Novità in cantiere sul nuovo processo civile
Esaminando le anticipazioni che circolano sullo schema di decreto legge emanato dal C.d.M. il 29 agosto 2014, le modifiche potrebbero essere discutibili sia sul piano operativo che su quello funzionale.
Per quanto concerne il processo di cognizione, la negoziazione assistita da un avvocato si contrappone all’istituto della mediazione obbligatoria.
L’assistenza dell’avvocato, nel procedimento di mediazione, è già prevista a tutela delle parti, secondo un iter che offre una maggiore garanzia sia per la sede ove il confronto si svolge, sia per la libera manifestazione delle parti che raggiungono l’accordo, consacrato da un verbale che ha valore di titolo esecutivo. Non è da sottovalutare il tempo previsto per detta procedura, che non deve superare i quattro mesi dal suo avvio.
Con la procedura di negoziazione assistita il tutto si svolgerebbe all’interno degli studi legali verso i quali, senza generalizzare l’ipotesi, la convenzione potrebbe essere frutto di compromessi incontrollabili, senza alcuna forma di garanzia normativa.
Se le parti, come è da ritenere, conserveranno il loro ruolo di «attore» e di «convenuto», sembra più logico il procedimento di mediazione, ove si individua chi promuove l’azione e chi è chiamato a difendersi. Nel procedimento di negoziazione assistita per le parti che compongono amichevolmente la lite, non è chiaro il momento della fase iniziale ove si instaura il contenzioso, tenuto conto che il ricorso al giudice ordinario avviene nell’ipotesi di «mancato accordo» tra le parti.
Da ciò si deduce che la classe forense, già corresponsabile della lungaggine dei processi, in occasione di una modifica strutturale del processo civile, intende mantenere una posizione da protagonista, in barba alla volontà dei cittadini, stanchi di convivere con procedimenti la cui soluzione a volte rischiano di conoscerla i loro eredi.
Per quanto concerne il processo civile esecutivo, le ipotesi di modifica occupano un spazio abbastanza ampio e offrono varie possibilità di critica ove si riscontra addirittura un certo zavorramento di formalità.
Prima di entrare nel vivo dell’esame degli articoli oggetto della modifica, è da evidenziare l’intervento all’art. 122 del D.P.R. n. 1229 del 1959, che prevede un incentivo economico con l’introduzione dell’ulteriore compenso in misura percentuale sul valore realizzato dall’esecuzione, che provocherà una più incisiva pretesa da parte degli ex aiutanti ufficiali giudiziari, ora denominati «ufficiali giudiziari», nel voler conseguire una «titolarità» dei procedimenti esecutivi.
Il CCNL 14 settembre 2007, nel classificare il personale del Comparto Ministeri per il quadriennio 2006/2009, circoscrisse in tre aree le varie posizioni, inserendo nella Seconda Area le fasce B1, B2, B3 e B3S, mentre nella Terza Area le posizioni da C1 sino alla C3S.
A decorrere dal 30 luglio 2010, con analoga operazione prevista per le cancellerie e gli altri settori della P.A., fu disposto l’inquadramento giuridico delle categorie Unep, delineando la figura del funzionario Unep nell’ex ufficiale giudiziario e la figura dell’ufficiale giudiziario nell’ex ufficiale giudiziario B3.
L’ordinamento professionale del personale Unep non è stato modificato, nonostante la confusione a suo tempo creata dalla direttiva Cerrato. Nelle declaratorie che accompagnano il sistema di classificazione e nelle varie note a chiarimento su quesiti posti al Ministero, l’attività di esecuzione demandata agli ex aiutanti è subordinata al principio mai soppresso previsto dall’art. 32 del D.P.R. n. 1229 del 1959.
Purtroppo la qualifica del funzionario Unep è stata declassata per favorire una spinta in avanti che non ha migliorato le funzioni, in quanto almeno in teoria restano distinte per le due categorie.
In un mio intervento, apparso su questo settimanale, intitolato «Finalmente abbiamo un funzionario Unep …….. alla portata di tutti», evidenziai quanto stabilì il Tar del Lazio con decisione n. 252 del 25 novembre 1992 in merito all’inquadramento nell’ex ottava qualifica, corrispondente al nostro funzionario.
Esaminando le modifiche che si vorrebbero apportare all’art. 492 c.p.c., condivido un potenziamento degli strumenti con modalità telematiche al fine degli accertamenti di ricerca dei beni del debitore non individuati.
Terminate le operazioni, il funzionario deve redigere un processo verbale comprensivo delle risultanze degli accertamenti operati. Verbale indispensabile per l’individuazione dei beni non rintracciati nei luoghi appartenenti al debitore e degli eventuali crediti eventualmente disponibili presso terzi.
Il creditore è destinatario del verbale trasmessogli dal funzionario in quanto entro dieci giorni dalla comunicazione ricevuta deve indicare al funzionario i beni da sottoporre ad esecuzione, in mancanza la richiesta di pignoramento perde efficacia.
È una novità l’istituzione del registro cronologico denominato «Modello ricerca beni» che disciplina l’accesso del funzionario alle banche dati.
Perplessità sorgono quando, compiute le operazioni, il funzionario deve consegnare «senza ritardo» al creditore procedente il processo verbale in originale, corredato dal titolo esecutivo e dal precetto. Non si giustifica il trasferimento dell’onere del deposito entro dieci giorni in cancelleria al difensore della parte istante degli atti in suo possesso in copia conforme unitamente alla nota d’iscrizione a ruolo. Solo allora il cancelliere forma il fascicolo di esecuzione.
Gli interrogativi si pongono sia sul termine dei dieci giorni, a rischio di inefficacia del procedimento eseguito, sia sulla custodia degli originali del titolo esecutivo e precetto in possesso del creditore. Nel corso del termine fissato nei dieci giorni, le garanzie sia del creditore che del debitore sono subordinate alla disponibilità del difensore, che non è soggetto processuale.
Analogo procedimento è previsto per la dichiarazione del terzo, in cui è fatto onere al funzionario di consegnare senza ritardo l’originale dell’atto di citazione al creditore, cui è fatto onere di depositare in cancelleria entro trenta giorni copie conformi dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto unitamente alla nota di iscrizione a ruolo. Quindi probabilmente solo dopo un mese il cancelliere potrà formare il fascicolo d’esecuzione. Domandandoci ancora una volta: cosa può avvenire in questo intervallo di tempo? Poiché il titolo esecutivo in originale non ha un’efficacia limitata, come l’atto di precetto, perché deve essere ancora nella disponibilità del creditore.
In sede di esecuzione immobiliare circa le operazioni relative alla rimozione dei beni mobili estranei all’esecuzione, non sono chiare le fasi di intervento del funzionario una volta esaurite le operazioni di immissione in possesso dell’immobile, nel caso di mancato asporto dei beni da parte dell’intimato. Le operazioni dovrebbero considerarsi concluse con il relativo verbale, sollevando il funzionario da operazioni che riguardano la stima dei beni, la nomina del custode e l’onere dell’asporto dei suddetti beni. A meno che queste operazioni non si considerino un procedimento a sé ma non in prosieguo.
Concludendo, sarebbe auspicabile che i funzionari si dedichino con maggiore professionalità ai loro compiti d’istituto ed evitino di rifugiarsi nell’attività notificatoria, solo perché il loro bilancio non li soddisfa.
I codici di rito hanno mantenuto la denominazione del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario nelle attività d’istituto loro spettanti, non possono essere create confusioni sui loro compiti d’istituto se intervengono cambi di fisionomia attraverso le varie stagioni contrattuali.
Dr. Marco Melli