Massime penali della Cassazione di settembre 2014

Abbandono di persone minori o incapaci – Elemento oggettivo

(cod. pen.: art. 591)

— Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 591 c.p., il necessario «abbandono» è integrato da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia) che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo (Sent. n. 37444, Sez. V, del 10-9-2014).

 

Abuso d’ufficio – Collusione tra il privato ed il pubblico ufficiale – Criterio di necessità

(cod. pen.: artt. 110, 323)

— Ai fini della configurabilità del concorso del privato nel delitto di abuso d’ufficio, l’esistenza di una collusione tra il privato ed il pubblico ufficiale non può essere dedotta dalla mera coincidenza tra la richiesta dell’uno e il provvedimento adottato dall’altro, essendo invece necessario che il contesto fattuale, i rapporti personali tra i predetti soggetti, ovvero altri dati di contorno, dimostrino che la domanda del privato sia stata preceduta, accompagnata o seguita dall’accordo con il pubblico ufficiale, se non da pressioni dirette a sollecitarlo o persuaderlo al compimento dell’atto illegittimo (Sent. n. 37880, Sez. VI, del 16-9-2014).

 

Abuso d’ufficio – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 323, 357)

— Integra il delitto di abuso d’ufficio la condotta del sindaco che, per mero spirito di ritorsione, revochi l’incarico di un dirigente di un settore comunale: difatti, anche dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, non è mutata la natura pubblicistica della funzione svolta e dei poteri esercitati dai dirigenti amministrativi e, con essa, la qualifica di pubblico ufficiale rilevante ai fini dell’art. 357 c.p. (Sent. n. 28357, Sez. VI, del 18-9-2014).

 

Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 319, 615 ter)

— Integra il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (ex art. 615 ter c.p.) il pubblico ufficiale che, pur avendo titolo e formale legittimazione per accedere al sistema, vi si introduca su altrui istigazione criminosa nel contesto di un accordo di corruzione propria; in tal caso, l’accesso del pubblico ufficiale — che, in seno ad un reato plurisoggettivo finalizzato alla commissione di atti contrari ai doveri d’ufficio (ex art. 319 c.p.), diventi la longa manus del promotore del disegno delittuoso — è in sé «abusivo» e integrativo della fattispecie incriminatrice sopra indicata, in quanto effettuato al di fuori dei compiti d’ufficio e preordinato all’adempimento dell’illecito accordo con il terzo, indipendentemente dalla permanenza nel sistema contro la volontà di chi ha il diritto di escluderlo (Sent. n. 37240, Sez. VI, dell’8-9-2014).

 

Atti sessuali con minorenne – Criterio di sufficienza, anche nel caso di rapporti per via telematica

(cod. pen.: artt. 609 bis, 609 quater)

— La fattispecie criminosa di atti sessuali con minorenne è integrata, pur in assenza di un contatto fisico diretto con la vittima, quando gli «atti sessuali» — come considerati dall’art. 609-bis cod. pen., e fra i quali rientrano gli atti di autoerotismo indotti — coinvolgano oggettivamente la corporeità sessuale della persona offesa e siano finalizzati ed idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale, nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale; né può negarsi la sussistenza del reato anche laddove il rapporto fra l’inducente ed il minore intervenga per via telematica, posto che, come sopra rilevato, gli atti sessuali di cui all’art. 609-quater c.p. non devono essere necessariamente caratterizzati dal contatto fisico tra la vittima e l’agente, ben potendo l’autore del delitto trovare soddisfacimento sessuale dal fatto di assistere all’esecuzione di atti che la vittima pone in essere su se stessa. (Nella specie, l’imputato aveva intrattenuto assidui rapporti tramite mezzi di comunicazione telematici; in particolare, si trattava di conversazione tramite strumenti di videoscrittura, durante i quali lo stesso induceva un minore a compiere atti di autoerotismo, praticandoli contemporaneamente anche su se stesso, commentandone col medesimo gli esiti e documentando gli stessi tramite il reciproco invio di immagini fotografiche digitali) (Sent. n. 39904, Sez. III, del 26-9-2014).

 

Bancarotta fraudolenta documentale – Casi in cui sussiste

(R.D. 267/1942: art. 216 I co. n. 2)

— Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non soltanto qualora la ricostruzione del patrimonio sia impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sent. n. 37436, Sez. V, del 10-9-2014).

 

Bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta semplice documentale – Elemento distintivo

(R.D. 267/1942: artt. 216 I co. n. 2, 217 II co.)

— La differenza tra la bancarotta fraudolenta documentale prevista dall’art. 216, comma primo, n. 2, L.F., e quella semplice prevista dall’art. 217, comma secondo, stessa legge, consiste nell’elemento psicologico che, nel primo caso, viene individuato nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore e, nel secondo caso, dal dolo o indifferentemente dalla colpa, che sono ravvisabili quando l’agente ometta, rispettivamente, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture; ne consegue che il dolo generico che caratterizza il reato fraudolento, dovendo consistere nella consapevolezza e volontà che l’irregolare tenuta delle scritture renda impossibile la ricostruzione del patrimonio, non può corrispondere e non può essere ritenuto sovrapponibile alla pura e semplice volontà di non tenere quelle stesse scritture. La differenza tra i due elementi psicologici richiamati sta nel fatto che soltanto il primo di essi, e cioè quello che caratterizza la bancarotta fraudolenta, deve risultare arricchito di componenti soggettive che afferiscano esplicitamente al tema della messa in pericolo dell’interesse dei creditori ad una ricomposizione completa ed esaustiva delle scritture sociali attinenti a tutte le iniziative economiche della società: un interesse che, a sua volta, viene generalmente desunto da indicatori precisi quali la consistenza del materiale documentale tenuto in violazione di legge oppure la correlazione di tale condotta con attività distrattiva che il disordine contabile appaia destinato, per l’appunto, a celare (Sent. n. 40015, Sez. V, del 26-9-2014).

 

Calunnia – Animus defendendi – Non esclude il delitto in tutti i casi in cui l’agente, oltre che contestare i fatti addebitatigli, finisce con l’incolpare terzi che egli sa essere innocenti

(cod. pen.: art. 368; Cost.: art. 24 II co.)

— Il delitto di calunnia non può essere escluso dalla volontà di scagionarsi da un’accusa; l’animus defendendi non esclude la calunnia in tutti i casi in cui l’agente, oltre che contestare i fatti addebitatigli, finisce con l’incolpare terzi che egli sa essere innocenti. L’imputato può, nel corso del procedimento penale a suo carico, negare, anche mentendo, ogni sua responsabilità, ma qualora non si limiti a ribadire l’insussistenza delle accuse a suo carico e assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere altre persone di cui conosce l’innocenza, travalica il diritto di difesa e deve ritenersi configurabile nei suoi confronti il delitto di calunnia (Sent. n. 37487, Sez. VI, dell’11-9-2014).

 

Calunnia – Dolo – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 368)

— Solo l’ingiustificata attribuzione come fatto vero di un fatto di cui non si è accertata la realtà presuppone la certezza della sua non attribuibilità sic et simpliciter all’incolpato. Quando invece l’erroneo convincimento riguardi profili essenzialmente valutativi o interpretativi della condotta oggetto di addebito, l’attribuzione dell’illiceità è dominata da una pregnante inferenza soggettiva, che, nella misura in cui non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata, è inidonea ad integrare il dolo tipico della calunnia (Sent. n. 37654, Sez. VI, del 12-9-2014).

 

Concorso di persone nel reato – Concorso dell’«estraneo» nel reato proprio – Presupposto necessario

(cod. pen.: art. 110; cod. proc. pen.: artt. 129 II co., 530 I e II co.)

— Il concorso dell’«estraneo» nel reato proprio presuppone che l’«intraneo» esecutore materiale del reato sia riconosciuto responsabile del reato proprio, quantomeno sul piano oggettivo; in linea con il disposto dell’art. 129, comma 2, c.p.p., deve pertanto essere data prevalenza al proscioglimento di merito, rispetto alla declaratoria di improcedibilità per estinzione per intervenuta prescrizione, allorché il giudice abbia ritenuto non meramente insufficiente o contraddittoria ma totalmente carente la prova del fatto dell’«intraneo» — delineando dunque nei confronti di quest’ultimo una situazione rilevante ai sensi del comma 1, e non del comma 2, dell’art. 530 c.p.p. —, in quanto, in tale caso, si può ritenere che sia integrata una situazione di evidente innocenza dell’«estraneo» (Sent. n. 40303, Sez. VI, del 29-9-2014).

— Ai fini della configurabilità della responsabilità dell’«extraneus» per concorso nel reato proprio è indispensabile, oltre alla cooperazione materiale ovvero alla determinazione o istigazione alla commissione del reato, che l’«intraneo» esecutore materiale del reato sia riconosciuto responsabile del reato proprio, indipendentemente dalla sua punibilità in concreto per l’eventuale presenza di cause personali di esclusione della responsabilità (Sent. n. 40303, Sez. VI, del 29-9-2014).

 

Concussione – Costrizione del pubblico ufficiale – Nozione

(cod. pen.: art. 317; L. 190/2012: art. 1 LXXV co. lett. d)

— In tema di concussione di cui all’art. 317 c.p., così come modificato dall’art. 1, comma 75, L. n. 190 del 2012, la costrizione consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita, che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciatogli. (Fattispecie in cui la Corte ha qualificato come concussione la condotta di un carabiniere che, compiendo un controllo con modalità arbitrarie e vessatorie nei confronti di un imprenditore cinese, ingenerava un clima di tensione e preoccupazione, tale da rendere necessitata l’offerta di una somma di denaro quale corrispettivo per omettere la denuncia della condizione di clandestinità dei dipendenti) (Sent. n. 37655, Sez. VI, del 12-9-2014).

 

Dibattimento – Nuove contestazioni – Principio della correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza – Caso in cui non è violato

(cod. proc. pen.: art. 521; cod. pen.: artt. 640, 642)

— Quando nel capo di imputazione originario siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizione di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza, non sussiste violazione del principio di doverosa correlazione tra accusa e sentenza. (Nella specie, il reato originariamente contestato, art. 642 c.p., costituiva un’ipotesi criminosa speciale rispetto al reato di truffa di cui all’art. 640 c.p.: nel primo, infatti, erano presenti tutti gli elementi della condotta caratterizzanti il secondo e, in più, come elemento specializzante, il fine di tutela del patrimonio dell’assicuratore) (Sent. n. 38049, Sez. II, del 17-9-2014).

 

Diffamazione – Dolo generico – Sufficienza

(cod. pen.: art. 595)

— Ai fini dell’integrazione del delitto di diffamazione è sufficiente il dolo generico, che può assumere anche la forma del dolo eventuale, ravvisabile laddove l’agente faccia consapevolmente uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive (Sent. n. 38986, Sez. feriale, del 26-9-2014).

 

Diffamazione – Fattispecie

(cod. pen.: art. 595)

— La diffusione dei nominativi dei condomini morosi, attraverso l’affissione sul portone di ingresso del condominio di una nota, integra il delitto di diffamazione (art. 595 c.p.), essendo potenzialmente conoscibile da un numero indeterminato di persone e non essendoci alcun interesse alla conoscenza della circostanza relativa alla morosità di alcuni condomini (Sent. n. 38986, Sez. feriale, del 26-9-2014).

 

Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – Fattispecie ex art. 659 I e II co. cod. pen. – Elemento differenziatore tra le due – Individuazione

(cod. pen.: art. 659 I e II co.)

— L’elemento differenziatore tra le due autonome fattispecie configurate dall’art. 659, commi 1 e 2, c.p. è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacché, ove esso provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto dell’esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell’autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall’esercizio dell’attività lavorativa, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 659, comma 1, c.p., per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo (Sent. n. 37184, Sez. III, del 5-9-2014).

 

Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – Responsabilità del gestore di un esercizio commerciale per i continui schiamazzi e rumori provocati dagli avventori dello stesso – Criterio di necessità

(cod. pen.: artt. 40 II co., 659 I co.)

— Il gestore di un esercizio commerciale è responsabile del reato di cui all’art. 659, comma 1, c.p. per i continui schiamazzi e rumori provocati dagli avventori dello stesso, con disturbo delle persone; infatti, la qualità di titolare della gestione dell’esercizio pubblico comporta l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza. Perché, però, l’evento possa essere addebitato al gestore dell’esercizio commerciale è necessario che esso sia riconducibile al mancato esercizio del potere di controllo e sia quindi collegato da nesso di causalità con tale omissione (Sent. n. 37196, Sez. III, del 5-9-2014).

 

Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Ordinanza di convalida del provvedimento del questore impositivo dell’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia in concomitanza di manifestazioni sportive, che non enunci le specifiche ragioni che facciano ritenere insufficiente l’adozione della sola misura di prevenzione del divieto di accesso agli stadi – Illegittimità – Fondamento

(L. 401/1989: art. 6)

— È illegittima l’ordinanza di convalida del provvedimento del questore impositivo dell’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia in concomitanza di manifestazioni sportive, che non enunci le specifiche ragioni che facciano ritenere insufficiente l’adozione della sola misura di prevenzione del divieto di accesso agli stadi; infatti, la contestuale o pregressa adozione del provvedimento di divieto di partecipazione a manifestazioni sportive costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’applicazione dell’ulteriore misura di prevenzione dell’ordine di comparizione nell’ufficio di polizia competente, in quanto per giustificare tale ulteriore misura, per la quale è richiesto un quid pluris di pericolosità sociale, occorre che nella motivazione del provvedimento del questore vengano esplicitate le specifiche ragioni che facciano ritenere insufficiente l’adozione della sola misura di prevenzione del divieto di accesso (Sent. n. 37757, Sez. III, del 15-9-2014).

 

Doping – Illecita assunzione di sostanze dopanti – È reato di pura condotta – Ragione

(L. 376/2000: art. 9)

— L’illecita assunzione di sostanze dopanti è reato di pura condotta, poiché la legge non richiede che l’azione produca anche un determinato effetto esteriore, e di pericolo presunto, per la sua funzione di tutela anticipata dei beni protetti (Sent. n. 37316, Sez. III, del 9-9-2014).

 

Evasione dagli arresti domiciliari – Abitazione dalla quale la persona non può allontanarsi – Nozione

(cod. pen.: art. 385 III co.; cod. proc. pen.: art. 284)

— Ai fini dell’apprezzamento di condotte potenzialmente elusive del regime cautelare o espiatorio degli arresti domiciliari, l’abitazione dalla quale la persona non può allontanarsi deve intendersi come il luogo in cui il soggetto svolge la propria vita domestica e privata, con esclusione di appartenenze (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non siano strettamente attigue o «pertinenti» (cioè annesse) all’abitazione, dalla quale siano immediatamente raggiungibili senza alcuna soluzione di continuità, cioè senza attraversare spazi non riconducibili all’esercizio della vita domestica e privata (Sent. n. 36639, Sez. VI, del 2-9-2014).

 — In tema di evasione, non possono essere di per sé esclusi dal concetto di abitazione un’area condominiale, un giardino o un cortile, non potendosi intendere l’abitazione esclusivamente come un appartamento in senso stretto, ossia come una serie di locali chiusi, ma dovendo la stessa, al contrario, essere considerata come il luogo dove ordinariamente si realizza la vita domestica e privata (Sent. n. 36639, Sez. VI, del 2-9-2014).

 

Falsità in certificazione amministrativa – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 477, 482)

— Integra il reato di falsità in certificazione amministrativa, e non in atto pubblico, il falso avente ad oggetto la targa automobilistica (Sent. n. 38742, Sez. V, del 23-9-2014).

 

Frode fiscale e truffa aggravata ai danni dello Stato – Rapporto di specialità – Configurabilità – Fondamento

(D.Lgs. 74/2000; cod. pen.: art. 640 II co. n. 1)

— È configurabile un rapporto di specialità tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, comma 2, n. 1, c.p.), in quanto qualsiasi condotta fraudolenta diretta all’evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenimento di pubbliche erogazioni (Sent. n. 37725, Sez. II, del 15-9-2014).

 

Frode fiscale e truffa – Concorso – Possibilità – Condizione

(D.Lgs. 74/2000; cod. pen.: art. 640)

— Se dalla condotta di frode fiscale deriva un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenimento di pubbliche erogazioni, è possibile il concorso fra il delitto di frode fiscale e quello di truffa (Sent. n. 37725, Sez. II, del 15-9-2014).

 

Giudicato – Divieto di un secondo giudizio – Non vieta di prendere in considerazione lo stesso fatto storico, o particolari suoi aspetti, per valutarli liberamente ai fini della prova concernente un reato diverso da quello giudicato

(cod. proc. pen.: art. 649)

— È legittimo assumere, come elemento di giudizio autonomo, circostanze di fatto raccolte nel corso di altri procedimenti penali, pur quando questi si siano conclusi con sentenze irrevocabili di assoluzione, perché la preclusione del giudizio impedisce soltanto l’esercizio dell’azione penale per il fatto-reato che di quel giudicato ha formato oggetto, ma non la possibilità di una rinnovata valutazione delle risultanze probatorie acquisite nei processi ormai conclusisi, una volta stabilito che quelle risultanze probatorie possono essere rilevanti per l’accertamento di reati diversi da quelli già giudicati. Infatti l’inammissibilità di un secondo giudizio per lo stesso reato non vieta di prendere in considerazione lo stesso fatto storico, o particolari suoi aspetti, per valutarli liberamente ai fini della prova concernente un reato diverso da quello giudicato, in quanto ciò che diviene irretrattabile è la verità legale del fatto-reato, non quella reale del fatto storico (Sent. n. 36755, Sez. I, del 3-9-2014).

 

Giudicato – Pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona – Art. 669 cod. proc. pen. – Quando non si applica

(cod. proc. pen.: artt. 649, 669)

— Il disposto di cui all’art. 669 c.p.p., relativo al caso che vi sia stata pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona, non può trovare applicazione qualora la questione del ne bis in idem sia stata prospettata dalle parti e risolta negativamente in via principale nell’ambito del giudizio di cognizione (Sent. n. 36755, Sez. I, del 3-9-2014).

 

Giudicato – Rescissione – Poteri della Corte di cassazione – Individuazione

(cod. proc. pen.: artt. 611, 625 ter)

— Sulla richiesta di rescissione del giudicato, di cui all’art. 625 ter c.p.p., la Corte di cassazione delibera secondo la procedura camerale non partecipata — disciplinata dall’art. 611 c.p.p. — e può disporre la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata (Sent. n. 36848, Sez. Unite, del 3-9-2014).

 

Giudicato – Rescissione – Si applica solo ai procedimenti in cui è stata dichiarata l’assenza dell’imputato ex art. 420 bis cod. proc. pen.

(cod. proc. pen.: artt. 175 II co., 420 bis, 625 ter; L. 67/2014)

— L’istituto della rescissione del giudicato, di cui all’art. 625 ter c.p.p., si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420 bis c.p.p., come modificato dalla L. 28 aprile 2014 n. 67, mentre, invece, ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente all’entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma 2, c.p.p., nel testo previgente (Sent. n. 36848, Sez. Unite, del 3-9-2014).

 

Indagini preliminari – Chiusura – Archiviazione – Omessa fissazione, da parte del G.I.P., dell’udienza camerale ex art. 410 cod. proc. pen. ed omessa motivazione in ordine all’inammissibilità dell’opposizione proposta avverso la relativa richiesta formulata dal P.M. – Violano il diritto della persona offesa al contraddittorio

(cod. proc. pen.: artt. 178 lett. c, 409, 410, 606; Cost.: art. 111 II co.)

— In tema di archiviazione, l’omessa fissazione, da parte del G.I.P., dell’udienza camerale di cui all’art. 410 c.p.p. e l’omessa motivazione in ordine all’inammissibilità dell’opposizione proposta avverso la relativa richiesta formulata dal P.M. costituiscono violazione sostanziale del diritto della persona offesa al contraddittorio ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p., deducibile in quanto tale come motivo di ricorso per cassazione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento di archiviazione, emesso dal G.I.P. senza provvedere sull’atto di opposizione all’archiviazione tempestivamente inoltrato con raccomandata postale) (Sent. n. 38801, Sez. VI, del 23-9-2014).

 

Indagini preliminari – Chiusura – Provvedimento di archiviazione assunto de plano nonostante l’opposizione della persona offesa – Quando è illegittimo

(cod. proc. pen.: artt. 409, 410)

— Il provvedimento di archiviazione assunto de plano nonostante l’opposizione della persona offesa è illegittimo qualora, invece di delibare sull’ammissibilità dell’opposizione, contenga una valutazione sul merito della richiesta del P.M. in ordine alla fondatezza dell’accusa (Sent. n. 36641, Sez. VI, del 2-9-2014).

 

Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità – Invito a presentarsi presso l’ufficio di polizia in vista di possibili esiti negativi per l’interessato, quale ad esempio l’espulsione – Non può validamente surrogare l’ordine di allontanamento attuativo del decreto prefettizio di espulsione e la sequenza degli atti stabiliti dalla legge a tale fine – Fondamento

(cod. pen.: art. 650)

— L’art. 650 c.p. è norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione, ovvero quando il provvedimento amministrativo dell’Autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio meccanismo di tutela. Pertanto l’invito a presentarsi presso l’ufficio di polizia in vista di possibili esiti negativi per l’interessato, quale ad esempio l’espulsione, non può validamente surrogare l’ordine di allontanamento, tipizzato dall’ordinamento giuridico, attuativo del decreto prefettizio di espulsione e la sequenza degli atti stabiliti dalla legge a tale fine (Sent. n. 40391, Sez. feriale, del 30-9-2014).

 

Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Richiesta di distruzione delle intercettazioni non necessarie ai fini del procedimento – Giudice competente – Individuazione

(cod. proc. pen.: art. 269 III co.)

— Competente funzionalmente a provvedere sulla richiesta di distruzione delle intercettazioni non necessarie ai fini del procedimento è il giudice che ha autorizzato o convalidato le intercettazioni e non quello che procede all’atto della formulazione della richiesta (Sent. n. 39938, Sez. VI, del 26-9-2014).

 

Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi – Configurabilità – Criterio di necessità

(cod. pen.: art. 474)

— Il reato di cui all’art. 474 c.p. richiede, per la sua configurabilità, la falsa riproduzione degli elementi essenziali del marchio registrato nella loro interezza, ed ha per oggetto la tutela della fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno (il che esclude ogni rilievo dell’eventuale grossolanità della contraffazione e delle condizioni di vendita che siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno) (Sent. n. 38919, Sez. feriale, del 23-9-2014).

— L’art. 474 c.p. punisce sia le riproduzioni integrali del marchio, sia quelle parziali, assumendo rilievo, ai fini della configurabilità del reato, non solo la pedissequa riproduzione del segno distintivo, ma qualsiasi riproduzione dello stesso (Sent. n. 38919, Sez. feriale, del 23-9-2014).

 

Maltrattamenti verso fanciulli – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 40 II co., 572; cod. proc. pen.: art. 284)

— Deve essere confermata la misura degli arresti domiciliari nei confronti della direttrice di una scuola per il reato di maltrattamenti continuati ai danni di alunni della scuola ove l’indagata svolgeva le proprie funzioni di direttrice allorché sia emerso dall’istruttoria che la stessa aveva omesso di esercitare i poteri di vigilanza, controllo, segnalazione e denuncia, non impedendo così i maltrattamenti posti in essere da altra insegnante (Sent. n. 38050, Sez. II, del 17-9-2014).

 

Mandato d’arresto europeo – Estradizione dall’estero – Principio di specialità – Opera anche in fase esecutiva – Conseguenza

(L. 69/2005: artt. 26, 32; cod. proc. pen.: art. 721)

— In tema di mandato d’arresto europeo, il principio di specialità opera anche in fase esecutiva ed impedisce che l’estradato, che non abbia espresso formale e inequivoco consenso all’estensione dell’estradizione, in mancanza o in attesa dell’estradizione suppletiva, sia sottoposto a limitazioni della libertà personale, per effetto, ad esempio, del cumulo di una sentenza resa per fatti diversi da quelli per cui è stata concessa l’estradizione (Sent. n. 38637, Sez. I, del 22-9-2014).

 

Minaccia – Criterio di necessità e criterio di sufficienza

(cod. pen.: art. 612)

— L’integrazione del reato di minaccia richiede che si abbia una limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato alla vittima, mentre non è necessario che uno stato di intimidazione si verifichi in concreto, essendo sufficiente la mera attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente (Sent. n. 38591, Sez. V, del 19-9-2014).

 

Misure cautelari personali – Illegittimità o inefficacia di un’ordinanza applicativa per mancato rispetto dei requisiti formali – Nuovo provvedimento coercitivo in funzione correttiva, integrativa o sostitutiva di quello precedente

(cod. proc. pen.: artt. 291, 292)

— L’illegittimità o l’inefficacia di un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali per mancato rispetto dei requisiti formali e non per difetto dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze di cautela processuale non impedisce al giudice di emettere, per gli stessi fatti-reato, un nuovo provvedimento coercitivo in funzione correttiva, integrativa o sostitutiva di quello precedente, senza che il P.M. debba formulare un’ulteriore domanda cautelare, in quanto l’impulso processuale della parte pubblica, in assenza di una contraria manifestazione di volontà, conserva validità per tutto lo svolgimento del procedimento (Sent. n. 37759, Sez. III, del 15-9-2014).

 

Misure cautelari reali – Impugnazione – Ambito

(cod. proc. pen.: artt. 324, 325)

— In sede di impugnazione di provvedimenti cautelari reali, non possono essere dedotti vizi del procedimento principale, in relazione ai quali il soggetto impugnante non aveva alcun interesse nel momento in cui gli stessi si sono prodotti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale del riesame che aveva dichiarato inammissibile il ricorso col quale il terzo titolare di un bene immobile sottoposto a sequestro preventivo dalla Corte di appello aveva lamentato la presunta tardività dell’impugnazione del P.M. avverso la sentenza di assoluzione emessa in primo grado) (Sent. n. 37721, Sez. II, del 15-9-2014).

 

Molestia o disturbo alle persone – Condotta realizzata tramite Facebook – Configurabilità del reato – Fondamento

(cod. pen.: art. 660)

— La redazione di un giornale e la pagina Facebook di un utente possono essere considerati luoghi aperti al pubblico, ai fini della realizzazione del reato di cui all’art. 660 c.p. (molestia o disturbo delle persone). (Nella specie, la Corte ha ritenuto che il reato doveva ritenersi integrato dalla condotta realizzata mediante i messaggi inviati sotto pseudonimo tramite internet sulla pagina Facebook della vittima, costituente una community aperta, sul profilo della persona offesa «evidentemente accessibile a chiunque», che per sottrarsi alle molestie aveva dovuto bloccare l’accesso da parte di quell’utente, ma ciò aveva potuto fare solo dopo che i messaggi erano apparsi nella sua pagina) (Sent. n. 37596, Sez. I, del 12-9-2014).

 

Notificazione della sentenza contumaciale al difensore d’ufficio – Idoneità di per sé a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato – Esclusione

(cod. proc. pen.: artt. 97, 148, 420 quater, 548 III co.)

— La notificazione della sentenza contumaciale al difensore d’ufficio non può ritenersi di per sé idonea a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, essendo invece necessaria la prova positiva che lo stesso difensore sia riuscito a rintracciare il suo assistito ed abbia instaurato un effettivo rapporto professionale con lui (Sent. n. 38724, Sez. II, del 23-9-2014).

 

Omessa custodia e mal governo di animali determinanti lesioni personali colpose alla persona offesa – Fattispecie

(cod. pen.: artt. 590, 672)

— Deve essere riconosciuta la responsabilità del padrone di un cane per le lesioni riportate alla persona offesa, a nulla rilevando che in occasione di talune visite effettuate dalla polizia locale lo stesso si fosse mostrato non aggressivo, atteso che corrisponde a norma cautelare ovvia che un animale di tal fatta (pastore maremmano), il quale, per qualsivoglia ragione, può dar luogo a pericolose aggressioni, venga adeguatamente custodito o, comunque, reso inoffensivo mediante museruola (Sent. n. 36461, Sez. IV, dell’1-9-2014).

 

Ordinamento penitenziario – Affidamento in prova al servizio sociale – Giudizio della Magistratura di sorveglianza – Ambito

(L. 354/1975: art. 47)

— Il periodo trascorso in affidamento in prova non può essere considerato privo di rilevanza ai fini del computo della pena espiata per il solo fatto che la misura alternativa venga revocata. La Magistratura di sorveglianza è chiamata ad effettuare un giudizio che non è limitato alla sola esistenza di formali e conclamate violazioni alle prescrizioni imposte nel corso dello svolgimento della prova sino alla data dello specifico comportamento che ha dato causa alla decisione di revoca, ma è volto a stabilire se il mancato recepimento delle prescrizioni imposte sia stato tale, per gravità ovvero per modalità e reiterazione, da rendere evidente l’inesistenza, ab initio, di un effettivo processo di recupero educativo tale da giustificare la revoca ex tunc (Sent. n. 37292, Sez. I, dell’8-9-2014).

 

Peculato e truffa aggravata – Elemento distintivo

(cod. pen.: artt. 314, 640)

— L’elemento distintivo tra il delitto di peculato e quello di truffa aggravata va individuato con riferimento alle modalità (lecite o meno) di acquisizione del possesso del denaro o di altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione, ricorrendo la prima figura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio se ne appropri avendone già il possesso o comunque la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, e ravvisandosi invece la seconda ipotesi quando il soggetto attivo, non avendo tale possesso, se lo procuri fraudolentemente, facendo ricorso ad artifici o raggiri per appropriarsi del bene (Sent. n. 38612, Sez. II, del 22-9-2014).

 

Pornografia minorile – Produzione di materiale pedo-pornografico – Configurabilità – Criterio di sufficienza

(cod. pen.: art. 600 ter)

— Ai fini della configurabilità del reato di produzione di materiale pedo-pornografico non è condizione necessaria la realizzazione dell’eventus damni, bensì è sufficiente che la condotta criminosa, per le sue modalità, implichi un concreto pericolo di diffusione del materiale predetto. La sussistenza di tale pericolo deve essere accertata di volta in volta dal giudice, mediante il ricorso ad elementi sintomatici della condotta illecita (Sent. n. 38967, Sez. IV, del 23-9-2014).

 

Querela – Remissione intervenuta successivamente ad un ricorso inammissibile, purché proposto nei termini indicati dall’art. 585 cod. proc. pen. – Effetto

(cod. pen.: art. 152; cod. proc. pen.: art. 585)

— La remissione di querela intervenuta successivamente ad un ricorso inammissibile, purché proposto nei termini indicati dall’art. 585 c.p.p., determina l’estinzione del reato per tale causa, travolgendo necessariamente le statuizioni civili collegate ai reati estinti (Sent. n. 37688, Sez. II, del 15-9-2014).

 

Reato – Circostanza attenuante comune dell’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno mediante il risarcimento di esso – È configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza – Fondamento

(cod. pen.: artt. 62 n. 6, 185; cod. strad.: art. 186)

— La circostanza attenuante comune di cui all’art. 62, n. 6, prima ipotesi (l’aver, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso), c.p. è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, giacché non è necessario prendere in esame l’oggettività giuridica del reato, essendo compito del giudice accertare esclusivamente se l’imputato — prima del giudizio — abbia integralmente riparato il danno mediante l’adempimento delle obbligazioni risarcitorie e/o restitutorie che, ai sensi dell’art. 185 c.p., trovano la loro fonte nel reato (Sent. n. 36490, Sez. IV, dell’1-9-2014).

 

Reato – Nesso di causalità – Condotta altamente imprudente e deliberatamente rischiosa della vittima – Nesso causale tra la condotta omissiva addebitata all’imputato e l’evento – Esclusione – Ragione

(cod. pen.: artt. 40, 41)

— In presenza di una condotta altamente imprudente e deliberatamente rischiosa della vittima deve essere escluso il nesso causale tra la condotta omissiva addebitata all’imputato e l’evento perché la condotta della vittima rappresenta una condizione sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento (Sent. n. 36920, Sez. IV, del 4-9-2014).

 

Rescissione del giudicato – Richiesta relativa – Procedimenti a cui si applica – Individuazione

(cod. proc. pen.: artt. 420 bis, 611, 625 ter; L. 67/2014)

— La richiesta finalizzata alla rescissione del giudicato, di cui all’art. 625-ter c.p.p., che per la sua natura di mezzo di impugnazione deve essere depositata nella cancelleria del giudice di merito la cui sentenza è stata posta in esecuzione con allegazione dei documenti a sostegno, e che è esaminata dalla Corte di cassazione secondo la procedura camerale di cui all’art. 611 c.p.p., si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420-bis c.p.p., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Sent. n. 36848, Sez. Unite, del 3-9-2014).

 

Resistenza a un pubblico ufficiale – Dolo specifico – Nozione

(cod. pen.: art. 337)

— In tema di resistenza a pubblico ufficiale, il dolo specifico si concreta nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia al fine di opporsi al compimento di un atto dell’ufficio, mentre del tutto estranei sono lo scopo mediato ed i motivi di fatto avuti di mira dall’agente (Sent. n. 38786, Sez. VI, del 23-9-2014).

 

Ricettazione – Dolo eventuale – Quando ricorre

(cod. pen.: artt. 648, 712)

— In tema di ricettazione, ricorre il dolo nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sent. n. 39042, Sez. II, del 24-9-2014).

 

Ricorso per cassazione – Illegalità sopravvenuta della pena inflitta – Rilevabilità d’ufficio – Sussistenza

(cod. proc. pen.: art. 606; cod. pen.: art. 17)

— Nel giudizio di cassazione è rilevabile di ufficio, anche in caso di inammissibilità ovvero di rinuncia al ricorso, l’illegalità sopravvenuta della pena inflitta, determinata da una modifica normativa incidente in maniera rilevante sui limiti sanzionatori edittali sia minimi sia massimi (Sent. n. 38137, Sez. IV, del 17-9-2014).

 

Ricorso per cassazione – Sentenza di annullamento parziale che abbia ad oggetto statuizioni diverse dall’accertamento del fatto-reato e della responsabilità dell’imputato – Irrevocabilità della pronuncia di condanna – Sussistenza – Preclusione per il giudice del rinvio di intervenire sui punti della sentenza non oggetto dell’annullamento – Sussistenza – Fondamento

(cod. proc. pen.: artt. 624 I co., 648)

— In caso di annullamento parziale da parte della Corte di Cassazione, che abbia ad oggetto statuizioni diverse dall’accertamento del fatto-reato e della responsabilità dell’imputato, la pronuncia di condanna diviene irrevocabile, con conseguente preclusione per il giudice del rinvio, a norma dell’art. 624 c.p.p., di intervenire sui punti della sentenza non oggetto dell’annullamento. Infatti, il principio di formazione progressiva del giudicato, desumibile da una corretta interpretazione del citato art. 624, comma 1, che ne importa la configurabilità in ordine alle parti della sentenza non annullate, concernenti la sussistenza del reato e la responsabilità dell’imputato e la quantificazione della pena non in rapporto essenziale di connessione con le parti annullate, legittima la conclusione che esclude l’operatività di criteri di rideterminazione della medesima, relativamente alle parti della decisione che la riguardano, come l’individuazione della pena base per il reato più grave, sulle quali si è formato il giudicato, non potendo l’ambito di operatività dell’annullamento superare la barriera del giudicato (Sent. n. 37689, Sez. II, del 15-9-2014).

 

Ricorso straordinario per cassazione per errore di fatto – Caso di inammissibilità

(cod. proc. pen.: art. 625 bis)

— È inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto proposto a norma dell’art. 625-bis c.p.p. con il quale si deducano errori di interpretazione di norme giuridiche, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di un’inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali (Sent. n. 38050, Sez. II, del 17-9-2014).

 

Rifiuto di atti d’ufficio – Fattispecie

(cod. pen.: art. 328 I co.)

— Deve essere riconosciuta la responsabilità ex art. 328 c.p. del medico anestesista, incaricato di prestare la dovuta assistenza all’intervento chirurgico svolto su di un bambino, che si era allontanato subito dopo l’esecuzione dell’intervento chirurgico, senza attendere il regolare risveglio del paziente, senza accertarsi delle sue condizioni, senza lasciar detto dove andava e dove poteva essere rintracciato, lasciando il bimbo alla sola vigilanza delle infermiere, nei fatti quindi rifiutando un atto del suo ufficio che doveva essere compiuto senza ritardo per ragioni di sanità, rendendosi irreperibile ed irraggiungibile per oltre quaranta minuti, pur nella consapevolezza di avere lasciato senza la doverosa e cogente assistenza un paziente appena operato, per oltre quaranta minuti durante i quali — a seguito dell’insorgere di serie complicanze respiratorie nel paziente — era stato insistentemente e reiteratamente cercato dai medici e dal centralino dell’ospedale (Sent. n. 38354, Sez. VI, del 18-9-2014).

 

Sentenza penale straniera – Riconoscimento – Funzioni

(cod. pen.: artt. 12 I co., 174; L. 354/1975)

— Il riconoscimento di una sentenza penale straniera è funzionale soltanto ai fini espressamente e tassativamente previsti dall’art. 12, comma primo, c.p., tra i quali non possono farsi rientrare quelli volti ad ottenere l’applicazione dei benefici della legge penitenziaria italiana e l’applicazione dell’indulto (Sent. n. 38568, Sez. feriale, del 19-9-2014).

 

Sequestro preventivo – Criterio di necessità

(cod. proc. pen.: art. 321)

— L’istituto del sequestro preventivo non può essere utilizzato per tutelare privati interessi in sostituzione dei rimedi di tipo civilistico apprestati dall’ordinamento quando non ricorre la concreta possibilità che la libera disponibilità del bene possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato il provvedimento di sequestro preventivo di quote sociali, motivato sulla base di finalità conservative della garanzia patrimoniale della persona offesa) (Sent. n. 37666, Sez. VI, del 12-9-2014).

 

Spaccio di sostanze stupefacenti – Patteggiamento della pena – Accordo, posto a base della sentenza patteggiata, concluso prima dell’entrata in vigore della L. 79/2014 – È nullo e può essere riformulato – Fondamento

(L. 79/2014; D.P.R. 309/1990: art. 73; cod. proc. pen.: art. 444; cod. pen.: art. 2 IV co.)

— In tema di spaccio di sostanze stupefacenti, per effetto delle modifiche apportate dalla nuova legge n. 79/2014, l’accordo, posto a base della sentenza patteggiata, concluso prima dell’entrata in vigore della novella normativa, è nullo e può essere riformulato, anche quando l’accordo originario risulti ricompreso nei nuovi parametri, trovando applicazione la lex mitior, più favorevole al reo (Sent. n. 38137, Sez. IV, del 17-9-2014).

 

Stupefacenti – Prosecuzione della misura alternativa dell’affidamento terapeutico – Criteri di necessità

(D.P.R. 309/1990: art. 94)

— Ai fini della compatibilità della prosecuzione della misura alternativa dell’affidamento terapeutico occorre avere riguardo non soltanto al rispetto del programma terapeutico, ma anche alla complessiva condotta del condannato e all’adeguatezza della misura alternativa alle finalità rieducative (Sent. n. 37271, Sez. I, dell’8-9-2014).

 

Termini – Restituzione nel termine – Decisione sull’istanza di restituzione per l’impugnazione di una sentenza contumaciale – Notifica eseguita al difensore d’ufficio domiciliatario – Non è presuntivamente equiparabile a quella effettuata all’imputato personalmente – Fondamento

(cod. proc. pen.: artt. 148, 175, 420 quater, 568)

— Non può farsi discendere dalla mera notifica dell’estratto contumaciale della sentenza a mani del difensore d’ufficio l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato contumace, qualora la stessa non sia desumibile aliunde. Pertanto, ai fini della decisione sull’istanza di restituzione nei termini per l’impugnazione di una sentenza contumaciale, la notifica eseguita al difensore d’ufficio domiciliatario non è presuntivamente equiparabile a quella effettuata all’imputato personalmente (Sent. n. 36504, Sez. IV, dell’1-9-2014).

 

Termini – Restituzione nel termine – Errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l’omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito – Costituisce forza maggiore

(cod. proc. pen.: art. 175)

— L’errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l’omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito costituisce forza maggiore e può giustificare la restituzione nel termine per l’impugnazione (Sent. n. 37850, Sez. III, del 16-9-2014).

 

Termini – Restituzione nel termine – Procedimenti contumaciali trattati secondo la normativa antecedente all’entrata in vigore della L. 67/2014 – Disciplina applicabile – Individuazione

(L. 67/2014: artt. 9, 10, 11; cod. proc. pen.: art. 175 II co.)

— Ai procedimenti contumaciali trattati secondo la normativa antecedente all’entrata in vigore della L. 28 aprile 2014, n. 67, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma 2, c.p.p. nel testo previgente (Sent. n. 36848, Sez. Unite, del 3-9-2014).

 

Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi – È un consulente del datore di lavoro – Conseguenza

(D.Lgs. 81/2008: art. 17 lett. b)

— In tema di reati relativi alla sicurezza sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è una sorta di consulente del datore di lavoro, ed i risultati dei suoi studi ed elaborazioni sono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest’ultimo è chiamato a rispondere delle eventuali negligenze del primo (Sent. n. 38100, Sez. IV, del 17-9-2014).

 

Vendita di prodotti industriali con segni mendaci – Criterio di sufficienza

(cod. pen.: art. 517)

— Ai fini del delitto di cui all’art. 517 c.p. (vendita di prodotti industriali con segni mendaci), è sufficiente che i nomi, marchi o segni distintivi, portati dai prodotti posti in vendita, risultino semplicemente ingannevoli, per avere anche pochi tratti di somiglianza con quelli originali, della cui morfologia siano, comunque, solo imitativi e non compiutamente riproduttivi (Sent. n. 38919, Sez. feriale, del 23-9-2014).

 

Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione – Mera documentazione formale dello stato di disoccupazione – Sufficienza – Esclusione – Fondamento

(cod. pen.: art. 570)

— In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talché la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione (Sent. n. 36636, Sez. VI, del 2-9-2014).

 

Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Incapacità economica dell’obbligato – Criteri di necessità

(cod. pen.: art. 570)

— In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 c.p., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti (Sent. n. 36636, Sez. VI, del 2-9-2014).

 

Violenza sessuale – Circostanza attenuante dei casi di minore gravità

(cod. pen.: art. 609 bis III co.)

— In tema di sussistenza dell’attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 609 bis cod. pen. (casi di minore gravità), così come l’assenza di un rapporto sessuale «completo» non può, per ciò solo, consentire di ritenere sussistente l’attenuante, simmetricamente la presenza dello stesso rapporto completo non può, per ciò solo, escludere che l’attenuante sia concedibile, dovendo effettuarsi una valutazione del fatto nella sua complessità (Sent. n. 39445, Sez. III, del 25-9-2014).

— Ai fini della concedibilità dell’attenuante di minore gravità, assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili, attesa la ratio della previsione normativa, al grado di coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni, fisiche e mentali, di quest’ultima, alle caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all’età, all’entità della compressione della libertà sessuale ed al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Sent. n. 39445, Sez. III, del 25-9-2014).