Perché così pochi ammessi agli orali nel recente concorso in Magistratura?

Perché così pochi ammessi agli orali nel recente concorso in Magistratura?

 

Il 20 maggio sono stati resi noti gli esiti della correzione dei compiti scritti del concorso a 310 posti di magistrato ordinario, indetto con decreto ministeriale del 29 ottobre 2019, le cui prove scritte si erano svolte il 15 e il 16 luglio 2021 a Roma, Milano, Torino, Bologna, Rimini e Bari. Sono stati ammessi agli orali 220 candidati dei 3.797 che avevano consegnato i due compiti, vale a dire soltanto il 5,79%.

Non so se si tratti della percentuale più bassa dell’intera storia dei concorsi per magistrato ordinario (in passato, uditore giudiziario), però è certamente la più bassa, e nettamente, fra tutti i concorsi indetti negli ultimi 37 anni, cioè da quando io raccolgo i dati statistici relativi ai concorsi per magistrato ordinario. Infatti, la percentuale di candidati ammessi agli orali nei 32 concorsi svoltisi negli ultimi 37 anni prima del concorso attuale oscilla da un minimo di 8,53 (concorso indetto il 28 febbraio 2004) ad un massimo di 28,59 (concorso indetto il 12 marzo 2002).

Quali possono essere le ragioni di una percentuale così bassa di ammessi agli orali?

1) Si potrebbe ipotizzare che la Commissione esaminatrice, presieduta dal Consigliere di Cassazione Giacomo Fumu, sia stata troppo severa nella valutazione dei compiti scritti. Però, il Cons. Fumu aveva già presieduto la Commissione del concorso indetto il 23 marzo 2004, che ammise agli orali il 9,08% dei candidati, vale a dire una percentuale tra le più basse ma comunque decisamente superiore al 5,79% del concorso attuale. Certo, in entrambe le Commissioni il Cons. Fumu non giudicava da solo, ma comunque il Presidente svolge un ruolo molto importante nella fissazione dei criteri di valutazione. E ricordo, per aver assistito agli orali del concorso indetto nel 2004, che il Presidente Fumu non era particolarmente severo e, a mio avviso, lavorò bene.

2) Molti potrebbero anche pensare che i candidati avessero mediamente una scarsa preparazione giuridica, e addebitare tale presunta impreparazione alle Facoltà di Giurisprudenza, ai corsi specialistici e/o ai libri di testo; oppure, come qualche indiscrezione giornalistica mette in evidenza, che tanti candidati avessero gravi lacune sotto il profilo grammaticale e sintattico. Ma sarebbe alquanto singolare che tali carenze siano emerse in maniera così vistosa e all’improvviso solo in questo concorso. Infatti, le percentuali di ammissione agli orali dei cinque concorsi precedenti l’attuale sono, andando a ritroso, le seguenti: 9,74; 18,12; 13,05; 12,64; 12,46: dunque, di gran lunga superiori.

3) E se la causa risiedesse invece nelle due sole prove scritte del concorso attuale, anziché le consuete tre, che avrebbero impedito la “compensazione” che — si dice — talvolta avviene se il candidato ha fatto due ottimi compiti scritti e un terzo, invece, leggermente insufficiente? I numeri, però, dicono di no perché negli ultimi 37 anni accadde tre volte, prima di adesso, che le prove scritte fossero soltanto due, e, se è vero che in due casi la percentuale di ammessi agli orali fu bassa (8,53 e 9,08), nel terzo fu addirittura la più alta degli ultimi 37 anni (28,59).

A mio avviso la ragione principale del 5,79% di ammessi agli orali del concorso attuale va ritrovata nelle sole quattro ore dalla dettatura della traccia, anziché le consuete otto, che i candidati hanno avuto a disposizione per gli “elaborati teorici”, come definiti dalle disposizioni ministeriali. Tale dimezzamento del tempo a disposizione non ha consentito, a mio avviso, a molti candidati di svolgere degli “elaborati teorici”, ancorché “sintetici” — sempre secondo la dizione del Ministero della Giustizia —, all’altezza.

Nell’ormai prossimo concorso a 500 posti di magistrato ordinario i candidati avranno a disposizione cinque ore per redigere i tre “sintetici elaborati teorici”; dunque, avranno un’ora in più. Basterà?

Federico Brusca