Massime civili della Cassazione di dicembre 2013

Appalto – Onerosità o difficoltà dell’esecuzione – Art. 1664 cod. civ. – Norma speciale rispetto all’art. 1467 cod. civ. – Configurabilità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1467, 1664)

— In tema di appalto, la norma di cui all’art. 1664 cod. civ., per le fattispecie da essa contemplate, presenta carattere speciale rispetto alla disposizione di cui all’art. 1467 cod. civ., della quale impedisce l’applicabilità, in quanto non prevede la risoluzione del contratto, ma solo la revisione dei prezzi o, nel caso di cui al secondo comma, il diritto dell’appaltatore ad un equo compenso (Sent. n. 28812, Sez. I, del 31-12-2013).

 

Appello – Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte – Art. 346 cod. proc. civ. – È applicabile anche nei riguardi dell’appellato rimasto contumace in sede di gravame – Fondamento

(cod. proc. civ.: art. 346)

— Il principio sancito dall’art. 346 cod. proc. civ., che intende rinunciate e non più riesaminabili le domande ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte in appello, trova applicazione anche nei riguardi dell’appellato rimasto contumace in sede di gravame, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, così ponendo appellato e appellante su un piano di parità — senza attribuire alla parte, rimasta inattiva ed estranea alla fase di appello, una posizione sostanzialmente di maggior favore — sì da far gravare su entrambi, e non solo sull’appellante, l’onere di prospettare al giudice del gravame le questioni (domande ed eccezioni) risolte in senso ad essi sfavorevole (Sent. n. 28454, Sez. III, del 19-12-2013).

 

Appello – Motivi – Specificità – Criterio di sufficienza nel caso in cui il giudice di primo grado non abbia accolto la domanda per mancanza di prova

(cod. proc. civ.: art. 342 I co.)

— Ai fini della specificità dei motivi di appello, qualora il giudice di primo grado non abbia accolto la domanda per mancanza di prova, è sufficiente che si lamenti il rigetto e si chieda la prova, la cui mancanza ha portato al rigetto stesso, senza che occorra al riguardo alcun’altra deduzione (Sent. n. 28424, Sez. III, del 19-12-2013).

 

Arbitrato – Lodo – Motivi – Obbligo di esposizione sommaria – Quando può ritenersi non soddisfatto

(cod. proc. civ.: artt. 823 n. 5, 829 I co. nn. 4 e 5)

— In tema di arbitrato, l’obbligo di esposizione sommaria dei motivi della decisione imposto agli arbitri dall’art. 823, n. 5, cod. proc. civ., il cui mancato adempimento integra la possibilità di impugnare il lodo ai sensi dell’art. 829, primo comma, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., può ritenersi non soddisfatto solo quando la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l’iter logico che ha determinato la decisione arbitrale o contenga contraddizioni inconciliabili nel corpo della motivazione o del dispositivo tali da rendere incomprensibile la ratio della decisione (Sent. n. 28218, Sez. I, del 18-12-2013).

 

Assicurazione contro i danni – Contratti che prevedano la clausola di regolazione del premio – Obbligo dell’assicurato di comunicare periodicamente all’assicuratore gli elementi variabili – Inadempimento – Effetti

(cod. civ.: artt. 1901, 1932)

— Nei contratti di assicurazione contro i danni che prevedano la determinazione del premio in base ad elementi variabili (cosiddetta assicurazione con la clausola di regolazione del premio), l’obbligo dell’assicurato di comunicare periodicamente all’assicuratore gli elementi variabili costituisce oggetto di un’obbligazione diversa da quelle indicate nell’art. 1901 cod. civ., il cui inadempimento non comporta l’automatica sospensione della garanzia, ma può giustificare un tale effetto, così come la risoluzione del contratto, solo in base ai principi generali in tema di importanza dell’inadempimento e di buona fede nell’esecuzione del contratto, senza che assuma rilievo il richiamo, operato con apposita clausola contrattuale, all’art. 1901 cod. civ. con riguardo alla mancata comunicazione delle variazioni, trattandosi di clausola nulla ai sensi dell’art. 1932 cod. civ. in quanto derogatoria della disciplina legale in senso meno favorevole all’assicurato (Sent. n. 28472, Sez. III, del 19-12-2013).

 

Condominio – Condomino che risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento – Parte di area sottostante le scale – Inidoneità a costituire con esse un’entità unica ed inseparabile – Fondamento

(cod. civ.: artt. 934 e segg., 1117 n. 1)

— Nell’ipotesi in cui un condomino risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento, la parte di area sottostante le scale non può ritenersi idonea a costituire con esse un’entità unica ed inseparabile, postulando il concetto di incorporazione, al pari di quello di accessione, un’unione fisica e materiale del manufatto rispetto al suolo o, in ogni caso, l’impossibilità di utilizzare il suolo stesso come entità autonoma rispetto al manufatto, ciò che non può affermarsi con riguardo ad una superficie libera sormontata da una rampa di scale (Sent. n. 28350, Sez. II, del 18-12-2013).

 

Condominio – Parti comuni dell’edificio – Lastrico solare – Nozione

(cod. civ.: art. 1117 n. 1)

— In tema di condominio negli edifici, per lastrico solare deve intendersi la superficie terminale dell’edificio che abbia la funzione di copertura-tetto delle sottostanti unità immobiliari, comprensiva di ogni suo elemento, sia pure accessorio, come la pavimentazione, ma non estesa a quelle opere ivi esistenti che, sporgendo dal piano di copertura, siano dotate di autonoma consistenza e abbiano una specifica destinazione al servizio delle parti comuni. Ne consegue che non possono ricomprendersi nella nozione di lastrico solare i torrini della gabbia scale e del locale ascensore con la relativa copertura, i quali costituiscono distinti e autonomi manufatti di proprietà condominiale sopraelevati rispetto al piano di copertura del fabbricato (Sent. n. 27942, Sez. II, del 13-12-2013).

 

Condominio – Spese – Ripartizione in caso di mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità – Criteri di proporzionalità ex art. 1123 I co. cod. civ. – Necessità – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1123 I co., 1135 I co. n. 2, 1136, 1322 I co.)

— In mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità, espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell’art. 1123, comma primo, c.c., e, pertanto, non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire con criterio «capitario» le spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune (Sent. n. 27233, Sez. II, del 4-12-2013).

 

Condominio – Uso della cosa comune – Limiti ex art. 1102 cod. civ. – Ulteriori restrizioni poste dal regolamento condominiale o da delibere assembleari – Configurabilità – Fondamento e limite

(cod. civ.: artt. 1102, 1117, 1136, 1138)

— L’art. 1102 cod. civ., nel prescrivere che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non pone una norma inderogabile. Ne consegue che i suddetti limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale o da delibere assembleari adottate con i quorum prescritti dalla legge, fermo restando che non è consentita l’introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni (Sent. n. 27233, Sez. II, del 4-12-2013).

 

Conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due (o più) persone – Rapporti interni tra correntisti – Sono regolati dall’art. 1298 II co. cod. civ., e non dall’art. 1854 cod. civ.

(cod. civ.: artt. 1298 II co., 1854)

— Nel conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell’art. 1298 cod. civ., in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto (Sent. n. 26991, Sez. II, del 2-12-2013).

 

Contratto – Caparra confirmatoria – Parte non inadempiente che, avendo versato la caparra, recede dal contratto per l’inadempimento dell’altra e chiede il pagamento del doppio ex art. 1385 II co. cod. civ. – Richiesta di ulteriori e maggiori danni, anche sotto forma di rivalutazione monetaria della caparra stessa – Ammissibilità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1224, 1385 II co.)

— La parte non inadempiente che, avendo versato la caparra, recede dal contratto per l’inadempimento dell’altra e chiede il pagamento del doppio, ai sensi dell’art. 1385, secondo comma, cod. civ., accetta tale somma a titolo di integrale risarcimento del danno conseguente all’inadempimento e non può, dunque, pretendere ulteriori e maggiori danni, neppure sotto forma di rivalutazione monetaria della caparra stessa, atteso che il ritardo nell’adempimento del relativo credito, di natura pecuniaria e assoggettato al principio nominalistico sino alla data del pagamento, può essere causa di un’obbligazione risarcitoria del debitore solo in presenza dei presupposti indicati dall’art. 1224 cod. civ. (Sent. n. 28573, Sez. II, del 20-12-2013).

 

Contratto di lavoro a tempo indeterminato – Volontà delle parti di realizzare l’interesse alla cessazione dei suoi effetti – Attuazione – Modalità

(cod. civ.: artt. 1353, 1447, 1448, 1453, 1456, 1467, 2118; L. 604/1966)

— Nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, la volontà delle parti di realizzare l’interesse alla cessazione dei suoi effetti può essere attuata soltanto mediante il negozio unilaterale di recesso (licenziamento e dimissioni), con la conseguenza che, sebbene si sia in presenza di un contratto a prestazioni corrispettive, non si applica la disciplina della rescissione, della risoluzione per inadempimento o per eccessiva onerosità, sicché, in difetto di una specifica autorizzazione legislativa ad incidere sulla materia dell’estinzione del rapporto di lavoro, all’autonomia delle parti (individuali o collettive) non è dato inserire clausole di durata del rapporto (fuori dei casi previsti dalla legge) e neppure condizioni risolutive ai sensi dell’art. 1353 cod. civ. o condizioni risolutive espresse ai sensi dell’art. 1456 cod. civ. (Sent. n. 27058, Sez. lavoro, del 3-12-2013).

 

Contratto – Interpretazione – Qualificazione in contratto del versamento di una somma di denaro come «caparra confirmatoria» – Significato letterale delle parole – Criterio prioritario – Criteri interpretativi ulteriori – Individuazione

(cod. civ.: artt. 1362, 1385)

— Qualora le parti, con riferimento al versamento di una somma di denaro effettuato al momento della conclusione del contratto, abbiano adoperato la locuzione «caparra confirmatoria», la relativa dazione deve ritenersi avvenuta a tale titolo, secondo il criterio ermeneutico del significato letterale delle parole, potendo interpretarsi diversamente la comune volontà dei contraenti solo in presenza di altri elementi, quali circostanze o situazioni di segno opposto, che evidenzino l’uso improprio di una tale espressione o la non aderenza alla situazione oggettiva (Sent. n. 28573, Sez. II, del 20-12-2013).

 

Contratto preliminare di vendita avente ad oggetto alcuni degli appartamenti da realizzare sul lotto di terreno già di proprietà del promissario acquirente e la cui individuazione sia rimessa a quest’ultimo – Nullità – Fondamento – Adempimento della controprestazione – Irrilevanza

(cod. civ.: artt. 1325 n. 3, 1346, 1350, 1351, 1418 II co., 1470)

— È viziato da nullità il preliminare di vendita avente ad oggetto alcuni degli appartamenti da realizzare sul lotto di terreno già di proprietà del promissario acquirente e la cui individuazione sia rimessa a quest’ultimo, dovendosi considerare indeterminabile l’oggetto del contratto nel quale l’individuazione del bene non sia desumibile dagli elementi contenuti nel relativo atto scritto ma sia rimessa ad una successiva scelta di uno dei contraenti, restando irrilevante, a tal fine, l’eventuale adempimento della controprestazione (Sent. n. 26988, Sez. II, del 2-12-2013).

 

Locazione – Spese di manutenzione straordinaria del bene locato – Ambito

(cod. civ.: artt. 1005, 1575, 1576)

— Le spese di manutenzione straordinaria del bene locato sono quelle relative ad opere non prevedibili o normalmente necessarie in dipendenza del godimento normale della cosa nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio e che presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione. Ne consegue che rientrano in tale categoria anche le opere di manutenzione di notevole entità, in quanto finalizzate non già alla mera conservazione del bene ma ad evitarne il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell’intervento manutentivo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto, in applicazione dell’anzidetto principio, che restassero a carico del locatore le spese per i lavori di restauro delle facciate condominiali, trattandosi di intervento di manutenzione straordinaria, senza che assumesse rilievo la qualificazione di intervento di manutenzione ordinaria operata dalla legislazione urbanistica) (Sent. n. 27540, Sez. III, del 10-12-2013).

 

Notificazione dell’atto di citazione – Errore sulle generalità del destinatario dell’atto – Quando è irrilevante e quando configura una nullità sanabile

(cod. proc. civ.: artt. 156 III co., 160, 164)

— In tema di notificazione dell’atto di citazione, l’errore sulle generalità del destinatario dell’atto è irrilevante se l’atto è comunque idoneo al raggiungimento dello scopo, mentre genera una nullità sanabile ex art. 164 cod. proc. civ. in caso di assoluta incertezza sulla persona cui l’atto da notificare era indirizzato (Sent. n. 28451, Sez. III, del 19-12-2013).

 

Obbligazione alternativa – Presupposti

(cod. civ.: artt. 1285, 1288, 1346, 1418 II co.)

— L’obbligazione alternativa postula l’originario concorso di due o più prestazioni, dedotte in modo disgiuntivo e poste su un piano di parità, con scelta rimessa alla volontà di una delle parti, sicché non ne ricorre l’ipotesi allorquando sin dall’inizio si sia previsto il pagamento di una somma di denaro (nella specie, pari al costo di costruzione dei beni) soltanto per il caso di sopravvenuta impossibilità del trasferimento immobiliare, dedotto in via principale. Ne deriva che, nel caso di nullità dell’obbligazione principale, per indeterminabilità dell’oggetto, neppure può ritenersi integrato il presupposto per l’adempimento dell’obbligazione subordinata (Sent. n. 26988, Sez. II, del 2-12-2013).

 

Obbligazioni – Inadempimento – Concorso del fatto colposo del creditore – Dovere di correttezza e di normale diligenza imposto al danneggiato ex art. 1227 II co. cod. civ. – Ambito – Fattispecie in tema di appalto

(cod. civ.: artt. 1227 II co., 1668)

— Il dovere di correttezza e di normale diligenza imposto al danneggiato dall’art. 1227, secondo comma, cod. civ. non lo obbliga a svolgere attività che, pur nel fine lecito di contenere l’iter evolutivo dei danni, incidano sulla situazione dei luoghi in senso modificativo o sostitutivo di opere e cose comunque connesse geneticamente alla precedente azione od omissione dell’autore dell’illecito. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che, in un giudizio relativo alla responsabilità dell’appaltatore per i vizi dell’opera ex art. 1668 cod. civ., non fosse possibile addebitare al committente l’aumento dei costi dei lavori occorrenti per l’eliminazione dei vizi stessi, verificatosi in corso di causa, sul rilievo che tali lavori avrebbero modificato la situazione oggetto di accertamento giudiziale e che, in conseguenza, il committente non poteva ritenersi obbligato ad eseguirli prima della conclusione del giudizio) (Sent. n. 27298, Sez. II, del 5-12-2013).

 

Obbligazioni – Pagamento con surrogazione ex art. 1203 n. 3 cod. civ. – Operatività – Criterio di sufficienza

(cod. civ.: art. 1203 n. 3)

— Ai fini dell’operatività della surrogazione legale di cui all’art. 1203, n. 3, cod. civ., non è necessario né che il surrogante sia tenuto al pagamento del debito in base allo stesso titolo del debitore surrogato, né che egli sia direttamente obbligato nei confronti dell’accipiens, richiedendo la norma soltanto che il surrogante abbia un interesse giuridicamente qualificato all’estinzione dell’obbligazione (Sent. n. 28061, Sez. III, del 16-12-2013).

 

Possesso ad usucapionem – Domanda giudiziale diretta ad ottenere il rilascio di un immobile proposta dal proprietario esclusivamente contro il detentore materiale – Non interrompe il decorso del termine di usucapione nei confronti del possessore del bene rimasto estraneo al relativo giudizio – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1140, 1158, 1165, 2943)

— In tema di possesso ad usucapionem, la domanda giudiziale diretta ad ottenere il rilascio di un immobile, proposta dal proprietario esclusivamente contro il detentore materiale, non vale ad interrompere il decorso del termine di usucapione nei confronti del possessore del bene rimasto estraneo al relativo giudizio, atteso che gli atti o i fatti interruttivi, per incidere negativamente sul decorso del termine richiesto dalla legge per usucapire, devono essere necessariamente diretti contro il possessore (Sent. n. 28721, Sez. II, del 30-12-2013).

 

Possesso – Azione di reintegrazione – Violenza dello spoglio – Criterio di sufficienza

(cod. civ.: art. 1168)

— In tema di tutela possessoria, perché sussista la violenza dello spoglio non è necessario che questo sia stato compiuto con forza fisica o con armi, essendo invece sufficiente che sia avvenuto senza o contro la volontà effettiva, o anche solo presunta, del possessore, mediante una mera violenza morale, quale una minaccia (Sent. n. 26985, Sez. II, del 2-12-2013).

 

Possesso – Interversione – Edificazione di un fabbricato sul terreno ricevuto in detenzione, espressamente autorizzata dal proprietario del suolo – Non può essere invocata dal detentore quale atto di «opposizione» idoneo a mutare il titolo del rapporto con la cosa – Fondamento

(cod. civ.: art. 1141 II co.)

— Ai fini dell’interversione del possesso, di cui all’art. 1141, secondo comma, cod. civ., l’edificazione di un fabbricato sul terreno ricevuto in detenzione, espressamente autorizzata dal proprietario del suolo, non costituisce un’attività posta in essere «contro» il possessore, e non può, conseguentemente, essere invocata dal detentore quale atto di «opposizione» idoneo a mutare il titolo del rapporto con la cosa (Sent. n. 27584, Sez. II, del 10-12-2013).

 

Possesso – Usucapione – Domanda riconvenzionale di usucapione decennale della proprietà di un immobile – Eccezione relativa al difetto di buona fede – Deduzione oltre l’udienza ex art. 183 cod. proc. civ. – Ammissibilità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1147 III co., 1159; cod. proc. civ.: art. 183)

— Proposta domanda riconvenzionale di usucapione decennale della proprietà di un immobile, l’eccezione relativa al difetto della buona fede nel possesso ad usucapionem, concernendo un elemento inerente al fatto costitutivo del diritto di cui all’art. 1159 cod. civ., può essere sollevata anche dopo l’udienza prevista dall’art. 183 cod. proc. civ., trattandosi di eccezione rilevabile ex officio dal giudice alla stregua degli elementi probatori ritualmente acquisiti relativi all’esistenza di circostanze di fatto contrarie alla presunzione di buona fede del possesso ex art. 1147, terzo comma, cod. civ. (Sent. n. 27296, Sez. II, del 5-12-2013).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito – Art. 2947 III co. cod. civ. – Ambito di applicazione

(cod. civ.: art. 2947 III co.)

— In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, la previsione dell’art. 2947 cod. civ. (secondo il quale, se il fatto è previsto dalla legge come reato, e per il reato stesso è prevista una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile) si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti passivi della pretesa risarcitoria, e si applica, pertanto, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche all’azione civile diretta contro coloro che siano tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta. (Principio enunciato con riferimento alla responsabilità del Ministero della salute — e per esso dei suoi funzionari — per non avere adottato gli accorgimenti utili a scongiurare i danni da emotrasfusione, effettuando determinati trattamenti ed analisi del sangue acquisito a tale scopo) (Sent. n. 28464, Sez. III, del 19-12-2013).

 

Proprietà – Acque – Spese per la riparazione, costruzione o rimozione dell’argine – Ripartizione

(cod. civ.: art. 917)

— Agli effetti dell’art. 917 cod. civ., che non distingue tra argini naturali o costruiti dall’uomo, una volta realizzato l’argine, tutti i proprietari cui esso torna utile sono tenuti a contribuire alle spese per la sua conservazione, salvo che la necessità della riparazione o la distruzione sia addebitabile ad uno dei medesimi proprietari, il quale in tal caso è tenuto a sopportare integralmente il costo del ripristino (Ord. n. 27501, Sez. VI, del 10-12-2013).

 

Proprietà – Azione di regolamento di confini – Fondi confinanti che appartengono a più proprietari – Litisconsorzio necessario – Esclusione – Limite

(cod. civ.: art. 950; cod. proc. civ.: art. 102)

— In tema di azione di regolamento di confini, se i fondi confinanti appartengono a più proprietari, non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario e ciascuno dei comproprietari è legittimato ad agire o resistere senza l’intervento degli altri, a meno che alla domanda di regolamento, diretta ad ottenere una sentenza dichiarativa, si accompagni la richiesta di rilascio o di riduzione in pristino della parte di fondo che si ritiene usurpata in conseguenza dell’incertezza oggettiva o soggettiva dei confini (Sent. n. 27041, Sez. II, del 3-12-2013).

 

Proprietà – Azione di rivendicazione – Individuazione del bene conteso – Indagine del giudice – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 948; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— In tema di azione di rivendicazione, ai fini dell’individuazione del bene conteso, la base primaria dell’indagine del giudice è costituita dall’esame e dalla valutazione dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, costituendo, peraltro, il giudizio sulla corrispondenza o meno del bene domandato con quello descritto nel titolo un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, qualora risultino verificate la correttezza dei criteri ermeneutici adottati dal giudice del merito e l’adeguatezza logico-giuridica della motivazione che ne giustifica i risultati (Sent. n. 26992, Sez. II, del 2-12-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi – Art. 889 cod. civ. – Ratio

(cod. civ.: artt. 889, 2697, 2727)

— L’art. 889 cod. civ., il quale stabilisce le distanze minime dal confine per pozzi, cisterne, fosse e tubi, mira a preservare il fondo vicino dai pericoli e dai pregiudizi derivanti dall’esistenza delle opere anzidette, secondo una presunzione assoluta di danno. Per ogni altra opera non espressamente menzionata, ma assimilabile a quelle indicate nella norma richiamata (nella specie, pozzetti di ispezione della condotta di scarico delle acque nere), la potenzialità dannosa, in relazione alla proprietà contigua, non è presunta ma va accertata in concreto, con onere della prova a carico della parte istante (Sent. n. 27642, Sez. II, dell’11-12-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Domanda di recisione integrale di rami rasente il tronco – Successiva domanda di taglio dei rami – Domanda nuova – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: art. 896; cod. proc. civ.: art. 183 V co.)

— Nel caso in cui il proprietario, lamentando l’invasione del proprio fondo da parte di rami di filari dimoranti nella proprietà contigua, abbia chiesto la «scalvatura» degli alberi, ovvero la recisione integrale di essi rasente il tronco, la successiva richiesta, avanzata nel corso del giudizio, del taglio dei rami, non costituisce una domanda nuova, ma solo una specificazione della pretesa originaria, trattandosi di un minus rispetto alla stessa (Sent. n. 28348, Sez. II, del 18-12-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Recisione di rami protesi – Servitù consistente nel diritto di mantenere i rami di un albero protesi per un metro all’interno del fondo del vicino – Diritto del proprietario confinante di costringere il proprietario degli alberi a tagliare i rami per la parte eccedente – Sussistenza

(cod. civ.: artt. 896, 1027)

— La servitù consistente nel diritto di mantenere i rami di un albero protesi per un metro all’interno del fondo del vicino non osta all’esercizio da parte del proprietario confinante del suo diritto, a norma dell’art. 896 cod. civ., di costringere il proprietario degli alberi a tagliare i rami che si protendono sul suo fondo per la parte eccedente (Sent. n. 28348, Sez. II, del 18-12-2013).

 

Regolamento di competenza – Potere della Corte di cassazione di dichiarare d’ufficio che l’azione non poteva essere proposta – Può essere esercitato anche in sede di regolamento di competenza – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 42, 43, 382 III co.)

— Il potere della Corte di cassazione di dichiarare d’ufficio che l’azione non poteva essere proposta, previsto dall’art. 382, terzo comma, secondo inciso, cod. proc. civ., può essere esercitato anche in sede di regolamento di competenza, atteso che la declaratoria di competenza di uno dei giudici di merito determinerebbe un inutile ritardo nella definizione del giudizio, inevitabilmente destinato a concludersi con una successiva pronuncia d’inammissibilità (Ord. n. 27305, Sez. VI, del 5-12-2013).

 

Regolamento necessario di competenza proposto nei confronti del provvedimento che abbia respinto l’istanza di riassunzione del processo sospeso – Ammissibilità – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 42, 297; Cost.: art. 111 II co.)

— È ammissibile il regolamento necessario di competenza nei confronti del provvedimento che abbia respinto l’istanza di riassunzione del processo sospeso, proposta ai sensi dell’art. 297 cod. proc. civ., in quanto l’art. 42 cod. proc. civ., pur essendo norma speciale, è suscettibile d’interpretazione estensiva a tale ipotesi, parimenti connotata dal vincolo di necessità della tempestiva riassunzione al fine di reagire contro un’abnorme quiescenza (al limite, sine die) del processo, non più giustificata dall’esigenza di un accertamento pregiudiziale e che si porrebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. (Ord. n. 27958, Sez. VI, del 13-12-2013).

 

Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per fatto proprio o per fatto altrui dei danni patiti dal paziente – Condizioni

(cod. civ.: artt. 1218, 1228)

— La struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente per fatto proprio, ex art. 1218 c.c., ove tali danni siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura, ovvero per fatto altrui, ex art. 1228 c.c., ove i danni siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa si avvale. Questi ultimi, a loro volta, possono essere chiamati a rispondere, solidalmente con la struttura sanitaria, proprio in ragione del comportamento professionale colposo posto in essere, non potendo, però, tale responsabilità estendersi sino a ricomprendere anche colui il quale non sia stato anch’egli riconosciuto autore di una condotta colposa nella determinazione del medesimo evento lesivo (Sent. n. 27285, Sez. III, del 5-12-2013).

 

Sentenza – Cumulo di domande a seguito di riunione di cause – Pronuncia limitata ad alcune di esse – Quando ha natura di sentenza non definitiva

(cod. proc. civ.: artt. 33, 91, 104, 279)

— Nel caso di cumulo di domande a seguito di riunione di cause, la sentenza che decida solo alcune di esse, disponendo l’ulteriore istruzione in ordine alle altre, ha natura di sentenza non definitiva ove manchi una pronuncia sulle spese o non sia stato adottato un formale provvedimento di separazione dei giudizi (Sent. n. 28467, Sez. III, del 19-12-2013).

 

Società di persone – Diritto del singolo socio a percepire gli utili – È subordinato all’approvazione del rendiconto – Fondamento normativo

(cod. civ.: art. 2262)

— Nelle società di persone, il diritto del singolo socio a percepire gli utili è subordinato, ai sensi dell’art. 2262 c.c., all’approvazione del rendiconto, situazione contabile che equivale, quanto ai criteri di valutazione, a quella di un bilancio e non è surrogabile dalle dichiarazioni fiscali della società (Sent. n. 28806, Sez. I, del 31-12-2013).

 

Trasporto di cose – Responsabilità per perdita e avaria – Presunzione di responsabilità ex recepto del vettore – Può essere superata solo dalla prova del caso fortuito o della forza maggiore

(cod. civ.: art. 1693)

— L’art. 1693 cod. civ. pone a carico del vettore una presunzione di responsabilità ex recepto, che può essere vinta solo dalla prova specifica della derivazione del danno da un evento positivamente identificato e del tutto estraneo al vettore stesso, ricollegabile alle ipotesi del caso fortuito e della forza maggiore, le quali non ricorrono nel caso di rapina durante un trasporto di gioielli, che costituisce attività che impone di per sé particolari forme di cautela, dovendosi ritenere prevedibile il prodursi di un simile evento (Sent. n. 28612, Sez. III, del 20-12-2013).

 

Vendita – Garanzia per evizione – Opera anche nei casi di espropriazione forzata o di espropriazione per causa di pubblica utilità del bene – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1483, 1484; D.P.R. 327/2001)

— In tema di compravendita, la garanzia per evizione opera anche in ipotesi di espropriazione forzata ovvero di espropriazione per causa di pubblica utilità del bene, trattandosi di una particolare tutela che l’ordinamento attribuisce al compratore per il caso in cui sia disturbato o menomato nel godimento della cosa acquistata in conseguenza delle pretese fatte valere da terzi nei suoi confronti (Sent. n. 28580, Sez. II, del 20-12-2013).

 

Vendita – Vizi redibitori e mancanza di qualità – Distinzione rispetto alla consegna di aliud pro alio – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1453, 1495, 1496, 1497)

— In tema di compravendita, al fine di distinguere l’ipotesi dei vizi redibitori e della mancanza di qualità da quella della consegna di aliud pro alio (la quale dà luogo ad un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale, svincolata dai termini e dalle condizioni di cui all’art. 1495 c.c.) occorre aver riguardo all’idoneità del bene ad assolvere la funzione economico-sociale assunta come essenziale dalle parti. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale, in relazione alla vendita di un toro rivelatosi infertile, aveva negato la ricorrenza dell’aliud pro alio, affermando che l’animale potesse trovare altre utilizzazioni, senza considerare che anche alla stregua degli usi, richiamati dall’art. 1496 c.c., l’acquisto di un toro è finalizzato proprio alla riproduzione) (Sent. n. 28419, Sez. II, del 19-12-2013).