Massime penali della Cassazione di marzo 2013

Abuso d’ufficio – Dolo intenzionale

(cod. pen.: art. 323)

— In tema di abuso d’ufficio, il dolo intenzionale, che non è escluso dalla finalità pubblica perseguita dall’agente, non sussiste quando il soddisfacimento degli interessi pubblici prevalga sugli interessi privati, mentre è integrato qualora il fine pubblico rappresenti una mera occasione o un pretesto per occultare la commissione della condotta illecita. (Fattispecie nella quale la S.C. ha reputato corretta la reiezione del ricorso della parte civile da parte della Corte d’Appello per mancata specificazione della prevalente intenzione del pubblico ufficiale di favorire se stesso o di recare indebiti vantaggi a terzi) (Sent. n. 13735, Sez. III, del 22-3-2013).

 

Appello – Dibattimento – Verbali delle dichiarazioni rese dalle persone offese al P.M. o alla polizia giudiziaria durante la fase delle indagini preliminari – Acquisibilità – Condizione

(cod. proc. pen.: artt. 326, 500, 526, 602, 603)

— Nel dibattimento di appello i verbali delle dichiarazioni rese dalle persone offese al P.M. o alla polizia giudiziaria durante la fase delle indagini preliminari sono acquisibili a condizione che sia stata disposta la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per un nuovo esame delle predette ed esclusivamente se le precedenti dichiarazioni siano state impiegate per le contestazioni e, quindi, ai fini della valutazione della credibilità dei testi medesimi (Sent. n. 11792, Sez. VI, del 12-3-2013).

 

* Appello – Divieto di reformatio in peius – Fattispecie in cui non viene violato

(cod. proc. pen.: art. 597 III co.; cod. pen.: artt. 61, 69)

— Non viola il divieto di reformatio in peius il giudice di appello che, a seguito di impugnazione del solo imputato, in conseguenza dell’eliminazione di una circostanza aggravante confermi il giudizio di equivalenza tra le circostanze residue e lasci inalterata la pena irrogata in primo grado (Sent. n. 10176, Sez. V, del 4-3-2013).

 

Appello – Giudice che, su impugnazione del P.M., riformi la sentenza assolutoria di primo grado pronunciando condanna dell’imputato – Motivazione sull’eventuale, mancata, concessione della sospensione condizionale della pena o di altri analoghi benefici – Necessità

(cod. proc. pen.: art. 597; cod. pen.: art. 163)

— Nell’ipotesi in cui il giudice d’appello, su impugnazione del p.m., riformi la sentenza assolutoria di primo grado pronunciando condanna dell’imputato, deve motivare, pur in assenza di specifiche deduzioni di parte, circa l’eventuale, mancata, concessione della sospensione condizionale della pena o di altri analoghi benefici (Sent. n. 14758, Sez. VI, del 28-3-2013).

 

* Bancarotta fraudolenta – Pene accessorie

(R.D. 267/1942: art. 216 IV co.)

— In tema di bancarotta fraudolenta, la pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa ha la durata fissa ed inderogabile di dieci anni (Sent. n. 11257, Sez. V, dell’11-3-2013).

 

Caccia con il richiamo elettroacustico – Divieto – Estinzione del reato per intervenuta prescrizione – Non esclude la confisca dei congegni – Ragione

(L. 157/1992: art. 21 I co. lett. r; cod. pen.: artt. 157, 240)

— In tema di caccia con il mezzo vietato del richiamo elettroacustico, l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione non esclude la confisca dei congegni, in quanto il giudizio di pericolosità è contenuto nella stessa norma penale incriminatrice che ne vieta in modo assoluto l’uso e la detenzione (Sent. n. 10236, Sez. III, del 5-3-2013).

 

Concussione – Elemento oggettivo – Costrizione – Nozione

(cod. pen.: art. 317; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. d)

— Anche a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 75, della L. n. 190 del 2012, commette il delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen. il pubblico ufficiale che, nella sua interazione con il privato, utilizzi modi bruschi e stressanti, accompagnati da comportamenti di abusi della qualità e/o dei poteri, preordinati a creare nel destinatario una condizione di riduzione dello spatium deliberandi, idonea a determinare quest’ultimo a promettere o dare un’indebita utilità. (Nella specie, il pubblico ufficiale, utilizzando i modi indicati e prospettando al privato il potere di incidere sull’emissione di mandati di pagamento, connessi ad un contratto di fornitura con la P.A., si faceva consegnare un fax) (Sent. n. 10891, Sez. VI, del 7-3-2013).

— Nel delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., così come modificato dall’art. 1, comma 75, legge n. 190 del 2012, la costrizione consiste in quel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato (Sent. n. 11942, Sez. VI, del 14-3-2013).

 

Concussione – Elemento oggettivo – Costrizione – Nozione – Differenza rispetto alla nozione di induzione del delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità

(cod. pen.: artt. 317, 319 quater; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. d ed i)

— La costrizione, che costituisce l’elemento oggettivo del reato di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., così come modificato dall’art. 1, comma 75, della L. n. 190 del 2012, sussiste quando il pubblico ufficiale agisca con modalità ovvero con forme di pressioni tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa, il quale decide, senza che gli sia stato prospettato alcun vantaggio diretto, di dare o promettere un’utilità, al solo scopo di evitare il danno minacciato; essa si distingue dall’induzione, che integra il reato di cui all’art. 319 quater cod. pen., che si verifica, invece, quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio agisca con modalità o forme di pressione più blande, tali da lasciare un margine di scelta al destinatario della pretesa, che concorre nel reato perché gli si prospetta un vantaggio diretto (Sent. n. 11944, Sez. VI, del 14-3-2013).

 

Concussione, estorsione e induzione indebita a dare o promettere utilità – Rispettivi elementi caratterizzanti

(L. 190/2012; cod. pen.: artt. 317, 319 quater, 629)

— A seguito dell’entrata in vigore della L. n. 190 del 2012, la minaccia, di qualsivoglia tipo o entità, di un danno ingiusto, finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione se proveniente da pubblico ufficiale ovvero di estorsione se proveniente da incaricato di pubblico servizio; sussiste, invece, il delitto di induzione indebita, di cui all’art. 319 quater cod. pen., qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, abusando della qualità o dei poteri, per farsi dare o promettere il denaro o l’utilità prospetti, con comportamenti di persuasione o di convinzione, la possibilità di adottare atti legittimi, ma dannosi o sfavorevoli. (Nella specie, la Corte ha qualificato come induzione indebita, ex art. 319 quater cod. pen., la condotta di un sottufficiale della guardia di finanza che, nell’esercizio di attività di verifica, aveva prospettato al titolare di un’azienda il rilievo di gravi irregolarità fiscali, effettivamente sussistenti, e si era, quindi, fatto promettere una consistente somma di danaro) (Sent. n. 13047, Sez. VI, del 21-3-2013).

 

Concussione – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 317, 640)

— Integra il delitto di concussione la minaccia del pubblico ufficiale affinché un privato, per evitare un danno prospettato, commetta una truffa, promettendo di versare il relativo profitto al pubblico ufficiale medesimo. (Fattispecie nella quale un appartenente alla Polizia di Stato, minacciando il titolare di poligono di tiro di non rinnovargli la convenzione per i tiri, faceva risultare per ogni esercitazione un numero di agenti superiore a quelli effettivamente impegnati e si faceva poi consegnare le somme per le esercitazioni mai effettuate) (Sent. n. 11942, Sez. VI, del 14-3-2013).

 

Detenzione di sostanze stupefacenti – Circostanza attenuante del fatto di lieve entità

(D.P.R. 309/1990: art. 73 V co.)

— In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità non può essere esclusa sulla base delle modalità di occultamento e trasporto della droga ispirate ad ordinarie esigenze di prudenza (nella specie, negli indumenti intimi), né del mero presupposto che l’imputato ha posto in essere una pluralità di condotte di cessione (Sent. n. 10898, Sez. VI, del 7-3-2013).

 

Dibattimento – Modifica del capo di imputazione

(cod. proc. pen.: artt. 516-522; Cost.: artt. 24 II co., 111 II co.)

— La modifica in udienza del capo di imputazione, consistente nella diversa indicazione della data del commesso reato, non sempre comporta un’alterazione avente incidenza sull’identità sostanziale e sull’identificazione dell’addebito, atteso che, a seconda dei casi, l’esatta collocazione temporale di un fatto delittuoso può assumere o meno rilevanza decisiva, condizionando le possibilità di difesa dell’imputato. Pertanto, detta rilevanza deve essere accertata alla luce delle finalità delle norme di cui agli artt. 516-522 cod. proc. pen., preordinate ad assicurare il contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa; con la conseguenza che la modifica, avvenuta in udienza, della data del reato — nella specie, commesso il giorno precedente a quello indicato in imputazione —, non comportando alcuna significativa modifica della contestazione, immutata nei suoi tratti essenziali, non è idonea in nessun modo a pregiudicare le facoltà difensive (Sent. n. 10196, Sez. V, del 4-3-2013).

 

Dibattimento – Provvedimento con cui il giudice, ritenuta la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nonché del decreto di citazione a giudizio per l’indeterminatezza o l’omessa indicazione della data del commesso reato, dichiara la nullità del decreto – Non è abnorme

(cod. proc. pen.: artt. 415 bis, 470, 606)

— Non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, a prescindere dall’esattezza della decisione, il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nonché del decreto di citazione a giudizio per l’indeterminatezza o l’omessa indicazione della data del commesso reato, dichiara la nullità del decreto, atteso che la dichiarazione di invalidità, se pure insussistente, costituisce esercizio dei poteri propri del giudice e dunque non colloca l’atto fuori dal sistema processuale (Sent. n. 11938, Sez. II, del 14-3-2013).

 

Elezione di domicilio contenuta nel corpo dell’atto di impugnazione sottoscritto e presentato personalmente dall’interessato al pubblico ufficiale preposto a riceverlo, il quale vi apponga e sottoscriva, a sua volta, l’attestazione di avvenuta presentazione – Validità – Conseguenza

(cod. proc. pen.: artt. 162, 171, 179, 568)

— È valida l’elezione di domicilio contenuta nel corpo dell’atto di impugnazione sottoscritto e presentato personalmente dall’interessato al pubblico ufficiale preposto a riceverlo, il quale vi apponga e sottoscriva, a sua volta, l’attestazione di avvenuta presentazione, necessariamente riferibile all’atto nella sua interezza, con la conseguenza che è viziata da nullità assoluta la notificazione di tutti gli atti successivi presso altro domicilio. (Fattispecie relativa ad elezione di domicilio contenuta nella procura speciale al difensore incaricato per la presentazione dell’appello, apposta in calce all’atto di impugnazione e richiamata nell’intestazione di questo) (Sent. n. 12821, Sez. VI, del 19-3-2013).

 

Estradizione per l’estero – Divieto di pronuncia favorevole ex art. 705 II co. lett. c) cod. proc. pen. – Ipotesi in cui opera

(cod. proc. pen.: art. 705 II co. lett. c)

— In tema di estradizione per l’estero, il divieto di pronuncia favorevole contemplato dall’art. 705, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen., opera esclusivamente nelle ipotesi in cui sia riscontrabile una situazione allarmante riferibile ad una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente, a prescindere da contingenze estranee ad orientamenti istituzionali e rispetto alle quali sia comunque possibile attivare una tutela legale. (Fattispecie relativa ad una richiesta di estradizione avanzata dalla Repubblica Araba d’Egitto per una persona appartenente alla minoranza religiosa copta, in cui la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata ritenendo opportuno un approfondimento istruttorio circa la specifica rilevanza delle vicende inerenti all’attuale contesto politico-istituzionale) (Sent. n. 10905, Sez. VI, del 7-3-2013).

 

Frode informatica e accesso abusivo ad un sistema informatico – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 615 ter, 640 ter)

— Integra il reato di frode informatica, nelle forme dell’intervento senza diritto su dati e informazioni contenuti in un sistema informatico, oltre che quello di accesso abusivo ad un sistema informatico, la condotta del dipendente dell’Agenzia delle Entrate che, utilizzando la password in dotazione, manomette la posizione di un contribuente, effettuando sgravi non dovuti e non giustificati dalle evidenze in possesso dell’ufficio (Sent. n. 13475, Sez. II, del 22-3-2013).

 

Giudice dell’esecuzione – Revoca dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna

(cod. proc. pen.: art. 665; D.P.R. 380/2001: art. 31 IX co.)

— Il giudice dell’esecuzione, al quale sia richiesto di revocare l’ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna, ha il potere di sindacare la delibera di acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio comunale, che dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell’assetto urbanistico violato. (Fattispecie nella quale è stata qualificata come mero atto di indirizzo la delibera di acquisizione al patrimonio comunale che, priva di impegno di spesa e di adeguata istruttoria, era inidonea a determinare la conservazione dell’opera abusiva) (Sent. n. 11419, Sez. III, dell’11-3-2013).

 

Giudizio abbreviato – Giudice che all’esito del dibattimento, ritenendo erronea una precedente declaratoria di inammissibilità o di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato, riconosca all’imputato il diritto di ottenere la riduzione della pena – Utilizzazione delle prove assunte nel giudizio ordinario – Legittimità

(cod. proc. pen.: artt. 438, 442 II co.)

— Il giudice che all’esito del dibattimento — di primo grado o di appello — ritenendo erronea una precedente declaratoria di inammissibilità o di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato riconosca all’imputato il diritto ad ottenere la riduzione della pena, ex art. 442 c.p.p., può legittimamente utilizzare le prove assunte nel giudizio ordinario. (In motivazione, la Corte ha precisato che il riconoscimento della riduzione ex art. 442 c.p.p. all’esito del dibattimento non ha come effetto di far regredire il processo, affinché si svolga nelle forme camerali del rito speciale) (Sent. n. 14454, Sez. VI, del 27-3-2013).

 

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato – Momento e luogo di consumazione

(cod. pen.: art. 316 ter)

— Il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter cod. pen.) si consuma nel momento e nel luogo in cui l’ente pubblico eroga i contributi, i finanziamenti, i mutui agevolati, disponendone l’accredito sul conto corrente del soggetto che ne abbia indebitamente fatto richiesta, perché è con quell’atto che si verifica la dispersione del denaro pubblico. (In applicazione del principio, la Corte ha individuato la competenza per territorio nel luogo dove ha sede l’ente pubblico erogante il contributo, considerando, invece, irrilevante la località dove era stata presentata la documentazione da parte del richiedente) (Sent. n. 12625, Sez. VI, del 18-3-2013).

 

Induzione indebita a dare o promettere utilità

(cod. pen.: art. 319 quater; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. i)

— La fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p., come introdotta dall’art. 1, comma 75, della L. n. 190 del 2012, pur caratterizzandosi come reato bilaterale che punisce anche il destinatario dell’induzione, si pone in termini di continuità normativa rispetto alla precedente ipotesi di concussione per induzione, in quanto restano identici gli elementi costitutivi del delitto, con riferimento alla posizione del pubblico funzionario (Sent. n. 11792, Sez. VI, del 12-3-2013).

— La fattispecie di cui all’art. 319 quater cod. pen., come introdotta dall’art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012, si pone in termini di continuità normativa rispetto alla precedente fattispecie concussiva per induzione, essendo stata, nella nuova norma, descritta in termini identici la condotta del pubblico ufficiale (Sent. n. 12388, Sez. VI, del 15-3-2013).

 

Induzione indebita a dare o promettere utilità – Induzione – Nozione – Differenza rispetto alla nozione di costrizione del delitto di concussione

(cod. pen.: artt. 317, 319 quater; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. i)

— L’induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall’art. 319 quater cod. pen. (così come introdotto dall’art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012), necessita di una pressione psichica posta in essere dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che si caratterizza, a differenza della costrizione, che integra il delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., per la conservazione, da parte del destinatario di essa, di un significativo margine di autodeterminazione o perché la pretesa gli è stata rivolta con un’aggressione più tenue e/o in maniera solo suggestiva ovvero perché egli è interessato a soddisfare la pretesa del pubblico ufficiale, per conseguire un indebito beneficio (Sent. n. 11794, Sez. VI, del 12-3-2013).

 

Induzione indebita a dare o promettere utilità – Momento consumativo – Fattispecie

(cod. pen.: art. 319 quater; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. i)

— È consumato il delitto di indebita induzione, di cui all’art. 319 quater cod. pen., quando, dopo aver promesso il pagamento di una somma di denaro, si sollecita l’intervento della polizia giudiziaria affinché l’effettiva dazione avvenga sotto il controllo della stessa (Sent. n. 13047, Sez. VI, del 21-3-2013).

 

Intercettazioni telefoniche – Interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni

(cod. proc. pen.: artt. 266, 606 I co. lett. e)

— In materia di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità se motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sent. n. 11794, Sez. VI, del 12-3-2013).

 

Mandato di arresto europeo – Decisione favorevole alla consegna della persona richiesta – Definitività

(L. 69/2005: art. 23)

— In tema di mandato di arresto europeo, una volta divenuta definitiva la decisione favorevole alla consegna della persona richiesta, si instaura una fase meramente esecutiva nell’ambito della quale, entro rigorosi e brevissimi termini, e salve cause di forza maggiore, l’interessato deve essere materialmente consegnato allo Stato estero, senza che possa venire in questione la sussistenza di pericula libertatis. Ne consegue che, in tale fase, perde di interesse il ricorso per cassazione proposto avverso il rigetto di sostituzione della misura coercitiva (Sent. n. 10054, Sez. VI, dell’1-3-2013).

 

Mandato di arresto europeo emesso dalle autorità dello Stato estero che richiede la cooperazione – Impugnabilità diretta dinanzi all’autorità giudiziaria italiana – Esclusione

(L. 69/2005: artt. 5, 17)

— Il mandato di arresto europeo emesso dalle autorità dello Stato estero che richiede la cooperazione non è direttamente impugnabile dinanzi all’autorità giudiziaria italiana (Sent. n. 10054, Sez. VI, dell’1-3-2013).

 

Mandato di arresto europeo – Giudice che procede alla convalida dell’arresto

(L. 69/2005: art. 13)

— In tema di mandato di arresto europeo, il giudice che procede alla convalida dell’arresto ai sensi dell’art. 13 legge n. 69 del 2005 non è incompatibile allo svolgimento dell’udienza camerale con cui la Corte di appello decide sulla richiesta di consegna (Sent. n. 14462, Sez. VI, del 27-3-2013).

 

Mandato di arresto europeo – Rifiuto della consegna – Condizione ostativa ex art. 18 lett. e) L. 69/2005 – Configurabilità – Criterio di necessità

(L. 69/2005: art. 18 lett. e)

— In tema di mandato di arresto europeo, ai fini della configurabilità della condizione ostativa prevista dall’art. 18, lett. e), legge n. 69 del 2005, che impone il rifiuto della consegna qualora la legislazione dello Stato membro di emissione non preveda «limiti massimi della carcerazione preventiva», non è sufficiente eccepire genericamente l’assenza di una normativa estera al riguardo, incombendo sul ricorrente l’onere di allegare o, quanto meno, indicare i testi normativi da cui derivi tale mancata previsione nella legislazione dello Stato di emissione (Sent. n. 13066, Sez. VI, del 21-3-2013).

 

Mandato di arresto europeo – Rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali – Individuazione

(L. 69/2005: art. 9 VII co.; cod. proc. pen.: art. 719)

— In tema di mandato di arresto europeo, l’unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali è il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma degli artt. 9, comma 7, della L. n. 69/2005 e 719 c.p.p., che può essere proposto per l’inesistenza della motivazione o per la presenza di una motivazione solo apparente, ma non per mero vizio logico della stessa (Sent. n. 10906, Sez. VI, del 7-3-2013).

 

Mandato di arresto europeo – Rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali – Individuazione

(cod. proc. pen.: artt. 606, 719; L. 69/2005: art. 9 VII co.)

— In tema di mandato di arresto europeo, l’unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali è il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma degli artt. 9, comma 7, della L. n. 69/2005 e 719 c.p.p., che può essere proposto per l’inesistenza della motivazione o per la presenza di una motivazione solo apparente, ma non per mero vizio logico della stessa (Sent. n. 10906, Sez. VI, del 7-3-2013).

 

Mandato di arresto europeo – Termine fissato per l’efficacia della misura cautelare estera posta a fondamento del mandato – Da quando decorre

(L. 69/2005: art. 23)

— In tema di mandato di arresto europeo, il termine fissato per l’efficacia della misura cautelare estera posta a fondamento del m.a.e. decorre dal momento in cui la persona richiesta in consegna venga posta concretamente a disposizione dell’autorità giudiziaria dello Stato emittente. (Fattispecie relativa ad un m.a.e. processuale emesso dalle autorità polacche per l’esecuzione di un provvedimento di arresto temporaneo della durata di quattordici giorni) (Sent. n. 10054, Sez. VI, dell’1-3-2013).

 

Misure di sicurezza patrimoniali – Confisca facoltativa – Legittimità – Condizione

(cod. pen.: art. 240 I co.)

— La confisca facoltativa prevista dall’art. 240, comma primo, cod. pen. è legittima quando sia dimostrata la relazione di asservimento tra cosa e reato, dovendo la prima essere collegata al secondo non da un rapporto di mera occasionalità ma da uno stretto nesso strumentale, rivelatore dell’effettiva probabilità del ripetersi di un’attività punibile. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata nella parte in cui era stata disposta, in relazione ai reati di illecita detenzione di droga, di armi e munizioni, nonché di ricettazione di armi, la confisca di un’autovettura nella quale era stata rinvenuta, nascosta sotto la tappezzeria, un’ingente somma di denaro) (Sent. n. 13049, Sez. VI, del 21-3-2013).

 

Notificazione all’imputato presso il domicilio dichiarato – Consegna degli atti al difensore nel caso in cui risulti l’impossibilità della notificazione

(cod. proc. pen.: art. 161 IV co.)

— La disposizione di cui all’articolo 161, comma quarto, cod. proc. pen., che prevede la consegna degli atti al difensore nel caso in cui risulti l’impossibilità della notificazione all’imputato presso il domicilio dichiarato, richiede, quale condizione sufficiente, l’accertamento da parte dell’ufficiale giudiziario dell’avvenuto trasferimento di domicilio o di altra causa che renda definitivamente impossibili le notificazioni in quel luogo. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto sufficiente per la consegna dell’atto al difensore l’accertamento dell’ufficiale giudiziario che l’imputato era stato sfrattato dal luogo ove aveva dichiarato domicilio) (Sent. n. 10227, Sez. III, del 5-3-2013).

 

Notificazioni all’imputato – Domicilio dichiarato, eletto o determinato

(cod. proc. pen.: artt. 161, 162, 164)

— In tema di notificazioni, la dichiarazione di domicilio prevale su una precedente elezione di domicilio, a meno che l’imputato non manifesti, in modo espresso od implicito, la volontà di mantenere quale luogo dove ricevere le notificazioni a lui dirette il domicilio eletto (Sent. n. 11261, Sez. V, dell’11-3-2013).

 

* Omicidio aggravato commesso prima della modifica dell’art. 157 cod. pen.

(cod. pen.: artt. 69, 157, 575, 576, 577; L. 251/2005: art. 6 I co.)

— Il delitto di omicidio aggravato, punibile in astratto con la pena dell’ergastolo, commesso prima della modifica dell’art. 157 cod. pen. da parte della L. n. 251 del 2005, è imprescrittibile, anche se le circostanze aggravanti siano state ritenute equivalenti o subvalenti, in sede di giudizio di comparazione, alle circostanze attenuanti. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la prescrizione del delitto di omicidio aggravato, commesso prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, per il quale erano state concesse le circostanze attenuanti equivalenti alle contestate aggravanti, pur essendo trascorsi, dalla data di commissione del fatto, più di ventiquattro anni dall’intervento del primo atto interruttivo) (Sent. n. 11047, Sez. I, dell’8-3-2013).

 

Processo – Azione civile esercitata nel processo penale – Soggiace alle regole proprie della prescrizione penale

(cod. proc. pen.: art. 74; cod. pen.: artt. 157, 159, 160)

— L’azione civile esercitata nel processo penale soggiace alle regole proprie della prescrizione penale, di guisa che ad essa sono applicabili anche gli istituti della sospensione e dell’interruzione di cui agli artt. 159 e 160 cod. pen., con la conseguenza che fruisce non solo del termine di prescrizione quinquennale (o superiore se per il reato è previsto un più lungo termine), ma anche del prolungamento dei termini conseguenti ad eventi interruttivi e sospensivi della prescrizione penale (Sent. n. 12587, Sez. V, del 18-3-2013).

 

Provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nonché del decreto di citazione a giudizio per l’indeterminatezza o l’omessa indicazione della data del commesso reato, dichiara la nullità del decreto – Non è abnorme – Ragione

(cod. proc. pen.: artt. 415 bis, 424, 606)

— Non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, a prescindere dall’esattezza della decisione, il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nonché del decreto di citazione a giudizio per l’indeterminatezza o l’omessa indicazione della data del commesso reato, dichiara la nullità del decreto, atteso che la dichiarazione di invalidità, se pure insussistente, costituisce esercizio dei poteri propri del giudice e dunque non colloca l’atto fuori dal sistema processuale (Sent. n. 11938, Sez. II, del 14-3-2013).

 

Pubblico ministero – Attività di individuazione delle impronte digitali mediante un sistema che evidenzia e fissa le stesse – Accertamenti tecnici non ripetibili – Non vi rientra

(cod. proc. pen.: art. 360)

— L’attività di individuazione delle impronte digitali mediante un sistema che, attraverso l’uso di un prodotto chimico, evidenzia e fissa le stesse non è assoggettata alla disciplina prevista per gli accertamenti non ripetibili (Sent. n. 10350, Sez. VI, del 6-3-2013).

 

Reato continuato – Continuazione tra contravvenzioni – Quando sussiste

(cod. pen.: artt. 39, 42, 43, 81 II co.)

— La continuazione può essere ravvisata tra contravvenzioni solo se l’elemento soggettivo ad esse comune sia il dolo e non la colpa, atteso che la richiesta unicità del disegno criminoso è di natura intellettiva e consiste nell’ideazione contemporanea di più azioni antigiuridiche programmate nelle loro linee essenziali. (Fattispecie nella quale la volontarietà della condotta è stata desunta dalla realizzazione di opere edilizie nonostante il rigetto della richiesta di rilascio del prescritto titolo abilitativo) (Sent. n. 10235, Sez. III, del 5-3-2013).

 

Responsabilità da reato degli enti – Ordinanza applicativa di misura interdittiva che, in merito alla sussistenza dei gravi indizi del reato presupposto, si limiti a rinviare per relationem alla motivazione del provvedimento applicativo delle misure cautelari personali agli autori del medesimo

(D.Lgs. 231/2001: artt. 45 II co., 47; cod. proc. pen.: art. 292)

— In tema di responsabilità da reato degli enti, è viziata per difetto di motivazione l’ordinanza che, nel disporre nei confronti della persona giuridica una misura interdittiva, in merito alla sussistenza dei gravi indizi del reato presupposto si limiti a rinviare per relationem alla motivazione del provvedimento applicativo delle misure cautelari personali agli autori del medesimo, senza dare conto delle ragioni per cui abbia disatteso le contestazioni sollevate in proposito dalla difesa nel corso dell’udienza prevista dall’art. 47 D.Lgs. n. 231 del 2001 (Sent. n. 10904, Sez. VI, del 7-3-2013).

 

Responsabilità da reato degli enti – Provvedimento applicativo di misura cautelare che non esponga i motivi per i quali si ritengono non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa – Nullità – Fondamento

(D.Lgs. 231/2001: artt. 45 II co., 47; cod. proc. pen.: art. 292)

— In tema di responsabilità da reato degli enti, è nullo il provvedimento applicativo di misura cautelare che non esponga i motivi per i quali si ritengono non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, in quanto l’art. 45 D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 richiama espressamente l’art. 292 c.p.p., nel contesto di un modello procedimentale a contraddittorio anticipato. (Fattispecie relativa ad ordinanza motivata per relationem con riferimento ad un provvedimento cautelare personale, priva di qualunque osservazione sulle contestazioni mosse dalla difesa contro di questo mediante richiesta di riesame e riproposte all’udienza fissata ex art. 47 D.Lgs. n. 231 del 2001) (Sent. n. 10903, Sez. VI, del 7-3-2013).

 

Responsabilità da reato degli enti – Sanzioni interdittive – Nozione di profitto

(D.Lgs 231/2001: art. 13 I co. lett. a; cod. pen.: art. 240 I co.)

— In tema di responsabilità da reato degli enti, la nozione di profitto la cui rilevante entità legittima l’applicazione, anche a titolo cautelare, delle sanzioni interdittive ha un contenuto più ampio di quella di profitto del reato destinato alla confisca, ma comunque si riferisce ad un profitto effettivamente conseguito dalla persona giuridica, il quale non può ritenersi costituito dall’insorgere di meri crediti a favore della medesima (Sent. n. 13061, Sez. VI, del 21-3-2013).

 

Sentenza di condanna – Principio dell’«al di là di ogni ragionevole dubbio» – Sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza

(cod. proc. pen.: artt. 533 I co., 593, 606; L. 46/2006: art. 5)

— Il principio dell’«al di là di ogni ragionevole dubbio», introdotto nell’art. 533 c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello (Sent. n. 10411, Sez. V, del 6-3-2013).

 

Sentenze divenute irrevocabili – Acquisibilità ai fini della prova dei fatti in esse accertati – Ambito

(cod. proc. pen.: art. 238 bis)

— L’acquisibilità delle sentenze divenute irrevocabili ai fini della prova dei fatti in esse accertati riguarda esclusivamente le sentenze pronunziate in altro procedimento penale e non anche quelle pronunziate in un procedimento civile, attese le evidenti e sostanziali asimmetrie in ordine alla valutazione della prova che caratterizzano i due diversi ordinamenti processuali (Sent. n. 14042, Sez. V, del 25-3-2013).

 

Termini processuali – Sospensione nel periodo feriale

(L. 742/1969: art. 2; disp. att. cod. proc. pen.: art. 240 bis; cod. proc. pen.: artt. 380 e segg., 449, 585)

— L’istituto della sospensione nel periodo feriale, fuori dei casi previsti dall’art. 2 legge 7 ottobre 1969, n. 742, si applica anche al termine per proporre impugnazione avverso le sentenze deliberate all’esito di giudizio direttissimo conseguente alla convalida di arresto in flagranza (Sent. n. 10347, Sez. VI, del 6-3-2013).

 

Traffico di influenze illecite – Comportamento punibile

(cod. pen.: art. 346 bis; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. r)

— Il delitto di traffico di influenze di cui all’art. 346 bis cod. pen., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, della L. n. 190 del 2012, è una fattispecie che punisce un comportamento propedeutico alla commissione di un’eventuale corruzione e non è, quindi, ipotizzabile quando sia già stato accertato un rapporto, partitario o alterato, fra il pubblico ufficiale ed il soggetto privato (Sent. n. 11808, Sez. VI, del 12-3-2013).

 

Turbata libertà degli incanti – È configurabile anche quando la procedura di aggiudicazione è basata su un criterio di scelta del contraente incompatibile con il diritto comunitario – Ragione

(cod. pen.: art. 353; L. 109/1994: art. 21; dir. 93/37/CE: art. 30 n. 1)

— Il reato di turbata libertà degli incanti è configurabile anche quando la procedura di aggiudicazione è basata su un criterio di scelta del contraente incompatibile con il diritto comunitario, poiché tale circostanza incide sulla sola regolarità amministrativa della gara, da far valere eventualmente davanti al giudice amministrativo. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la rilevanza della questione di interpretazione pregiudiziale dell’art. 30 n. 1 della direttiva 93/37/CE, dedotta dal ricorrente in ragione dell’asserita incompatibilità con questa disposizione dell’art. 21 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, laddove prevede il metodo di aggiudicazione, adottato dalla stazione appaltante, che comporta l’esclusione automatica delle offerte ritenute eccessivamente basse) (Sent. n. 12821, Sez. VI, del 19-3-2013).

 

Turbata libertà degli incanti – È reato di pericolo

(cod. pen.: art. 353)

— Il reato di turbata libertà degli incanti è reato di pericolo che si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, non occorrendo l’effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell’illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara. (Fattispecie di ritenuta sussistenza dell’illecito, in cui lo scambio di informazioni tra più imprese prima dello svolgimento della gara, avvenuto al fine di predeterminarne l’esito, sebbene avesse inciso in misura modesta sul calcolo delle medie per l’individuazione dell’aggiudicatario e fosse inidoneo a dare garanzie assolute sul risultato, aveva concretamente alterato il confronto delle offerte ed influenzato la regolarità della competizione) (Sent. n. 12821, Sez. VI, del 19-3-2013).

 

Turbata libertà degli incanti realizzata con la condotta di collusione – Momento consumativo

(cod. pen.: artt. 110, 353)

— Il reato di turbata libertà degli incanti, se realizzato con la condotta di collusione, si consuma nel momento in cui è stata presentata l’ultima delle offerte illecitamente concordate, mentre nessun rilievo assume il successivo atto di aggiudicazione, posto che il turbamento si verifica per il solo fatto della presentazione delle offerte (Sent. n. 12821, Sez. VI, del 19-3-2013).