Massime penali della Cassazione di gennaio 2014

Abusivo esercizio della professione legale – Fattispecie

(cod. pen.: art. 348)

— Integra il delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato la condotta di chi, conseguita l’abilitazione statale, eserciti l’attività professionale prima di aver ottenuto l’iscrizione all’albo professionale (Sent. n. 646, Sez. V, del 10-1-2014).

 

Abusivo esercizio della professione legale – Momento consumativo

(cod. pen.: artt. 348, 495)

— L’esercizio abusivo della professione legale, ancorché riferito allo svolgimento dell’attività riservata al professionista iscritto nell’albo degli avvocati, non implica necessariamente la spendita al cospetto del giudice o di altro pubblico ufficiale della qualità indebitamente assunta, sicché il reato si perfeziona per il solo fatto che l’agente curi pratiche legali dei clienti o predisponga ricorsi anche senza comparire in udienza qualificandosi come avvocato; ne deriva che quando quest’ultima condotta si accompagna alla prima, viene leso anche il bene giuridico della fede pubblica tutelato dall’art. 495 c.p., e si configura il concorso dei detti reati (Sent. n. 646, Sez. V, del 10-1-2014).

 

Appropriazione indebita – Principio della compensazione con credito preesistente – Quando non opera

(cod. pen.: art. 646)

— Nel reato di appropriazione indebita non opera il principio della compensazione con credito preesistente, allorché si tratti di crediti non certi, né liquidi ed esigibili. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto configurabile il reato nei confronti di un avvocato che aveva riscosso sette titoli di pagamento emessi in favore del proprio assistito e trattenuto le relative somme a compensazione di crediti professionali maturati nei confronti del cliente, che, però, ne contestava l’esistenza) (Sent. n. 293, Sez. II, dell’8-1-2014).

 

Bancarotta fraudolenta – Pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale

(R.D. 267/1942: art. 216 IV co.)

— In materia di bancarotta fraudolenta, la pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale è prevista in misura fissa (10 anni), e ciò non lede alcun diritto costituzionalmente protetto (Sent. n. 628, Sez. V, del 10-1-2014).

 

Bancarotta – Sentenza dichiarativa di fallimento – Necessità

(R.D. 267/1942: artt. 16, 216, 217)

— La sentenza dichiarativa di fallimento vale a mutare la natura giuridica dell’attività distrattiva ed a qualificare come bancarotta una condotta altrimenti priva di rilievo per la legge fallimentare e, per questo motivo, è considerata elemento essenziale al fine della configurazione del delitto di bancarotta (Sent. n. 597, Sez. V, del 9-1-2014).

 

Circonvenzione di persone incapaci – Configurabilità – Condizioni

(cod. pen.: art. 643)

— Ai fini della configurabilità del reato di circonvenzione di persone incapaci sono necessarie le seguenti condizioni: a) l’instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente, in cui quest’ultimo abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima, che, in ragione di specifiche situazioni concrete, sia incapace di opporre alcuna resistenza per l’assenza o la diminuzione della capacità critica; b) l’induzione a compiere un atto che importi per il soggetto passivo o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso; c) l’abuso dello stato di vulnerabilità che si verifica quando l’agente, consapevole di detto stato, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il suo fine e cioè quello di procurare a sé o ad altri un profitto; d) l’oggettiva riconoscibilità della minorata capacità, in modo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti (Sent. n. 1419, Sez. II, del 15-1-2014).

 

Circonvenzione di persone incapaci – Induzione – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 643)

— In tema di circonvenzione di incapaci, per la sussistenza dell’elemento dell’induzione non è richiesto l’uso di mezzi coattivi o di artifici o raggiri, ma è pur sempre necessaria un’attività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione, cioè di spinta psicologica che non può ravvisarsi nella pura e semplice richiesta rivolta al soggetto passivo di compiere un atto giuridico (Sent. n. 1419, Sez. II, del 15-1-2014).

 

Concorso di persone nel reato – Caso in cui ricorre

(cod. pen.: art. 110)

— Ricorre il concorso nel reato anche quando un soggetto, come ritenuto nel caso di specie, agevoli la condotta delittuosa di altri senza previo accordo e, se del caso, anche se il soggetto agevolato non ne sia consapevole (Sent. n. 3722, Sez. VI, del 28-1-2014).

 

Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione – Quando non concorre con i reati di falsità in atti

(cod. pen.: artt. 469, 476 e segg.)

— Il reato di cui all’art. 469 c.p. non può concorrere con i reati di falsità in atti quando il contrassegno apposto sul documento risulti un elemento essenziale di questo, nel senso che la falsificazione del contrassegno stesso risulti indispensabile ai fini della falsificazione del documento (Sent. n. 1702, Sez. V, del 16-1-2014).

 

Diffamazione – Scriminante della critica politica – Operatività – Condizioni

(cod. pen.: artt. 51 I co., 595)

— La scriminante della critica politica che, nell’ambito della polemica fra contrapposti schieramenti, può tradursi in valutazioni e commenti tipicamente «di parte», cioè non obiettivi, in particolare con riferimento a competizioni politiche o sindacali, che giustificano l’adozione di toni aspri e di disapprovazione, può operare a condizione che la critica non trasmodi in attacco personale portato direttamente alla sfera privata dell’offeso e non sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell’avversario (Sent. n. 4031, Sez. V, del 29-1-2014).

 

Estorsione – Elementi caratterizzanti

(cod. pen.: artt. 393, 629)

— Ricorre il reato di estorsione — e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni — allorché la minaccia si estrinsechi in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un proprio (preteso) diritto, e la coartazione dell’altrui volontà assuma ex se i caratteri dell’ingiustizia, con la conseguenza che, in tal caso, anche la minaccia tesa a far valere quel diritto si trasforma in una condotta estorsiva (Sent. n. 3264, Sez. II, del 23-1-2014).

 

Estradizione – Obbligatorietà – Esclusione – Fondamento e limite

(cod. proc. pen.: artt. 696, 697, 720)

— L’estradizione, quale forma di cooperazione giudiziaria fra gli Stati, è caratterizzata per sua natura da un ampio margine di discrezionalità, sicché, in assenza di specifici trattati stipulati in materia fra gli Stati, l’estradizione non può ritenersi caratterizzata da alcun carattere di obbligatorietà; né è annoverabile fra i principi di diritto internazionale quello per cui uno Stato sia obbligatoriamente tenuto ad offrire l’estradizione al Paese di appartenenza dello straniero che abbia commesso un reato perseguibile dai propri organi giudiziari (Sent. n. 3155, Sez. I, del 23-1-2014).

 

Estradizione per l’estero – Decisione favorevole della Corte d’appello all’accoglimento della relativa domanda – Applicazione della custodia cautelare in carcere a carico dell’estradando – Presupposto

(cod. proc. pen.: artt. 285, 704 III co., 714 II co.)

— In tema di estradizione per l’estero, la corte di appello, qualora pervenga ad una decisione favorevole all’accoglimento della relativa domanda, deve disporre la custodia in carcere dell’estradando sul solo presupposto della richiesta in tal senso formulata dal Ministro della giustizia, non assumendo più alcun rilievo le esigenze cautelari cui la misura è subordinata, a norma dell’art. 714, comma secondo, cod. proc. pen., quando la richiesta è valutata prima della sentenza favorevole all’estradizione (Sent. n. 2657, Sez. VI, del 21-1-2014).

 

Estradizione per l’estero – Persona estradanda che abbia già interamente scontato, sotto forma di custodia cautelare a fini estradizionali, la pena inflitta – Accoglimento della domanda di estradizione – Esclusione – Ragione

(cod. proc. pen.: art. 705; cod. pen.: art. 137)

— In tema di estradizione per l’estero, non sussistono le condizioni per l’accoglimento di una domanda di estradizione per l’esecuzione di una condanna, se la persona estradanda ha già interamente scontato, sotto forma di custodia cautelare a fini estradizionali, la pena inflitta, poiché in tal caso la consegna si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale dell’ordinamento giuridico dello Stato, secondo cui la custodia cautelare deve essere sempre computata nella pena da espiare relativa allo stesso fatto (Sent. n. 1279, Sez. VI, del 14-1-2014).

 

Estradizione per l’estero – Richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere a carico dell’estradando – Può essere sottoscritta da un Direttore generale del Ministero della giustizia su delega generale del Ministro

(cod. proc. pen.: artt. 285, 704 III co.)

— In tema di estradizione processuale per l’estero, la richiesta di applicazione di misura cautelare della custodia in carcere a carico dell’estradando, disposta ai sensi dell’art. 704, comma terzo, cod. proc. pen., può essere sottoscritta da un Direttore generale del Ministero della giustizia, anche in virtù di una delega di carattere generale conferita dal Ministro. (Fattispecie relativa ad una domanda di estradizione avanzata dalle autorità moldave) (Sent. n. 2657, Sez. VI, del 21-1-2014).

 

Falsità in atti – Falso grossolano – Nozione

(cod. pen.: artt. 476 e segg.)

— Il falso c.d. grossolano non punibile è soltanto quello facilmente riconoscibile ictu oculi, anche da persone del tutto sprovvedute, mentre non è tale quello che richieda una certa attenzione per il riconoscimento della falsificazione (Sent. n. 634, Sez. V, del 10-1-2014).

 

Giudizio abbreviato – Richiesta condizionata – Prova sollecitata dall’imputato – Quando è necessaria

(cod. proc. pen.: art. 438 V co.)

— In tema di giudizio abbreviato, la prova sollecitata dall’imputato con la richiesta condizionata di accesso al rito, che deve essere integrativa e non sostitutiva rispetto al materiale già raccolto ed utilizzabile, può considerarsi «necessaria» quando risulta indispensabile ai fini di un solido e decisivo supporto logico-valutativo per la deliberazione in merito ad un qualsiasi aspetto della regiudicanda. (Nel caso di specie, la Corte di merito ha ritenuto giustificata la reiezione della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, rilevando che trattavasi di circostanze estranee ai fatti, dei quali i testi non avevano scienza propria, e pertanto non necessarie ai fini dell’accertamento dei medesimi) (Sent. n. 1800, Sez. III, del 17-1-2014).

 

Giudizio abbreviato – Richiesta – Può anche seguire la formulazione delle conclusioni del P.M. – Fondamento

(cod. proc. pen.: artt. 421 II co., 438)

— La richiesta di giudizio abbreviato può anche seguire la formulazione delle conclusioni del pubblico ministero in quanto l’espressione utilizzata dal legislatore è idonea a comprendere l’intera fase della discussione prevista dall’art. 421, comma 2, cod. proc. pen. fino al suo epilogo, sicché il termine finale della proposizione della domanda è rappresentato dal momento in cui si esaurisce, con la formulazione delle conclusioni di tutte le parti, la discussione. Ciò risulta, peraltro, più aderente al principio generale per cui, in presenza di un dettato normativo che introduce una preclusione, l’interpretazione — anche al fine di non ledere l’aspettativa all’esercizio della relativa facoltà — non può determinare l’anticipazione della scadenza del termine rispetto all’ordinario significato dei termini utilizzati dal legislatore (Sent. n. 348, Sez. I, dell’8-1-2014).

 

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato – È un reato complesso

(cod. pen.: artt. 84, 316 ter, 483)

— La fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altri enti pubblici si configura come fattispecie complessa, ex art. 84 cod. pen., che contiene tutti gli elementi costitutivi del reato di falso ideologico; non ha rilievo, proprio per tale motivo, la diversità del bene giuridico tutelato dalle due norme, dato che in ogni reato complesso si ha per definizione pluralità di beni giuridici protetti, a prescindere dalla collocazione sistematica della fattispecie incriminatrice (Sent. n. 1574, Sez. V, del 15-1-2014).

 

Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale – Elementi caratterizzanti dell’abbandono

(cod. pen.: art. 578)

— Le condizioni di abbandono materiale e morale, richieste dalla norma incriminatrice dell’art. 578 cod. pen., in quanto elemento costitutivo del reato, devono sussistere oggettivamente e congiuntamente, e devono essere connesse al parto nel senso che, in conseguenza della loro obiettiva esistenza, la madre non ritiene di poter assicurare la sopravvivenza del figlio subito dopo la nascita. La valutazione della ricorrenza di tale requisito obiettivo deve essere «individualizzata» sulla peculiare situazione della partoriente, come da lei percepita, prescindendo dall’oggettiva presenza, nel contesto territoriale di appartenenza, di adeguate strutture e presidi sanitari al cui ausilio la madre sarebbe potuta ricorrere durante la gravidanza e in occasione del parto (ciò che costituisce ormai la norma sul territorio italiano), allorché la condizione di solitudine esistenziale in cui versa la donna, determinata anche da un ambiente familiare non comunicativo e totalmente incapace di cogliere l’evidenza del suo stato e di avvertire l’esigenza di aiuto e sostegno necessari al dramma da lei vissuto, le impedisca tuttavia di cogliere tali opportunità, inducendola a partorire in uno stato di effettiva derelizione (Sent. n. 2267, Sez. I, del 20-1-2014).

 

Ingiuria – Configurabilità – Dolo generico – Sufficienza – Dolo eventuale – Configurabilità – Fondamento

(cod. pen.: art. 594)

— Ai fini della configurabilità del reato di ingiuria non è richiesta la sussistenza dell’animus iniurandi, essendo sufficiente il dolo generico che può anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto basta che l’agente, consapevolmente, faccia uso di espressioni o parole socialmente interpretabili come offensive, cioè utilizzate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere, senza un diretto riferimento alle intenzioni dell’agente (Sent. n. 16382, Sez. V, del 13-1-2014).

 

Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice commessa dal reo mediante sottrazione di una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento – Cause di nullità o di inefficacia del pignoramento – Rilevanza – Pronuncia del giudice che ne accerti la sussistenza – Necessità

(cod. pen.: art. 388 III co.)

— In tema di sottrazione di cose pignorate, eventuali cause di nullità o di inefficacia del pignoramento non rilevano ai fini della sussistenza del reato qualora non intervenga una pronuncia del giudice che ne accerti la sussistenza (Sent. n. 1658, Sez. VI, del 15-1-2014).

 

Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice commessa dal reo mediante sottrazione, soppressione, distruzione, dispersione o deterioramento di una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento – Nozione di proprietario di cosa sottoposta a pignoramento

(cod. pen.: art. 388 III co.)

— Il concetto di proprietario di cose sottoposte a pignoramento ha un significato più ampio rispetto a quello letterale, riferendosi anche ai soggetti che hanno una disponibilità gestoria dei beni pignorati, comprendendo tra essi anche i rappresentanti legali delle compagini sociali sottoposte a pignoramento. Nei loro confronti opera, in presenza dello schermo garantito dall’organizzazione societaria, il monito sotteso al disposto di cui all’art. 388, comma 3, c.p., altrimenti non operativo in ipotesi di esecuzione posta ai danni di un soggetto diverso da un debitore individuale (Sent. n. 1658, Sez. VI, del 15-1-2014).

 

Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice commessa dal reo mediante sottrazione, soppressione, distruzione, dispersione o deterioramento di una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento o a sequestro giudiziario o conservativo – Dolo generico – Sufficienza

(cod. pen.: art. 388 III co.)

— Per la configurazione dell’elemento psicologico del delitto di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, commesso mediante la sottrazione, soppressione, distruzione, dispersione o deterioramento di cose sottoposte a pignoramento o sequestro, è richiesto il dolo generico, il quale è integrato, nel caso in cui la condotta venga posta in essere dal proprietario non custode, nella conoscenza del vincolo giudiziario oltre che nella volontà dell’amotio (Sent. n. 1658, Sez. VI, del 15-1-2014).

 

Misure cautelari reali – Sequestro preventivo – Applicazione – Presupposto necessario

(cod. proc. pen.: art. 321; D.Lgs. 231/2001: art. 19)

— L’applicazione del sequestro preventivo postula come indefettibile presupposto la domanda del pubblico ministero. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento con cui il G.I.P. aveva disposto, su richiesta del custode ed amministratore giudiziario di beni di alcune società già sottoposti a sequestro preventivo funzionale alla confisca ex art. 19 D.Lgs. n. 231 del 2001, l’estensione del sequestro ad ulteriori beni, appartenenti ad altre società, estranee ai fatti oggetto di contestazione) (Sent. n. 2658, Sez. VI, del 21-1-2014).

 

Omicidio volontario e lesioni personali – Circostanza aggravante della premeditazione – Presupposti

(cod. pen.: artt. 575, 577 I co. n. 3, 582)

— Il riconoscimento della premeditazione, configurata come circostanza aggravante nei delitti di omicidio volontario e di lesioni personali, è condizionato dal positivo accertamento di due presupposti, uno cronologico, l’altro soggettivo, rispettivamente rappresentati da un apprezzabile, ma non preventivamente individuato dalla norma di legge, lasso di tempo intercorso tra l’insorgenza del proposito criminoso e la sua attuazione concreta, tale comunque da consentire la possibilità di riflessione circa la possibilità e l’opportunità del recesso, e dalla perdurante determinazione criminosa nell’agente senza soluzioni di continuità e senza ripensamenti dal momento del concepimento dell’azione antigiuridica fino alla sua realizzazione (Sent. n. 3764, Sez. I, del 28-1-2014).

 

Omicidio volontario e omicidio preterintenzionale – Criterio distintivo – Individuazione

(cod. pen.: artt. 575, 584)

— Il criterio distintivo tra l’omicidio volontario e l’omicidio preterintenzionale risiede nel fatto che nel secondo caso la volontà dell’agente esclude ogni previsione dell’evento morte, che si determina per fattori esterni e il cui accertamento deve fondarsi su elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta (Sent. n. 4696, Sez. I, del 31-1-2014).

 

Rapina – Sottrazione di una cosa dopo l’esaurimento dell’azione violenta – Configurabilità del reato di rapina, e non di furto – Condizioni

(cod. pen.: artt. 40, 624, 628)

— Nell’ipotesi di sottrazione di una cosa dopo l’esaurimento dell’azione violenta, si configura il delitto di rapina e non quello di furto qualora il proposito della sottrazione sorga e si formi prima dell’attuazione della violenza, sempre che sussista un nesso di causalità apparente tra quest’ultima e l’impossessamento, nel senso che il secondo sia la conseguenza della prima (Sent. n. 3634, Sez. II, del 24-1-2014).

 

Reati sessuali – Qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio – Casi in cui assume rilevanza ai fini della procedibilità d’ufficio

(cod. pen.: artt. 357, 358, 609 septies IV co. n. 3)

— La qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio assume rilevanza ai fini della procedibilità di ufficio dei reati sessuali (art. 609 septies, comma quarto, n. 3, c.p.) solo nei casi in cui la posizione pubblicistica del colpevole abbia agevolato la commissione dell’abuso, rendendo la persona offesa maggiormente vulnerabile per il metus o per la soggezione psicologica derivante dalle funzioni esercitate. (Confermata, nella specie, la procedibilità di ufficio, atteso che la condotta incriminata, consistente nel palpeggiamento di un seno ai danni di un’addetta alle pulizie presso il Comando dei Vigili Urbani da parte di un membro del corpo di polizia, avvenne durante l’orario di servizio negli uffici della Polizia Municipale dove entrambi prestavano la propria attività lavorativa, ed era stata altresì accertata la sottoposizione della donna alla vigilanza e al controllo da parte dell’imputato, desumendola dal fatto che quest’ultimo aveva redatto a suo carico una nota di servizio per la quale era stato poi sottoscritto un verbale di bonario componimento) (Sent. n. 3637, Sez. III, del 27-1-2014).

 

Reato – Cause di non punibilità – Caso fortuito – Nozione

(cod. pen.: artt. 40, 42, 43, 45)

— Il caso fortuito consiste in quell’avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all’attività psichica dell’agente (Sent. n. 1500, Sez. IV, del 15-1-2014).

— Il caso fortuito si verifica quando sussiste il nesso di causalità materiale tra la condotta e l’evento, ma fa difetto la colpa, in quanto l’agente non ha causato l’evento per sua negligenza o imprudenza; questo, quindi, non è, in alcun modo, riconducibile all’attività psichica del soggetto. Ne consegue che, qualora una pur minima colpa possa essere attribuita all’agente, in relazione all’evento dannoso realizzatosi, automaticamente viene meno l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 45 c.p. (Sent. n. 1500, Sez. IV, del 15-1-2014).

 

Reato – Circostanza aggravante comune dell’aver adoperato sevizie o dell’aver agito con crudeltà – Reiterazione di colpi inferti alla vittima – Azione che non ecceda i limiti della normalità causale e non trasmodi in una manifestazione di efferatezza – Configurabilità dell’aggravante – Esclusione

(cod. pen.: art. 61 n. 4)

— Non si configura l’aggravante di cui all’art. 61 n. 4 c.p. di aver adoperato sevizie e agito con crudeltà quando, a fronte della reiterazione di colpi inferti alla vittima, l’azione, che è connessa alla natura del mezzo usato per conseguire l’effetto delittuoso e realizzare l’evento antigiuridico della morte del soggetto passivo, non ecceda i limiti della normalità causale e non trasmodi in una manifestazione di efferatezza (Sent. n. 725, Sez. I, del 10-1-2014).

 

Reato continuato – Unicità del disegno criminoso – Prova – Indici esteriori significativi – Individuazione

(cod. pen.: art. 81 II co.)

— In tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Indici esteriori apprezzabili vanno individuati in elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dall’omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo. Di per sé l’omogeneità delle violazioni, sebbene indicativa di una particolare attitudine del soggetto a commettere azioni criminose della stessa indole, non consente da sola di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sent. n. 3111, Sez. III, del 23-1-2014).

 

Responsabilità da reato degli enti – Confisca del profitto derivante dal reato – Quando può essere disposta

(D.Lgs. 231/2001: artt. 5, 19)

— In tema di responsabilità da reato degli enti, la sanzione della confisca del profitto derivante dal reato può essere disposta solo quando la data di commissione di quest’ultimo è successiva a quella di entrata in vigore della normativa che introduce nel catalogo dei reati-presupposto la fattispecie per cui si procede, risultando invece irrilevante il momento in cui il suddetto profitto è, in tutto o in parte, effettivamente conseguito. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato il sequestro preventivo del profitto riferito al reato di associazione per delinquere e ad illeciti ambientali, derivante da condotte realizzate prima dell’entrata in vigore della normativa che ha inserito i reati in questione fra quelli idonei a fondare la responsabilità dell’ente) (Sent. n. 3635, Sez. VI, del 24-1-2014).

 

Responsabilità da reato degli enti – Procedibilità per il reato di associazione per delinquere e per i reati non previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo

(D.Lgs. 231/2001: artt. 5, 19; cod. pen.: art. 416)

— In tema di responsabilità da reato degli enti, allorché si proceda per il delitto di associazione per delinquere e per i reati non previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, la rilevanza di questi ultimi non può essere indirettamente recuperata, ai fini dell’individuazione del profitto confiscabile, per il loro carattere di delitti scopo del reato associativo contestato (Sent. n. 3635, Sez. VI, del 24-1-2014).

 

Responsabilità da reato degli enti – Profitto del reato – Nozione

(D.Lgs. 231/2001: artt. 5, 19)

— In tema di responsabilità da reato degli enti, il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico positivo di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto e può consistere anche in un risparmio di spesa, da intendersi, tuttavia, in senso relativo, cioè come ricavo introitato dal quale non siano stati detratti i costi che si sarebbero dovuti sostenere, e non in senso assoluto, cioè quale diminuzione o mancato aumento delle passività cui non corrispondano beni materialmente entrati nella sfera di titolarità del responsabile. (Fattispecie in cui la Corte di cassazione ha affermato che il profitto non può corrispondere al risparmio di spesa conseguente al mancato adeguamento degli impianti di uno stabilimento siderurgico) (Sent. n. 3635, Sez. VI, del 24-1-2014).

 

Ricettazione – Elemento soggettivo – Prova

(cod. pen.: art. 648)

— Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sent. n. 1401, Sez. II, del 15-1-2014).

 

Riparazione per l’ingiusta detenzione – Diritto all’indennizzo – Condizione ostativa rappresentata dall’aver dato causa, da parte del richiedente, all’ingiusta detenzione – Elementi rilevanti

(cod. proc. pen.: art. 314)

— La condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo per l’ingiusta detenzione rappresentata dall’aver dato causa, da parte del richiedente, all’ingiusta detenzione, deve concretarsi in comportamenti che non siano stati esclusi dal giudice della cognizione e che possono essere di tipo extra-processuale (comportamenti caratterizzati da spiccata leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da porre in essere un meccanismo di imputazione) o di tipo processuale (come un’autoincolpazione, un silenzio cosciente su di un alibi, età). Sugli elementi costitutivi della colpa grave così determinati, il giudice è tenuto sia ad indicare gli specifici comportamenti addebitabili all’interessato, sia a motivare in che modo tali comportamenti abbiano inciso sull’evento detenzione. Una condotta sinergica all’evento detenzione ben può essere desunta, altresì, da dichiarazioni testimoniali o fonti di altro tipo descrittive di tale condotta, purché ritualmente acquisite e ritenute attendibili in relazione alla condotta descritta, a prescindere poi dall’esito del vaglio del giudice della cognizione ai fini dell’idoneità della condotta dell’imputato, così accertata, a legittimare una sentenza di condanna (Sent. n. 1921, Sez. IV, del 17-1-2014).

 

Sicurezza nei luoghi di lavoro – Valutazione dei rischi

(D.Lgs. 81/2008: art. 28)

— In tema di sicurezza nei luoghi di lavoro, tra le misure che la valutazione dei rischi deve prevedere rientra anche l’attività di manutenzione necessaria a preservare nel tempo l’idoneità e l’efficienza delle misure di prevenzione individuate (Sent. n. 4961, Sez. IV, del 31-1-2014).

 

Violenza sessuale – Connessione rilevante ai fini della perseguibilità d’ufficio – Individuazione

(cod. pen.: artt. 120, 609 bis; cod. proc. pen.: artt. 12, 371)

— L’ipotesi di connessione rilevante ai fini della perseguibilità d’ufficio del reato di violenza sessuale non è solo quella processuale disciplinata dall’art. 12 cod. proc. pen. ma anche quella materiale, che si ha ogniqualvolta l’indagine sul reato perseguibile d’ufficio comporti necessariamente l’accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l’uno in occasione dell’altro, oppure l’uno per occultare l’altro, oppure ancora in uno degli altri collegamenti investigativi indicati dall’art. 371 cod. proc. pen., purché le indagini in ordine al reato perseguibile d’ufficio siano state effettivamente avviate (Sent. n. 2856, Sez. III, del 22-1-2014).