Massime civili della Cassazione di settembre 2012

Appalto avente ad oggetto la costruzione di un immobile su fondo del committente – Risoluzione per inadempimento dell’appaltatore

(cod. civ.: artt. 934, 1453, 1492 III co., 1655)

— Nel caso di risoluzione, per inadempimento dell’appaltatore, di un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un immobile su fondo del committente, è facoltà di quest’ultimo, il quale non ritenga di poter utilizzare il manufatto, chiedere la demolizione dello stesso ovvero il risarcimento del danno pari al costo dei lavori a tale scopo necessari. Se invece il committente intenda ritenere le opere, divenute di sua proprietà per accessione, e queste siano suscettibili di essere utilizzate, spetta all’appaltatore un compenso nei limiti in cui il medesimo committente abbia ricavato vantaggio, senza che trovi applicazione, nella specie, la preclusione del rimedio della risoluzione, prevista in tema di compravendita dall’art. 1492, comma 3, c.c., per l’ipotesi in cui il compratore abbia alienato o trasformato il bene consegnato, dal momento che tale norma, dettando una peculiare disciplina relativa alla garanzia per i vizi della cosa venduta, non è espressione di un principio generale in materia di risoluzione del contratto (Sent. n. 16291, Sez. II, del 25-9-2012).

 

Appello – Domanda nuova – Nozione

(cod. proc. civ.: art. 345 I co.)

— Si ha domanda nuova — inammissibile in appello — per modificazione della causa petendi quando i nuovi elementi, dedotti dinanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio. (In applicazione di tale principio la S.C. ha confermato la decisione della Corte territoriale che aveva ritenuto inammissibile, in quanto fondata su diversa causa petendi, la domanda in appello del lavoratore volta a far dichiarare l’interposizione fittizia in prestazioni di lavoro, sulla base dell’assenza di un’organizzazione produttiva nell’impresa asseritamente interposta, laddove in primo grado il lavoratore aveva fondato l’interposizione sulla corrispondenza delle mansioni svolte alle attività aziendali dell’interposto e non a quelle dell’interponente) (Sent. n. 15101, Sez. lavoro, del 10-9-2012).

 

Arbitrato – Clausola compromissoria relativa alle controversie sull’interpretazione, sulla conclusione e sulla risoluzione di un contratto – Ambito di applicazione

(cod. proc. civ.: art. 808; cod. civ.: artt. 1218, 1326, 1362, 1453)

— La clausola compromissoria relativa alle controversie sull’interpretazione, la conclusione e la risoluzione di un contratto ricomprende nel suo ambito di applicazione la domanda di risarcimento del danno da inadempimento, la quale, analogamente alla domanda di risoluzione, attiene alla fase esecutiva del contratto, implicando l’accertamento dell’inottemperanza delle parti alle obbligazioni assunte (Sent. n. 15068, Sez. VI, del 10-9-2012).

 

Assicurazione R.C.A. – Controversia tra l’assicuratore ed il terzo danneggiato – Onere di provare la misura del massimale assicurato

(cod. civ.: artt. 1888, 2697; D.Lgs. 209/2005: artt. 128, 144)

— Nella controversia tra l’assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli ed il terzo danneggiato, l’onere di provare la misura del massimale assicurato grava sul primo; tale prova, tuttavia, può essere data sia attraverso la produzione in giudizio della polizza, sia attraverso l’esibizione di altri documenti, dai quali sia desumibile il contenuto del contratto (Sent. n. 16541, Sez. III, del 28-9-2012).

 

Circolazione stradale – Presunzione di colpa ex art. 2054 I co. cod. civ. in caso di sinistro preceduto dallo scoppio di un pneumatico

(cod. civ.: artt. 2054 I co., 2697)

— Il conducente di un veicolo a motore, per liberarsi dalla presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., non può limitarsi ad allegare e provare che il sinistro sia stato preceduto dallo scoppio di un pneumatico, ma ha l’onere di provare sia che lo scoppio non sia dovuto a difetto di manutenzione, sia che lo sbandamento seguito allo scoppio sia stato inevitabile ed abbia precluso qualsiasi manovra di emergenza (Sent. n. 14959, Sez. III, del 6-9-2012).

 

Condanna generica al risarcimento del danno – Presupposto

(cod. civ.: art. 2043; cod. proc. civ.: art. 278)

— La pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l’accertamento della concreta esistenza dello stesso riservato alla successiva fase, con la conseguenza che al giudice della liquidazione è consentito di negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull’an (Sent. n. 15335, Sez. II, del 13-9-2012).

 

Condominio – Lastrici solari di uso esclusivo – Criterio di ripartizione fra i condomini delle spese di riparazione o di ricostruzione

(cod. civ.: art. 1126)

— In tema di condominio negli edifici, il criterio di ripartizione fra i condomini delle spese di riparazione o di ricostruzione delle terrazze a livello che servano di copertura dei piani sottostanti, fissato dall’art. 1126 c.c. (un terzo a carico del condominio che abbia l’uso esclusivo del lastrico o della terrazza; due terzi a carico dei proprietari delle unità abitative sottostanti), è applicabile in ogni caso di spesa, ordinaria o straordinaria, di manutenzione o di rifacimento, che riguardi la struttura delle terrazze stesse e la loro finalità di copertura, escluse le spese dirette unicamente al miglior godimento delle unità immobiliari di proprietà individuale di cui le terrazze siano il prolungamento (Sent. n. 16583, Sez. II, del 28-9-2012).

 

Condominio – Perimento totale o parziale dell’edificio

(cod. civ.: artt. 832, 952, 1117, 1128)

— In ipotesi di perimento totale o parziale dell’edificio in condominio, anche inferiore ai tre quarti del suo valore, ciascun condomino ha il potere di ricostruire le parti comuni del fabbricato, che siano andate distrutte e che siano indispensabili per ripristinare l’esistenza e il godimento del bene di dominio individuale, nell’esercizio non di un diritto di superficie, ma di facoltà inerenti alla proprietà esclusiva ed a quella condominiale, in quanto tali non suscettibili di prescrizione per non uso (Ord. n. 15482, Sez. VI, del 14-9-2012).

 

Contratto – Conclusione – Proposta

(cod. civ.: artt. 1325 n. 1, 1326)

— La proposta di concludere un contratto, costituendo un atto giuridico di natura negoziale diretto a provocare l’accettazione da parte del destinatario, deve contenere la completa formulazione del regolamento negoziale, attraverso la predisposizione di corrispettivi vincolanti ai fini dell’esecuzione delle prestazioni, in modo tale da richiedere la pura e semplice accettazione dell’altro contraente, senza ulteriori integrazioni. Ne consegue che non può essere qualificata come proposta in senso tecnico-giuridico la mera richiesta di esecuzione della prestazione, ancorché comprensiva di indicazioni relative alle condizioni economiche del futuro contratto (Ord. n. 15856, Sez. VI, del 20-9-2012).

 

Giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito – Principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – Violazione

(cod. civ.: art. 2043; cod. proc. civ.: artt. 112, 360 I co. n. 5)

— Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., il prescindere, travalicandole, dalle specifiche indicazioni quantitative della parte in ordine a ciascuna delle voci di danno elencate in domanda, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere, in base ad apprezzamento di fatto concernente l’interpretazione della domanda e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione, meramente indicative (come sarebbe lecito concludere allorché la parte, pur dopo l’indicazione, chieda comunque che il danno sia liquidato secondo giustizia ed equità) (Sent. n. 16450, Sez. lavoro, del 25-9-2012).

 

Impugnazioni – Acquiescenza parziale alla sentenza – Nozione di «parti della sentenza» ex art. 329 II co. cod. proc. civ.

(cod. proc. civ.: art. 329 II co.)

— La nozione di parte della sentenza, alla quale fa riferimento l’art. 329, comma 2, c.p.c., dettato in tema di acquiescenza implicita e cui si ricollega la formazione del giudicato interno, identifica soltanto le statuizioni minime, costituite dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibili di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia. Ne consegue che l’appello, motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi della suddetta statuizione minima suscettibile di giudicato, apre il riesame sull’intera questione che essa identifica, ed espande nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali alla statuizione impugnata, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame. (Fattispecie in cui la norma è stata individuata nella disposizione del regolamento condominiale ed in quelle codicistiche applicabili, e l’effetto nella deliberazione assembleare di attribuzione delle spese, quest’ultima espressamente censurata con l’atto di appello, con conseguente esclusione del giudicato anche sulle norme applicabili) (Sent. n. 16583, Sez. II, del 28-9-2012).

 

Lavoro autonomo – Diligenza del professionista o dell’imprenditore nell’adempimento delle obbligazioni assunte nell’esercizio delle loro attività

(cod. civ.: artt. 1176 II co., 1453, 2236, 2697)

— La diligenza esigibile dal professionista o dall’imprenditore, nell’adempimento delle obbligazioni assunte nell’esercizio delle loro attività, è una diligenza speciale e rafforzata, di contenuto tanto maggiore quanto più sia specialistica e professionale la prestazione a loro richiesta. Nella controversia concernente l’inadempimento contrattuale del professionista, pertanto, questi, per andare esente da un giudizio di condanna, ha l’onere di provare che l’insuccesso è dipeso da causa a lui non imputabile anche quando la prestazione richiestagli richiedeva la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, posto che problemi speciali esigono dal professionista una competenza speciale. Né a tale conclusione osta l’art. 2236 c.c., il quale non esonera affatto il professionista-debitore da responsabilità nel caso di insuccesso di prestazioni complesse, ma si limita a dettare un mero criterio per la valutazione della sua diligenza (Sent. n. 16254, Sez. III, del 25-9-2012).

 

Lavoro subordinato – Assunzione in prova

(cod. civ.: art. 2096)

— In tema di lavoro con patto di prova, l’art. 2096 c.c. — secondo il quale, scaduto il termine di durata della prova, ciascuna parte può recedere dal rapporto, divenendo in caso contrario definitiva l’assunzione — si riferisce al caso in cui, alla scadenza del termine, il rapporto di lavoro continui a svolgersi e non a quello in cui le prestazioni lavorative cessino alla scadenza e la volontà di recedere del datore venga recepita successivamente dal lavoratore; ne consegue che, in tale ultima ipotesi, il rapporto cessa al momento della ricezione del licenziamento (Sent. n. 15100, Sez. lavoro, del 10-9-2012).

 

Lavoro subordinato – Qualifiche – Copertura di posti di qualifica superiore mediante una selezione del personale di tipo concorsuale interno

(cod. civ.: artt. 1175, 1218, 1375, 2094)

— In tema di procedure concorsuali di selezione del personale, il datore di lavoro che intende procedere alla copertura di posti di qualifica superiore mediante una selezione del personale di tipo concorsuale interno assume un obbligo contrattuale, nei confronti di ciascun dipendente partecipante, all’osservanza delle regole procedurali e delle norme di selezione con le quali ha autodisciplinato la propria discrezionalità, secondo i principi di correttezza e buona fede; la violazione di tali criteri comporta il risarcimento del danno che al lavoratore può derivare per perdita di chance, e tale danno va risarcito sulla base del tasso di probabilità che egli aveva di risultare vincitore, qualora la selezione tra i concorrenti si fosse svolta in modo corretto e trasparente. (Nella specie, la Corte territoriale, nel qualificare la procedura bandita dal datore come procedura concorsuale, e non come selezione avente mera finalità orientativa, aveva ritenuto illegittimo il comportamento del datore che non si era poi attenuto alla graduatoria nella promozione dei dipendenti ed aveva condannato lo stesso al risarcimento dei danni in favore del dipendente vincitore pretermesso; la S.C. ha confermato la decisione ed affermato il principio su esteso) (Sent. n. 16233, Sez. lavoro, del 25-9-2012).

 

Lavoro subordinato – Rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione motivato dall’inadempimento del datore di lavoro

(cod. civ.: artt. 1460, 2119)

— Non costituisce giusta causa di licenziamento il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione, quando esso sia motivato dall’inadempimento del datore di lavoro, salvo il limite della buona fede. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto contraria a buona fede la condotta della lavoratrice che aveva rifiutato la prestazione e si era assentata dal lavoro per quaranta giorni dopo la scadenza del periodo di astensione per maternità, limitandosi ad eccepire l’inadempimento del datore di lavoro concernente una sola mensilità di retribuzione) (Sent. n. 14905, Sez. lavoro, del 5-9-2012).

 

Licenziamento – Impugnazione proposta da un rappresentante del lavoratore investito del relativo potere con procura rilasciata in forma scritta

(L. 604/1966: art. 6; cod. civ.: artt. 1387, 1398, 1399)

— All’impugnativa del licenziamento (ex art. 6 legge n. 604 del 1966), che costituisce un atto giuridico (non negoziale) unilaterale tra vivi a carattere patrimoniale, si applicano le norme sui contratti in quanto compatibili. È quindi ammissibile l’impugnativa mediante un rappresentante investito del relativo potere con procura rilasciata in forma scritta, mentre deve escludersi la retroattività della ratifica dell’impugnativa fatta dal rappresentante senza poteri. Ne consegue che anche la preventiva specifica procura o la successiva ratifica, cui è equiparata la proposizione del ricorso giudiziario con cui è impugnato il recesso datoriale, devono essere portate a conoscenza del datore di lavoro entro il termine di decadenza applicabile all’impugnativa del licenziamento (Sent. n. 15888, Sez. lavoro, del 20-9-2012).

 

Licenziamento orale – Inefficacia

(L. 604/1966: art. 2; L. 108/1990: art. 2; L. 300/1970: art. 18)

— Il licenziamento intimato oralmente è radicalmente inefficace per inosservanza dell’onere della forma scritta, imposto dall’art. 2 L. 15 luglio 1966 n. 604, novellato dall’art. 2 L. 11 maggio 1990 n. 108, e, come tale, è inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro, non rilevando, ai fini di escludere la continuità del rapporto stesso, né la qualità di imprenditore del datore di lavoro, né il tipo di regime causale applicabile (reale od obbligatorio), giacché la sanzione ivi prevista non opera soltanto nei confronti dei lavoratori domestici e di quelli ultrasessantenni (salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto). Ne consegue che la radicale inefficacia del licenziamento orale prescinde dalla natura stessa del recesso, trovando applicazione l’ordinario regime risarcitorio, con obbligo di corrispondere, trattandosi di rapporto di lavoro in atto, le retribuzioni non percepite a causa dell’inadempimento datoriale (Sent. n. 15106, Sez. lavoro, del 10-9-2012).

 

Licenziamento per giusta causa – Nozione di giusta causa

(cod. civ.: art. 2119)

— La giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, e, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare; a tal fine, quale comportamento che, per la sua gravità, è suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro, può assumere rilevanza disciplinare anche una condotta che, seppure compiuta al di fuori della prestazione lavorativa, sia idonea, per le modalità concrete con cui essa si manifesta, ad arrecare un pregiudizio, non necessariamente di ordine economico, agli scopi aziendali, tra i quali certamente rientra l’obbligo istituzionale dell’azienda di osservare ed applicare la normativa della Banca d’Italia in materia di antiriciclaggio. (Nel caso di specie, al lavoratore, dipendente di una banca, erano stati addebitati una serie di abusi ed irregolarità nelle operazioni di incasso degli assegni, tra cui la reiterazione del falso materiale relativo alla firma di alcuni parenti del dipendente e l’incoerenza tra l’entità delle operazioni compiute nell’arco temporale di riferimento e la capacità economica del dipendente quale conosciuta in base al reddito da lavoro, e la sentenza di merito aveva ritenuto illegittimo il licenziamento del dipendente, ritenendo l’estraneità al rapporto di lavoro delle operazioni, effettuate quale correntista; la Suprema Corte, nel cassare la decisione, ha affermato il principio su esteso) (Sent. n. 15654, Sez. lavoro, del 18-9-2012).

 

Notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede – Criterio di sufficienza

(cod. proc. civ.: artt. 145 I co., 148; cod. civ.: artt. 2697, 2727)

— Ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (art. 145, comma 1, c.p.c.), senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (Sent. n. 14865, Sez. tributaria, del 5-9-2012).

 

Notificazione di atti a soggetti diversi dalle persone fisiche privi di personalità giuridica – Luogo di esecuzione

(cod. proc. civ.: art. 145)

— La notificazione di atti a soggetti diversi dalle persone fisiche privi di personalità giuridica (nella specie, una società in nome collettivo) deve eseguirsi, di regola, nella sede indicata nell’atto costitutivo e nella registrazione (essendo questa senz’altro opponibile ai terzi) ovvero nella sede effettiva dell’impresa, atteso che anche per tali società, comunque iscritte nel registro delle imprese, si deve presumere, sino a prova contraria, la coincidenza tra sede legale e luogo di svolgimento continuativo dell’attività sociale (Sent. n. 16245, Sez. lavoro, del 25-9-2012).

 

Obbligazioni – Adempimento – Pagamento al creditore apparente

(cod. civ.: art. 1189)

— In tema di adempimento delle obbligazioni, l’art. 1189 c.c., che riconosce efficacia liberatoria al pagamento effettuato dal debitore in buona fede a chi appare legittimato a riceverlo, si applica, per identità di ratio, sia all’ipotesi di pagamento eseguito al creditore apparente, sia all’ipotesi in cui lo stesso venga effettuato a persona che appaia autorizzata a riceverlo per conto del creditore effettivo, il quale abbia determinato o concorso a determinare l’errore del solvens, facendo sorgere in quest’ultimo in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell’accipiens (Sent. n. 15339, Sez. II, del 13-9-2012).

 

Obbligazioni – Inadempimento – Costituzione in mora del debitore

(cod. civ.: artt. 1219, 2722, 2943)

— La forma scritta dell’intimazione o richiesta di adempimento, necessaria per la costituzione in mora del debitore, e, quindi, per l’interruzione della prescrizione, non osta, in difetto di espressa limitazione, all’ammissibilità della prova testimoniale, al fine indicato, sulle circostanze che quell’atto scritto sia stato effettivamente spedito o ricevuto dal debitore, perché le limitazioni previste per tale mezzo di prova dall’art. 2722 c.c. sono stabilite per i contratti e per taluni specialissimi atti unilaterali, tra i quali rientrano gli atti interruttivi della prescrizione previsti dalla legge (Ord. n. 14836, Sez. VI, del 4-9-2012).

 

Processo – Sospensione necessaria – Fattispecie in tema di giudizio di impugnazione del lodo per nullità

(cod. proc. civ.: artt. 295, 814)

— La sospensione necessaria del processo civile, a norma dell’art. 295 c.p.c., può disporsi solo se imposta da un’esplicita norma di legge, ovvero quando la definizione di una controversia costituisca l’indispensabile antecedente logico e giuridico dell’altra, di cui sia richiesto l’accertamento con efficacia di giudicato. Pertanto, la pendenza del giudizio di impugnazione del lodo per nullità, fondata sull’illegittimità dell’investitura degli arbitri, non impedisce al presidente del tribunale di liquidare il compenso per l’opera prestata ai sensi dell’art. 814 c.p.c., essendo la sua competenza limitata alla determinazione del quantum, senza che egli possa conoscere della denuncia di eventuali vizi del procedimento arbitrale (Ord. n. 15053, Sez. VI, del 7-9-2012).

 

Proprietà – Azione di regolamento di confini – Onere probatorio a carico dell’attore e del convenuto

(cod. civ.: artt. 950, 2697; cod. proc. civ.: artt. 115, 116)

— Nell’azione di regolamento di confini, la quale si configura come una vindicatio incertae partis, incombe sia sull’attore che sul convenuto l’onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, mentre il giudice, del tutto svincolato dal principio actore non probante reus absolvitur, deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili, ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario (Sent. n. 14993, Sez. II, del 7-9-2012).

 

Proprietà – Distanze legali nelle costruzioni ex artt. 873, 875 e 877 cod. civ.

(cod. civ.: artt. 873, 875, 877)

— In tema di distanze legali, gli artt. 873, 875, 877 c.c. non vietano di costruire con sporgenze e rientranze rispetto alla linea di confine, potendo, in tal caso, il proprietario del fondo finitimo costruire in aderenza alla fabbrica preesistente sia per la parte posta sul confine, sia per quella corrispondente alle rientranze, pagando in quest’ultimo caso la metà del valore del muro del vicino, che diventa comune, nonché il valore del suolo occupato per effetto dell’avanzamento della costruzione (Sent. n. 15632, Sez. II, del 18-9-2012).

 

Prova – Principio di acquisizione probatoria – Portata

(cod. proc. civ.: artt. 115, 116, 221, 244; cod. civ.: art. 2700)

— Il principio di acquisizione probatoria comporta l’impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove ormai assunte, le quali possono giovare o nuocere all’una o all’altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte, e non già l’obbligo del giudice di considerare e tener comunque ferme tutte le prove sol perché già espletate, ancorché ammesse in violazione di norme di legge. Ne consegue che legittimamente il giudice d’appello può ritenere erroneamente ammessa in primo grado, e dunque non utilizzabile ai fini della sua decisione, la prova testimoniale diretta a contestare, al di fuori del procedimento di querela di falso, un fatto il cui accertamento sia assistito da fede pubblica privilegiata (Ord. n. 15480, Sez. VI, del 14-9-2012).

 

Prova testimoniale – Incapacità a testimoniare dell’amministratore di una società

(cod. proc. civ.: artt. 75, 100, 246)

— In tema di prova per testimoni, l’amministratore di una società è incapace a testimoniare soltanto nel processo in cui rappresenti la società medesima, non potendo assumere contemporaneamente la posizione di parte e di teste, ovvero se nella causa abbia un interesse attuale e concreto, che potrebbe legittimarne la partecipazione al giudizio, e non già meramente ipotetico, quale quello relativo ad una sua eventuale responsabilità verso la società (Sent. n. 14987, Sez. II, del 7-9-2012).

 

Prova testimoniale – Incapacità a testimoniare della vittima di un sinistro stradale nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro

(cod. proc. civ.: art. 246; cod. civ.: art. 2043)

— La vittima di un sinistro stradale è incapace ex art. 246 c.p.c. a deporre nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro, a nulla rilevando né che il testimone abbia dichiarato di rinunciare al risarcimento, né che il relativo credito si sia prescritto (Sent. n. 16541, Sez. III, del 28-9-2012).

 

Responsabilità contrattuale da inadempimento del promissario acquirente dell’obbligo di stipulare il contratto definitivo, assunto in una promessa di vendita di immobile altrui – Criterio di prevedibilità del danno risarcibile

(cod. civ.: artt. 1223, 1225, 1351, 1478)

— In tema di responsabilità contrattuale derivante dall’inadempimento da parte del promissario acquirente dell’obbligo di stipulare il contratto definitivo, assunto in una promessa di vendita di immobile altrui, il criterio di prevedibilità del danno risarcibile può comportare il ristoro del pregiudizio consistente nella differenza fra il prezzo pattuito in sede di preliminare e quello inferiore successivamente realizzato, mentre non consente di tener conto della perdita subita dal promittente venditore per aver dovuto restituire il bene al proprietario, in seguito al decorso del termine stabilito nell’accordo interno intercorso con quest’ultimo, non potendo rientrare nella normalità delle circostanze, secondo un criterio di comune esperienza, il fatto che la mancata conclusione del definitivo comporti la retrocessione dell’immobile al suo titolare (Sent. n. 15639, Sez. II, del 18-9-2012).

 

Responsabilità dell’Anas per il danno causato ad un automobilista dalla presenza di un grosso sasso sulla sede stradale – Responsabilità ex art. 2051 cod. civ. – Configurabilità – Limite

(cod. civ.: art. 2051)

— L’Anas si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., del danno causato ad un automobilista dalla presenza di un grosso sasso sulla sede stradale, a meno che non dimostri che il danno sia stato causato da una condotta colposa della vittima (Sent. n. 16542, Sez. III, del 28-9-2012).

 

Revocazione – Casi – Recupero tardivo del documento decisivo per fatto imputabile a negligenza della parte impugnante

(cod. proc. civ.: art. 395 n. 3)

— È inammissibile l’impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 3, c.p.c., quando la parte abbia recuperato tardivamente il documento decisivo per fatto imputabile a sua negligenza. (In applicazione di questo principio, in una controversia nella quale si faceva questione della riduzione della rendita catastale rispetto a quella applicata dagli Uffici finanziari, la S.C., annullando la sentenza impugnata e decidendo nel merito, ha rilevato che il documento attestante l’avvenuta riduzione avrebbe potuto essere acquisito tempestivamente con l’ordinaria diligenza, trattandosi di un certificato acquisibile a semplice richiesta presso un ufficio pubblico, e relativo ad una situazione nota al contribuente, che aveva proposto la riduzione della rendita e non aveva ricevuto notizia della determinazione della rendita definitiva nei dodici mesi successivi, così come prescritto dall’art. 1, comma 3, D.M. Finanze 19 aprile 1994 n. 701) (Sent. n. 15242, Sez. tributaria, del 12-9-2012).

 

Ricorso per cassazione con cui si lamenta l’erronea od omessa valutazione, da parte del giudice di merito, di atti e documenti – Casi in cui è inammissibile

(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 6)

— Il ricorso per cassazione col quale si lamenta l’erronea od omessa valutazione, da parte del giudice di merito, di atti e documenti, è inammissibile sia quando si limita a richiamarli senza trascriverne i passi salienti o, in alternativa, senza fornire gli elementi necessari per individuarli all’interno del fascicolo; sia quando, all’opposto, il ricorrente trascriva pedissequamente e per intero nel ricorso atti e documenti di causa, addossando in tal modo alla Corte il compito, ad essa non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere (Sent. n. 16254, Sez. III, del 25-9-2012).

 

Ricorso per cassazione – Deposito – Inosservanza del termine ex art. 369 I co. cod. proc. civ.

(cod. proc. civ.: artt. 360 bis, 369 I co.)

— L’inosservanza del termine stabilito dall’art. 369 c.p.c. per il deposito in cancelleria del ricorso per cassazione ne comporta l’improcedibilità. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, c.p.c.) (Ord. n. 15544, Sez. VI, del 17-9-2012).

 

Ricorso per cassazione – Inammissibilità ex art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ.

(cod. proc. civ.: artt. 360, 360 bis n. 1)

— In applicazione dell’art. 360 bis, comma 1, n. 1, c.p.c., deve essere dichiarato inammissibile, per contrasto con la suddetta disposizione, il ricorso per cassazione che non solo non è conforme allo schema di cui all’art. 360 c.p.c. (e, per tale ragione, è inammissibile) ma le cui (inammissibili) censure sono prospettate sul presupposto della contestazione dell’interpretazione della normativa applicabile adottata dalla sentenza impugnata — conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità — senza però offrire elementi validi a modificare i suddetti orientamenti (Sent. n. 15523, Sez. lavoro, del 17-9-2012).

 

Ricorso per cassazione – Motivi – Vizi diversi dedotti con un unico articolato motivo d’impugnazione

(cod. proc. civ.: art. 360 I co.)

— È ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi diversi, qualora lo stesso si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali si riferisca al singolo profilo dedotto, e sintetizzi le ragioni illustrate nel motivo in modo da consentire alla Corte di rispondere con l’enunciazione di una regula iuris idonea a trovare applicazioni ulteriori al di là del caso sottoposto all’esame del giudice che ha emesso la pronuncia impugnata (Sent. n. 15242, Sez. tributaria, del 12-9-2012).

 

Ricorso per cassazione – Motivi – Vizio attinente all’applicazione dell’art. 342 I co. cod. proc. civ. in ordine alla specificità dei motivi di appello

(cod. proc. civ.: artt. 342 I co., 360 I co. n. 3)

— Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio attinente all’applicazione dell’art. 342 c.p.c. in ordine alla specificità dei motivi di appello, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, restando fermo che l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi è legittimamente dichiarata solo allorché l’incertezza investa l’intero contenuto dell’atto, mentre, allorché sia possibile individuare uno o più motivi sufficientemente identificati nei loro elementi essenziali (nella specie, circa la misura del risarcimento liquidato per l’occupazione acquisitiva di una porzione di terreno), l’eventuale difetto di determinazione di altri motivi, malamente formulati nel medesimo atto (nella specie, circa il diniego di risarcimento per la perdita di valore della porzione residua non acquisita), legittima la declaratoria d’inammissibilità dell’appello per questi motivi soltanto e non dell’appello nella sua interezza (Sent. n. 15071, Sez. I, del 10-9-2012).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale causato da una diffamazione a mezzo stampa – Obbligo relativo – Sorge anche quando la persona offesa, pur non essendo nominata, sia chiaramente ed univocamente identificabile

(cod. civ.: art. 2059; cod. pen.: art. 595 III co.)

— L’obbligo di risarcire il danno non patrimoniale causato da una diffamazione commessa col mezzo della stampa sorge non solo quando la persona diffamata sia nominata nello scritto, ma anche quando pur non essendo nominata sia chiaramente ed univocamente identificabile (Sent. n. 16543, Sez. III, del 28-9-2012).

 

Sentenza – Omessa indicazione nell’epigrafe della sentenza del nome di una delle parti – Nullità della sentenza – Condizione

(cod. proc. civ.: artt. 132 II co. n. 2, 156)

— L’omessa indicazione nell’epigrafe della sentenza del nome di una delle parti rende nulla la sentenza quando né dallo svolgimento del processo, né dai motivi della decisione, sia dato desumere la sua effettiva partecipazione al giudizio, con conseguente incertezza assoluta nell’individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti (Sent. n. 16535, Sez. III, del 28-9-2012).

 

Servitù di passaggio costituita in favore di un fondo adibito ad industria termale al fine di consentire alla clientela di questa di raggiungere il mare – È una servitù aziendale

(cod. civ.: artt. 1027, 1028)

— Non è configurabile quale servitù per utilità inerente alla destinazione industriale del fondo dominante, riconosciuta dall’art. 1028 c.c., ma quale servitù aziendale, non ammessa nell’ordinamento vigente, la servitù di passaggio costituita in favore di un fondo adibito ad industria termale al fine di consentire alla clientela di questa di raggiungere il mare, trattandosi di utilità inerente non all’industria, quanto all’azienda che insiste sul fondo, in funzione dell’offerta di maggiori servizi, consistenti, nella specie, nel servizio di balneazione marittima (Sent. n. 16427, Sez. II, del 27-9-2012).