Massime civili della Cassazione di novembre 2014

Appalto – Rovina e difetti di cose immobili – Gravi difetti costruttivi – Nozione

(cod. civ.: art. 1669)

— Nell’ambito dei gravi difetti costruttivi di cui all’art. 1669 cod. civ. rientrano non solo i fenomeni che influiscono sulla staticità dell’edificio, ma anche quelle alterazioni che, pur riguardando direttamente una parte dell’opera, incidono sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell’opera medesima, dovendo la categoria ricomprendere ogni deficienza od alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell’opera, senza che abbia rilievo in senso contrario l’esiguità della spesa occorrente per il relativo ripristino (Sent. n. 24188, Sez. VI, del 13-11-2014).

 

Associazione in partecipazione – Esistenza di essa non provata pienamente – Rapporto di lavoro subordinato – Configurabilità necessaria – Esclusione – Ragione

(cod. civ.: artt. 2094, 2549)

— Se è vero che la verifica della sussistenza dell’associazione in partecipazione esclude necessariamente il carattere subordinato del rapporto, non è vero l’inverso, e cioè che, quando non venga pienamente dimostrata l’esistenza dell’associazione in partecipazione, si debba necessariamente concludere che il rapporto era invece subordinato, perché per la configurabilità di quest’ultimo occorre la prova positiva di specifici elementi che non possono ritenersi sussistenti per la carenza di prova su una tipologia diversa (Sent. n. 23931, Sez. lavoro, del 10-11-2014).

 

Atto pubblico – Dicitura «il pagamento è avvenuto contestualmente alla firma» – Non certifica che il pagamento è avvenuto alla presenza del notaio rogante – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 2699, 2700; cod. proc. civ.: art. 221)

— La dicitura «il pagamento è avvenuto contestualmente alla firma» contenuta all’interno di un atto pubblico non certifica che il pagamento è avvenuto alla presenza del notaio rogante e, dunque, non è fonte di prova sino a querela di falso (Sent. n. 25213, Sez. III, del 27-11-2014).

 

Circolazione stradale – Denuncia di sinistro – Modello di constatazione amichevole dell’incidente – Affermazioni confessorie sottoscritte dal conducente – Valenza probatoria

(D.Lgs. 209/2005: art. 143; cod. civ.: art. 2735 I co.)

— In tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, con riferimento alla disciplina del modello di constatazione amichevole dell’incidente, le affermazioni confessorie sottoscritte dal conducente nel modello vanno liberamente apprezzate nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo (Sent. n. 24847, Sez. III, del 21-11-2014).

 

Circolazione stradale – Investimento di un pedone da parte del conducente di un veicolo senza guida di rotaie – Presunzione iuris tantum di colpa del conducente del veicolo – Superamento

(cod. civ.: artt. 1227, 2054 I co., 2697, 2728)

— Nel caso di investimento di un pedone da parte di un veicolo senza guida di rotaie l’art. 2054, comma 1, c.c. pone a carico del conducente di quest’ultimo una presunzione iuris tantum di colpa. Per vincere tale presunzione il conducente ha l’onere di provare che il pedone abbia tenuto una condotta anomala, violando le regole del codice della strada e parandosi imprevedibilmente dinanzi alla traiettoria di marcia del veicolo investitore. Da ciò deriva che la mera violazione, da parte del pedone, dell’obbligo di concedere la precedenza ai veicoli in transito quando attraversi la strada al di fuori dei passaggi pedonali, non basta di per sé ad escludere in toto la colpa del conducente. Pertanto: (a) il pedone può essere ritenuto responsabile esclusivo del sinistro soltanto quando si pari improvvisamente ed imprevedibilmente dinanzi alla traiettoria del veicolo; (b) la violazione di una regola di condotta da parte del pedone non è di per sé sufficiente a ritenere la colpa esclusiva di quest’ultimo; (c) la violazione di una regola di condotta da parte del pedone è però sufficiente a ritenere un concorso di colpa del pedone stesso, ex art. 1227 c.c., nella causazione del sinistro (Sent. n. 24472, Sez. III, del 18-11-2014).

 

Circolazione stradale – Sinistro provocato da un veicolo non identificato – Accertamento – Criterio di necessità

(D.Lgs. 209/2005: artt. 283 I co. lett. a, 300)

— In tema di sinistro provocato da veicolo non identificato, l’accertamento non deve concernere il profilo della diligenza della vittima nel consentire l’individuazione del responsabile, ma esclusivamente la circostanza che il sinistro sia stato effettivamente provocato da un veicolo non identificato: questo è dunque l’oggetto dell’indagine demandata al giudice di merito, il quale può, ovviamente, tener conto delle modalità con cui, fin dall’inizio, il sinistro è stato prospettato dalla vittima e del fatto che sia stata presentata una denuncia o una querela, ma ciò deve fare nell’ambito di una valutazione complessiva degli elementi raccolti e senza possibilità di stabilire alcun automatismo fra presentazione della denunzia o querela e accoglimento della pretesa, come pure fra mancata presentazione e rigetto della domanda (Sent. n. 23434, Sez. III, del 4-11-2014).

 

Competenza per territorio – Eccezione di incompetenza territoriale derogabile – Formulazione – Ammissibilità – Criterio di necessità

(cod. proc. civ.: artt. 18, 19 I co., 20, 38 II co., 42, 43)

— La formulazione dell’eccezione di incompetenza territoriale derogabile, ai fini della sua ammissibilità, deve essere svolta con l’indicazione di tutti i fori concorrenti, ovvero, per le persone fisiche, con riferimento, oltre ai fori speciali ai sensi dell’art. 20 c.p.c., anche a quelli generali, stabiliti nell’art. 18 c.p.c. (e, per le persone giuridiche, con riferimento ai criteri di collegamento indicati nell’art. 19, comma 1, c.p.c.). L’incompletezza della formulazione dell’eccezione è sindacabile, anche d’ufficio, dalla Corte di Cassazione in sede di regolamento di competenza (Ord. n. 23328, Sez. VI, del 3-11-2014).

 

Concorrenza sleale – Atti – Registrazione od utilizzazione di un marchio che riproduca il patronimico di un marchio anteriore – Illegittimità – Ratio e conseguenza

(cod. civ.: artt. 2569, 2598 n. 1; D.Lgs. 30/2005: art. 21 II co.)

— In tema di marchi registrati e quindi di tutela della concorrenza, non è consentito registrare ovvero utilizzare, sotto qualsiasi forma e sostanza, un marchio che riproduca il patronimico del marchio anteriore: la ratio legis è impedire il rischio di pubblica confusione tra attività economiche. È, così, illegittima, e quindi va riformata, la sentenza di merito che, accertata e dichiarata la contraffazione della ragione sociale, dell’insegna e del marchio precedentemente registrato e la concorrenza sleale nonché ordinata l’inibizione alla continuazione dell’uso dell’ulteriore marchio patronimico, consenta comunque l’uso dello stesso cognome come marchio unitamente al nome dell’imprenditore e con quest’ultimo in maggiore rilevanza grafica, visiva e fonetica ed in un contesto grafico non generante confusione (Sent. n. 23648, Sez. I, del 6-11-2014).

 

Condominio – Parti comuni dell’edificio – Diritto del condomino di chiedere il distacco dall’impianto di riscaldamento condominiale – Vale per il futuro e non comporta la possibilità di chiedere restituzioni o danni

(cod. civ.: artt. 1102, 1117 n. 3, 1123)

— Il diritto a chiedere il distacco dall’impianto di riscaldamento condominiale, a determinate condizioni, non potendo la rinunzia del singolo condomino comportare un maggiore aggravio per gli altri, non può non valere per il futuro e non comporta la possibilità di chiedere restituzioni o danni (Sent. n. 24209, Sez. II, del 13-11-2014).

 

Condominio – Parti comuni dell’edificio – Rinuncia del condomino all’uso dell’impianto di riscaldamento condominiale – Legittimità – Condizione e conseguenza

(cod. civ.: artt. 1102, 1117 n. 3, 1123 II co.)

— È legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento, anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini, purché l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123, comma 2, c.c., dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato, dovendo pagare solo le spese di conservazione (Sent. n. 24209, Sez. II, del 13-11-2014).

 

Contratti a prestazioni corrispettive – Pronuncia costitutiva di risoluzione per il venir meno della causa giustificatrice delle prestazioni già eseguite – Retroattività – Effetti

(cod. civ.: artt. 820, 1458 I co.)

— Nei contratti con prestazioni corrispettive, la retroattività della pronuncia costitutiva di risoluzione, sancita dall’art. 1458 c.c., in ragione del venir meno della causa giustificatrice delle prestazioni già eseguite, comporta l’insorgenza, a carico di ciascun contraente, indipendentemente dalla sua inadempienza, dell’obbligo di restituire la prestazione ricevuta e, nel caso in cui questa abbia avuto per oggetto una cosa fruttifera, i relativi frutti, naturali o civili, dal giorno dell’ottenuta disponibilità (Sent. n. 24958, Sez. II, del 24-11-2014).

 

Contratto – Clausole vessatorie – Specifica approvazione per iscritto – Deve essere separata ed autonoma rispetto a quella delle altre clausole – Fondamento

(cod. civ.: art. 1341 II co.)

— La specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie deve essere separata ed autonoma rispetto a quella delle altre, perché solo in questo modo viene adeguatamente richiamata l’attenzione del contraente debole. Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d’ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c., di quelle onerose, non potendosi ritenere che in tal caso sia garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra quelle richiamate (Ord. n. 24193, Sez. VI, del 13-11-2014).

 

Contratto – Nullità di una clausola – Rilevanza sull’intero contratto – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1322, 1362, 1367, 1418, 1419)

— Il principio di conservazione del negozio giuridico va contemperato con quello, più generale, dell’autonomia privata e della prevalenza della comune volontà delle parti. In particolare, al fine di stabilire se la nullità di una clausola contrattuale importi la nullità dell’intero contratto, ovvero sia applicabile il principio utile per inutile non vitiatur, la scindibilità del contenuto del contratto deve essere accertata soprattutto attraverso la valutazione della potenziale volontà delle parti in relazione all’ipotesi che nel contratto non fosse stata inserita la clausola nulla (Sent. n. 23950, Sez. II, del 10-11-2014).

 

Contratto – Risoluzione per mutuo consenso – Volontà negoziale – Non può essere desunta dal comportamento di chi, pur senza chiedere in via riconvenzionale l’adempimento del contratto o la sua risoluzione per colpa dell’attore, si opponga alla domanda di risoluzione per inadempimento proposta nei suoi confronti

(cod. civ.: artt. 1372 I co., 1453)

— La volontà negoziale diretta allo scioglimento di un contratto per mutuo consenso non può essere desunta dal comportamento di chi, pur senza chiedere in via riconvenzionale l’adempimento del contratto o la sua risoluzione per colpa dell’attore, si opponga alla domanda di risoluzione per inadempimento proposta nei suoi confronti, dovendo in tal caso il giudice verificare se sussistano in concreto le condizioni dell’azione fatta valere dall’attore, e, se queste manchino, limitarsi a respingere la domanda di risoluzione del contratto (Sent. n. 23702, Sez. II, del 6-11-2014).

 

Divisione ereditaria – Coerede che, dopo la morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario – Può usucapire, prima della divisione, la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso

(cod. civ.: artt. 713, 1102, 1140, 1141, 1158)

— Il coerede che, dopo la morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario, può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, egli, che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune (Sent. n. 24214, Sez. II, del 13-11-2014).

 

Domanda giudiziale – Azioni relative a diritti autodeterminati – Causa petendi della domanda – Si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto – Conseguenze

(cod. proc. civ.: artt. 163 III co. n. 4, 345 I co.)

— Nelle azioni relative a diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi della domanda si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto. Pertanto, i fatti o gli atti da cui dipende l’acquisto del diritto vantato, essendo ininfluenti ai fini dell’individuazione della causa petendi, hanno natura processuale di fatti secondari e sono dedotti esclusivamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio. Con l’ulteriore conseguenza che non viola il divieto dello ius novorum in appello la deduzione da parte dell’attore di un fatto o di un atto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda (Sent. n. 24400, Sez. II, del 17-11-2014).

 

Fideiussione prestata a garanzia dell’adempimento di una o più determinate prestazioni – Si protrae almeno per lo stesso termine entro il quale le prestazioni debbono essere eseguite – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1571, 1936)

— La fideiussione prestata a garanzia dell’adempimento di una o più determinate prestazioni (nella specie, a garanzia delle prestazioni del conduttore, all’atto della conclusione di un contratto di locazione) si protrae quanto meno per lo stesso termine entro il quale le prestazioni debbono essere eseguite; diversamente, si consentirebbe al fideiussore di liberarsi dall’impegno contrattuale a suo arbitrio e in qualunque momento, dopo avere indotto il creditore a fare affidamento sulla promessa di garanzia (Ord. n. 25171, Sez. VI, del 26-11-2014).

 

Giudice di pace – Proposizione di due domande connesse, una delle quali soggetta a pronuncia secondo equità e l’altra a pronuncia secondo diritto – Pronuncia secondo diritto su entrambe – Necessità – Appellabilità, e non ricorribilità per cassazione, della decisione pronunciata – Sussistenza

(cod. proc. civ.: artt. 113, 114, 339, 360)

— Quando siano proposte dinanzi al giudice di pace due domande connesse, una delle quali soggetta a pronuncia secondo equità, e l’altra a pronuncia secondo diritto, tutte e due vanno decise secondo diritto e la decisione pronunciata su di esse è appellabile e non ricorribile per cassazione (Sent. n. 23327, Sez. VI, del 3-11-2014).

 

Giudice – Ricusazione – Casi – Pronunzia di precedenti provvedimenti sfavorevoli, ritenuti erronei o manifestamente tali, resi in procedimenti separati o connessi in danno della medesima parte – Criterio di necessità

(cod. proc. civ.: artt. 51 I co. nn. 3 e 4, 52)

— Non costituisce grave inimicizia, né espressione o anticipazione di giudizio sul merito della controversia, né cognizione di essa in altro grado, ipotesi tutte rilevanti ai fini della ricusazione del giudice civile (ai sensi dell’art. 51, nn. 3 e 4, e dell’art. 52 c.p.c.), la pronunzia di precedenti provvedimenti sfavorevoli, quand’anche ritenuti erronei o manifestamente tali, resi in procedimenti separati o connessi in danno della medesima parte, ove non si alleghi e si provi l’esistenza di ragioni di rancore o di avversione diverse ed esterne alla causa, che a loro volta si ancorino in dati di fatto concreti e precisi, estranei alla realtà processuale ed autonomi rispetto a questa, potendo quest’ultima solo costituire un sintomatico momento dimostrativo — per induzione — della sussistenza del citato presupposto di fatto rilevante per la ricusazione (Ord. n. 24934, Sez. VI, del 24-11-2014).

 

Giusto processo – Termine ragionevole di durata – Violazione – Equa riparazione – Fattispecie in tema di processo civile a cui abbiano partecipato ab origine i genitori di un minore come suoi rappresentanti legali – Criterio di riferimento

(L. 89/2001: art. 2)

— In materia di equa riparazione, ai fini della determinazione dell’irragionevole durata di un processo civile, cui abbiano partecipato ab origine i genitori di un minore come suoi rappresentanti legali, bisogna tener conto del periodo decorso fino al raggiungimento della maggiore età e di quello relativo alla protrazione del giudizio nell’ambito della medesima fase processuale in cui i genitori siano rimasti costituiti per effetto dell’ultrattività della rappresentanza processuale (Sent. n. 23859, Sez. VI, del 7-11-2014).

 

Impugnazioni – Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili – Violazione delle norme che disciplinano il procedimento di notificazione – Nullità – Sanabilità

(cod. proc. civ.: artt. 291, 331)

— In tema di integrazione del contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c., qualora risultino violate le norme che disciplinano il procedimento di notificazione, la nullità è sanabile attraverso la rinnovazione dell’atto di integrazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., con fissazione di un nuovo termine anch’esso perentorio, purché il precedente termine assegnato sia stato rispettato sia pure attraverso una notifica nulla, e non inesistente (Sent. n. 25307, Sez. VI, del 28-11-2014).

 

Impugnazioni – Termine breve – Idoneità a farlo decorrere della notificazione della sentenza in forma esecutiva fatta personalmente alla parte – Esclusione – Operatività del principio anche per le Amministrazioni dello Stato

(cod. proc. civ.: artt. 170, 325, 326)

— La notificazione della sentenza in forma esecutiva fatta personalmente alla parte non è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione; tale principio risulta operante anche con riferimento alle Amministrazioni dello Stato (Ord. n. 24908, Sez. VI, del 21-11-2014).

 

Lavoro intermittente – Disponibilità alla chiamata del datore di lavoro – Compenso – Necessità – Criteri di riferimento

(D.Lgs. 276/2003: artt. 33, 36)

— In tema di lavoro intermittente, a fronte del potere unilaterale del datore di lavoro di fissare le modalità temporali della prestazione pattuita, la disponibilità alla chiamata del datore di lavoro, pur non potendosi equiparare a lavoro effettivo, deve, comunque, trovare adeguato compenso, tenendo conto di un complesso di circostanze a tal fine significative, quali l’incidenza sulla possibilità di attendere ad altre attività, il tempo di preavviso previsto o di fatto osservato per la richiesta di lavoro «a comando», l’eventuale quantità di lavoro predeterminata in misura fissa, la convenienza dello stesso lavoratore a concordare di volta in volta le modalità della prestazione (Sent. n. 23600, Sez. lavoro, del 5-11-2014).

 

Lavoro subordinato – Mansioni – Rifiuto di eseguirne una parte – Esercizio legittimo del diritto di sciopero – Configurabilità – Esclusione – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1218, 2103, 2106; Cost.: art. 40)

— Il rifiuto di eseguire una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore, non costituisce esercizio legittimo del diritto di sciopero e può, quindi, configurare una responsabilità contrattuale e disciplinare del dipendente (Sent. n. 23672, Sez. lavoro, del 6-11-2014).

 

Lavoro subordinato – Sanzioni disciplinari – Codice disciplinare – Licenziamento determinato dalla violazione di doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro – Pubblicità mediante affissione del codice in un luogo accessibile a tutti – Necessità – Esclusione

(L. 300/1970: art. 7)

— In tema di sanzioni disciplinari, la garanzia di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non si applica laddove il licenziamento faccia riferimento a situazioni concretanti violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro (Sent. n. 24392, Sez. lavoro, del 17-11-2014).

 

Licenziamento illegittimo – Reintegrazione nel posto di lavoro – Criterio di necessità

(L. 300/1970: art. 18; L. 92/2012: art. 1 XLII co.)

— Il nuovo art. 18 della legge n. 300/1970, come novellato dalla legge n. 92/2012, tiene distinta la valutazione del fatto materiale dalla sua qualificazione. Pertanto, la tutela della reintegrazione trova spazio in relazione alla verifica della sussistenza/insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento, verifica che si esaurisce nell’accertamento, positivo o negativo, dello stesso fatto condotto senza margini per valutazioni discrezionali (Sent. n. 23669, Sez. lavoro, del 6-11-2014).

 

Licenziamento nullo per mancato superamento del periodo di comporto – Irrogazione di un nuovo licenziamento basato sui medesimi motivi sostanziali determinativi del precedente recesso – Legittimità

(cod. civ.: artt. 2110, 2118)

— Il datore di lavoro è legittimato a rinnovare il licenziamento nullo, per mancato superamento del periodo di comporto, irrogando un nuovo licenziamento basato sui medesimi motivi sostanziali determinativi del precedente recesso (Sent. n. 24525, Sez. lavoro, del 18-11-2014).

 

Licenziamento per giusta causa – Fattispecie

(cod. civ.: art. 2119)

— Sussiste il licenziamento per giusta causa nel caso in cui il lavoratore, nel normale orario di lavoro, non sia presente nella sua postazione lavorativa presso il banco «agenti di stazione», senza richiedere la preventiva autorizzazione, e sia sorpreso da un utente nel locale in uso alla ditta di pulizie impegnato in un atto sessuale con una donna, atteso che tale condotta rappresenta una violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro e un comportamento manifestamente contrario agli interessi dell’impresa, soprattutto tenendo presente che il dipendente, con la propria azione, aveva creato un notevole pericolo per la sicurezza, poiché le sue mansioni erano di particolare responsabilità per la gestione della sicurezza dell’impianto, essendo lui l’unico agente di stazione (Sent. n. 23378, Sez. lavoro, del 3-11-2014).

 

Licenziamento per giusta causa – Giusta causa – È una nozione legale – Conseguenze

(cod. civ.: art. 2119; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— La giusta causa di licenziamento è nozione legale e il giudice non è vincolato dalle previsioni del contratto collettivo; ne deriva che il giudice può ritenere la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile ove tale grave inadempimento o tale grave comportamento, secondo un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venir meno il rapporto fiduciario tra le parti; per altro verso, il giudice può escludere altresì che il comportamento del lavoratore costituisca di fatto una giusta causa, pur essendo qualificato tale dal contratto collettivo, in considerazione delle circostanze concrete che lo hanno caratterizzato (Sent. n. 25158, Sez. lavoro, del 26-11-2014).

 

Litisconsorzio – Confessione resa da uno dei litisconsorti – Rispettive valutazioni del giudice in caso di litisconsorzio necessario ed in caso di litisconsorzio facoltativo

(cod. proc. civ.: artt. 102, 103; cod. civ.: art. 2733)

— In ipotesi di litisconsorzio necessario, la confessione resa da uno dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice in relazione a tutti i litisconsorti, compreso quello che ha reso la dichiarazione. Nel caso, invece, di litisconsorzio facoltativo la confessione resa da uno dei litisconsorti costituisce prova legale nei confronti del confitente, mentre può fornire argomenti di prova ed essere liberamente valutata dal giudice nei confronti degli altri litisconsorti (Ord. n. 24187, Sez. VI, del 13-11-2014).

 

Litisconsorzio necessario – Integrazione del contraddittorio effettuata nel rispetto del termine perentorio concesso dal giudice, ma che non si sia perfezionata per incompleta trascrizione dell’indirizzo del destinatario – Disciplina applicabile

(cod. proc. civ.: artt. 102 II co., 137, 184 bis, 291)

— In tema di integrazione del contraddittorio a norma dell’art. 102 c.p.c., qualora l’integrazione, effettuata nel rispetto del termine perentorio concesso dal giudice, non si sia perfezionata per incompleta trascrizione dell’indirizzo del destinatario, non viene in rilievo l’art. 184 bis c.p.c. — il quale presuppone l’essere la parte incorsa nella decadenza e, quindi, rispetto all’ipotesi rilevante nella specie, il non aver posto in essere l’atto di integrazione o l’aver effettuato un atto di integrazione qualificabile come inesistente — ma è applicabile l’art. 291 c.p.c., trattandosi di un vizio assimilabile alla violazione delle norme che disciplinano il procedimento di notificazione, con conseguente fissazione di un termine perentorio per rinnovare l’integrazione del contraddittorio (Sent. n. 25307, Sez. VI, del 28-11-2014).

 

Locazione – Mantenimento della cosa in buono stato locativo – Obblighi relativi – Non comprendono l’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto

(cod. civ.: artt. 1575, 1576)

— Gli obblighi previsti dagli artt. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto, né il locatore è tenuto a rimborsare al conduttore le spese sostenute per l’esecuzione di tali opere, salva l’applicazione della normativa in tema di miglioramenti (Sent. n. 24987, Sez. III, del 25-11-2014).

 

Locazione – Vizi della cosa locata – Immissioni – Non vi rientrano – Ragione

(cod. civ.: artt. 844, 1578)

— Le immissioni non integrano vizi della cosa locata, in quanto non attengono né all’intrinseca struttura della medesima né all’interazione della medesima con l’ambiente che ordinariamente la circonda, ma dipendono dal fatto del terzo, sicché si pone la seguente alternativa: se intollerabili, sono interamente ascrivibili alla condotta di quest’ultimo; se tollerabili, non determinano alcun danno suscettibile di risarcimento (Sent. n. 23447, Sez. III, del 4-11-2014).

 

Lottizzazione abusiva – Normativa relativa – Funzione

(D.P.R. 380/2001: art. 30)

— La normativa in tema di lottizzazione abusiva ha lo scopo di tutelare l’integrità del territorio, vietando trasformazioni che ne alterino l’assetto, e ciò perfino in presenza di strumenti urbanistici che consentirebbero tali trasformazioni, ovviamente previa valutazione delle situazioni in concreto. (Nella specie, si è affermata la nullità del contratto preliminare per contrasto con la normativa che vieta la lottizzazione abusiva senza alcun riferimento alla realtà dei luoghi) (Sent. n. 23367, Sez. II, del 3-11-2014).

 

Notificazione a mezzo posta – Spedizione al destinatario dell’avviso di giacenza presso l’ufficio postale del plico raccomandato che sia stato offerto personalmente al destinatario e rifiutato – Superfluità – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 138 II co., 149)

— Il rifiuto di ricevere la copia dell’atto è legalmente equiparabile alla notificazione effettuata in mani proprie soltanto ove sia certa l’identificazione dell’autore del rifiuto con il destinatario dell’atto. Inoltre, qualora si tratti di notificazione per mezzo del servizio postale, in analogia con quanto previsto dall’art. 138, comma 2, cod. proc. civ., la spedizione al destinatario dell’avviso di giacenza presso l’ufficio postale del plico raccomandato è del tutto superflua quando il plico sia stato offerto personalmente al destinatario, dovendosi la notifica ritenere avvenuta per il semplice fatto del rifiuto, da parte del destinatario in persona, di ricevere l’atto (Sent. n. 23388, Sez. VI, del 3-11-2014).

 

Obbligazioni – Interessi anatocistici – Corresponsione – Presupposti

(cod. civ.: art. 1283)

— La corresponsione degli interessi anatocistici presuppone che si tratti di interessi accumulatisi per almeno sei mesi alla data di proposizione della domanda e che la parte ne faccia richiesta in giudizio con una domanda specificamente rivolta ad ottenere la condanna al pagamento di quegli interessi che gli interessi già scaduti produrranno da quel momento (Sent. n. 24160, Sez. I, del 12-11-2014).

 

Parcheggio di autovetture – Natura giuridica

(cod. civ.: artt. 1027, 1140)

— Il parcheggio di autovetture costituisce manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, del quale difetta la realitas, intesa come inerenza al fondo dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso, mentre la mera commoditas di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedano al fondo non può in alcun modo integrare gli estremi dell’utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari (Sent. n. 23708, Sez. II, del 6-11-2014).

 

Pignoramento presso terzi – Potere-dovere del giudice dell’esecuzione, prima dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione, di verificare l’idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto – Sussistenza

(cod. proc. civ.: artt. 480, 543, 617)

— Nell’ambito del pignoramento presso terzi, preliminarmente all’emissione dell’ordinanza di assegnazione, il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di verificare l’idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, con un accertamento dallo stesso impugnabile nei modi e nei termini dell’opposizione agli atti esecutivi (Ord. n. 24367, Sez. VI, del 17-11-2014).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno – Caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela – Eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato – Applicabilità all’azione di risarcimento – Condizione

(cod. civ.: art. 2947 III co.)

— Nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela, l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato si applica anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto, atteso che la chiara lettera dell’art. 2947, comma 3, c.c., a tenore della quale «se il fatto è considerato dalla legge come reato», non consente la differente interpretazione, secondo cui tale maggiore termine sia da porre in relazione con la procedibilità del reato (Sent. n. 24988, Sez. III, del 25-11-2014).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito – Art. 2947 III co. cod. civ. – Ambito di applicazione

(cod. civ.: art. 2947 III co.)

— In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, la previsione dell’art. 2947 c.c. (secondo il quale, se il fatto è previsto dalla legge come reato, e per il reato stesso è prevista una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile) si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti passivi della pretesa risarcitoria, e si applica, pertanto, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche all’azione civile diretta contro coloro che siano tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta (Sent. n. 24347, Sez. VI, del 14-11-2014).

 

Privacy – Trattamento dei dati personali – Società che proceda a segnalare il nominativo di una persona e la sua possibile insolvenza all’organismo che si occupi di informazione creditizia – È «titolare» del dato – Conseguenza

(D.Lgs. 196/2003: artt. 4 I co. lett. a, b, f, 11)

— Ai sensi del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003), si considera «titolare» la società che proceda a segnalare il nominativo di un uomo e la sua possibile insolvenza — da considerare come «dato personale» — all’organismo che si occupi di informazione creditizia. Sicché, tale comunicazione, avvenuta in contrasto con la normativa predetta, è da qualificare come «trattamento» di quel dato e potrà essere proposta domanda risarcitoria per l’illegittima segnalazione del nominativo (Ord. n. 23330, Sez. VI, del 3-11-2014).

 

Proprietà – Azione di rivendicazione ed azione di restituzione – Natura e presupposti

(cod. civ.: artt. 948, 2697)

— In tema di difesa della proprietà, l’azione di rivendicazione e quella di restituzione, pur tendendo al medesimo risultato pratico del recupero della materiale disponibilità del bene, hanno natura e presupposti diversi: con la prima, di carattere reale, l’attore assume di essere proprietario del bene e, non essendone in possesso, agisce contro chiunque di fatto ne disponga onde conseguirne nuovamente il possesso, previo riconoscimento del suo diritto di proprietà; con la seconda, di natura personale, l’attore non mira ad ottenere il riconoscimento di tale diritto, del quale non deve, pertanto, fornire la prova, ma solo ad ottenere la riconsegna del bene stesso, e, quindi, può limitarsi alla dimostrazione dell’avvenuta consegna in base ad un titolo e del successivo venir meno di questo per qualsiasi causa, o ad allegare l’insussistenza ab origine di qualsiasi titolo. In tale seconda ipotesi, la difesa del convenuto che pretenda di essere proprietario del bene in contestazione non è idonea a trasformare in reale l’azione personale proposta nei suoi confronti, atteso che, per un verso, la controversia va decisa con esclusivo riferimento alla pretesa dedotta, per altro verso, la semplice contestazione del convenuto non costituisce strumento idoneo a determinare l’immutazione, oltre che dell’azione, anche dell’onere della prova incombente sull’attore, imponendogli una prova ben più onerosa — la probatio diabolica della rivendica — di quella cui sarebbe tenuto alla stregua dell’azione inizialmente introdotta. (Nella specie, relativa ad azione di rilascio di immobile alla quale parte convenuta aveva contrapposto domanda riconvenzionale per far dichiarare l’intervenuta usucapione, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che per l’accoglimento della domanda aveva ritenuto sufficiente la prova del venir meno del titolo di detenzione, contemporaneamente respingendo la domanda riconvenzionale) (Sent. n. 24406, Sez. II, del 17-11-2014).

 

Responsabilità dei genitori – Presunzione di colpa – Prova liberatoria – Oggetto

(cod. civ.: artt. 147, 2048)

— In relazione all’interpretazione della disciplina prevista nell’art. 2048 c.c., è necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa dalla suddetta norma desumibile, offrano non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata; il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere ed all’indole del minore. L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 c.c. Non è conforme a diritto, invece, per evidente incompatibilità logica, la valutazione reciproca, e cioè che dalle modalità del fatto illecito possa desumersi l’adeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata (Sent. n. 24475, Sez. III, del 18-11-2014).

 

Responsabilità del medico – Domanda di risarcimento avanzata nei confronti dei sanitari dai parenti di un paziente, in cura per problemi psichici e tendenze suicide, che, dopo diversi tentativi, si era tolto la vita – Fondatezza – Esclusione

(cod. civ.: art. 2043)

— Va respinta la domanda di risarcimento avanzata nei confronti dei sanitari dai parenti di un paziente, in cura per problemi psichici e tendenze suicide, che, dopo diversi tentativi, si era tolto la vita, atteso che non vi è contraddizione alcuna tra il ritenere che una persona sia morta a causa di un suicidio e che l’evento non fosse prevedibile né evitabile da parte dei medici che curavano quella persona affetta da disturbi psichici (Sent. n. 23421, Sez. III, del 4-11-2014).

 

Responsabilità disciplinare del magistrato – Illecito conseguente a reato – Gravità della sanzione – Criteri di riferimento

(D.Lgs. 109/2006: art. 4)

— La gravità della sanzione disciplinare inflitta ad un magistrato non è automaticamente correlata alla pena, edittale o inflitta in concreto, del reato di riferimento, dovendosi avere riguardo anche al riflesso del fatto, oggetto di incolpazione, sulla stima del magistrato, sul prestigio della funzione esercitata e sulla fiducia del pubblico nell’istituzione (Sent. n. 23677, Sez. Unite, del 6-11-2014).

 

Responsabilità esclusiva della vittima che, appendendosi alla traversa di una porta da calcio, amovibile e non ancorata al suolo, e a seguito del ribaltamento della porta, ne veniva colpita perdendo la vita – Sussistenza

(cod. civ.: art. 2043)

— Va riconosciuta la responsabilità esclusiva della vittima che, appendendosi alla traversa di una porta da calcio, amovibile e non ancorata al suolo, e a seguito del ribaltamento della porta, ne veniva colpita perdendo la vita. Inoltre, non può essere accolta la tesi circa la rilevanza nell’evento lesivo della mancanza di ancoraggi, in quanto gli ancoraggi delle porte servono ad evitare i ribaltamenti frontali (cioè causati dall’urto col pallone), mentre, in questo caso, il ribaltamento avvenne a causa del dondolio impresso alla porta dalla vittima, che si era aggrappata con le mani alla traversa e si lasciava oscillare, sicché, anche se ci fossero stati gli ancoraggi, la porta sarebbe caduta lo stesso a causa dell’uso improprio da parte della vittima (Sent. n. 24466, Sez. III, del 18-11-2014).

 

Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Danni derivanti a terzi dall’incendio sviluppatosi in un immobile condotto in locazione – Responsabilità a carico sia del proprietario che del conduttore – Configurabilità – Condizione

(cod. civ.: artt. 1571, 2051, 2697)

— In caso di danni derivanti a terzi dall’incendio sviluppatosi in un immobile condotto in locazione, la responsabilità per danno cagionato da cose in custodia si configura a carico sia del proprietario che del conduttore allorché nessuno dei due sia stato in grado di dimostrare che la causa autonoma del danno subìto dal terzo sia da ravvisare nella violazione, da parte dell’altro, dello specifico dovere di vigilanza ad esso incombente. Pertanto, nell’ipotesi in cui in giudizio debba essere accertata la responsabilità del solo locatore, quest’ultimo va condannato a risarcire l’intero danno, salvo l’eventuale regresso (Sent. n. 25203, Sez. III, del 27-11-2014).

 

Ricorso per cassazione – Controricorso notificato presso la cancelleria della Corte di Cassazione sul presupposto della sussistenza di entrambi i requisiti della mancata elezione di domicilio e della mancata indicazione della posta elettronica certificata – Ammissibilità – Fondamento

(cod. proc. civ.: art. 370; D.L. 193/2009: art. 4 II co.; L. 24/2010)

— Mentre l’indicazione della PEC senza ulteriori specificazioni è idonea a far scattare l’obbligo per il notificante di utilizzare la notificazione in forma telematica, non altrettanto può dirsi nel caso di inequivocabile riferimento alle sole comunicazioni inviate dalla cancelleria. Conseguentemente il controricorso, notificato presso la cancelleria della Corte di Cassazione sul presupposto della sussistenza di entrambi i requisiti della mancata elezione di domicilio e della mancata indicazione della posta elettronica certificata, va dichiarato ammissibile (Sent. n. 25215, Sez. VI, del 27-11-2014).

 

Ricorso per cassazione – Motivi – Vizio attinente alla specificità dei motivi di appello – Poteri del giudice di legittimità – Ambito

(cod. proc. civ.: artt. 190, 342 I co., 360 I co. nn. 3 e 5, 366 I co. n. 6, 369 II co. n. 4)

— Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio attinente all’applicazione dell’art. 342 c.p.c., in ordine alla specificità dei motivi di appello, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda — sempre che la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (e, quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366, comma 1, n. 6, e dall’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c.) — e, in esito all’accertamento diretto di tale violazione processuale, deve ritenersi assolto l’onere di specificazione dei motivi di appello imposto dall’art. 342 c.p.c. qualora il richiamo alla comparsa conclusionale di primo grado non costituisca un mero richiamo per relationem, ma si coniughi con l’espressa censura delle argomentazioni sulle quali la sentenza impugnata si fonda (Sent. n. 25308, Sez. VI, del 28-11-2014).

 

Risarcimento del danno cagionato ad un immobile – Diritto relativo – Natura personale – Sussistenza – Fondamento e conseguenza

(cod. civ.: artt. 1260, 2043)

— Il diritto al risarcimento del danno cagionato ad un immobile non costituisce un accessorio del diritto di proprietà sull’immobile stesso, trasmissibile automaticamente con la sua alienazione, ma ha natura personale, in quanto compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene all’epoca dell’evento dannoso, ha subìto la relativa diminuzione patrimoniale. Ne deriva che il relativo credito risarcitorio, che sorge nel momento in cui si verificano i danni (indipendentemente dall’epoca in cui è stata posta in essere la condotta da parte del soggetto agente), non ha carattere ambulatorio in quanto non circola in virtù del trasferimento dell’immobile danneggiato, ma è suscettibile soltanto di apposito e specifico atto di cessione ai sensi dell’art. 1260 c.c. (Sent. n. 24146, Sez. VI, del 12-11-2014).

 

Risarcimento del danno da lesioni all’integrità psico-fisica derivanti da incidente stradale – Danno non patrimoniale – Liquidazione equitativa – Valutazione – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1226, 1284, 2059)

— In tema di lesioni all’integrità psico-fisica derivanti da incidente stradale e quindi di responsabilità aquiliana, il risarcimento del danno non patrimoniale include unitariamente tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso (danno), compreso quello biologico, e, in caso di quantificazione equitativa, va valutato secondo le tabelle del Tribunale di Milano. È, così, legittimo il provvedimento del giudice di merito con cui, accertata l’applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano e la congruità della motivazione della personalizzazione dei parametri tabellari, venga liquidato il danno morale in un’unica somma, comprensiva di interessi legali, sulla base dell’età del danneggiato al momento del sinistro, delle modalità del fatto lesivo, della gravità dei postumi e dell’incidenza di questi ultimi sulla vita quotidiana del danneggiato stesso, escludendo il rimborso delle spese legali (Sent. n. 24473, Sez. III, del 18-11-2014).

 

Risarcimento del danno derivante da illecito aquiliano – Danno non patrimoniale – Liquidazione – Non deve tener conto della realtà socio-economica nella quale la somma liquidata è destinata ragionevolmente ad essere spesa – Ragione

(cod. civ.: artt. 1226, 2059)

— In materia di illecito aquiliano, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale il giudice di merito, procedendo alla necessaria valutazione equitativa di tutte le circostanze del caso concreto, non deve tener conto della realtà socio-economica nella quale la somma liquidata è destinata ragionevolmente ad essere spesa, poiché tale elemento è estraneo al contenuto dell’illecito (Sent. n. 24201, Sez. III, del 13-11-2014).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno alla reputazione di un ente collettivo – Configurabilità – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 2059)

— La configurabilità di una lesione alla reputazione di un ente collettivo, con conseguente risarcibilità del danno non patrimoniale, deriva dalla diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere, o di settori o categorie di essi con le quali l’ente interagisca, allorquando l’atto lesivo che determina la proiezione negativa sulla reputazione dell’ente sia immediatamente percepibile dalla collettività o dai terzi (Sent. n. 23624, Sez. I, del 5-11-2014).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Esistenza e derivazione causale di postumi permanenti – Prova – Necessità

(cod. civ.: artt. 2059, 2697)

— In tema di risarcimento del danno non patrimoniale, l’esistenza e la derivazione causale di postumi permanenti rappresentano il fatto costitutivo della pretesa al risarcimento, e la loro sussistenza va provata da chi l’allega senza nessuna possibilità per il giudice di ricorrere all’equità (Sent. n. 23425, Sez. III, del 4-11-2014).

 

Risarcimento del danno patrimoniale – Danno da invalidità personale – Accertamento di postumi incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica – Obbligo del danneggiante di risarcire il danno patrimoniale – Automaticità – Esclusione

(cod. civ.: artt. 2043, 2697)

— In tema di risarcimento del danno da invalidità personale, l’accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta automaticamente l’obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità di guadagno derivante dalla diminuzione della predetta capacità e, quindi, di produzione di reddito, occorrendo, invece, ai fini della risarcibilità di un siffatto danno patrimoniale, la concreta dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico (Sent. n. 25211, Sez. III, del 27-11-2014).

 

Risarcimento del danno patrimoniale derivante da perdita del lavoro domestico

(cod. civ.: art. 2043)

— È illogico negare il diritto al risarcimento del danno economico consistito nella perdita del lavoro domestico ad un soggetto maschile sul presupposto che non rientrerebbe nell’ordine naturale delle cose che il lavoro domestico venga svolto da un uomo (Sent. n. 24471, Sez. III, del 18-11-2014).

 

Sentenza – Comunicazione da parte del cancelliere – Idoneità a far decorrere il termine breve di impugnazione della sentenza

(cod. proc. civ.: artt. 133 II co., 325)

— La novella di cui all’art. 133, comma 2, c.p.c. è finalizzata a neutralizzare gli effetti della generalizzazione della modalità telematica della comunicazione, se integrale, di qualunque tipo di provvedimento, ai fini della normale decorrenza del termine breve per le impugnazioni solo in caso di atto di impulso di controparte. Restano quindi ferme le norme processuali, derogatorie e speciali, che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria, restando irrilevante che la comunicazione sia integrale o meno (Ord. n. 23526, Sez. VI, del 5-11-2014).

 

Sentenza del giudice penale che, nel dichiarare estinto per amnistia il reato, abbia pronunciato condanna definitiva dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio – Effetto in sede civile – Individuazione

(cod. civ.: artt. 2043, 2909; cod. proc. pen.: art. 578)

— La sentenza del giudice penale che, nel dichiarare estinto per amnistia il reato, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine all’affermata responsabilità dell’imputato che, pur prosciolto dal reato, non può più contestare la declaratoria iuris di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ma soltanto l’esistenza e l’entità in concreto di un pregiudizio risarcibile (Sent. n. 23633, Sez. VI, del 6-11-2014).

 

Separazione personale dei coniugi – Assegnazione della casa familiare limitata ad una porzione dell’immobile di proprietà esclusiva del genitore non collocatario – Configurabilità, anche nell’ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell’intero fabbricato – Condizione

(cod. civ.: artt. 150, 155 quater)

— In tema di separazione personale dei coniugi, il giudice può limitare l’assegnazione della casa familiare ad una porzione dell’immobile, di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, anche nell’ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell’intero fabbricato, ove tale soluzione, esperibile in relazione al lieve grado di conflittualità coniugale, agevoli in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’habitat domestico dei figli minori (Sent. n. 24156, Sez. I, del 12-11-2014).

 

Servitù di veduta – Acquisto per usucapione – Opere permanenti destinate al relativo esercizio – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 900, 1061 I co., 1158)

— In tema di acquisto per usucapione, ai sensi dell’art. 1061, comma 1, c.c., di una servitù di veduta, le opere permanenti destinate al relativo esercizio devono essere visibili in maniera tale da escludere la clandestinità del possesso e da far presumere che il proprietario del fondo servente abbia contezza della situazione di obiettivo asservimento della sua proprietà, per il vantaggio del fondo dominante. Il requisito di visibilità, pertanto, può far capo ad un punto d’osservazione non necessariamente coincidente col fondo servente, purché il proprietario di questo possa accedervi liberamente, come nel caso in cui le opere siano visibili da una vicina via pubblica (Sent. n. 24401, Sez. II, del 17-11-2014).

 

Stranieri – Domanda al giudice italiano avente ad oggetto il risarcimento del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale derivanti dalla lesione, avvenuta in Italia, di diritti inviolabili della persona – Ammissibilità, a prescindere da qualsiasi condizione di reciprocità

(preleggi: art. 16; Cost.: art. 2; cod. civ.: artt. 2043, 2059)

— L’art. 16 preleggi, nella parte in cui subordina alla condizione di reciprocità l’esercizio dei diritti civili da parte dello straniero, pur essendo tuttora vigente, dev’essere interpretato in modo costituzionalmente orientato, alla stregua dell’art. 2 Cost., che assicura tutela integrale ai diritti inviolabili. Pertanto, allo straniero, che sia o meno residente in Italia, è sempre consentito (a prescindere da qualsiasi condizione di reciprocità) domandare al giudice italiano il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona (quali il diritto alla salute e ai rapporti parentali o familiari), avvenuta in Italia, sia nei confronti del responsabile del danno, sia nei confronti degli altri soggetti che, per la legge italiana, siano tenuti a risponderne, ivi compreso l’assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli od il Fondo di garanzia per le vittime della strada (Sent. n. 23432, Sez. III, del 4-11-2014).

 

Successioni – Legato in sostituzione di legittima – Configurabilità – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 551; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— Ai fini della configurabilità del legato in sostituzione di legittima, occorre che risulti l’intenzione del testatore di soddisfare il legittimario con l’attribuzione di beni determinati senza chiamarlo all’eredità; tale intenzione non richiede formule sacramentali, ma può desumersi dal complessivo contenuto dell’atto, in forza di un apprezzamento compiuto dal giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Sent. n. 23371, Sez. II, del 3-11-2014).

 

Vendita – Contratto preliminare – Risoluzione per inadempimento del promissario acquirente – Effetto

(cod. civ.: artt. 1351, 1453, 1470)

— La risoluzione di un contratto preliminare di vendita per inadempimento del promissario acquirente comporta l’obbligo di quest’ultimo di corrispondere al promittente venditore l’equivalente pecuniario dell’uso e del godimento del bene negoziato, che gli sia stato consegnato anticipatamente, per il tempo compreso tra la consegna e la restituzione del medesimo (Sent. n. 24958, Sez. II, del 24-11-2014).