Massime civili della Cassazione di settembre 2014

Agenzia – Contratto – Prestazione dell’agente – Oggetto

(cod. civ.: art. 1742)

— Nel contratto di agenzia la prestazione dell’agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato, tendenti tutti alla promozione e conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente, quali il compito di propaganda, la predisposizione di contratti ecc., riconducibili alla prestazione propria del contratto di agenzia, purché sussista il nesso di causalità tra l’opera promozionale svolta dall’agente nei confronti del cliente e la conclusione dell’affare cui si riferisce la richiesta di provvigione (Sent. n. 18690, Sez. II, del 4-9-2014).

 

Appalto – Responsabilità dell’appaltatore – Corresponsabilità del committente – Casi in cui è configurabile

(cod. civ.: artt. 1117 n. 1, 1667, 1669, 2043)

— L’autonomia dell’appaltatore, il quale esplica la sua attività nell’esecuzione dell’opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che, di regola, l’appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera (come nel caso, relativo ai danni derivanti dall’esecuzione di lavori di riparazione del tetto di un edificio in condominio). Una corresponsabilità del committente può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c. dal precetto di neminem laedere, ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l’appaltatore in base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive (Sent. n. 20557, Sez. III, del 30-9-2014).

 

Appalto – Responsabilità dell’appaltatore – Titolare di un’impresa edile a cui la consulenza tecnica d’ufficio abbia imputato la responsabilità per i danni causati dalla ristrutturazione di alcune parti di un condominio – Deve provare di aver seguito le direttive del condominio o dell’amministratore

(cod. civ.: artt. 1117, 1669, 2697; cod. proc. civ.: art. 61)

— In tema di responsabilità dell’appaltatore, il titolare di un’impresa edile, a cui la consulenza tecnica d’ufficio abbia imputato la responsabilità per i danni causati dalla ristrutturazione di alcune parti di un condominio, ai sensi dell’art. 1669 c.c., non può limitarsi ad affermare di aver seguito le direttive del condominio o dell’amministratore, senza provare tali istruzioni (Sent. n. 18515, Sez. II, del 2-9-2014).

 

Appello incidentale proposto contro due litisconsorti necessari, dei quali l’uno sia costituito e l’altro no – Assegnazione del termine, da parte del giudice, all’appellante incidentale, che abbia tempestivamente proposto l’impugnazione nei confronti dell’appellante principale, per integrare il contraddittorio nei confronti degli avversi litisconsorti necessari – Necessità

(cod. proc. civ.: artt. 102, 331, 333, 343)

— Se l’appello incidentale è proposto contro due litisconsorti necessari, dei quali l’uno sia costituito e l’altro no, il giudice deve assegnare all’appellante incidentale, che abbia tempestivamente proposto l’impugnazione nei confronti dell’appellante principale, il termine per integrare il contraddittorio nei confronti degli avversi litisconsorti necessari, a norma dell’art. 331 cod. proc. civ. (Sent. n. 19722, Sez. III, del 19-9-2014).

 

Assicurazione contro i danni – Diritto di surrogazione dell’assicuratore – Danno patito dall’assicurato in conseguenza del furto di un autoveicolo oggetto di un contratto di noleggio/locazione, quale sinistro specificamente dedotto in assicurazione – Terzo responsabile ex art. 1916 cod. civ. – Individuazione

(cod. civ.: art. 1916; cod. pen.: art. 624)

— È terzo responsabile ai sensi dell’art. 1916 c.c., in relazione al danno patito dall’assicurato in conseguenza del furto di un autoveicolo oggetto di un contratto di noleggio/locazione, quale sinistro specificamente dedotto in assicurazione, il soggetto noleggiante/conduttore onerato della custodia dell’automezzo detenuto e che è risultato inadempiente a tale obbligo di custodia, per essersi verificato il furto in assenza della predisposizione delle cautele necessarie ad evitarlo (Sent. n. 20481, Sez. III, del 29-9-2014).

 

Assicurazione della responsabilità civile – Clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida – Quando non è idonea ad escludere l’operatività della polizza ed il conseguente obbligo risarcitorio dell’assicuratore

(D.Lgs. 209/2005: art. 122; cod. strad.: artt. 115 e segg.)

— In tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea ad escludere l’operatività della polizza ed il conseguente obbligo risarcitorio dell’assicuratore, se detto conducente, legittimamente abilitato alla guida, abbia omesso di rispettare prescrizioni e cautele imposte dal codice della strada. Infatti, per mancanza di abilitazione alla guida deve intendersi l’assoluto difetto di patente, ovvero la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di validità e di efficacia della stessa (sospensione, revoca, decorso del termine per la conferma, sopravvenienza di condizioni ostative), onde, ove esista un’abilitazione alla guida, l’inosservanza di prescrizioni o limitazioni, eventualmente imposte dal legislatore, non si traduce in una limitazione della validità od efficacia del titolo abilitativo, ma integra un’ipotesi di mera illiceità della guida (Sent. n. 20190, Sez. III, del 25-9-2014).

 

Assicurazione della responsabilità civile – Costituzione in giudizio dell’assicurato – Finalità ed effetto

(cod. civ.: art. 1917 III co.)

— In materia di assicurazione della responsabilità civile, la costituzione in giudizio dell’assicurato, essendo svolta nell’interesse dell’assicuratore, chiamato in causa, e finalizzata all’imparziale accertamento dell’esistenza dell’obbligo d’indennizzo, comporta che l’assicurazione sopporti le spese legali sostenute dall’assicurato nei limiti di quanto disposto dall’art. 1917, comma 3, c.c. (Sent. n. 19176, Sez. III, dell’11-9-2014).

 

Azione revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare – Presupposti – Accertamento – Criterio di riferimento

(R.D. 267/1942: art. 67; cod. civ.: artt. 1351, 1461, 1470)

— In tema di revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di contratto preliminare, l’accertamento dei relativi presupposti — soggettivi ed oggettivi — va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, in quanto la sproporzione tra le prestazioni e la consapevolezza dell’insolvenza va ricollegata al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio, viene sottratto alla garanzia dei creditori e, d’altra parte, il promissario acquirente ha la facoltà, qualora nel momento fissato per la stipulazione del definitivo sussista pericolo di revoca dell’acquisto per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, di non addivenire alla stipulazione, avvalendosi della tutela apprestata dall’art. 1461 c.c. (Sent. n. 19020, Sez. I, del 10-9-2014).

 

Circolazione stradale – Investimento di un pedone – Responsabilità del conducente ex art. 2054 cod. civ. – Quando è esclusa

(cod. civ.: art. 2054)

— In caso di investimento di un pedone, la responsabilità del conducente prevista dall’art. 2054 c.c. è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo, alcuna possibilità di prevenire l’evento; tale situazione ricorre allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile e anormale, sicché l’automobilista si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti (Ord. n. 20307, Sez. VI, del 25-9-2014).

 

Circolazione stradale – Luce semaforica gialla – Tempo minimo di durata: tre secondi

(cod. strad.: artt. 41, 146)

— In relazione ai tempi di permanenza dell’illuminazione semaforica gialla, l’automobilista deve adeguare la velocità allo stato dei luoghi e una durata di quattro secondi dell’esposizione della luce gialla non costituisce un dato inderogabile. Infatti, la risoluzione del Ministero dei Trasporti n. 67906 del 16-7-2007, nell’accertare che il codice della strada non indica una durata minima del periodo di accensione della lanterna di attivazione gialla, regola il tempo minimo di durata di detta luce che non può mai essere inferiore a tre secondi (Sent. n. 18470, Sez. VI, dell’1-9-2014).

 

Competenza per territorio – Giudice territorialmente competente in un procedimento avente ad oggetto la domanda di affidamento esclusivo dei figli minori – Individuazione – Criterio di necessità

(cod. proc. civ.: artt. 18, 709 ter)

— Al fine di individuare il giudice territorialmente competente in un procedimento avente ad oggetto la domanda di affidamento esclusivo dei figli minori occorre ricorrere al criterio della residenza abituale. A tal fine non rileva il profilo formale anagrafico e quello meramente quantitativo (il luogo ove il minore ha dimorato di più) e va altresì escluso che la residenza debba essere considerata in senso tecnico formale, dovendo incontestatamente contenere in sé anche la dimora o il luogo di abitazione dei minori. L’abitualità deve essere verificata mediante un accertamento di fatto che tenga conto degli elementi che caratterizzano l’esistenza dei minori nel luogo indicato (Ord. n. 18817, Sez. VI, del 5-9-2014).

 

Competenza per territorio – Impossibilità di individuare il foro determinato dalla normativa in tema di sanzioni amministrative – Criterio di riferimento: foro generale delle persone fisiche ex art. 18 cod. proc. civ.

(cod. proc. civ.: art. 18; L. 689/1981)

— In caso di impossibilità di individuare il foro determinato dalla normativa in tema di sanzioni amministrative, occorre fare ricorso al foro generale delle persone fisiche stabilito ex art. 18 c.p.c. seguendo la direttiva principale del codice, che è quella di rendere più agevole la difesa delle parti, ovviamente dandosi preferenza al convenuto evocato in giudizio (Ord. n. 19801, Sez. II, del 19-9-2014).

 

Comunione – Uso della cosa comune – Oggetto della tutela apprestata dall’art. 1102 cod. civ. – Individuazione

(cod. civ.: art. 1102; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— Oggetto della tutela apprestata dall’art. 1102 c.c. è la preservazione della destinazione complessiva del bene comune, non la mera immodificabilità materiale dello stesso, e il relativo giudizio, che va formulato caso per caso, tenuto conto delle situazioni peculiari, si risolve in un giudizio di fatto sindacabile in sede di legittimità solo per limiti motivazionali (Sent. n. 19915, Sez. II, del 22-9-2014).

 

Condominio – Amministratore – Legittimazione passiva a resistere in giudizio – Portata generale – Conseguenza

(cod. civ.: art. 1131 II co.)

— Ai sensi dell’art. 1131, comma 2, cod. civ., la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio ha portata generale in quanto estesa ad ogni interesse condominiale e sussiste, pertanto, anche in ordine ad azioni di natura reale relative alle parti comuni dell’edificio, promosse contro il condominio, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini (Sent. n. 19909, Sez. II, del 22-9-2014).

 

Condominio – Amministratore – Revoca – Procedimento giudiziale – Regolamentazione delle spese legali – Deve avvenire entro quest’ambito – Conseguenza e limite

(cod. civ.: art. 1129; cod. proc. civ.: art. 91; L. 220/2012)

— In tema di procedimento giudiziale per la revoca dell’amministratore condominiale, la regolamentazione delle spese legali riguardanti tale procedura deve avvenire entro quest’ambito, sicché la successiva causa di rivalsa del singolo condomino procedente verso il condominio deve ritenersi ingiustificata, salvo per i casi specificamente individuati dalla legge n. 220/2012 (Sent. n. 18487, Sez. II, dell’1-9-2014).

 

Condominio – Assemblea – Deliberazioni nulle e deliberazioni annullabili – Tipologie relative

(cod. civ.: artt. 1136, 1137 II co.)

— In tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto. Ne consegue che la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137, comma 2, cod. civ. (decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione), è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio (Sent. n. 19800, Sez. II, del 19-9-2014).

 

Condominio – Assemblea – Richiesta di un singolo condomino di accedere alla documentazione contabile in funzione della partecipazione informata all’assemblea in cui si deve deliberare su aspetti contabili della gestione condominiale – Onere della prova dell’inesigibilità della richiesta e della sua incompatibilità con le modalità previamente comunicate – Incombe sull’amministratore

(cod. civ.: artt. 1130, 1135, 1137, 2697)

— In materia condominiale, il condomino ha senz’altro il diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all’assemblea condominiale e a tale diritto corrisponde l’onere dell’amministratore di predisporre un’organizzazione, sia pur minima, che permetta l’esercizio del suddetto diritto, della cui esistenza i condomini vanno informati. Pertanto, deve ritenersi che, a fronte della richiesta di un singolo condomino di accedere alla predetta documentazione in funzione, appunto, della partecipazione informata all’assemblea condominiale in cui si deve deliberare su aspetti contabili della gestione condominiale, l’onere della prova dell’inesigibilità della richiesta e della sua incompatibilità con le modalità previamente comunicate incombe sull’amministratore e, perciò, in sede di impugnazione della delibera assembleare, spetta al condominio, ove intenda resistere all’azione del condomino dissenziente (Sent. n. 19800, Sez. II, del 19-9-2014).

 

Condominio – Parti comuni dell’edificio – Sottotetto – Natura

(cod. civ.: art. 1117 n. 2)

— In tema di condominio, la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune. Il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità tramite la creazione di una camera d’aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo (Sent. n. 19094, Sez. II, del 10-9-2014).

 

Condominio – Supercondominio – Costituzione – Criterio di sufficienza

(cod. civ.: artt. 1117 bis, 1138)

— Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere ipso iure et facto, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti. Si tratta di una fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione (Sent. n. 19800, Sez. II, del 19-9-2014).

 

Conflitto di competenza – Regolamento di competenza d’ufficio – Presupposto

(cod. proc. civ.: art. 45)

— Ai sensi dell’art. 45 c.p.c., l’esperimento del regolamento di competenza d’ufficio postula che, emessa dal giudice adito per un determinato processo una pronuncia dichiarativa dell’incompetenza per materia o per territorio inderogabile e riassunta la causa davanti al giudice ritenuto competente, quest’ultimo si ritenga a sua volta incompetente sotto gli stessi profili e sostenga quindi che la competenza per ragioni di materia o di territorio inderogabile spetta al primo ovvero ad un terzo giudice, con la conseguenza che deve essere dichiarato inammissibile il conflitto di competenza qualora il secondo giudice, indicato come competente per materia dal primo giudice e davanti al quale la causa è stata riassunta, nell’escludere di essere munito di competenza per materia, sostenga che la competenza spetti ad altro giudice per ragioni di valore, dovendo ritenersi preclusa ogni questione relativa a quest’ultimo profilo (Ord. n. 18813, Sez. VI, del 5-9-2014).

 

Contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam – Atto scritto – È manifestazione della volontà produttiva del negozio – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1350, 1470, 2730)

— Per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare, per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, l’atto scritto costituisce lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva del negozio. Conseguentemente, la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti non può essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell’altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto, né — quand’anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto — come prova del medesimo (Sent. n. 19488, Sez. II, del 16-9-2014).

 

Contratto – Interpretazione letterale – Criterio prioritario

(cod. civ.: art. 1362 I co.)

— In tema di interpretazione dei contratti, l’art. 1362 c.c., pur prescrivendo all’interprete di non limitarsi, nell’attività di ermeneutica negoziale, all’analisi del significato letterale delle parole, non relega tale criterio al rango di strumento interpretativo del tutto sussidiario e secondario, collocandolo, al contrario, nella posizione di mezzo prioritario e fondamentale per la corretta ricostruzione della comune intenzione dei contraenti; il criterio di interpretazione letterale è dunque quello prioritario laddove il significato letterale delle parole, secondo la loro connessione, si presenti esaustivo nel disvelare l’effettiva volontà dei contraenti (Sent. n. 20599, Sez. lavoro, del 30-9-2014).

 

Contratto – Interpretazione – Ricerca della comune intenzione dei contraenti – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1362, 1363; cod. proc. civ.: art. 360 I co. nn. 3 e 5)

— In tema di interpretazione del contratto — che costituisce operazione riservata al giudice di merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione —, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, il cui rilievo dev’essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, sicché le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell’art. 1363 cod. civ. e dovendosi intendere per «senso letterale delle parole« tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Sent. n. 19118, Sez. lavoro, del 10-9-2014).

 

Diffamazione a mezzo stampa – Critica negativa dell’opera altrui – Offensività – Casi in cui è esclusa

(cod. civ.: art. 2043; cod. pen.: artt. 51 I co., 595 III co.; Cost.: art. 21 I co.)

— La critica negativa dell’opera altrui non è di per sé offensiva quando sia socialmente rilevante, siccome non può considerarsi lesiva della reputazione altrui l’argomentata espressione di un dissenso rispetto all’opera intellettuale che abbia la diffusione e l’interesse pubblico. L’esigenza di ricorrere al diritto di critica come scriminante, anziché come criterio per l’accertamento della stessa esistenza di un’offesa, si pone nei casi in cui l’espressione della critica comporti necessariamente anche valutazioni negative circa le qualità ed il rilievo letterario dell’opera intellettuale e del suo stesso autore. In questi casi l’inevitabilità del collegamento alla critica scrimina l’offesa, che sarebbe illecita, ma solo nei limiti in cui essa è indispensabile per l’esercizio del diritto costituzionalmente garantito, rimanendo, tuttavia, punibili le espressioni «gratuite», nel senso di non essere necessarie all’esercizio del diritto, in quanto inutilmente volgari o umilianti o dileggianti (Sent. n. 19178, Sez. III, dell’11-9-2014).

 

Diffamazione a mezzo stampa – Giornalista che riporti dichiarazioni altrui – Non è esonerato dal dovere di rispettare la c.d. verità putativa dei fatti – Giornalista che riferisca opinioni o dichiarazioni di terzi – Quando è esonerato da responsabilità per diffamazione – Giornalista che riporti dichiarazioni di terzi di rilevante interesse pubblico – Ha l’obbligo di rendere ben chiaro al lettore che sta riferendo opinioni o dichiarazioni di terzi

(cod. civ.: art. 2043; cod. pen.: artt. 51 I co., 595 III co.)

— Il giornalista il quale riporti dichiarazioni altrui non è esonerato dal dovere di rispettare la c.d. verità putativa dei fatti; il giornalista che riferisca opinioni o dichiarazioni di terzi è esonerato da responsabilità per diffamazione, quando la dichiarazione del terzo costituisca di per se stessa un «fatto» così rilevante nella vita pubblica che la stampa verrebbe meno al suo compito informativo se lo tacesse; quando il giornalista riporti dichiarazioni di terzi di rilevante interesse pubblico, egli è sempre tenuto a rendere ben chiaro al lettore che sta riferendo opinioni o dichiarazioni di terzi, e non verità oggettive (Sent. n. 19152, Sez. III, dell’11-9-2014).

 

Divorzio – Assegno – Diritto relativo – Accertamento – Criterio di necessità

(L. 898/1970: art. 5)

— L’accertamento del diritto all’assegno di divorzio va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi (o l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive), raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio. Nell’individuazione di tali aspettative deve tenersi conto unicamente delle prospettive di miglioramenti economici maturate nel corso del matrimonio che trovino radice nell’attività all’epoca svolta e/o nel tipo di qualificazione professionale e/o nella collocazione sociale dell’onerato, e cioè solo di quegli incrementi delle condizioni patrimoniali dell’ex-coniuge che si configurino come ragionevole sviluppo di situazioni ed aspettative presenti al momento del divorzio (Sent. n. 19529, Sez. I, del 17-9-2014).

 

Donazione indiretta – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 769, 809)

— Per integrare la fattispecie di donazione indiretta è necessario che la dazione della somma di denaro sia effettuata quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dell’immobile: deve cioè sussistere incontrovertibilmente un collegamento teleologico tra elargizione del denaro e acquisto dell’immobile. In particolare, nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli, si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tal caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto (Sent. n. 18541, Sez. VI, del 2-9-2014).

 

Donazione obnuziale – È incompatibile con la donazione indiretta – Fondamento

(cod. civ.: artt. 769, 781, 809)

— La donazione obnuziale, essendo un negozio formale e tipico caratterizzato dall’espressa menzione nell’atto pubblico delle finalità dell’attribuzione patrimoniale, eseguita da uno degli sposi o da un terzo in riguardo di un futuro, determinato, matrimonio, è incompatibile con l’istituto della donazione indiretta, in cui lo spirito di liberalità viene perseguito mediante il compimento di atti diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c. (Sent. n. 18695, Sez. II, del 4-9-2014).

 

Fallimento – Ripartizione dell’attivo – Credito del professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la proposizione dell’istanza di fallimento in proprio – Prededucibilità ex art. 111 II co. legge fall. – Sussistenza – Fondamento

(R.D. 267/1942: artt. 111 II co., 182 quater IV co.; D.L. 83/2012: art. 33 I co. lett. e-bis n. 4; L. 134/2012)

— Il credito del professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la proposizione dell’istanza di fallimento in proprio — sebbene sia attività che può essere svolta personalmente dal debitore ma che lo stesso ha scelto, per ragioni di opportunità o di convenienza, di affidare ad un esperto di settore — costituisce un credito sorto in funzione della procedura fallimentare e, come tale, è prededucibile ai sensi dell’art. 111, secondo comma, legge fall., che costituisce norma generale, applicabile a tutte le procedure concorsuali, come ormai definitivamente chiarito anche dall’abrogazione dell’art. 182 quater, quarto comma, legge fall. ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (Ord. n. 18922, Sez. VI, del 9-9-2014).

 

Giurisdizione civile e giurisdizione ecclesiastica – Rapporti – Principio di prevenzione in favore della giurisdizione civile – Portata

(cod. proc. civ.: art. 797 I co. n. 6; L. 218/1995: art. 73)

— I rapporti fra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile sono disciplinati sulla base di un principio di prevenzione in favore di quest’ultima: l’art. 797 n. 6 c.p.c. stabilisce, infatti, che la pendenza di un giudizio civile impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica, mentre, fino a quando la sentenza ecclesiastica non sia stata delibata, il processo canonico resta un semplice fatto incapace di produrre effetti, e quindi di determinare una litispendenza, nell’ordinamento dello Stato; ne consegue che, in difetto di delibazione della sentenza ecclesiastica, spetterà al giudice italiano di valutare l’ammissibilità e la fondatezza della domanda di nullità del matrimonio avanzata in via incidentale dal coniuge convenuto per il divorzio (Ord. n. 18627, Sez. VI, del 3-9-2014).

 

Giusto processo – Termine ragionevole – Decorrenza del termine iniziale per gli eredi della parte deceduta costituitasi parte civile nel giudizio penale – Individuazione

(L. 89/2001; cod. proc. pen.: art. 76)

— Il termine di durata dell’equo processo inizia a decorrere per gli eredi della parte deceduta costituitasi parte civile nel giudizio penale nel momento in cui gli stessi hanno avuto conoscenza del processo. In mancanza di prova di tale circostanza il termine di durata decorre dalla data del loro intervento in giudizio (Sent. n. 19977, Sez. Unite, del 23-9-2014).

 

Giusto processo – Termine ragionevole – Violazione – Equa riparazione – Presunzione di danno non patrimoniale – Non può essere superata dalla circostanza che il ricorso amministrativo sia stato proposto da una pluralità di attori – Fondamento

(L. 89/2001: art. 2; cod. civ.: artt. 2059, 2727; cod. proc. amm.: art. 40; cod. proc. civ.: artt. 102, 103)

— La presunzione di danno non patrimoniale, notoriamente connessa a situazioni soggettive provocate da un giudizio durato troppo a lungo, non può essere superata dalla circostanza che il ricorso amministrativo, inerente a rivendicazioni di categoria, sia stato proposto da una pluralità di attori, considerato che la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul gruppo, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo litisconsorte (Sent. n. 18654, Sez. VI, del 4-9-2014).

 

Impresa familiare – Carattere residuale – Funzione

(cod. civ.: artt. 230 bis, 2094)

— Il carattere residuale dell’impresa familiare, quale risulta dall’incipit dell’art. 230 bis c.c., mira a coprire le situazioni di apporto lavorativo all’impresa del congiunto — parente entro il terzo grado o affine entro il secondo — che non rientrino nell’archetipo del rapporto di lavoro subordinato o per le quali non sia raggiunta la prova dei connotati tipici della subordinazione, con l’effetto di confinare in un’area limitata quella del lavoro familiare gratuito. Nei casi in cui un’attività lavorativa sia stata svolta nell’ambito dell’impresa, il giudice di merito deve tuttavia valutare le risultanze di causa per distinguere tra la fattispecie del lavoro subordinato e quella della compartecipazione all’impresa familiare, escludendo comunque la causa gratuita della prestazione lavorativa per ragioni di solidarietà familiare (Sent. n. 19925, Sez. lavoro, del 22-9-2014).

 

Impresa individuale – Debiti verso il titolare o crediti per utili di questo verso quella – Insussistenza – Fondamento

(cod. civ.: art. 2082)

— L’impresa individuale coincide con l’imprenditore individuale che, quindi, è legittimato ad agire o essere convenuto in giudizio. All’impresa individuale non può essere riconosciuta alcuna soggettività, o autonoma imputabilità, diversa da quella del suo imprenditore, in quanto essa si identifica con il suo titolare tanto sotto l’aspetto sostanziale che processuale. Ne consegue che, non essendo giuridicamente concepibile alcun rapporto obbligatorio fra l’imprenditore e la sua impresa, non è neppure possibile ipotizzare debiti di quest’ultima verso il titolare, né crediti per utili di questo verso quella (Sent. n. 19735, Sez. III, del 19-9-2014).

 

Impugnazione di una sentenza relativa alla validità delle delibere assembleari condominiali che sia stata effettuata con la forma del ricorso – Termine per la notificazione – È rispettato col deposito in cancelleria del ricorso

(cod. proc. civ.: artt. 137, 325; cod. civ.: art. 1137)

— Se l’impugnazione di una sentenza relativa alla validità delle delibere assembleari condominiali sia stata effettuata con la forma del ricorso, il termine per la notificazione è rispettato col deposito in cancelleria del ricorso e non, invece, con la notificazione del ricorso stesso (Ord. n. 18573, Sez. VI, del 3-9-2014).

 

Impugnazione – Termine breve ex art. 325 cod. proc. civ. – Decorre dalla notificazione della pronuncia anche per le sentenze emesse ex art. 281 sexies cod. proc. civ. – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 281 sexies, 325, 326 I co.)

— Il termine breve d’impugnazione, previsto dall’art. 325 c.p.c., decorre dalla notificazione della pronuncia anche per le sentenze emesse ex art. 281 sexies c.p.c., non potendosi ritenere equipollente alla notificazione, in quanto atto ad istanza di parte, la lettura del dispositivo e della motivazione in udienza che, unitamente alla sottoscrizione del verbale contenente il provvedimento da parte del giudice, caratterizza tale tipologia di sentenze (Sent. n. 19743, Sez. III, del 19-9-2014).

 

Lavoro autonomo – Professioni intellettuali – Compenso – Determinazione ex art. 2233 cod. civ. – Criteri

(cod. civ.: art. 2233; Cost.: art. 36 I co.)

— Il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all’importanza dell’opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l’art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest’ultima ed in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all’art. 36, comma 1, Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato (Sent. n. 19224, Sez. lavoro, dell’11-9-2014).

 

Lavoro autonomo – Professioni intellettuali – Compenso previamente pattuito in misura inferiore o difforme a quanto stabilito dal tariffario professionale – Potere di determinazione, da parte del giudice, del compenso spettante al professionista – Insussistenza – Fondamento

(cod. civ.: art. 2233)

— In ambito di lavoro autonomo, ove le prestazioni siano state remunerate in base a compenso previamente pattuito, pur in misura inferiore a quanto stabilito dal tariffario professionale applicabile, non può trovare applicazione l’art. 2233 c.c. nella parte in cui prevede che il compenso spettante sia determinato dal giudice, in quanto il potere di determinazione giudiziale del corrispettivo presuppone l’inesistenza di una pattuizione, non la sua insufficienza o difformità rispetto alle tariffe professionali (Sent. n. 19224, Sez. lavoro, dell’11-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Mansioni – Accertato demansionamento professionale – Liquidazione del danno alla professionalità del lavoratore – Prova del danno e del relativo nesso causale – Necessità

(cod. civ.: artt. 2059, 2103, 2697; cod. pen.: art. 40)

— In caso di accertato demansionamento professionale, la liquidazione del danno alla professionalità del lavoratore non può prescindere dalla prova del danno e del relativo nesso causale con l’asserito demansionamento, ferma la necessità di evitare, trattandosi di danno non patrimoniale, ogni duplicazione con altre voci di danno non patrimoniale accomunate dalla medesima fonte causale (Sent. n. 20473, Sez. lavoro, del 29-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Recesso ad nutum – Indennità sostitutiva del preavviso – Spetta in ogni caso di recesso dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato in cui non vi sia stato il preavviso lavorato

(cod. civ.: art. 2118 II co.)

— L’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 2118, comma 2, c.c. spetta in ogni caso di recesso dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato in cui non vi sia stato il preavviso lavorato, a prescindere dalla dimostrazione dell’effettiva sussistenza di un danno per la parte receduta (Sent. n. 18522, Sez. lavoro, del 2-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Sanzioni disciplinari – Contratto collettivo che preveda termini volti a scandire le fasi del procedimento disciplinare ed un termine per la conclusione di tale procedimento – Termini interni: sono ordinatori – Conseguenza – Termine finale: è perentorio – Conseguenza

(L. 300/1970: art. 7)

— In tema di sanzioni disciplinari, qualora il contratto collettivo preveda termini volti a scandire le fasi del procedimento disciplinare e un termine per la conclusione di tale procedimento, solo quest’ultimo é perentorio, con conseguente nullità della sanzione in caso di inosservanza, mentre i termini interni sono ordinatori e la violazione di essi comporta la nullità della sanzione solo nel caso in cui l’incolpato denunci, con concreto fondamento, l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà della sua difesa (Sent. n. 19216, Sez. lavoro, dell’11-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Sanzioni disciplinari – Tempestività della contestazione – Deve essere intesa in senso relativo

(L. 300/1970: art. 7)

— Il concetto di tempestività della contestazione deve essere inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo necessario, in relazione al caso concreto ed alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, per un adeguato accertamento ed una precisa valutazione dei fatti (Sent. n. 19215, Sez. lavoro, dell’11-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Trasferta del lavoratore – Temporaneità – Protrarsi dello spostamento del lavoratore per un lungo periodo di tempo – Irrilevanza – Permanere di un legame funzionale del dipendente con l’originaria sede lavorativa – Rilevanza

(cod. civ.: art. 2103)

— Non osta al requisito della temporaneità della trasferta il protrarsi dello spostamento del lavoratore per un lungo periodo di tempo, anche per alcuni anni, in quanto elemento qualificante della trasferta è il permanere di un legame funzionale del dipendente con l’originaria sede lavorativa (Sent. n. 18479, Sez. lavoro, dell’1-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Tutela delle condizioni di lavoro – Infortunio sul lavoro – Rischio elettivo – Nozione e caso in cui è escluso

(cod. civ.: art. 2087)

— In tema di infortunio sul lavoro, va esclusa la sussistenza del rischio elettivo — e cioè di una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e a motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata — nella condotta del lavoratore che opera al fine di rendere accessibile il proprio posto di lavoro, come nel caso di chi monta una tenda per ripararsi dal sole nel posto ove è costretto ad operare (Sent. n. 18786, Sez. lavoro, del 5-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Tutela delle condizioni di lavoro – Mobbing – Elementi caratterizzanti

(cod. civ.: art. 2087)

— Il mobbing designa un complesso fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo. In mancanza di uno dei suddetti presupposti, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, non può configurarsi la condotta persecutoria (Sent. n. 19782, Sez. lavoro, del 19-9-2014).

— Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere molteplici elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio — illeciti o anche leciti se considerati singolarmente — che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subìto dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi (Sent. n. 19782, Sez. lavoro, del 19-9-2014).

 

Lavoro subordinato – Violazioni relative all’omessa o tardiva comunicazione di assunzione nel rapporto di lavoro – Hanno carattere sostanziale e non formale – Fondamento

(cod. civ.: art. 2098; D.Lgs. 297/2002)

— Le violazioni relative all’omessa o tardiva comunicazione di assunzione nel rapporto di lavoro hanno carattere sostanziale e non formale, in quanto le norme ivi sanzionate attengono all’esercizio da parte dell’Amministrazione della funzione di controllo del lavoro, tipica della normativa in materia di collocamento e di regolazione dell’assunzione (Sent. n. 20233, Sez. lavoro, del 25-9-2014).

 

Licenziamento illegittimo – Sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto al lavoratore – Titolo esecutivo – Condizione

(L. 300/1970: art. 18; cod. proc. civ.: art. 474 II co. n. 1)

— La sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto al lavoratore a seguito dell’accertamento dell’illegittimità della risoluzione datoriale del rapporto di lavoro costituisce valido titolo esecutivo se non richiede ulteriori interventi del giudice diretti all’esatta quantificazione del credito, in quanto alla determinazione del credito possa pervenirsi per mezzo di un mero calcolo aritmetico sulla base di elementi certi e positivi contenuti tutti nel titolo fatto valere, dovendo il titolo esecutivo essere determinato e delimitato in relazione all’esigenza di certezza e liquidità del diritto di credito che ne costituisce l’oggetto, i quali sono da identificare nei dati che, pur se non menzionati in sentenza, sono stati assunti dal giudice come certi e oggettivamente già determinati, anche nel loro assetto quantitativo, perché così presupposti dalle parti e pertanto acquisiti al processo e non desumibili da elementi esterni (Sent. n. 18519, Sez. lavoro, del 2-9-2014).

 

Licenziamento per giustificato motivo soggettivo – Fattispecie

(L. 604/1966: artt. 1, 3)

— È legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia risultata provata, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, un’evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente — ed a lui imputabile — in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali riferito ad una media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione (Sent. n. 18678, Sez. lavoro, del 4-9-2014).

 

Locazione di immobili – Contratto – Clausola risolutiva espressa – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1453, 1456, 1571; cod. proc. civ.: artt. 163 III co. nn. 3 e 4, 658)

— In tema di risoluzione del contratto di locazione di immobili, perché la risoluzione stessa possa essere dichiarata sulla base di una clausola risolutiva espressa, è richiesta la specifica domanda, con la conseguenza che, una volta proposta l’ordinaria domanda ai sensi dell’art. 1453 c.c. con l’intimazione di sfratto per morosità, non è possibile mutarla in domanda di accertamento dell’avvenuta risoluzione ope legis di cui all’art. 1456 c.c., in quanto quest’ultima è ontologicamente diversa dalla prima, sia per quanto concerne il petitum — perché con la domanda di risoluzione ai sensi dell’art. 1453 si chiede una sentenza costitutiva mentre quella di cui all’art. 1456 postula una sentenza dichiarativa — sia per quanto concerne la causa petendi, perché nell’ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell’art. 1453, il fatto costitutivo è l’inadempimento grave e colpevole, nell’altra, viceversa, la violazione della clausola risolutiva espressa (Sent. n. 19865, Sez. III, del 22-9-2014).

 

Locazione – Vizi della cosa locata preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente ad essa – Responsabilità del locatore – Caso in cui sussiste

(cod. civ.: artt. 1578, 1581, 2059; Cost.: art. 32)

— La responsabilità del locatore per i danni derivanti dall’esistenza dei vizi sussiste anche in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente ad essa nel caso in cui il locatore poteva conoscere, usando l’ordinaria diligenza, i vizi secondo la disciplina di cui all’art. 1578 c.c.; in particolare, il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subìto dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell’immobile locato quand’anche tali condizioni siano note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità (Sent. n. 19744, Sez. III, del 19-9-2014).

 

Mandato – Obbligazioni del mandatario – Comunicazione dell’eseguito mandato – Assenza della prova della ricezione della comunicazione, inviata dalla banca ai suoi clienti, delle operazioni effettuate – Art. 1712 II co. cod. civ. – Applicabilità – Esclusione

(cod. civ.: art. 1712 II co.)

— In assenza della prova della ricezione della comunicazione, inviata dalla banca ai suoi clienti, delle operazioni effettuate, è inapplicabile l’art. 1712, comma 2, c.c., che implica l’approvazione del mandante, in caso di un suo eccessivo ritardo nella risposta al mandatario dopo aver ricevuto la comunicazione del mandato, anche nel caso di discostamento dalle istruzioni o di violazione dei limiti (Sent. n. 18873, Sez. I, dell’8-9-2014).

 

Negozi giuridici collegati – Collegamento negoziale in senso tecnico – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1321, 1322; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Sent. n. 19161, Sez. III, dell’11-9-2014).

 

Obbligazioni – Adempimento – Mora del creditore – Offerta reale – Criterio di necessità ex art. 1208 I co. n. 3 cod. civ.

(cod. civ.: art. 1208 I co. n. 3)

— L’art. 1208, primo comma, n. 3, cod. civ. richiede, ai fini della validità dell’offerta reale, che la stessa corrisponda alla totalità della somma o delle cose dovute, laddove l’accettazione di un’offerta non corrispondente alla totalità della somma, ove non accompagnata da una quietanza a saldo o da particolari elementi di fatto, che evidenzino una volontà abdicativa del percipiente, non può che comportare una liberazione soltanto parziale del debitore, allo stesso modo di qualunque altro pagamento non integrale (Sent. n. 18484, Sez. II, dell’1-9-2014).

 

Obbligazioni – Adempimento – Pagamento del prezzo mediante assegni bancari – Rifiuto del creditore – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1188, 1277; R.D. 1736/1933)

— Il creditore può rifiutare il pagamento del prezzo mediante assegni bancari, solo per giustificato motivo; tale giustificazione può risiedere nell’incertezza circa la provenienza dei titoli e nella difficoltà di verificare la copertura degli stessi (Sent. n. 20643, Sez. II, del 30-9-2014).

 

Obbligazioni in solido – Sentenza pronunciata tra i condebitori in solido ed uno degli altri condebitori – Facoltà, da parte dei condebitori in solido, di opporla al creditore – Condizione

(cod. civ.: art. 1292)

— I condebitori in solido hanno facoltà di opporre al creditore la sentenza pronunciata tra questi ed uno degli altri condebitori solo se tale sentenza sia stata resa in un giudizio cui non abbiano partecipato i condebitori che intendano opporla (Sent. n. 20559, Sez. III, del 30-9-2014).

 

Possesso – Azione di reintegrazione – Scadenza del contratto di locazione – Ricorso del locatore alla tutela giurisdizionale esecutiva – È l’unico modo per ottenere la disponibilità dell’immobile – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1168, 1571)

— Dopo la scadenza del contratto di locazione, il ricorso del locatore alla tutela giurisdizionale esecutiva costituisce l’unico modo per ottenere la disponibilità dell’immobile, con la conseguenza che l’intervento finalizzato ad interrompere il rapporto tra il conduttore e la res, con azioni violente o clandestine, integra attività di spoglio (Sent. n. 18486, Sez. II, dell’1-9-2014).

 

Possesso di buona fede di beni mobili – Acquisto della proprietà a non domino

(cod. civ.: artt. 1147, 1153, 2784)

— Pur corrispondendo il concetto di buona fede di cui all’art. 1153 c.c. a quello dell’art. 1147 c.c., questo rileva ai fini dell’acquisto della proprietà di beni mobili a non domino, non potendo essere mutuato nel rapporto di pegno e non potendo neppure essere sfruttato con riferimento al terzo proprietario che ha dimostrato di avere diritto alla restituzione delle cose di sua proprietà; peraltro, anche se si volesse ritenere estensibile un tale concetto, varrebbe rilevare che la buona fede non giova a chi compie l’acquisto ignorando di ledere l’altrui diritto per colpa grave, la quale è configurabile quando quell’ignoranza sia dipesa dall’omesso impiego, da parte dell’acquirente, di quel minimo di diligenza, proprio anche delle persone scarsamente avvedute, che gli avrebbe permesso di percepire l’idoneità dell’acquisto a determinare la lesione dell’altrui diritto, costituendo ciò un errore inescusabile, incompatibile con il concetto stesso di buona fede (Sent. n. 19653, Sez. III, del 18-9-2014).

 

Privilegi generali sui beni mobili – Privilegio ex art. 2751 bis n. 5 cod. civ. – Non è applicabile allorché tra le parti sia intercorso un rapporto di appalto d’opera

(cod. civ.: artt. 1655, 2751 bis n. 5)

— Il privilegio di cui all’art. 2751 bis, n. 5, c.c. (nella specie, sul credito del corrispettivo per l’esecuzione di opere idrauliche e termiche presso due cantieri di una società poi fallita) non è applicabile allorché tra le parti sia intercorso un rapporto di appalto d’opera, che è incompatibile con la qualifica artigiana del creditore (Ord. n. 20390, Sez. VI, del 26-9-2014).

 

Proprietà fondiaria – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Sopraelevazione di un edificio preesistente – È nuova costruzione – Fondamento e conseguenze

(cod. civ.: art. 873)

— In tema di rispetto delle distanze legali tra costruzioni, la sopraelevazione di un edificio preesistente, determinando un incremento della volumetria del fabbricato, è qualificabile come nuova costruzione; ad essa, pertanto, è applicabile la normativa vigente al momento della modifica e non opera il criterio della prevenzione se riferito alle costruzioni originarie, in quanto sostituito dal principio della priorità temporale correlata al momento della sopraelevazione (Sent. n. 18889, Sez. II, dell’8-9-2014).

 

Proprietà fondiaria – Luce irregolare che sia possibile rendere conforme alle disposizioni vigenti – Diritto alla chiusura da parte del proprietario del fondo vicino – Esclusione

(cod. civ.: artt. 901 e segg.)

— Qualora sia aperta una luce irregolare, il proprietario del fondo vicino non ha, per ciò solo, diritto alla chiusura della stessa, se e laddove sia possibile renderla conforme alle disposizioni vigenti, demandando, in caso di avvenuta pronuncia con sentenza non definitiva, al prosieguo del giudizio la verifica in merito alla possibilità ed alle modalità dell’avvenuta regolarizzazione (Sent. n. 19480, Sez. II, del 16-9-2014).

 

Responsabilità del medico – Consenso informato – Dovere del medico di informare il paziente – Violazione – Danni risarcibili – Individuazione

(cod. civ.: artt. 2043, 2059, 2697; Cost.: art. 32)

— In materia di consenso informato, la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente può causare due diversi tipi di danni: sia un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava l’onere della prova, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti, sia un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in se stesso, che sussiste quando, a causa della mancata informazione, il paziente ha subìto un pregiudizio, patrimoniale o non patrimoniale, diverso dalla lesione del diritto alla salute (Sent. n. 20547, Sez. III, del 30-9-2014).

 

Responsabilità extracontrattuale solidale – Fatto illecito plurisoggettivo che si articoli in una pluralità di azioni od omissioni poste in essere da più soggetti

(cod. civ.: artt. 2043, 2055)

— In tema di illecito extracontrattuale plurisoggettivo, qualora il fatto illecito fonte di danno si articoli in una pluralità di azioni od omissioni poste in essere da più soggetti, il giudice di merito è tenuto a verificare e a dar conto in motivazione, ai fini della coerenza e completezza di essa, se si tratti di diversi segmenti di un’unica catena causale, culminata in un danno unitariamente apprezzabile, o se in realtà si tratti di episodi autonomi, da tenere distinti anche sotto il profilo causale, che hanno provocato fatti dannosi diversi dei quali solo il partecipante a ciascun episodio può essere ritenuto responsabile. Nessuno può infatti essere ritenuto responsabile dei danni che non ha concorso a provocare (Sent. n. 20192, Sez. III, del 25-9-2014).

— L’unicità del fatto dannoso richiesta dall’art. 2055 cod. civ., per la legittima predicabilità di una responsabilità solidale tra gli autori dell’illecito, deve essere intesa in senso non assoluto, ma relativo al danneggiato, ricorrendo, perciò, tale forma di responsabilità, volta a rafforzare la garanzia del danneggiato, pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, ed anche diversi, sempreché le singole azioni od omissioni abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno (Sent. n. 20192, Sez. III, del 25-9-2014).

 

Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Configurabilità – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 2051, 2053)

— In tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., occorre la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla stessa, e cioè la sua disponibilità giuridica e materiale, con il conseguente potere di intervento su di essa; pertanto, il proprietario dell’immobile locato, conservando la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, è responsabile in via esclusiva, ai sensi degli artt. 2051 e 2053 c.c., dei danni arrecati a terzi da tali strutture e impianti. Grava, invece, sul solo conduttore la responsabilità, ai sensi dell’art. 2051 c.c., per i danni arrecati a terzi dagli accessori e dalle altre parti del bene locato, di cui il predetto acquista la disponibilità, con facoltà ed obbligo di intervenire onde evitare pregiudizi ad altri (Sent. n. 19657, Sez. III, del 18-9-2014).

 

Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Quando è esclusa

(cod. civ.: artt. 2051, 2697)

— In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., per ottenere l’esonero della stessa, il custode deve provare che il fatto presenti i requisiti dell’autonomia, dell’eccezionalità, dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità e che sia, quindi, idoneo ad interrompere il nesso causale tra cosa in custodia e danno e il rapporto di custodia fra il soggetto e la cosa stessa, concretando così gli estremi del caso fortuito. (Nel caso di specie, la questione da risolvere non era se il committente avesse lasciato o meno la propria autonomia all’appaltatore nell’esecuzione dei lavori ovvero fosse incorso in colpa nella scelta dell’impresa, ma piuttosto se, sotto il profilo causale, l’evento fosse riconducibile non già alla cosa che ne costituiva fonte immediata, ma ad un elemento esterno, estraneo alla sfera soggettiva del custode, idoneo ad interrompere quel nesso causale, concretando gli estremi del caso fortuito) (Sent. n. 20619, Sez. VI, del 30-9-2014).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno alla reputazione ed all’immagine – È un danno-conseguenza

(cod. civ.: artt. 2059, 2697)

— Il danno alla reputazione ed all’immagine è un danno-conseguenza che richiede la specifica prova da parte di chi ne invoca il risarcimento (Sent. n. 20558, Sez. III, del 30-9-2014).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 2059; Cost.: art. 2)

— La risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è collegata alla necessità che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità e che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari (Ord. n. 19327, Sez. VI, del 12-9-2014).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Fattispecie relativa alla cattiva gestione del parto e degli interventi successivi

(cod. civ.: art. 2059)

— In tema di risarcimento del danno derivante da cattiva gestione del parto e degli interventi successivi, il delimitare alla vita reale la misura del danno non patrimoniale non attiene alla personalizzazione, ma ad un dato obiettivo, che influisce sul quantum, mentre altri aspetti di questa vita menomata possono venire in considerazione se dedotti e provati, e non solo per la vittima primaria ma come danno parentale (Sent. n. 19864, Sez. III, del 22-9-2014).

 

Sale and lease back – Contratto – Quando è fraudolento

(cod. civ.: artt. 1322 II co., 1344, 1418; R.D. 267/1942: artt. 93, 96 I co.)

— Il contratto di sale and lease back è fraudolento se vengono verificate una preesistente situazione di credito-debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima e la sproporzione tra valore del bene e corrispettivo versato. Da ciò deriva la nullità del contratto, se risulta che lo scopo del contratto è di garanzia e non di finanziamento. Solo a queste condizioni può essere rifiutata l’ammissione allo stato passivo dell’impresa venditrice (Ord. n. 18920, Sez. VI, del 9-9-2014).

 

Sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per incapacitas (psichica) assumendi onera coniugalia di uno dei coniugi – Delibazione

(cod. civ.: art. 122 III co. n. 1)

— La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per incapacitas (psichica) assumendi onera coniugalia di uno dei coniugi non trova ostacolo nella diversità di disciplina dell’ordinamento canonico rispetto alle disposizioni del codice civile in tema di invalidità del matrimonio per errore (essenziale) su una qualità personale del consorte e precisamente sulla ritenuta inesistenza in quest’ultimo di malattie (fisiche o psichiche) impeditive della vita coniugale (art. 122, comma 3, n. 1, cod. civ.), poiché detta diversità non investe un principio essenziale dell’ordinamento italiano, qualificabile come limite di ordine pubblico (Sent. n. 19691, Sez. I, del 18-9-2014).

 

Sentenza – Vizio di ultrapetizione o extrapetizione – Quando ricorre

(cod. proc. civ.: artt. 112, 163 III co. n. 4)

— Il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione sostituendo i fatti costitutivi della pretesa. Infatti, ai fini dell’identificazione della causa petendi posta dalla parte a base della domanda non rilevano solo le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta ed è compito precipuo del giudice la corretta identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa (Sent. n. 18514, Sez. II, del 2-9-2014).

 

Separazione personale dei coniugi – Provvedimenti riguardo ai figli – Affidamento esclusivo – Quando è consentito

(cod. civ.: artt. 150, 155 bis)

— L’affidamento esclusivo ex art. 155 bis c.c. costituisce soluzione eccezionale, consentita esclusivamente quando il comportamento dell’altro genitore si ponga in contrasto con l’interesse del minore (Ord. n. 19386, Sez. VI, del 15-9-2014).

 

Separazione personale dei coniugi – Provvedimenti riguardo ai figli – Assegno di mantenimento – Spese straordinarie – Nozione

(cod. civ.: artt. 150, 155)

— In tema di mantenimento della prole, devono intendersi per spese «straordinarie» quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità, esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, cosicché la loro inclusione in via forfettaria nell’ammontare dell’assegno, posto a carico di uno dei genitori, può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità e con quello dell’adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell’assegno «cumulativo», di cure necessarie o di altri indispensabili apporti. Pertanto, pur non trovando la distribuzione delle spese straordinarie una disciplina specifica nelle norme inerenti alla fissazione dell’assegno periodico, deve ritenersi che la soluzione di stabilire in via forfettaria ed aprioristica ciò che è imponderabile ed imprevedibile, oltre ad apparire in contrasto con il principio logico secondo cui soltanto ciò che è determinabile può essere preventivamente quantificato, introduce, nell’individuazione del contributo in favore della prole, una sorta di alea incompatibile con i principi che regolano la materia (Sent. n. 18869, Sez. I, dell’8-9-2014).

 

Separazione personale dei coniugi – Riconciliazione – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 150, 154)

— In tema di separazione, ai fini della riconciliazione non è sufficiente la mera coabitazione, ma è necessario il ripristino della comunione di vita e d’intenti materiale e spirituale che costituisce il nucleo del vincolo coniugale (Sent. n. 19535, Sez. I, del 17-9-2014).

 

Spese di giustizia – Compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria – Liquidazione – L. 319/1980 – Ha carattere di specialità – Conseguenza

(L. 319/1980: art. 11; L. 794/1942: art. 29)

— La L. n. 319 del 1980, e successive modifiche, in tema di liquidazione del compenso spettante a periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori nominati dall’autorità giudiziaria, ha carattere di specialità e pertanto può essere applicata soltanto agli ausiliari del giudice elencati nelle norme di cui all’art. 11 L. n. 319 del 1980 e all’art. 29 L. n. 794 del 1942 (Sent. n. 18484, Sez. II, dell’1-9-2014).

 

Testamento olografo – Data – Funzione ed apposizione

(cod. civ.: artt. 587, 602 II e III co.)

— Avendo la data soltanto la funzione di indicare il momento di manifestazione della volontà del testatore, essa non rientra nella disposizione di ultima volontà come prevista dall’art. 587 c.c., che si configura come la manifestazione di una volontà definitiva dell’autore nel senso che essa sia compiutamente ed incondizionatamente formata e manifestata e sia diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla morte; conseguentemente la data, non facendo parte delle disposizioni, non deve necessariamente precedere la sottoscrizione (come invece espressamente previsto per le disposizioni dall’art. 602, secondo comma, c.c.), ed anzi, se segue la sottoscrizione, indica il momento cronologico preciso in cui la scheda testamentaria è stata definitivamente ultimata e sottoscritta (Sent. n. 18644, Sez. II, del 3-9-2014).

— La data del testamento olografo può essere apposta in ogni parte della scheda, non prescrivendo la legge che essa debba precedere o seguire le disposizioni di ultima volontà (Sent. n. 18644, Sez. II, del 3-9-2014).

 

Transazione – Interpretazione

(cod. civ.: artt. 1362, 1965; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— Ove il giudice di merito, nell’interpretare una transazione, abbia risolto i dubbi posti dal senso letterale delle parole mediante un’analisi adeguata e compiutamente motivata della comune intenzione delle parti come risultante dal complesso dell’atto, il processo ermeneutico è conforme ai canoni legislativi e non presenta vizi di motivazione (Sent. n. 19118, Sez. lavoro, del 10-9-2014).

 

Vendita di autoveicoli – Pagamento del prezzo – Quietanza «tipica» indirizzata al solvens e quietanza «atipica» contenuta nella dichiarazione di vendita di autoveicolo ex art. 13 R.D. n. 1814/1927 – Rispettiva efficacia probatoria

(cod. civ.: artt. 1199, 1470, 2721, 2726, 2732; R.D. 1814/1927: art. 13)

— In tema di vendita di autoveicoli, la quietanza «tipica», essendo indirizzata al solvens, fa piena prova dell’avvenuto pagamento, sicché il quietanzante non è ammesso alla prova contraria per testi, salvo dimostri, in applicazione analogica dell’art. 2732 cod. civ., che il rilascio della quietanza è avvenuto per errore di fatto o per violenza. La quietanza «atipica» contenuta nella dichiarazione di vendita di autoveicolo ex art. 13 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1814, invece, essendo indirizzata al conservatore del pubblico registro automobilistico affinché non iscriva il privilegio legale per il prezzo, non è prova piena, ma, al pari della confessione stragiudiziale fatta ad un terzo, è liberamente apprezzata dal giudice, senza soggiacere ai limiti di revoca della confessione sanciti dall’art. 2732 cod. civ. (Sent. n. 19888, Sez. Unite, del 22-9-2014).