Massime penali della Cassazione di novembre 2014

Alterazione di stato ex art. 567 II co. cod. pen. – Criterio di necessità

(cod. pen.: artt. 495, 567 II co.; cod. civ.: art. 232 II co.)

— Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 567, comma 2, c.p., è necessaria un’attività materiale di alterazione di stato che costituisca un quid pluris rispetto alla mera falsa dichiarazione, e si caratterizzi per l’idoneità a creare una falsa attestazione, con attribuzione al figlio di una diversa discendenza, in conseguenza dell’indicazione di un genitore diverso da quello naturale. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che la condotta di una madre che si era limitata ad omettere l’indicazione del suo stato matrimoniale all’atto della dichiarazione della nascita del figlio potesse configurare il reato di alterazione di stato, dovendo ravvisarsi invece la fattispecie di cui all’art. 495 c.p., in quanto la dichiarazione, pur se non veritiera, non era idonea ad eliminare il rapporto di filiazione effettivamente sussistente tra detto minore e il marito, in forza di quanto stabilito dall’art. 232, comma 2, c.c.) (Sent. n. 47136, Sez. VI, del 14-11-2014).

 

Appropriazione indebita – Fondamento

(cod. pen.: art. 646)

— In tema di appropriazione indebita, il fondamento del reato di cui all’art. 646 c.p. deve essere individuato nella volontà del legislatore di sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l’autonoma disponibilità della res, dia alla stessa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che ne giustificano il possesso, anche nel caso in cui si tratti di una somma di danaro. (Fattispecie in tema di appropriazione, da parte del consulente di una società, di una somma di denaro destinata al soddisfacimento di un creditore) (Sent. n. 46475, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

Arma impropria – Nozione

(L. 110/1975: art. 4; cod. pen.: artt. 582, 585 II co. n. 2)

— Per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all’offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacché il porto dell’oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma. (Fattispecie in tema di lesioni personali aggravate in cui la Corte ha qualificato un guinzaglio come arma impropria) (Sent. n. 46482, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

Associazione di tipo mafioso

(cod. pen.: art. 416 bis)

— In tema di associazione di stampo mafioso, la permanente «disponibilità» al servizio dell’organizzazione a porre in essere attività delittuose, anche di bassa manovalanza — ma pur sempre necessarie per il perseguimento dei fini dell’organizzazione —, rappresenta univoco sintomo, indipendentemente dalla prova di una formale iniziazione, di inserimento strutturale nel sodalizio e, quindi, di vera e propria partecipazione, seppur ad un livello minimale, all’associazione, mentre, invece, la «legalizzazione» e la conseguente qualifica di «uomo d’onore» costituiscono uno stadio più evoluto nella progressione carrieristica del mafioso nell’organigramma piramidale criminoso (Sent. n. 48676, Sez. V, del 24-11-2014).

 

Associazione per delinquere – Fattispecie

(cod. pen.: art. 416)

— Il reato di associazione a delinquere può ritenersi sussistente anche a fronte di un movimento di manifestanti al cui interno è possibile individuare un gruppo di soggetti organizzati che si propongono di raggiungere il fine politico dell’organizzazione (anche) tramite la commissione di fatti delittuosi (Sent. n. 46150, Sez. V, del 7-11-2014).

— In tema di associazione per delinquere, la costituzione del sodalizio criminoso non è esclusa per il fatto che lo stesso sia imperniato per lo più intorno a componenti della stessa famiglia perché, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, lo rendono ancora più pericoloso (Sent. n. 49007, Sez. II, del 25-11-2014).

 

Atti persecutori – Prova – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 612 bis)

— In tema di atti persecutori, la prova dell’evento del delitto in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (Sent. n. 46510, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

* Bancarotta fraudolenta patrimoniale – Criterio di sufficienza

(R.D. 267/1942: art. 216)

— Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, ma è sufficiente aver cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sent. n. 47616, Sez. V, del 18-11-2014).

 

Bancarotta fraudolenta patrimoniale – Elemento soggettivo – Dolo generico – Sufficienza

(R.D. 267/1942: art. 216)

— Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non richiede il dolo specifico, ma si perfeziona con il dolo generico, ossia con la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sent. n. 47616, Sez. V, del 18-11-2014).

 

Bancarotta fraudolenta per distrazione – È reato di pericolo – Conseguenza

(R.D. 267/1942: artt. 5, 216)

— Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo, ed è pertanto irrilevante che al momento della consumazione l’agente non avesse consapevolezza dello stato d’insolvenza dell’impresa per non essersi lo stesso ancora manifestato (Sent. n. 47616, Sez. V, del 18-11-2014).

 

Carcere duro ex art. 41 bis Ord. Penit.

(L. 354/1975: art. 41 bis)

— In tema di regime differenziato previsto dall’art. 41 bis L. 26 luglio 1975 n. 354, la sottoscrizione, in via d’urgenza, del relativo decreto applicativo da parte del Sottosegretario di Stato delegato non integra difetto assoluto di attribuzione con conseguente nullità del provvedimento, bensì vizio di incompetenza che determina annullabilità dell’atto medesimo, sanabile a seguito di successiva convalida da parte del Ministro (Sent. n. 46017, Sez. I, del 6-11-2014).

 

Circostanza aggravante dell’aver agevolato l’attività di associazioni di tipo mafioso

(D.L. 152/1991: art. 7; cod. pen.: art. 416)

— La circostanza aggravante prevista dall’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, conv. con modif. nella L. 12 luglio 1991 n. 203, è configurabile anche quando la condotta è finalizzata ad agevolare una pluralità di diverse associazioni mafiose. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione impugnata che aveva applicato l’aggravante a persona che, quale appartenente ad un sodalizio riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 416 c.p., aveva effettuato plurime cessioni di armi a due associazioni di tipo mafioso in «guerra» tra loro) (Sent. n. 48676, Sez. V, del 24-11-2014).

 

Concorso di persone nel reato – Concorso morale – Criterio di sufficienza

(cod. pen.: artt. 110, 476)

— Ai fini della configurazione del concorso morale è sufficiente l’incidenza dell’opera dell’istigatore sul determinismo psicologico dell’autore materiale, anche solo rinsaldando il proposito criminoso di quest’ultimo. Ne consegue che, quando si tratti di reato di falso in atto pubblico, dell’attività di falsificazione rispondono, a titolo di concorso, coloro che abbiano agito per il medesimo fine, sia intervenendo con qualsiasi contributo materiale a detta attività, sia istigando il pubblico ufficiale o rafforzandone il proposito criminoso. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha ritenuto sussistente la responsabilità, ex artt. 110 e 476 c.p., dell’imputato il quale aveva presentato domanda di pensionamento in ragione di dati falsi inseriti dal pubblico ufficiale nell’archivio informatico dell’Inps a vantaggio dello stesso imputato, consistente in una pensione di importo superiore e decorrente prima del tempo) (Sent. n. 47052, Sez. V, del 13-11-2014).

 

Concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità – Elemento differenziatore fra i rispettivi elementi oggettivi

(cod. pen.: artt. 317, 319 quater)

— Il delitto di concussione, di cui all’art. 317 cod. pen., è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di un’utilità indebita, e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater cod. pen., la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come induzione indebita la condotta di ispettori della polizia municipale che, prospettando ai relativi titolari il rischio di pagamento di sanzioni elevate ovvero di chiusura degli esercizi commerciali, in ragione di violazioni amministrative effettivamente riscontrate, avevano indotto i commercianti a fornire loro diverse utilità) (Sent. n. 47014, Sez. VI, del 13-11-2014).

— L’elemento che differenzia le nozioni di induzione e costrizione, le quali costituiscono l’elemento oggettivo rispettivamente dei delitti di cui agli artt. 319 quater e 317 c.p., non va individuato nella maggiore o minore intensità della pressione psicologica esercitata sul soggetto passivo dall’agente pubblico, ma nella tipologia del danno prospettato, che è ingiusto nel delitto di cui all’art. 317 e conforme alle previsioni normative in quello di cui all’art. 319 quater. (In applicazione del principio, la Corte ha giudicato immune da vizi la decisione impugnata che aveva ritenuto integrato il delitto di concussione in relazione alla condotta di un carabiniere che aveva chiesto — ed in un caso ottenuto — a due imprenditori agricoli il versamento di somme di danaro, asseritamente destinate ad aiutare il figlio malato di un collega, con la «minaccia tacita» che, in caso contrario, avrebbe assunto iniziative vessatorie nei confronti loro e delle rispettive aziende) (Sent. n. 48034, Sez. VI, del 20-11-2014).

 

Correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza

(Cost.: art. 111 II co.; CEDU: art. 6; cod. proc. pen.: art. 521; cod. pen.: artt. 477, 482, 497 bis)

— L’attribuzione in sentenza al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione non determina la violazione dell’art. 521 c.p.p., neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’art. 111, comma 2, Cost., e dell’art. 6 CEDU come interpretato dalla Corte europea, qualora la nuova definizione del reato appaia come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile, o, comunque, quando l’imputato ed il suo difensore abbiano avuto nella fase di merito la possibilità di interloquire in ordine alla stessa. (Nell’affermare il principio indicato, la Corte ha escluso la violazione del diritto al contraddittorio in una fattispecie in cui l’imputato era stato condannato in primo grado per il reato previsto dall’art. 497 bis c.p. e in appello per quello previsto dagli artt. 482-477 c.p.) (Sent. n. 48677, Sez. V, del 24-11-2014).

 

Corruzione per l’esercizio della funzione – Quando ha natura di reato eventualmente permanente

(cod. pen.: art. 318; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. f)

— In tema di corruzione, l’art. 318 c.p. (nel testo introdotto dalla legge 6 novembre 2012, n. 190) ha natura di reato eventualmente permanente se le dazioni indebite sono plurime e trovano una loro ragione giustificatrice nel fattore unificante dell’asservimento della funzione pubblica (Sent. n. 49226, Sez. VI, del 26-11-2014).

 

* Corruzione – Stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi – Quando integra il reato di corruzione per l’esercizio della funzione e quando integra quello di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio

(cod. pen.: artt. 318, 319; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. f)

— In tema di corruzione, lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi realizzato attraverso l’impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata, integra il reato di cui all’art. 318 c.p. (nel testo introdotto dalla legge 6 novembre 2012, n. 190), e non il più grave reato di corruzione propria di cui all’art. 319 c.p., salvo che la messa a disposizione della funzione abbia prodotto il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, poiché, in tal caso, si determina una progressione criminosa nel cui ambito le singole dazioni eventualmente effettuate si atteggiano a momenti esecutivi di un unico reato di corruzione propria a consumazione permanente (Sent. n. 49226, Sez. VI, del 26-11-2014).

 

Diffamazione a mezzo stampa – Esimente dell’esercizio del diritto di critica politica – Quando non ricorre

(cod. pen.: artt. 51 I co., 595 III co.)

— In tema di diffamazione a mezzo stampa, non ricorre l’esimente dell’esercizio del diritto di critica politica, che pure tollera l’uso di espressioni forti e toni aspri, ove tali espressioni siano generiche e non collegabili a specifici episodi, risolvendosi in frasi gratuitamente espressive di sentimenti ostili. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione impugnata che aveva escluso la sussistenza della scriminante del diritto di critica politica in relazione all’uso di espressioni quali attività di «compravendita di consiglieri», «simulata legalità dell’azione amministrativa» e «auspicio dell’intervento della Magistratura», formulate senza che fosse compiuto alcun riferimento a vicende specifiche) (Sent. n. 48712, Sez. V, del 24-11-2014).

 

Diffamazione – Poteri di cognizione della Corte di Cassazione

(cod. pen.: art. 595; cod. proc. pen.: art. 606)

— In materia di diffamazione, la Corte di Cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva dell’altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere a considerare la sussistenza o meno, in primo luogo, della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato (Sent. n. 48698, Sez. V, del 24-11-2014).

 

Distruzione o deturpamento di bellezze naturali – Elemento oggettivo

(cod. pen.: art. 734)

— La contravvenzione di cui all’art. 734 c.p., in quanto reato «a forma libera», è integrata da qualsiasi condotta, commissiva od omissiva, dolosa o colposa, che distrugga o alteri le bellezze naturali (Sent. n. 48004, Sez. III, del 20-11-2014).

 

Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere – Nozione di cadavere

(cod. pen.: art. 411)

— La nozione di cadavere, quale possibile oggetto delle condotte di sottrazione, soppressione o distruzione, come sanzionate dall’art. 411 c.p., comprende anche resti umani consistenti nello scheletro o in parti di esso, purché si tratti di resti tuttora capaci di suscitare il sentimento della pietà verso i defunti. (In applicazione del principio la Corte ha escluso la configurabilità del reato di cui all’art. 411 c.p. nella condotta di sottrazione di organi ovvero di parte di essi — quali cuore, polmone, fegato, reni, surreni, prostata, encefalo ed ipofisi — custoditi in un contenitore in soluzione di formalina, perché ritenuti inidonei a suscitare l’idea del corpo umano inanimato e, di conseguenza, il senso di pietà) (Sent. n. 45444, Sez. III, del 4-11-2014).

 

Estorsione – Elemento oggettivo

(cod. pen.: art. 629)

— In tema di estorsione, la prospettazione dell’esercizio di una facoltà o di un diritto spettante al soggetto agente integra gli estremi della minaccia contra ius quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato come conseguenza diretta di tale condotta, si faccia ricorso alla stessa per coartare la volontà altrui ed ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti, né conformi a giustizia. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione in termini di estorsione della condotta di un soggetto che, con la minaccia di attivare procedure giudiziarie o bancarie, si era fatto consegnare titoli, ricognizioni di debito ed una procura a vendere un immobile nell’ambito di un rapporto usurario) (Sent. n. 47895, Sez. VI, del 19-11-2014).

 

Evasione – Fattispecie

(cod. pen.: art. 385; cod. proc. pen.: art. 284)

— Integra il reato di evasione la condotta dell’imputato che, seppur agli arresti domiciliari, viene rintracciato in un bar vicino alla sua abitazione, a nulla rilevando la vicinanza del locale pubblico all’alloggio e la facilità con la quale si assume scoperta la presenza dell’imputato in tale luogo (Sent. n. 45257, Sez. VI, del 3-11-2014).

 

Falsità in atti – Falso innocuo

(cod. pen.: artt. 476 e segg.)

— Sussiste il «falso innocuo» quando l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o la compiuta alterazione (nel falso materiale) sono del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio e, pertanto, non esplicano effetti sulla sua funzione documentale, con la conseguenza che l’innocuità deve essere valutata non con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto, ma avendo riguardo all’idoneità dello stesso ad ingannare comunque la fede pubblica (Sent. n. 47601, Sez. V, del 18-11-2014).

 

Favoreggiamento personale – Stato di necessità

(cod. pen.: artt. 54, 378)

— In tema di favoreggiamento personale, la causa di esclusione della punibilità prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento alla libertà personale o all’onore opera anche nelle ipotesi in cui il soggetto agente abbia reso mendaci dichiarazioni per evitare un’accusa penale ovvero un procedimento disciplinare a proprio carico (Sent. n. 45444, Sez. III, del 4-11-2014).

 

Frode nell’esercizio del commercio – Elemento oggettivo nel reato consumato e nel reato tentato

(cod. pen.: artt. 56, 515)

— In tema di frode nell’esercizio del commercio, mentre la fattispecie consumata è integrata dalla consegna materiale della merce all’acquirente, per la configurabilità del tentativo non è necessaria la sussistenza di una contrattazione finalizzata alla vendita, essendo sufficiente l’accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite. (Fattispecie in cui è stato ritenuto configurabile il tentativo di frode in commercio in relazione alla detenzione di occhiali da sole recanti una marcatura decettiva rinvenuti nel bagagliaio del veicolo di un venditore ambulante) (Sent. n. 45916, Sez. III, del 6-11-2014).

 

Frode nell’esercizio del commercio – Fattispecie

(cod. pen.: art. 515)

— Integra il reato di frode nell’esercizio del commercio la consegna di merce (nella specie, occhiali da sole) recante la marcatura CE (indicativa della locuzione «China Export») apposta con caratteri tali da ingenerare nel consumatore l’erronea convinzione che i prodotti rechino, invece, il marchio CE (Comunità Europea), poiché l’apposizione di quest’ultimo ha la funzione di certificare la conformità del prodotto ai requisiti essenziali di sicurezza e qualità previsti per la circolazione dei beni nel mercato europeo (Sent. n. 45916, Sez. III, del 6-11-2014).

 

* Getto pericoloso di cose – Elemento oggettivo

(cod. pen.: art. 674; cod. civ.: art. 844)

— In tema di getto pericoloso di cose, la contravvenzione prevista dall’art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di emissioni moleste «olfattive» che superino il limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c. (Fattispecie in cui è stata ritenuta penalmente rilevante la condotta dell’imputato che, non provvedendo ad adeguata pulizia dei recinti in cui custodiva i propri cani e del cortile circostante, mantenendovi a lungo le deiezioni degli animali, aveva provocato esalazioni maleodoranti in grado di arrecare molestie ai condomini confinanti) (Sent. n. 45230, Sez. III, del 3-11-2014).

 

Giudizio abbreviato – Continuazione fra il reato per cui si procede ed altro reato ritenuto più grave e precedentemente giudicato anch’esso con rito abbreviato

(cod. proc. pen.: art. 442 II co.; cod. pen.: art. 81 II co.)

— Nel giudizio abbreviato, ove si riconosca l’esistenza del vincolo della continuazione fra il reato per cui si procede ed altro reato ritenuto più grave e precedentemente giudicato anch’esso con rito abbreviato, il giudice deve applicare la riduzione di un terzo ex art. 442 c.p.p. sull’aumento di pena determinato, ai sensi dell’art. 81 c.p., per il reato «satellite», fornendo esplicita indicazione delle modalità di calcolo seguite per operare tale aumento (Sent. n. 45505, Sez. V, del 4-11-2014).

 

Giudizio abbreviato – Utilizzabilità della querela come mezzo di prova

(cod. proc. pen.: artt. 336 e segg., 433, 442; cod. pen.: artt. 120 e segg.)

— Ai fini della decisione del giudizio abbreviato, la querela può essere utilizzata come mezzo di prova anche in relazione al suo contenuto, in quanto la scelta dell’imputato di procedere con tale rito alternativo rende utilizzabili tutti gli atti, legalmente compiuti o formati, che siano stati acquisiti al fascicolo del pubblico ministero (Sent. n. 46473, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche – Elemento differenziatore

(cod. pen.: artt. 316 ter, 640 bis)

— Il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche differisce da quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche per la mancanza dell’elemento dell’induzione in errore, la quale può anche desumersi dal falso documentale allorché lo stesso, per le modalità di presentazione o per altre caratteristiche, sia di per sé idoneo a trarre in errore l’Autorità. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto artificiosa — e pertanto idonea ad integrare il reato di truffa in danno di ente pubblico — la falsa attestazione, sottoscritta con firma apocrifa di cui l’imputato aveva consapevolezza, di essere nelle condizioni per poter beneficiare dell’indennità di disoccupazione) (Sent. n. 49464, Sez. II, del 27-11-2014).

 

Ingiuria – Elemento oggettivo

(cod. pen.: art. 594)

— In tema di tutela penale dell’onore, al fine di accertare se l’espressione utilizzata sia idonea a ledere il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 594 c.p., occorre fare riferimento ad un criterio di media convenzionale, in rapporto alle personalità dell’offeso e dell’offensore, unitamente al contesto nel quale l’espressione è pronunciata ed alla coscienza sociale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non ingiuriosa l’espressione «sta esaurita», pronunciata dall’imputato durante una polemica sorta a seguito del parcheggio della sua autovettura dinanzi all’autorimessa della persona offesa, osservando, tra l’altro, che detta espressione non necessariamente assume nel linguaggio comune il significato di critica allo stato di equilibrio psichico o di attribuzione di una patologia mentale al soggetto nei cui confronti è indirizzata) (Sent. n. 46488, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

Ingiuria – Fattispecie

(cod. pen.: art. 594)

— Integra il reato di ingiuria la condotta di chi sputa verso l’ingresso dell’abitazione della persona offesa, in quanto lo sputo, costituendo una manifestazione di disprezzo verso l’individuo nei cui confronti è diretto, offende il decoro dello stesso, cioè il complesso delle qualità e condizioni che determinano il suo valore sociale, né ha rilevanza che il gesto sia rivolto direttamente alla persona, in modo tale da colpirla materialmente, o, eventualmente, a terra, ma con specifico riferimento ad un determinato soggetto (Sent. n. 47974, Sez. V, del 19-11-2014).

 

Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità – Inottemperanza all’ordine di compiere una determinata attività entro un termine prefissato – Integra un reato istantaneo – Conseguenze

(cod. pen.: art. 650; cod. proc. pen.: art. 516)

— L’inottemperanza all’ordine, legalmente dato dall’Autorità, di compiere una determinata attività entro un termine prefissato, integra un reato istantaneo, previsto dall’art. 650 c.p., il cui momento consumativo va individuato, ove l’ordine non sia osservato, in quello della scadenza del termine di adempimento. Ne consegue che da tale data decorre il termine di prescrizione del reato e che dell’eventuale successivo protrarsi della condotta illecita il giudice può tenere conto soltanto se questa costituisce oggetto di ulteriore contestazione ad opera del P.M., a norma dell’art. 516 c.p.p. (Sent. n. 49646, Sez. I, del 28-11-2014).

 

* Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – L’abitacolo di un autoveicolo non è luogo di privata dimora

(cod. proc. pen.: art. 266 II co.; cod. pen.: art. 614)

— In tema di intercettazioni ambientali, l’abitacolo di un autoveicolo non può essere considerato luogo di privata dimora, con la conseguenza che, in tal caso, non può trovare applicazione il disposto di cui all’art. 266, comma 2, c.p.p. (Sent. n. 45512, Sez. V, del 4-11-2014).

 

Minaccia – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 612)

— Per la configurabilità del reato di minaccia è necessario che il destinatario della stessa sia individuato o individuabile (Sent. n. 46472, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

Minaccia – Criterio di sufficienza

(cod. pen.: art. 612)

— Nel reato di minaccia, elemento essenziale è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall’autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest’ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante, invece, l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto priva di oggettiva valenza intimidatoria l’espressione «stai attenta, non sai chi sono io», pronunciata nel contesto di una discussione animata e non accompagnata da ulteriori aggiunte verbali dal contenuto minaccioso) (Sent. n. 45502, Sez. V, del 4-11-2014).

 

Nomina del terzo difensore di fiducia da parte dell’imputato in assenza di revoca espressa di almeno uno dei due già nominati

(cod. proc. pen.: art. 96)

— La nomina del terzo difensore di fiducia da parte dell’imputato, in assenza di revoca espressa di almeno uno dei due già nominati, resta priva di efficacia, salvo che si tratti di nomina finalizzata alla proposizione di un atto di impugnazione, atteso che in questo caso essa comporta, in mancanza di contraria indicazione dell’imputato, la revoca delle precedenti nomine. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il diritto del terzo difensore a ricevere la notificazione dell’avviso del decreto di fissazione dell’udienza del giudizio di appello) (Sent. n. 46462, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

* Opposizione alla richiesta di archiviazione – Condizioni di ammissibilità

(cod. proc. pen.: artt. 410, 606)

— Ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, il giudice deve valutare non solo la pertinenza ma anche la rilevanza degli elementi di prova su cui l’opposizione si fonda, intesa quest’ultima come concreta incidenza dei predetti elementi sulle risultanze delle indagini preliminari, con la conseguenza che, qualora il G.I.P. abbia dichiarato de plano l’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa motivandola sotto entrambi i profili richiesti dall’art. 410 c.p.p., il giudice di legittimità non può sindacare la valutazione di merito già effettuata dal G.I.P. sull’infondatezza della notizia di reato (Sent. n. 47634, Sez. V, del 18-11-2014).

 

Peculato d’uso – Fattispecie

(cod. pen.: art. 314 II co.)

— In tema di peculato, la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che utilizzi il telefono d’ufficio per fini personali al di fuori dei casi d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso se produce un danno apprezzabile al patrimonio della P.A. o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio, mentre deve ritenersi penalmente irrilevante se non presenta conseguenze economicamente e funzionalmente significative (Sent. n. 46282, Sez. VI, del 10-11-2014).

 

Peculato – Ipotesi in cui non è configurabile l’appropriazione

(cod. pen.: art. 314)

— Non è configurabile l’appropriazione, quale elemento materiale integrante il reato di peculato, nell’uso da parte del pubblico ufficiale della vettura di servizio per il compimento del tragitto casa-ufficio, quando l’accompagnamento non è effettuato in violazione di alcuna disposizione regolamentare, poiché in tal caso, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di utilizzo dell’auto per motivi personali e privati, il bene di cui il pubblico ufficiale ha la disponibilità per ragioni del suo ufficio rimane, comunque, nell’ambito della sua normale destinazione giuridica, e cioè nella sfera della pubblica amministrazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva escluso la configurabilità del reato di cui all’art. 314 c.p. in riferimento alla condotta di un dirigente dell’ASL che utilizzava l’auto di servizio esclusivamente per il percorso casa-ufficio, essendo tra l’altro legittimato ad avvalersi dell’autista per i suoi spostamenti) (Sent. n. 46061, Sez. VI, del 6-11-2014).

 

Provocazione – Fatto ingiusto altrui – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 62 n. 2)

— Ai fini dell’integrazione del «fatto ingiusto altrui», costitutivo dell’attenuante della provocazione, è necessario che esso rivesta carattere di ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale. (Fattispecie in cui si è esclusa la sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 2 c.p. nei confronti dell’imputata di origine marocchina — condannata per l’omicidio di un uomo con cui aveva avuto una relazione sentimentale e che, dopo lunghi tergiversamenti, aveva rifiutato di sposarla, nonostante gli intercorsi rapporti sessuali, sposando, invece, un’altra donna — ritenendo che tale atteggiamento, pur percepito come deleterio dalla cultura di appartenenza per il vulnus arrecato alla propria onorabilità con conseguente preclusione di un futuro matrimonio, non integrasse gli estremi del fatto ingiusto per l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 2 c.p.) (Sent. n. 49569, Sez. V, del 27-11-2014).

 

Provocazione – Fatto ingiusto altrui – Fattispecie

(cod. pen.: art. 599 II co.)

— Ai fini della causa di non punibilità della provocazione di cui all’art. 599, comma 2, c.p., può costituire fatto ingiusto nei confronti dell’autore dell’espressione ingiuriosa anche un comportamento irrispettoso di una prescrizione giudiziale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione impugnata che aveva ravvisato la causa di non punibilità della provocazione in relazione al comportamento della persona offesa la quale, in violazione del divieto impostole dal Tribunale per i minorenni di avere contatti con le figlie della convivente, si era recata in compagnia di questa — il giorno successivo alla notifica del provvedimento e in presenza dei Carabinieri — presso il luogo in cui si trovavano le bambine, ingenerando, pur senza compiere alcuna azione particolare, uno stato d’ira nei nonni affidatari) (Sent. n. 47043, Sez. V, del 13-11-2014).

 

Querela – Criterio di necessità

(cod. proc. pen.: artt. 336 e segg.; cod. pen.: artt. 120 e segg.)

— In tema di querela, pur non essendo necessaria una compiuta e analitica descrizione dei fatti che ne costituiscono l’oggetto, è, tuttavia, necessaria l’esposizione di tutti i fatti noti al querelante che egli intenda perseguire; ne consegue che l’omesso riferimento a fatti lesivi noti comporta che essi non possono essere ricompresi nell’istanza punitiva. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per difetto di querela in ordine al reato di ingiuria in danno della persona offesa, la quale, in sede di querela, non aveva fatto alcun riferimento a fatti lesivi del proprio onore) (Sent. n. 47055, Sez. V, del 13-11-2014).

 

Querela – Termine per proporla – Decorrenza

(cod. pen.: art. 124 I co.)

— Il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se e quando il soggetto passivo abbia contezza dell’autore e possa, quindi, liberamente determinarsi; pertanto, nel caso in cui siano svolti tempestivi accertamenti, indispensabili per l’individuazione del soggetto attivo, il termine di cui all’art. 124 c.p. decorre, non dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto oggettivo del reato, né da quello in cui, sulla base di semplici sospetti, indirizza le indagini verso una determinata persona, ma dall’esito di tali indagini (Sent. n. 46485, Sez. V, dell’11-11-2014).

 

* Reato continuato – Violazione più grave nel caso di concorso fra delitto e contravvenzione

(cod. pen.: art. 81 II co.; disp. att. cod. proc. pen.: art. 187)

— Poiché ai fini della determinazione della pena per il reato continuato deve aversi riguardo alla violazione più grave considerata in astratto e non in concreto, nel caso di concorso fra delitto e contravvenzione la «violazione più grave» si individua nel delitto, in relazione al quale il giudizio di maggior gravità discende direttamente dalle scelte del legislatore. (In motivazione la Corte ha altresì precisato che la disposizione di cui all’art. 187 delle norme di attuazione del codice di rito, secondo cui, ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione, «si considera violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave», deve ritenersi limitata alla sola fase esecutiva, alla cui regolamentazione è espressamente volta, ed è insuscettibile di applicazione generalizzata) (Sent. n. 49007, Sez. II, del 25-11-2014).

 

* Recidiva e continuazione – Incompatibilità – Esclusione

(cod. pen.: artt. 81 II co., 99)

— Non esiste incompatibilità tra gli istituti della recidiva e della continuazione, potendo quest’ultima essere riconosciuta anche tra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato (Sent. n. 49658, Sez. IV, del 28-11-2014).

 

 Ricorso straordinario per cassazione per errore materiale o di fatto – Ipotesi in cui l’imputato non è legittimato a proporlo

(cod. proc. pen.: art. 625 bis)

— La legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario per cassazione a norma dell’art. 625 bis c.p.p. non spetta all’imputato quando il giudice di legittimità abbia pronunciato sentenza di annullamento con rinvio che non consente di ritenere avvenuto l’accertamento della responsabilità, non potendo l’imputato, in tale ipotesi, essere qualificato come «condannato». (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso straordinario proposto avverso la sentenza della Corte di cassazione che aveva annullato con rinvio la pronuncia di assoluzione dell’imputato, per contraddittorietà della motivazione su un punto ritenuto decisivo) (Sent. n. 46066, Sez. VI, del 6-11-2014).

 

Rifiuto di atti d’ufficio – Fattispecie

(cod. pen.: art. 328 I co.)

— Integra il reato di cui all’art. 328, comma 1, c.p., il rifiuto di procedere al ricovero ospedaliero di un malato, opposto dal medico responsabile del reparto, se l’ospedalizzazione deve ritenersi indifferibile per la sussistenza di un effettivo pericolo di conseguenze dannose alla salute della persona, obiettivamente apprezzabile anche in considerazione del tenore e della provenienza delle richieste formulate al soggetto attivo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata, la quale aveva affermato la colpevolezza del medico ospedaliero, di turno presso il reparto di chirurgia d’urgenza, il quale si era rifiutato di visitare e redigere la consulenza richiesta dai colleghi del servizio «118», propedeutica al ricovero, adducendo la provenienza del paziente da altro ospedale esclusivamente per eseguire una TAC cerebrale) (Sent. n. 45844, Sez. VI, del 5-11-2014).

 

Scavalcamento ed invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive – Elemento oggettivo

(L. 401/1989: art. 6 bis II co.)

— Il reato di scavalcamento ed invasione di campo in occasione delle competizioni sportive, previsto dall’art. 6 bis L. 13 dicembre 1989 n. 401, è integrato anche quando la condotta illecita sia stata realizzata nello spazio temporale immediatamente successivo al fischio finale da parte del direttore di gara, essendo anche in tale fase della manifestazione sportiva vietato ai non addetti l’ingresso nell’area di gioco (Sent. n. 47258, Sez. III, del 17-11-2014).

 

Sequestro preventivo – Ipotesi di cui al primo e di cui al secondo comma dell’art. 321 cod. proc. pen. – Distinzione

(cod. proc. pen.: art. 321 I e II co.)

— Il sequestro strumentale alla confisca previsto dall’art. 321, comma 2, c.p.p. costituisce figura specifica ed autonoma rispetto al sequestro preventivo regolato dal comma 1 dello stesso articolo, per la cui legittimità non occorre necessariamente la presenza dei requisiti di applicabilità previsti per il sequestro preventivo «tipico», essendo sufficiente il presupposto della confiscabilità, con la conseguenza che compito del giudice è quello di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, tanto nell’ipotesi facoltativa che in quella obbligatoria (Sent. n. 47684, Sez. III, del 19-11-2014).

 

Sequestro preventivo – Periculum in mora – Requisiti

(cod. proc. pen.: art. 321 I co.)

— In tema di sequestro preventivo, il periculum in mora richiesto dal comma 1 dell’art. 321 c.p.p. deve presentare i requisiti della concretezza e attualità, da valutare in riferimento alla situazione esistente non soltanto al momento dell’adozione della misura cautelare reale ma anche durante la sua vigenza, di modo che possa ritenersi quanto meno probabile che il bene assuma carattere strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o all’agevolazione della commissione di altri reati (Sent. n. 47686, Sez. III, del 19-11-2014).

 

Sequestro preventivo – Riesame – Valutazione del fumus commissi delicti

(cod. proc. pen.: artt. 321, 324)

— Nella valutazione del fumus commissi delicti, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa (Sent. n. 49596, Sez. V, del 27-11-2014).

 

Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa – Fattispecie

(cod. pen.: art. 334 III co.)

— Integra il delitto previsto dall’art. 334, comma 3, c.p., e non quello di furto, la condotta di chi, dopo aver subìto il sequestro di sostanza stupefacente di cui abbia la piena ed effettiva, anche se illecita, disponibilità, approfittando di un momento di distrazione degli agenti operanti, si impadronisce nuovamente della stessa (Sent. n. 45503, Sez. V, del 4-11-2014).

 

Violenza privata – Criterio di sufficienza

(cod. pen.: art. 610)

— Ai fini della configurabilità del reato di violenza privata (art. 610 c.p.) è sufficiente la coscienza e volontà di costringere taluno, con violenza o minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa, senza che sia necessario il concorso di un fine particolare (Sent. n. 46150, Sez. V, del 7-11-2014).

 

Violenza sessuale – Elemento oggettivo

(cod. pen.: art. 609 bis)

— In tema di violenza sessuale, l’elemento oggettivo, oltre a consistere nella violenza fisica in senso stretto o nella intimidazione psicologica in grado di provocare la coazione della vittima, si configura anche nel compimento di atti sessuali repentini, compiuti improvvisamente all’insaputa della persona destinataria, in modo da poterne prevenire anche la manifestazione di dissenso e comunque prescindendo, nel caso di minori infraquattordicenni, da un consenso, ancorché viziato, o dal dissenso in ogni caso manifestabile (Sent. n. 46170, Sez. III, del 10-11-2014).

 

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