— L’azione reale di regolamento di confini contiene implicitamente quella personale per apposizione di termini, quale pretesa accessoria e consequenziale, solo quando manchi un confine certo e determinato e difettino anche i segni esteriori dello stesso, per cui, al di fuori di questa ipotesi e in assenza di esplicita domanda, incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che abbia condannato la parte soccombente ad installare sul confine una recinzione (Sent. n. 25244, Sez. II, dell’8-11-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Costruzione del muro di cinta – Contratto tra proprietari confinanti relativo alla costruzione del muro con ripartizione delle relative spese – Forma scritta ad substantiam – Necessità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 886, 1350)

— Il contratto tra proprietari confinanti, relativo alla costruzione di un muro di cinta con ripartizione delle relative spese, non richiede la forma scritta ad substantiam, ai sensi dell’art. 1350 cod. civ., poiché esso non ha ad oggetto beni immobili, limitandosi a creare un rapporto di dare-avere tra le parti (Sent. n. 24752, Sez. II, del 5-11-2013).

 

Responsabilità aquiliana dei genitori da illecito endofamiliare determinato dalla violazione dell’obbligo di educare e mantenere i figli – Presupposto

(cod. civ.: artt. 147, 148, 261, 2043, 2059)

— L’obbligo dei genitori di educare e mantenere i figli (artt. 147 e 148 cod. civ.) è eziologicamente connesso esclusivamente alla procreazione, prescindendo dalla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, così determinandosi un automatismo tra responsabilità genitoriale e procreazione, che costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, nell’ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l’assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore. Il presupposto di tale responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali è costituito dalla consapevolezza del concepimento, che non si identifica con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, ma si compone di una serie di indizi univoci, quali, nella specie, l’indiscussa consumazione di rapporti sessuali non protetti all’epoca del concepimento (Sent. n. 26205, Sez. I, del 22-11-2013).

 

Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 2050)

— Ai fini dell’applicabilità dell’art. 2050 cod. civ., relativo alle responsabilità per l’esercizio di attività pericolose, e, quindi, ai fini della sussistenza della presunzione di colpa, posta dall’art. 2050 cod. civ., e della conseguente inversione dell’onere della prova, occorre che il danno sia cagionato dall’esercizio di un’attività che sia pericolosa in sé, ossia per la sua intrinseca natura, o per la natura dei mezzi adoperati, dovendosi ritenere che tali condizioni ricorrano nell’esercizio dell’attività venatoria, la quale importa l’uso di armi da fuoco, ossia di mezzi destinati naturalmente all’offesa e, come tali, pericolosi per l’incolumità pubblica. La presunzione di colpa opera anche se all’attività pericolosa partecipi chi patisce danno dall’esercizio dell’attività, salva la graduazione dell’efficienza causale delle azioni rispettivamente compiute dai vari partecipi (Sent. n. 25058, Sez. III, del 7-11-2013).

 

Revocazione – Casi – Dolo di una delle parti in danno dell’altra – Silenzio su fatti decisivi – Configurabilità del dolo revocatorio – Condizione

(cod. proc. civ.: art. 395 n. 1)

— Il silenzio su fatti decisivi può integrare gli estremi del dolo processuale revocatorio, rilevante ai fini ed agli effetti di cui all’art. 395, primo comma, numero 1), cod. proc. civ., a condizione che esso costituisca elemento essenziale di una macchinazione fraudolenta diretta a trarre in inganno la controparte e idonea, in relazione alle circostanze, a sviarne o pregiudicarne la difesa e a impedire al giudice l’accertamento della verità (Sent. n. 25761, Sez. III, del 15-11-2013).

 

Ricorso per cassazione – Contenuto – Esposizione sommaria dei fatti della causa – Pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali – Superfluità – Fondamento – Inidoneità – Fondamento

(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 3)

— In tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata, mentre, per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi del ricorso. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso formulato per «assemblaggio» del contenuto di tutti gli atti processuali, quali l’avviso di accertamento, i ricorsi e le sentenze di diversi gradi di merito) (Ord. n. 26277, Sez. VI, del 22-11-2013).

 

Ricorso per cassazione – Contenuto – Indicazione delle norme che si assumono violate – Finalità

(cod. proc. civ.: artt. 360 I co. n. 3, 366 I co. n. 4)

— In tema di ricorso per cassazione, l’indicazione delle norme che si assumono violate non è un requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità della censura, ma solo un elemento richiesto al fine di chiarirne il contenuto e di identificare i limiti dell’impugnazione, sicché la relativa omissione può comportare l’inammissibilità della singola doglianza soltanto se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano (nella specie, perché operanti un’irrituale ed equivoca commistione tra figure giuridiche diverse, quali la legittimazione ad agire e la titolarità del diritto dedotto in giudizio) di individuare le norme ed i principi di diritto asseritamente trasgrediti, così precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (Sent. n. 25044, Sez. III, del 7-11-2013).

 

Ricorso per cassazione – Motivi – Errore di diritto o vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale – Oneri del ricorrente – Individuazione

(cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 3; cod. civ.: artt. 1362 e segg.)

— La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale (nella specie, del contratto individuale di lavoro), non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., avendo l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, e dovendo i rilievi contenuti nel ricorso essere accompagnati, in ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa (Sent. n. 25728, Sez. lavoro, del 15-11-2013).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Può essere accordato anche al coniuge legalmente separato – Fondamento

(cod. civ.: artt. 150, 2059)

— Il risarcimento del danno non patrimoniale può essere accordato anche al coniuge legalmente separato, attese — oltre alla pregressa esistenza di un rapporto di coniugio nei suoi aspetti spirituali e materiali e alla eventuale sussistenza di figli — la non definitività di tale status e la possibile ripresa della comunione familiare, fermo restando che, per la determinazione della natura ed entità dei danni (nella specie per la sopravvenuta morte del coniuge), è necessaria l’allegazione e la prova dello status di separato. Ne consegue che, ove il coniuge si sia limitato a chiedere genericamente la liquidazione del danno per tale sua qualità, senza ottemperare a tale onere, la replica con la quale il convenuto eccepisca lo status di separato non costituisce un’eccezione in senso proprio (e non è soggetta alle relative preclusioni), ma integra una mera allegazione difensiva (Sent. n. 25415, Sez. III, del 12-11-2013).

 

Servitù – Azione confessoria – Prova della proprietà del fondo dominante – Necessità – Ricorso a presunzioni – Ammissibilità

(cod. civ.: artt. 948, 1079, 2697, 2727)

— Colui che agisce in confessoria servitutis ha l’onere di provare, qualora questa venga contestata, la propria legittimazione ad agire, in quanto titolare di un diritto di proprietà sul fondo dominante, sebbene la prova della proprietà non sia altrettanto rigorosa di quella richiesta per la rivendicazione, posto che, mentre con quest’ultima azione si mira alla dichiarazione del diritto di proprietà sul fondo, nel caso dell’azione confessoria si domanda soltanto l’affermazione del vincolo di servitù con le eventuali altre conseguenti dichiarazioni di diritto, onde la proprietà del fondo dominante costituisce unicamente il presupposto dell’azione ed è sufficiente che emerga anche attraverso delle presunzioni (Sent. n. 25809, Sez. II, del 18-11-2013).

 

Servitù di passaggio – Azione negatoria – Accoglimento – Estensione alla richiesta della chiusura dell’accesso utilizzato per l’esercizio della stessa servitù – Necessità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 949, 1027)

— L’accoglimento della domanda che nega una servitù di passaggio, essendo funzione precipua della porta il transito da un luogo all’altro, deve concernere, se richiesta, anche la chiusura dell’accesso utilizzato per l’esercizio della stessa servitù (Sent. n. 25007, Sez. II, del 6-11-2013).

 

Servitù di passaggio – Domanda di usucapione – Acquisto in corso di causa, da parte dell’attore, di altro fondo limitrofo, ma non confinante con quello dominante, dotato di analoga servitù sul preteso fondo servente – Sopravvenuta carenza di interesse – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1027, 1158; cod. proc. civ.: art. 100)

— In tema di servitù di passaggio, l’interesse ad agire per l’accertamento dell’avvenuta usucapione non viene meno in conseguenza del sopravvenuto acquisto, da parte dell’attore, di altro fondo limitrofo, ma non confinante con quello dominante, dotato di analoga servitù sul preteso fondo servente, essendo irrilevante per una servitù non coattiva la sussistenza di un altro passaggio per arrivare alla pubblica via, praticabile sul secondo fondo (Ord. n. 24675, Sez. VI, del 4-11-2013).

 

Società di capitali – Rapporto di lavoro subordinato fra un membro del consiglio di amministrazione, ovvero l’amministratore delegato, e la società stessa – Configurabilità – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 2094, 2381, 2697)

— Per la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato fra un membro del consiglio di amministrazione di una società di capitali, ovvero l’amministratore delegato, e la società stessa, è necessario che colui che intende far valere tale tipo di rapporto fornisca la prova della sussistenza del vincolo della subordinazione, e cioè l’assoggettamento, nonostante la suddetta carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso (Sent. n. 24972, Sez. I, del 6-11-2013).

 

Testamento – Legato avente ad oggetto un diritto di proprietà su di un bene – Facoltà del beneficiario di chiederne la consegna nei confronti del detentore – Permanenza fino all’eventuale acquisto della proprietà da parte di un terzo – Fondamento

(cod. civ.: artt. 649 III co., 2934)

— Se il legato ha per oggetto un diritto non soggetto a prescrizione, come il diritto di proprietà su di un bene, il beneficiario non perde la (non esercitata) facoltà di chiederne la consegna nei confronti del detentore, sia esso o no l’erede, fino a quando non abbia perso il diritto di proprietà in conseguenza del suo acquisto da parte di un terzo secondo uno dei modi stabiliti dalla legge: non è, difatti, configurabile, alla stregua dell’art. 649, terzo comma, cod. civ., un diritto autonomo a richiedere il possesso della cosa legata, integrando la relativa richiesta un onere del legatario, rispetto al quale è estranea la prescrizione, che colpisce, a norma dell’art. 2934 cod. civ., i diritti soggettivi (Sent. n. 24751, Sez. II, del 5-11-2013).

 

Testamento olografo – Guida della mano del testatore da parte di una terza persona – Autografia – Esclusione – Conformità della scheda testamentaria alla volontà del testatore e verifica dell’intervento della «mano guidante» su tutta la scheda o su una parte – Irrilevanza

(cod. civ.: artt. 602, 606)

— La guida della mano del testatore da parte di una terza persona esclude, di per sé, il requisito dell’autografia, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l’eventuale corrispondenza del contenuto della scheda rispetto alla volontà del testatore ed essendo ultroneo verificare se la «mano guidante» sia intervenuta (come nella specie) su tutta la scheda testamentaria o se la parte non interessata dal suo intervento rappresenti una compiuta manifestazione di volontà (Ord. n. 24882, Sez. VI, del 6-11-2013).

 

Testimonianza – Modo di deduzione – Principio dell’indicazione specifica delle persone da interrogare – Va coordinato con il principio della nullità a rilevanza variabile ex art. 156 II co. cod. proc. civ.

(cod. proc. civ.: artt. 156 II co., 244)

— La regola di cui all’art. 244 cod. proc. civ., la quale stabilisce che la prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare (e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna deve essere interrogata), va coordinata con il principio della nullità a rilevanza variabile enucleabile dall’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., in base al quale la nullità può essere pronunciata solo quando l’atto manchi dei requisiti di forma-contenuto indispensabili al raggiungimento dello scopo, cosicché, pur dovendo il teste essere indicato in maniera sufficientemente determinata o comunque determinabile, un’imperfetta o incompleta designazione dei relativi elementi identificativi (nella specie, del nome del testimone) è idonea ad arrecare un vulnus alla difesa e al contraddittorio solo se provochi in concreto la citazione e l’assunzione di un soggetto realmente diverso da quello previamente indicato, così da spiazzare l’aspettativa della controparte (Sent. n. 26058, Sez. II, del 20-11-2013).

 

Usufrutto – Obblighi a carico dell’usufruttuario – Disposizioni ex artt. 1004 e segg. cod. civ. – Ambito di applicazione – Rapporti interni tra usufruttuario e nudo proprietario – Inclusione – Opponibilità al terzo creditore – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1004 e segg.)

— Le disposizioni degli artt. 1004 e segg. cod. civ., concernenti gli obblighi a carico dell’usufruttuario, regolano i rapporti interni tra questo ed il nudo proprietario, e non sono opponibili al terzo creditore (Sent. n. 24752, Sez. II, del 5-11-2013).

 

Vendita di cose mobili da trasportare pattuita con clausola «franco partenza» – Obbligo del venditore di garantire l’integrità della merce fino al momento della consegna al vettore – Sussistenza

(cod. civ.: art. 1510 II co.)

— In caso di vendita di beni mobili da trasportare pattuita con clausola «franco partenza», il venditore, a norma dell’art. 1510, secondo comma, cod. civ., non è tenuto a garantire che la merce giunga integra a destinazione, rispondendo solo dell’integrità della stessa al momento della consegna al vettore (Sent. n. 25423, Sez. II, del 12-11-2013).

 

Vendita – Mancata indicazione espressa del prezzo della cosa venduta – Preferenza accordata al prezzo correntemente praticato dal venditore – È ammissibile solo con riguardo alle cose generiche e non anche a quelle specifiche – Fondamento

(cod. civ.: art. 1474 I co.)

— La preferenza accordata dall’art. 1474, primo comma, cod. civ., in caso di mancata indicazione espressa del prezzo della cosa venduta, al criterio di determinazione consistente nel prezzo correntemente praticato dal venditore, è ammissibile solo con riguardo alle cose generiche e non anche a quelle specifiche, le quali, per la loro peculiare individualità, non sono suscettibili di prezzi uniformi, tali da poter fornire un sicuro parametro di riferimento (Sent. n. 25804, Sez. II, del 18-11-2013).